22 aprile 2015 Report Perossido di idrogeno_definitivo 22

Presidente
Maria Mongardi
La nebulizzazione di perossido di idrogeno nella disinfezione terminale
finalizzata alla prevenzione della trasmissione delle infezioni correlate
all’assistenza: una revisione sistematica.
Autori: Daniela Mosci°, Giovanni Walter Marmo°, Mita Parenti*, Milena Sorrentino°, Maria Mongardi°
° Comitato Scientifico ANIPIO , * Infermiere collaboratore delle attività di ANIPIO
(Nota bene: documento in corso di pubblicazione, può essere utilizzato previa citazione degli autori)
Gennaio 2015
La nebulizzazione di perossido di idrogeno nella disinfezione terminale finalizzata alla prevenzione della trasmissione
delle infezioni correlate all’assistenza: una revisione sistemica - ANIPIO
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Introduzione
Razionale
Le superfici ospedaliere inanimate possono essere una importante fonte di trasmissione di patogeni, inclusi lo
Stafilococcus Aureus Meticillino Resistente (MRSA), Acinetobacter baumanii, Serratia marcescens, Clostridium difficile e
Norovirus. I microrganismi multiresistenti possono sopravvivere per periodi prolungati sulle superfici delle attrezzature
medicali, come anche sulle unità di vita dei pazienti. Questi patogeni possono essere trasmessi da un paziente all’altro
attraverso il contatto con superfici inanimate nonché attraverso le mani degli operatori sanitari (Falagas et al., 2011).
La sopravvivenza nell’ambiente di questi microrganismi è prolungata. L’Acinetobacter spp. può sopravvivere da 3 giorni a
5 mesi, le spore di Clostridium Difficile 5 mesi, l’Enterococcus spp (inclusi i ceppi resistenti alla vancomicina, VRE) da 5
giorni a 4 mesi, la Klebsiella spp da 2 ore a 30 mesi e l’MRSA da 7 giorni a 7 mesi (Kramer et al, 2006). Questi
microrganismi vitali rappresentano reservoir ambientali e, se presenti in numero sufficiente, possono rappresentare un
pericolo per la diffusione delle infezioni (Curti, 2013).
Fra i patogeni elencati il Clostridium difficile (CD) sta progressivamente acquisendo maggiore importanza, essendo
divenuto il principale competitore dell’MRSA nel determinare le infezioni correlate all’assistenza (ICA). In termini
d’incidenza negli Stati Uniti, le infezioni da Clostridium difficile (ICD) dal 2001 (da circa 148.900) al 2005 sono duplicate
(a circa 301.200) e l’incidenza è aumentata da 4,5 per 1000 pazienti adulti dimessi a 8,2 per 1000 dimissioni nel 2010
(Reveles et al., 2010). Gli stessi trend sono riscontrabili anche in Canada e in Europa (Dubberke et al., 2014). Tra tutti i
microrganismi citati, a differenza di MRSA e VRE il CD è sporigeno; la presenza di spore batteriche è spesso all’origine
della sua trasmissione, che si può verificare anche a distanza di mesi.
Tutti questi fattori rappresentano una sfida unica sia in termini d’igiene delle mani sia, soprattutto, intermini d’igiene
ambientale (Dubberke et al., 2014; SIMPIOS, 2011).
Circa il 50% delle ICD sono di origine comunitaria mentre il 25% delle ICD si verificano nelle strutture sociosanitarie ed il
restante nei contesti ospedalieri. Il maggiore numero di ICD comunitarie può rappresentare, in caso di ospedalizzazione,
un maggiore rischio anche per i pazienti già ospedalizzati per il rischio di acquisizione in corso della degenza. Le ICD
sono correlate ad un aumento della durata della degenza media con un conseguente aumento di morbilità, mortalità e
costi sia nella popolazione adulta che pediatrica. Si stima che annualmente negli Stati Uniti vi siano circa 20000 decessi
correlata CD (Dubberke et al., 2014).
