Un - Corriere del Mezzogiorno

editoriale
Contenuti / n. 4 – 24 Aprile 2015
Un modo per aiutare
chi aiuta la collettività
15
Attori non vedenti
di Emanuele Imperiali
È
un vero peccato che uno strumento di partecipazione al nuovo modello di welfare sociale
sia così poco conosciuto e utilizzato. Il 5 per
mille altro non è se non una infinitesimale
quota dell’Irpef annualmente versata dai contribuenti, ripartita dallo Stato tra tutti gli enti ammessi
in appositi elenchi stilati dall’Agenzia delle Entrate:
organizzazioni e associazioni che svolgono un ruolo
decisivo per lo sviluppo del Terzo Settore, per far crescere il no profit, per consentire alla ricerca scientifica
e medica di fare progressi, per valorizzare beni culturali. Uno dei limiti della legge è che pochi beneficiari
ricevono gran parte dei fondi, mentre molte piccole
associazioni non ottengono nulla. Complessivamente, le 20 organizzazioni maggiori ricevono quasi l’85%
del gettito, pari a 500 milioni annui. Si impone una
riorganizzazione dei beneficiari, che dovrà fare il ministero dell’Economia in tempi rapidi.
Ancora oggi, nel 2015, il 5 per mille, dopo ben dieci
anni di vita, continua purtroppo a essere una forma
di finanziamento residuale alle organizzazioni non
lucrative. Su oltre 40 milioni di italiani che presentano
la dichiarazione dei redditi, circa 12 devolvono il 5
per mille a onlus e associazioni, un quarto del totale,
con una netta prevalenza nelle regioni del Nord del
Paese. Eppure la firma non costa nulla. Perché allora
sono così pochi? Per ignoranza della norma, certo,
per sciatteria e disinteresse quando si compilano
il 730 o il 740 e non si firma l’apposita casella, per
scarsa attenzione a un mondo, quello del privato
sociale, che invece col passare degli anni acquista
sempre più peso e valore in un Paese dove le risorse
pubbliche destinate al welfare diminuiscono ogni
giorno di più.
Peraltro, col 5 per mille, attraverso una forma di
sussidiarietà fiscale, si impegna lo Stato a versare
questa piccola quota a favore di enti, quali Emergency, Medici senza Frontiere, Airc, Fondazione Veronesi,
e ai tanti altri centri impegnati nella ricerca sul cancro
e sulle malattie genetiche, nonché alle centinaia di
altri, piccoli e grandi, conosciuti o meno, che hanno
fatto della solidarietà la loro parola d’ordine.
Si impone uno sforzo maggiore di tutti, per aiutare chi lavora per il bene della collettività.
20
Un calcio al razzismo
5 / Buone notizie
di Giangiacomo Schiavi
27 / Sicilia e Calabria
di Nico Falco
6 / L’immagine
di Antonio Fiore
29 / Responsabilità sociale
9 / Vita ad handicap
di Paola Cacace
15 / Gli attori non vedenti
di Vincenzo Esposito
31 / Il sociale che fa
di Davide Illarietti
32 / Il sociale si racconta
33 / Al femminile
di Maria Grazia Cucinotta
16 / L’intervista
di Gianluca Testa
19 / Solidarietà trasparente
di Paola Arosio
20 / Un calcio al razzismo
di Elena Scarici
23 / Campania e Molise
di Mirella D’Ambrosio
33
25 / Puglia e Basilicata
di Emiliano Moccia
Al femminile
Aprile 2015
3
5 per mille
informazione pubblicitaria
Nella dichiarazione dei redditi
un piccolo gesto che fa grande la comunità
Associazione Orizzonti, per combattere la fame e la povertà
codice fiscale 92058770725
Per combattere la povertà, dal 2008 a oggi, nella provincia di Barletta-Andria-Trani
l’associazione Orizzonti ha raccolto (e distribuito) ben 80 tonnellate di cibo. Solo
nello scorso anno i volontari hanno coinvolto 22 istituzioni solidali che hanno
distribuito ai bisognosi le 23 tonnellate di prodotti frutto di donazioni. Questa organizzazione non profit ha infatti lo scopo di contribuire alla soluzione dei problemi
della fame, dell’emarginazione e della povertà attraverso la raccolta delle eccedenze
di produzione agricola, dell’industria alimentare, della grande distribuzione. Inoltre, grazie al progetto «Cotto e mangiato», ogni settimana i volontari recuperano
l’invenduto proveniente dalla ristorazione. In un anno, solo nella provincia di Trani,
è stato possibile distribuire 11 mila pasti caldi a 70 nuclei familiari «adottati».