A partire dal 1950 si è sviluppato in ambito sanitario un crescente interesse a garantire efficaci interventi di
sanitizzazione ambientale, intesa come l’insieme dei processi atti a rendere l’ambiente igienicamente idoneo alle
persone che deve ospitare (Curti, 2013). Eseguire la pulizia terminale può ridurre il rischio che pazienti ospitati
successivamente negli stessi ambienti possano acquisire patogeni derivanti da superfici precedentemente contaminate
(Donskey, 2013). In riferimento all’igiene ambientale non sono presenti in letteratura evidenze di alto livello rispetto alle
metodiche di sanitizzazione da adottare. Nonostante ciò, attualmente le principali linee guida internazionali che hanno
trattato l’argomento raccomandano di utilizzare, per l’igiene ambientale delle stanze dove hanno soggiornato pazienti
con CD, agenti sporicidi attivi sul CD preferibilmente con derivati del cloro con una concentrazione non inferiore ai 1000
ppm di cloro disponibile (SIMPIOS, 2011).
La disinfezione per contatto rappresenta uno dei principali metodi per la sanitizzazione attualmente in uso. Il processo
prevede una iniziale detersione per eliminare la sporcizia (pulizia “visiva”) ed il successivo uso di disinfettanti per
garantire la riduzione di microrganismi (pulizia “microbiologica”). Le Linee guida CDC (2008) sulla pulizia degli ambienti
sanitari precisano che si possono utilizzare prodotti combinati detergente/disinfettante; lo stesso documento
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raccomanda però l’uso di un disinfettante per uso ambientale quando si sospetta una contaminazione delle superfici
con materiale organico o la presenza di microrganismi multifarmacoresistenti.
È stato ampiamente documentato che le procedure di sanitizzazione manuale per contatto non raggiungono sempre i
risultati attesi. Con l’evoluzione tecnologica in sanità è aumentato il numero nonché la complessità delle superfici
ambientali da detergere/disinfettare. Negli ambienti di cura sono presenti strumentazioni (es. monitor, apparecchiature
elettromedicali) che non è possibile o agevole sottoporre ad un accurato/completo intervento di sanitizzazione. Questo
riguarda tutti gli ambienti di cura ed in particolare quelli critici quali le terapie intensive o le sale operatorie nei quali la
detersione/disinfezione deve essere eseguita anche più volte in un giorno. Oltre ciò occorre considerare due ulteriori
fattori che possono minare l’efficacia dell’intervento: in primo luogo oggigiorno la sanitizzazione ambientale è quasi
totalmente esternalizzata, il che non garantisce sempre l’applicazione del gold standard nel processo di sanitizzazione
ed in secondo luogo il processo è fortemente operatore dipendente.
Un approccio strutturato al problema che comprenda interventi educativi, procedurali, amministrativi e di verifica del
risultato, oppure l’integrazione della sanitizzazione per contatto con altri interventi resi disponibili dalle nuove
tecnologie potrebbe migliorare l’efficacia e l’efficienza di questo delicato intervento di prevenzione delle ICA (Curti,
2013).
Intorno al 1960 sono stati sviluppati sistemi che nebulizzavano o aerosolizzavano disinfettanti, da utilizzare come
procedura aggiuntiva alla sanitizzazione ambientale. I prodotti utilizzati erano aldeide formica, derivati fenolici, sali di
ammonio quaternario, iodofori e altri disinfettanti. Nel 1972 i CDC definirono queste metodiche, anche terminali, negli
ambienti ospedalieri, prive di efficacia, poiché gli studi effettuati evidenziavano la scarsa riduzione della carica
microbica, in presenza di potenziali effetti avversi per gli operatori sanitari e altri soggetti esposti (Curti, 2013).
A partire dai primi anni 2000 sono state introdotte nuove tecnologie, che riprendevano il principio di
vaporizzazione/aerosolizzazione di prodotti disinfettanti. I risultati sull’efficacia dell’utilizzo di queste nuove tecnologie
hanno portato i CDC e HICPAC a precisare nell’ Environmental Fogging Clarification Statement, che le raccomandazioni
precedentemente espresse sulla sanitizzazione per via aerea non si applicano alle nuove tecnologie. Sempre nel 2011,
in Francia, l’Agence française de sécurité sanitaire des produits de santé (AFSSAPS) ha emesso uno specifico statement
sul tema, pubblicando una “Raccomandazione” sui criteri di scelta delle procedure di disinfezione delle superfici per via
aerea nei luoghi di cura (Curti, 2013).
Fra le tecnologie attualmente in studio, è di particolare interesse l’utilizzo di perossido d’idrogeno nebulizzato da
apparecchiature specifiche (Falagas et al., 2011), come anche l’utilizzo di composti dell’argento, soprattutto in seguito al
recente avvento delle nanotecnologie, che ha permesso di produrre agenti disinfettanti composti (Tolaymat et al.,
2010).
È necessario sottolineare che nessuno di questi prodotti è stato finora adeguatamente studiato in termini di efficacia.