Info: associazioneorizzonti.org.
Stop TB Italia Onlus lotta contro la tubercolosi
codice fiscale 97372750154
Ogni giorno nel mondo muoiono 3.800 persone per tubercolosi e si registrano
quasi 9 milioni di nuovi casi l’anno. Stop TB Italia Onlus, nata nel 2004, lavora
per combattere la malattia in Italia e nei paesi poveri. Come? Sensibilizzando la
popolazione e le istituzioni, formando personale medico e sanitario e offrendo
sostegno economico e sociale agli ammalati. Tra i progetti attivi, da segnalare
quello in Sudafrica, paese colpito da una grave emergenza sanitaria. Dal 2009
l’associazione fornisce sostegno socio-economico ai bambini di Gugulethu, baraccopoli vicina a Città del Capo. Lì ha contribuito a ristrutturare la clinica. Fornisce
inoltre razioni alimentari, materiale scolastico e vestiti. Stop TB Italia Onlus si
finanzia attraverso i contributi dei soci, donazioni di privati e fondi istituzioni.
Info: stoptb.it.
Occupazione e Solidarietà, dal lavoro all’impegno civico
codice fiscale 03457100729
Dal telesoccorso agli asili nido, dall’assistenza domiciliare al centro diurno per
disabili. È lunghissima la lista delle attività svolte dalla cooperativa «Occupazione
e Solidarietà», nata nel 1995 su iniziativa di un gruppo di genitori desiderosi di
creare opportunità di lavoro per i propri figli. Tutto ha inizio con una collaborazione tra il nucleo bancario e il nucleo post-telegrafonici delle Acli di Bari: i
genitori, con un passato di forte impegno civile, diventano i primi soci volontari della cooperativa. E così iniziano a supportare professionalmente i figli nel
ruolo di soci-lavoratori. Tutto questo ha portato all’abbattimento dell’indice di
disoccupazione e all’incremento dell’impegno sociale. Anche dopo vent’anni la
cooperativa continua a impegnarsi in difesa delle fasce più deboli.
Info: occupazioneesolidarieta.it.
4
Aprile 2015
Giangiacomo Schiavi / Buone notizie
Perché l’Expo è un’occasione
Se sarà solo una fiera del gusto, l’avremo sprecata
Ma se aprirà un varco sugli squilibri alimentari
e nelle disuguaglianze farà fare un passo avanti a tutti
S
ta per iniziare Expo, tra proclami su spreco
di cibo e fame nel mondo, lavori ancora
tutti da finire, c’è la forte sensazione che
questo appuntamento sia in fin dei conti
un grande ristorante per le cucine dei quattro
angoli del pianeta. Lei cosa ne pensa? Che resterà
per l’Italia?
Stefano (Milano)
Credo di aver scritto un centinaio di articoli su
Expo: di speranza, scetticismo, delusione e di nuova
speranza. Un evento così ci obbliga a ragionare: se
diventerà la fiera del gusto o un circo Barnum del cibo
avremo perso un’occasione. Se aprirà un varco nelle
disuguaglianze e sarà il vademecum morale di una
società con meno squilibri alimentari avrà fatto fare un
passo avanti a tutti. All’Italia può restare la riscoperta
di antichi saperi, la valorizzazione dell’artigianato
contadino, il ritrovato rapporto con la terra e la
sincerità dei prodotti. Credo sia giusto impegnarsi per
questo, come fanno Carlin Petrini, Ermanno Olmi e
don Ciotti.
Ho letto che nel nostro paese la corruzione
percepita dai cittadini è al 90%. Ogni giorno
scopriamo che non si salva nessuno, o quasi. I
volontari e gli operatori sociali di cui scrivete
qui possono essere davvero una speranza per
cambiare questo paese o sono solo degli illusi Don
Chisciotte?