Alcuni presidi di sanitizzazione automatica si sono mostrati efficaci nel ridurre la contaminazione delle stanze in
ospedale. Tali tecnologie utilizzano il vapore di perossido di idrogeno come anche presidi produttori di aerosol. È da
specificare che finora soltanto la tecnologia che utilizza il vapore di perossido d’idrogeno è stata testata in termini di
riduzione potenziale di acquisizione di microrganismi patogeni e conseguente infezione (Donskey, 2013).
Nel 2011 Falagas et al. hanno realizzato una revisione sistematica che ha valutato l’efficacia della nebulizzazione di
perossido di idrogeno nell’ambito della sanitizzazione terminale rispetto alla sopravvivenza di diversi micorganismi
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responsabili delle infezioni correlate all’assistenza, fra cui Clostridium difficile. In quella revisione sono stati
complessivamente raccolti 3 studi che hanno valutato l’efficacia della tecnologia, fornendo i dati rispetto la
contaminazione ambientale residua e alla sopravvivenza del Clostridium difficile (Shapey et al., 2008, Barbut et al., 2009,
Boyce et al., 2008).
La presente revisione si pone nel contesto dei metodi innovativi di sanitizzazione terminale degli ambienti di cura sia
ospedalieri che di lungodegenza, contaminati o potenzialmente contaminati da germi resistenti ai comuni metodi di
disinfezione; fra questi germi la revisione prende in considerazione nello specifico il Clostridium difficile, data la sua
diffusione in tutti gli ambienti di cura e dato il suo alto potenziale di contagiosità all’interno delle strutture assistenziali,
nonché di danno organico per i pazienti contagiati.
Obiettivi
L’obiettivo del presente lavoro è valutare l’efficacia della disinfezione terminale con le tecnologie no touch con
perossido di Idrogeno, in riferimento alla contaminazione ambientale residua determinata da Clostidium difficile ed alla
incidenza di Infezioni da Clostridium difficile, aggiornando la revisione sistematica di Falagas et al. (2011).
Metodi
Selezione degli studi
Sono stati considerati gli studi realizzati in setting clinici, che hanno previsto l’utilizzo di tecniche di disinfezione
terminale no touch con perossido di idrogeno, confrontandolo con l’utilizzo di disinfettanti a base di cloro e che ne
hanno verificato l’efficacia mediante la conta delle colonie residue di CD o della successiva incidenza di ICD.
Sono stati considerati gli studi sperimentali, randomizzati e controllati o pre-post. Sono stati esclusi gli studi
osservazionali e quelli condotti in laboratorio.
Database consultati e strategie di ricerca
La ricerca della letteratura è stata condotta sulle principali banche dati (PubMed, CINAHL, Cochrane – Register of
Controlled Trial) limitando la ricerca dal 1 gennaio 2010 al 27 dicembre 2014 dato che la più recente revisione
sistematica sull’argomento (Falagas et al., 2011) aveva terminato la ricerca della letteratura a fine dicembre 2009.
I termini di ricerca utilizzati sono stati: “perossido di idrogeno”, “disinfezione”, “Clostridium difficile”.
Gli studi sono quindi stati selezionati per pertinenza rispetto ai criteri di inclusione e per la completezza dei dati
riportati.
Questi sono stati integrati con gli studi che avevano valutato l’efficacia della disinfezione terminale con perossido di
Idrogeno, versus disinfezione con cloro, rispetto ai livelli di contaminazione ambientale residua, riportati nell’ambito
della revisione sistematica di Falagas et al. (2011).
I dati provenienti dagli studi considerati sono stati riportati in una tavola sinottica, da due ricercatori che hanno lavorato
in modo indipendente. Nella tavola sinottica cui sono stati indicati il setting di effettuazione dello studio, il metodo di
disinfezione con perossido di idrogeno, il metodo di disinfezione comparatore, il metodo per la raccolta delle colture
ambientali, i risultati in termini di siti contaminati, CFU di Clostridium difficile rilevati.
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È stato valutato il rischio di bias degli studi randomizzati e controllati, con particolare riferimento alla modalità di
generazione della lista di randomizzazione e di nascondimento della stessa ed alla cecità degli outcome assessor per la
valutazione del rischio di detection (Higgins & Green, 2011).
I risultati degli studi selezionati sono stati riassunti in forma narrativa, in quanto i disegni, i sistemi di disinfezione, i
metodi e le misure di outcome adottate nei diversi studi sono di fatto troppo diversi per essere aggregati in elaborazioni
meta analitiche.