@pensaresognando
Abbiamo una spiacevole convinzione: vent’anni dopo
Mani pulite non è cambiato niente. Siamo un Paese
corrotto, nella politica e nelle istituzioni. Il messaggio
che l’Italia continua a dare ai giovani è pessimo: non
conta chi sei, ma chi conosci. Io ammiro i volontari
che offrono tempo e lavoro con l’entusiasmo della
gratuità, ma per cambiare le cose bisogna agire sulla
formazione dei nuovi cittadini: purtroppo manca
ancora questa volontà.
L’Italia sta invecchiando, siamo la popolazione
più vecchia d’Europa. Se non fermiamo questo
declino siamo condannati a sempre maggiori
problemi economici e sociali. Gli immigrati sono
la nostra salvezza, quando lo capiranno politici e
demagoghi?
Michele Dragatti (Agrigento)
L’invecchiamento va contrastato con la cittadinanza
attiva: siccome è anche un problema economico,
vedrete che il Governo se ne farà carico. Altrimenti ci
condanneremo da soli. Quanto agli immigrati, serve
con urgenza una legge sulla cittadinanza per i giovani
immigrati di seconda generazione: non ha senso
aspettare il compimento dei 18 anni. La politica continua
a trattare questi temi con la logica elettorale, e per
questo siamo in ritardo rispetto agli altri partner europei.
Qui al Sud assistiamo alle visite elettorali di Salvini
in cerca di nuovi voti. Un progetto politico che
cancella solidarietà, cooperazione e condivisione.
È la crisi che ci fa vivere solo di paure? Oppure è
cambiato per sempre il modo con cui guardiamo il
prossimo?
Stefano Rossina
C’è un istinto di sopravvivenza che nei momenti
difficili ci spinge a chiedere tutele, prima per noi e poi…
si vedrà. È comprensibile. Chi paga le tasse e vede
abbassarsi continuamente la soglia della dignità gioca
in difesa. Chiariamo però una cosa: non ci salveranno
gli egoismi e le chiusure. Salvini raccoglie consensi
perché c’è un vuoto di idee e di progetti e prima di lui le
classi dirigenti al Sud hanno dato un pessimo esempio.
Devono finire le due Italie, questo è l’handicap che ci
frena e condiziona anche certi comportamenti.
Per scrivere alla rubrica «Buone Notizie» invia una mail a [email protected]
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L’immagine
Vele di Scampia, icone immutabili
di Antonio Fiore
O
sservate bene questa
foto: potrebbe essere
stata scattata ieri
oppure dieci, oppure
venti anni fa, e proprio in questo
si annida la sua dolente attualità.
Due donne chiacchierano o
discutono fra loro, tutt’intorno
il dedalo escheriano delle Vele
di Scampia. Un luogo divenuto
simbolo di Napoli come lo è
la Torre Eiffel per Parigi: «Qui
vengono i turisti stranieri per
fotografarla», dice sconsolato
un abitante. Perché Scampia
è ormai, nell’immaginario
collettivo, l’icona globale e
immutabile del disastro civile.
Eppure Scampia, le Vele, oltre
a essere – come recita la
pigra vulgata dei media – «la
più grande piazza di spaccio
d’Europa», sono un luogo reale:
incrocio di vite, di chiaro e di
scuro, di degrado e di speranza.
Mostri da abbattere oppure
luoghi da redimere: il guaio è
che, di stagione in stagione, di
governo in governo, di progetto
in progetto, nulla cambia
davvero. Su quei ballatoi, in
quegli appartamenti blindati
alla legalità si vive, e si muore,
abusivamente. Ciclicamente si
annunciano promesse, si dà fiato
alle fanfare. Più o meno, a ogni
visita di Papa. Mentre le due
donne sul ballatoio continuano a
chiacchierare. Come dieci, come
venti anni fa.