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Tabella 1: Tavola sinottica studi analizzati
Studio
Shapey
et al
Localizzazione
del
campionamento
in ospedale
8 stanze di
isolamento e 2
locali di servizio
di tre reparti
geriatrici
Siti di
campionamento
ambientale
Tavolino al letto del
paziente, poltrona,
materasso, struttura del
letto, bidone della
spazzatura, pavimento,
comoda o wc,
supporto per carta
igienica, tv e piano TV,
campanello, davanzale,
termosifone, tenda,
comodino, lampada,
maniglia della porta,
rubinetto, bastone della
tenda, battiscopa,
altre superfici
Metodi di
campionamento
Strisciatura
delle piastre sul
mobilio
morbido e
tamponamento
per le superfici
non porose.
Protocollo
di coltura
Semina
diretta e
utilizzo di
agar
Braziers
CCEY agar
(mezzo
selettivo
per il C.
difficile).
Metodo di
decontaminazione
di controllo
Metodo di
decontaminazione
per nebulizzazione
Pulizia manuale
sia con
detergente, o se
il precedente
occupante era un
noto positivo per
C. difficile con
detergente
seguito da
ipoclorito 1%
(pulizia
terminale)
Pulizia
convenzionale o
terminale seguita
da
decontaminazione
con perossido di
idrogeno vapore
Sistema Glosair™
(ex SterinisR)
Numero dei siti in
cui è stata rilevata
la presenza di
batteri prima di
qualsiasi
decontaminazione
n/N (%)
Punti in cui è stata
rilevata la
presenza di
batteri dopo la
decontaminazione
di controllo n/N
(%)
Punti in cui è stata
rilevata la
presenza di
batteri dopo la
decontaminazione
sperimentale n/N
(%)
NR
48/203 (23,6%)
6,2 era la media
delle CFU di CD
per 10 campioni
prelevati
7/203 (3,4%) e
0,4 era la media
delle CFU di CD
per 10 campioni
prelevati
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Studio
Localizzazione
del
campionamento
in ospedale
Siti di
campionamento
ambientale
Metodi di
campionamento
Protocollo
di coltura
Metodo di
decontaminazione
di controllo
Metodo di
decontaminazione
per nebulizzazione
Numero dei siti in
cui è stata rilevata
la presenza di
batteri prima di
qualsiasi
decontaminazione
n/N (%)
Punti in cui è stata
rilevata la
presenza di
batteri dopo la
decontaminazione
di controllo n/N
(%)
Punti in cui è stata
rilevata la
presenza di
batteri dopo la
decontaminazione
sperimentale n/N
(%)
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Boyce
et al
Stanze, bagni e
aree aperte dei
reparti nei
cinque reparti di
un ospedale a
500 posti letto
con la più alta
incidenza di
infezioni
associate a
Clostridium
difficile.
Sponde, comandi
del letto,
campanello,
pompa
infusionale,
poltrona,
armadio, testiera
del letto,
maniglie delle
porte, lavandino,
corrimano,
doccia, wc,
telefoni, tastiera
del PC, banco di
lavoro, tabelloni.
Spugne di
cellulosa
inumidite
NR
La pulizia era fatta
manualmente
utilizzando sia
detergente
oppure
detergente
seguito da
disinfettande a
base di ipoclorito
a 1000 ppm
(pulizia terminale)
se il paziente
dimesso era
positivo per C.
difficile
Pulizia
convenzionale o
terminale in
aggiunta alla
pulizia
convenzionale
seguita dalla
decontaminazion
e con perossido di
idrogeno vapore
(HPV Bioquelle)
11/43 (25.6%)
NR
0/37 (0%)
Barbu
t et al.
31 stanze di due
ospedali francesi
precedentement
e ocuupate da
pazienti con
infezioni
sostenute da C.
difficile
Asse del wc,
lavandino del
bagno,
pavimento del
bagno, tavolino
al letto del
paziente, tavolo
servitore,
telefono,
maniglia della
porta, bracciolo
della sedia,
pavimento della
stanza, davanzale
della finestra,
telecomando del
letto, sponde.