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Aprile 2015
del disastro civile
foto di Luciana Latte
Aprile 2015
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Vita ad handicap
Amministrazioni indifferenti, soprattutto nel Sud
La nostra battaglia
contro le città negate
Tanti disabili riescono a primeggiare nello sport
ma nella vita quotidiana anche loro si scontrano
con barriere architettoniche e trasporti inadeguati
di Paola Cacace
«H
Lucia Valenzi
o girato tanto ma
indietro come
l’Italia non c’è
nessuno. E il Sud
è ancora peggio. In Australia, dove sono stato per una prova di Triathlon,
non c’era una sola barriera architettonica. Un confronto con Ischia, da cui
provengo? Siamo anni luce indietro.
E gli edifici adattati? Molti di quelli a
norma hanno la rampa nascosta nel
retro. L’uscita laterale con una rampa
di emergenza. Hanno anche il segno
della carrozzina: i disabili passano da
qui. È come quando durante il nazismo c’erano i cartelli per gli ebrei: io
non posso entrare». Parla Gianni Sasso, che dopo un incidente avuto da
ragazzo ha perso la gamba, ma fortunatamente ha conservato la forza di
guadagnare medaglie, giocare a calcio, andare in bici. Corre la maratona
a New York, Chicago, Berlino, e batte
record su record. È nella Nazionale di
calcio amputati e in questo periodo ha
le qualifiche per le Paralimpiadi di Rio
2016. Specialità il triathlon. Nonostante il suo spirito inarrestabile, Gianni si
arrabbia e fa bene. «Mi arrabbio ogni
volta che al cinema noto le scale e la
rampa laterale. Perché non fare solo
la discesa buona per tutti? O le chiese.
Sono cattolico, ho anche incontrato il
Papa con la mia squadra, ma il 98%
delle chiese non è accessibile. Ecco
vorrei chiamare il Papa e dirgli: Francè
ma ti rendi conto?».
A Rio punta anche una giovane
campionessa di nuoto campana:
Emanuela Romano. Manu, come la
chiamano gli amici, che agli ultimi
Mondiali di Montreal si è aggiudicata
un oro e due argenti, è nata nel ’90
con una malattia genetica, l’artrogriposi, che non ha fatto sviluppare i muscoli delle sue gambe, eppure quando
è a Napoli sceglie di non utilizzare la
sedia a rotelle: «Ho un’autonomia di
20 minuti prima di iniziare a stancarmi. Certo vorrei che la mia città non
mi fosse negata, vorrei andare ovunque ma con la carrozzina rischierei
di finire in un fosso, di rimanere sul
marciapiede perché non posso entrare in un palazzo, in un negozio. Già il
marciapiede. Notate la pendenza? Ci
vuole un talento da equilibrista per
non ribaltarsi con tutta la sedia».
Così Emanuela cammina. La incontro alla fine dei suoi allenamenti
mattutini al Centro Sportivo di Portici: «Nuoto per circa 2 o 3 ore, poi ho
un’ora di palestra. Fortunatamente
i centri sportivi sono attrezzati. È il
resto che non funziona. Sono stata
al Nord, per una serie di operazioni
alle gambe, e non ho avuto difficoltà a muovermi. Qui invece mi devo
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I disabili in ultima fila a piazza Plebiscito in occasione della visita del Papa a Napoli
Gianni Sasso (a destra) in azione
spostare solo in auto. Sperare di trovare parcheggio e poi chissà se ci sarà
l’ascensore. La cosa meno accessibile? Capodichino. L’ultima volta che mi
sono imbarcata con la mia squadra è
stato folle. Sali sul pulmino, vai stile
scampagnata fino all’aereo e poi: la
scaletta. C’è il montacarichi. Provate
però a far salire tutta una squadra di
nuoto paralimpico così. Gli altri passeggeri ci insultavano per il ritardo.
Fantastici. Si vede un disabile e si pensa: tanto è abituato. Cavoli, prova a
chiedergli se vuole una mano invece
di far finta di nulla». Emanuela poi decide di andare a trovare un’amica che
lavora al Comune, Rosaria Brancaccio, anche lei campionessa di nuoto
paralimpico. Una forza della natura.
Alla sede della VI Municipalità è praticamente una risolutrice. Arriva un
uomo che «non si trova più all’anagrafe», lei lo aiuta. Una donna deve
la visita del Papa hanno messo noi
disabili di lato, molto indietro. Dietro
a tutte le pseudo-autorità. Ho scritto
al sindaco lamentandomi ma non ho
avuto risposta».