Tamponi
inumiditi
Semina
diretta su
piastra e
semina su
piastra dopo
arricchiment
o in brodo di
cultura
La pulizia
terminare fu
effettuata
seguendo i
protocolli stabiliti
eseguiti da
personale
addestrato che ha
utilizzato sodio
ipoclorito allo
0,5%. Tutte le
stanze sono state
pulite in modo
convenzionale
prima dell’utilizzo
del disinfettante
utilizzando un
La pulizia
convenzionale
seguita dalla
pulizia terminale
o con
decontaminazion
e con perossido di
idrogeno
aeresolizzato
(SterinisRSterusilR)
46/194 (23.7%)
dalle colture
arricchite
31/194 (15.9%)da
semina diretta
prima della
decontaminazion
e con ipoclorito
0.5%
34/180 (18.8%)da
colture arricchite
19/180 (10.5%) da
semina diretta
prima della
decontaminazion
e con perossido
23/194 (11.9%)
Dalle colture
arricchite
8/194 (4.1%) da
semina diretta
4/180 (2.2%) da
colture arricchite
3/180 (1.6%) Da
semina diretta
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Studio
Localizzazione
del
campionamento
in ospedale
Siti di
campionamento
ambientale
Metodi di
campionamento
Protocollo
di coltura
Metodo di
decontaminazione
di controllo
Metodo di
decontaminazione
per nebulizzazione
Numero dei siti in
cui è stata rilevata
la presenza di
batteri prima di
qualsiasi
decontaminazione
n/N (%)
Punti in cui è stata
rilevata la
presenza di
batteri dopo la
decontaminazione
di controllo n/N
(%)
Punti in cui è stata
rilevata la
presenza di
batteri dopo la
decontaminazione
sperimentale n/N
(%)
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Pag. 9
Doan et
al
8 stanze
collocate in
due reparti
diversi e
non
utilizzate. In
ognuna
sono state
identificate
e 53 aree,
corrisponde
nti a quelle
maggiorme
nte toccate.
Sponda del letto,
Maniglia della
porta, interruttore
della luce,
campanello,
pavimento
sottostante il
lavandino, letto,
materasso, bastone
per le tende, sedia,
comoda, dispenser
del sapone,
dispenser delle
salviette di carta,
armadio dei
farmaci, lampada
Utilizzo di
tamponi sterili
imbevuti di una
soluzione di
ringer
I tamponi
sono stati
seminati su
piastre ed è
stato
utilizzato
l’agar
Braziers
CCEY agar
(mezzo
selettivo per
il C.
difficile).
Disinfettante a
base di cloro
con rilascio di
1000 ppm
(Actichlor Plus
tablets, Ecolab,
Swindon, UK);
.
Vapore di
perossido di
idrogeno (HPV
Bioquell))
NR
Conta media
delle colonie 30
per 53 campioni
prelievati
Conta media
delle colonie 0
per 53 campioni
prelevati
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Risultati
Caratteristiche degli studi inclusi
La ricerca, effettuata su PubMed, CINAHL, Cochrane – Register of Controlled Trial, per il periodo di tempo compreso tra
gennaio 2010 e dicembre 2014, ha prodotto un totale di 35 referenze. Gli studi individuati sono stati valutati per
pertinenza rispetto al quesito di ricerca. Questo step di valutazione ha permesso di mantenere 9 studi. Sono stati quindi
esclusi gli articoli che non avevano utilizzato disinfettanti a base di cloro come disinfettante di comparazione, lasciando
nell’ambito della revisione 2 nuovi studi (vedi Figura 1, Strategia di ricerca e selezione delle referenze utilizzate nella
revisione sistematica) che sono stati integrati con i 3 studi già individuati da Falagas et al. (2011) che avevano valutato
l’efficacia del perossido di idrogeno rispetto i livelli di contaminazione ambientale residua di Clostridium difficile.
I dati provenienti dagli studi selezionati, fatta eccezione per uno studio (Manian et al., 2013), sono stati immessi
all’interno di una tavola sinottica, corrispondente a quella utilizzata da Falagas et al. (2011) (vedi Tabella 1).
Figura 1: Strategia di ricerca e selezione delle referenze utilizzate nella revisione sistematica
35 referenze
9 referenze
26 studi esclusi perché non rispettano criteri
inclusione:
- 6 review
- 6 studi non utilizzano HPV/aerosol
- 6 studi di laboratorio su
caratteristiche microbiologiche C.
difficile
- 3 lettere
- 1 studio osservazionale
- 1 studio prospettico
- 1 studio retrospettivo
- 1 studio non riguardante
sanitizzazione ambientale
- 1 studio veterinario
7 studi esclusi perché non usano soluzione di
ipoclorito di sodio come trattamento di
sanitizzazione di confronto
2 referenze
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Oltre ai tre studi già descritti da Falagas et al. (2011) i due nuovi studi selezionati sono stati uno studio prospettico
randomizzato che compara 8 metodi di disinfezione terminale (Doan et al., 2012) e uno studio retrospettivo quasi
sperimentale (Manian et al., 2013) che è stato ritenuto di particolare rilevanza poiché, ha comparato l’incidenza di
infezioni da Clostridium difficile nei pazienti prima e dopo la introduzione di un sistema di decontaminazione potenziato
con perossido di idrogeno vaporizzato.
Fatta eccezione per quest’ultimo, complessivamente gli studi hanno valutato i livelli di contaminazione residua dopo
l’utilizzo di perossido di idrogeno versus l’utilizzo di disinfettanti a base di cloro, nell’ambito di stanze di unità operative
ospedaliere. I siti di campionamento considerati sono stati le superfici maggiormente toccate durante l’assistenza quali
la maniglia della porta, l’interruttore della luce, il campanello, il pavimento sottostante il lavandino, il rubinetto, l’asse
del wc, il dispenser del sapone, il dispenser delle salviette di carta, la sponda del letto, la struttura del letto, il materasso,
il bastone per le tende, la sedia, la comoda, la lampada da letto, il davanzale, l’armadietto del paziente, il tavolino da
letto, l’armadio dei farmaci, il piano di lavoro, la postazione per le telecomunicazioni ospedaliere.
I metodi di campionamento ambientale hanno previsto l’utilizzo di piastre che venivano strisciate o tamponate sulle
superficie, l’utilizzo di spugne di cellulosa o di tamponi inumiditi con soluzione Ringer.
I metodi di coltura, quando descritti, sono stati la semina diretta (Shapey et al. 2008, Barbut et al. 2009), accompagnata
dall’utilizzo dell’agar Braziers CCEY agar (mezzo selettivo per il C. difficile) (Shapey et al., 2008, Doan et al., 2013).
I metodi di disinfezione terminale di controllo utilizzati negli studi considerati nel presente lavoro sono stati soluzioni a
base di cloro con rilascio di 1000 ppm (Shapey et al., 2008, Boyce et al., 2008, Doan et al., 2012) o di 500 ppm (Barbut
et al., 2009).
Come sistema di disinfezione a base di perossido di idrogeno nebulizzato sono stati utilizzati principalmente due
metodologie: nello studio di Shapey et al., (2008) e nello studio di Barbut et al. (2009) è stato utilizzato il sistema
Sterinis, che utilizza una soluzione con perossido di idrogeno 5-6% e < 50 ppm ioni Ag+, con funzione catalitica e
coadiuvante. In Boyce et al. (2008) e Doan et al. (2012) è stato utilizzato il sistema Bioquell che utilizza una tecnologia di
decontaminazione con vapore di perossido di idrogeno (HPV) a 350 e 700 ppm (Bioquell Q10, Bioquell Ltd, Andover,
UK).
In tutti gli studi, tranne che per Doan et al. (2012) la disinfezione con perossido era preceduta da procedure di
detersione terminale. Per quanto riguarda la disinfezione terminale testata nello studio di Manian et al., 2013, nel
periodo pre intervento la pulizia giornaliera e terminale in presenza di pazienti con ICD o sostenute da MDRO (VRE,
MRSA, bacilli gram negativi MDR, Acinetobacter baumannii) era effettuata quotidianamente con 2 passaggi, utilizzando
cloroderivati, ed al termine della degenza, con 4 passaggi degli stessi. Nel periodo post, il protocollo di disinfezione
continua non venne modificato, mentre quello terminale venne potenziato facendo seguire la disinfezione con
cloroderivato il vapore di perossido di Idrogeno con tecnologia Bioquell, (Andover, UK).
L’efficacia dell’utilizzo del Perossido di Idrogeno nello studio di Shapey et al., 2008 è riportato in termini di numero dei
siti contaminati rinvenuti dopo l’utilizzo dei due metodi di disinfezione comparati. L’utilizzo di cloro a 1000 ppm ha
permesso di rilevare ancora 48/203 siti contaminati (23,6%), con una media di 6,2 CFU per 10 campioni prelevati,
mentre dopo l’impiego del perossido di idrogeno sono stati rilevati ancora contaminati 7/203 siti (3,4%) con una media
di 0,4 CFU per 10 campioni prelevati.
Nello studio di Boyce et al. (2008) sono segnalati 11/43 siti contaminati prima di ogni metodica di disinfezione (25,6%),
ridotti a 0/37 (0%) nel caso di impiego del perossido di Idrogeno. Nello studio di Barbut et al. (2009) sono riportati i dati
completi per comparare la riduzione dei siti contaminati prima e dopo le procedure di disinfezione. Tale differenza si è
attestata al 11,8% per l’utilizzo dell’ipoclorito, andando dal 23,7% dei siti contaminati, all’11,5%, e al 16,6% dopo
l’utilizzo del perossido di idrogeno, andando dal 18,8% al 2,2% dei siti contaminati.
Lo studio di Doan et al. (2013) ha riportato la conta media delle colonie rinvenute dopo la disinfezione con disinfettante
a base di cloro (30 log10) rispetto a quelle rinvenute dopo l’utilizzo del Perossido di Idrogeno (53 log10), anche se la
differenza non risulta essere statisticamente significativa. Nello studio di Manian et al. (2013) la differenza delle
incidenze della fase pre e post introduzione della disinfezione terminale si è ridotta da 0,88 casi/ 1000 giorni pazienti a
0,55/1000 giorni pazienti (RR 0,63; IC 95% 0,50-0,79, P < .0001).
Per quanto riguarda il rischio di bias negli studi, occorre specificare che in generale il rigore delle evidenze provenienti
da trials quasi sperimentali, quali sono gli studi pre-post è limitato dalla difficoltà di escludere delle differenze
sistematiche presenti tra i gruppi valutati in momenti storici diversi. Nel caso di Boyce et al. (2008) e Manian et al. (2013)
la misurazione dell’efficacia dei metodi di disinfezione svolti in periodi di tempo diversi, non può escludere la possibilità
che gli outcome misurati (risultati degli esami microbiologici ambientali per ricerca di Clostridium difficile e la
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valutazione dell’incidenza delle Infezioni correlate a Clostridium difficile), non possano essersi verificati per motivi non
noti e non esplicitati ed al contempo indipendenti dalle tecnologie studiate.
Per quanto riguarda la valutazione dei bias negli studi randomizzati e controllati, si rileva che la descrizione delle
tecniche di randomizzazione è carente in Shapey et al., (2008) e in Barbut et al. (2009), poiché non vengono descritte le
modalità di produzione della lista di randomizzazione né il loro successivo nascondimento. Doan et al. (2013) hanno
invece riportato la modalità di generazione della lista di randomizzazione, avvenuta mediante l’ausilio del software
NQuery Advisor 6.01 software (Statistical Solutions, Cork, Ireland).
Per quanto riguarda la cecità, si rileva che fanno esplicita menzione alla cecità dei rilevatori degli esiti solo Doan et al.
(2013), mentre negli altri due studi non vi è alcun riferimento che ci possa dissuadere dalla possibilità bias di detection
(Higgins & Green, 2011).
Discussione
Dalla valutazione degli studi considerati in questa revisione si può affermare che il perossido di idrogeno, sia in forma
vapore, che aerosolizzato, può essere considerato un metodo efficace per la disinfezione delle superfici inanimate
presenti ei contesti assistenziali.
La revisione presenta diversi limiti, legati al numero esiguo degli studi individuati ed alla loro estrema eterogeneità,
riconducibile alla diversità dei disegni, dei metodi di disinfezione e delle misure di outcome rilevate, che non rendono
possibile attestare e quantificare con certezza quale sia l’efficacia dei metodi di disinfezione no touch con perossido di
idrogeno.
Per quanto riguarda il rigore metodologico degli studi è da segnalare che solo tre su cinque studi considerati sono RCT,
mentre due sono studi pre-post. Nell’ambito degli RCT le procedure di randomizzazione non sono sempre ben descritte,
così come non è chiara la cecità degli outcome assessor, la cui conoscenza della provenienza dei campioni microbiologici
ambientali può avere contribuito ai risultati positivi descritti negli studi.
La sintesi degli studi considerati nella revisione sistematica, seppur utilizzando metodi e sistemi diversi, ha permesso di
mettere in luce l’efficacia delle tecnologie con perossido di idrogeno nella disinfezione terminale, con specifico
riferimento alla riduzione della contaminazione ambientale da Clostridium difficile e la riduzione dell’incidenza di
diarrea associata a Clostridium difficile. La presente revisione ha focalizzato la propria attenzione alla riduzione della
contaminazione ambientale e alla riduzione delle infezioni correlate a Clostridium. Precedenti studi ne hanno descritto
l’efficacia anche nei confronti di altri microrganismi responsabili di infezioni correlate all’assistenza (Falagas et al., 2011,
Curti, 2013), laddove invece per alcune specie microbiche, quali altri microrganismi sporigeni e micobatteri, la
suscettibilità ai vari disinfettanti è molto variabile.
I vantaggi collegati all’utilizzo di perossido di idrogeno riguardano non solo l’efficacia, ma anche la possibilità di
realizzare una disinfezione efficace su tutte le superfici degli ambienti di degenza, tra cui quelle più difficili da pulire.
L’erogazione del perossido di idrogeno avviene mediante specifiche apparecchiature che, una volta impostate, liberano
le concentrazioni ottimali in modo indipendente da ulteriori interventi degli operatori, consentendo di superare la
quota di variabilità operatore dipendente presente nell’utilizzo dei metodi di sanitizzazione per contatto.
Il perossido di idrogeno, vaporizzato o nebulizzato, è estremamente tollerato dalle superfici, su cui non esercita potere
corrosivo, al contrario di quanto avviene ad opera di cloroderivati che liberino più di 500 ppm (Rutala et al. 2008).
Inoltre una buona organizzazione del lavoro permette di utilizzare in modo efficace ed efficiente queste tecnologie
senza stravolgimenti produttivi. In termini organizzativi, può essere utilizzato come fase di completamento del processo
di sanitizzazione; la fase di disinfezione attraverso il perossido di idrogeno segue le normali fasi di pulizia e detersione
manuale effettuate dagli operatori del settore.
Prima di avviare il processo di disinfezione è necessaria una buona pulizia delle superfici dato che la presenza di
materiale organico ne può ridurre l’efficacia (Pottage et al. 2012), ed una buona preparazione degli ambienti poiché
talune tecnologie richiedono che questi vengano completamente sigillati, come nello studio di Boyce et al. (2008) e di
Manian et al. (2013).
Inoltre non possono essere presenti operatori o pazienti durante il processo di disinfezione: questo condiziona l’utilizzo
di tali sistemi nelle stanze a più posti letto, come le terapie intensive organizzate in open space, o ai contesti ad alto
indice di turnover, in cui non è possibile lasciare le stanze non occupate.
Come miglioria integrativa rispetto alla disinfezione manuale, i sistemi no touch permettono la disinfezione anche di
tutti i dispositivi e presidi medici, nonchè di tutti gli arredi, presenti nell’ambiente da trattare.
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In termini di impatto economico, Doan et al. (2012) avevano verificato che rispetto all’utilizzo dei cloroderivati, le
tecnologie allora disponibili a base di Perossido di Idrogeno comportavano un costo aggiuntivo quantificabile nell’ordine
di 138.57 sterline, descrivendolo come il metodo per la disinfezione più costoso in assoluto.
Tale costo era stato calcolato considerando il tempo che il personale impiegava nella preparazione dei locali da
disinfettare ed il costo delle attrezzature, calcolato dividendo il costo del macchinario per 36 mesi di vita presunta dello
stesso. Ottenuto il costo mensile, questo era stato diviso per un quoziente pari a 10,6 che era il numero presunto di
utilizzi mensili dell’apparecchio, ottenendo così il costo dell’apparecchio per ogni processo di disinfezione.
In considerazione di quanto sopra espresso, e conformemente ad altre fonti (Curti, 2013) oggi si può affermare che le
tecnologie per la disinfezione no touch con perossido di idrogeno sono efficaci e sicure.
Il loro utilizzo è appropriato in setting specifici, laddove esista alto rischio di trasmissione di patogeni sporigeni (ad
esempio in presenza di MDRO e di pazienti immuno-compromessi) e laddove vi siano stanze di degenza con
caratteristiche strutturali congruenti.
Va inoltre ricordato che tutti gli accorgimenti finalizzati ad aumentare la sicurezza dei pazienti, riducendo il rischio
infettivo, devono contemplare accanto alle più evolute tecnologie, gli accorgimenti fondamentali agiti dai professionisti
sanitari, che mediante l’applicazione rigorosa dell’igiene delle mani, delle altre precauzioni standard, delle precauzioni
per modalità di trasmissione, la corretta gestione dei device e l’uso appropriato degli antibiotici, possono contribuire a
ridurre i livelli di trasmissione e contaminazione ambientale, riducendo il rischio infettivo degli assistiti .
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