A Napoli c’è anche Gennaro Chiaro, presidente di Abilitando, che si
batte per il diritto al lavoro dei disabili
e che tempo fa occupò il Comune per
un’irregolarità: «Il bagno per disabili
era stato trasformato in una postazione per i distributori automatici che
impedivano il passaggio a chiunque».
Oggi Chiaro con la sua associazione
lavora in un parcheggio vicino al Cotugno e lotta per estendere il diritto
al lavoro a tutti: «Perché gli aiuti di
Inps e Inail, l’accompagnamento non
basta. Noi siamo dell’idea di “lavorare
meno lavorare tutti”, con turni di 4 ore
al giorno e 500 euro al mese contro
i 300 dell’assistenza». Assistenza che
non serve per valicare le barriere,
basta pensare che anni fa lo stesso
Gennaro viveva al tredicesimo piano:
«È una questione di testa, non ragionano».
Trova il lato ironico della questione
Lucia Valenzi, icona della lotta per i
diritti ai disabili che proprio l’estate
scorsa è andata in giro per la nuova
Metro con la sua carrozzina per verificarne l’accessibilità. «Belli gli ascensori. Peccato per il fosso tra banchina
e treno. Lì la ruota s’incastra subito.
Ecco, partirei dai trasporti. Se io in
carrozzina voglio prendere un tram
a via Marina mi devo catapultare dalla
carreggiata fino al suo interno. Non
c’è spazio sulla banchina, non c’è ne-
Aerei «proibiti»
a capodichino
le sedie a rotelle
sono imbarcate
col montacarichi
ma occorre
un sacco
di tempo
sposarsi in Toscana, e lei le dice come
risolvere le grane burocratiche. Potrebbe essere un’idea chiederle consiglio sulle barriere architettoniche. «I
marciapiedi sono pazzeschi, i pullman
non accessibili, la Circumvesuviana è
fantascienza. Poi c’è la più grande barriera: l’indifferenza. Pensate durante
Manuela Romano (prima a destra) con la Nazionale nuoto paralimpico
in ritiro a Lignano la scorsa estate
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anche un marciapiede. E quando ci
sono? Tante volte c’è la rampetta da
un lato della strada ma non da quello
opposto. Servono per fare una passeggiata: il disabile scende va dall’altro
lato della strada e poi torna indietro
per risalire sullo stesso marciapiede
di prima».
Vittorio Abete, delegato della Federazione italiana Nuoto Paralimpico
commenta: «L’Italia paga il prezzo di
aver messo tantissimi uffici pubblici in palazzi storici, che sono difficili
da adeguare per via di normative
contorte». Alcuni dei casi peggiori di
«città negate» sono in Sicilia. Carmelo
Caruso, presidente della divisione siciliana del Movimento italiani disabili,
racconta: «Si tratta di città storiche
che le amministrazioni sembrano
non voler mai adeguare alle nostre
esigenze. A Rosolini, dove vivo io, c’è
un esempio su tutti. Al Comune non
si può entrare. Il marciapiede non ha
la salita, l’entrata al Municipio non ha
rampa e all’interno non c’è ascensore.
Questo mi fa tra l’altro pensare che in
molte città siciliane, essendo città storiche, con architetture soprattutto barocche, l’accesso sia negato ovunque.
Perché? Perché sono gli stessi marciapiedi a negare la città, la mobilità ai
disabili. Come avviene a Noto».
Proprio a Noto c’è Giusy Pricone
che ha una pagina Facebook sull’abbattimento delle barriere e che sta iniziando una battaglia in questo senso:
«Le amministrazioni devono capire
che ci vuole una progettualità per abbattere le barriere architettoniche e
quelle culturali. Non ci si può far scudo dietro la storicità di un edificio».
Situazione analoga in Puglia. «Ho
trovato alberghi a norma – sottolinea
Giuseppe Pinto, presidente del Comitati Italiano Paralimpico Puglia – che
però avevano l’entrata posteriore
adattata, non quella principale, per
questioni estetiche. Spesso e volentieri nei luoghi pubblici il bagno per disabili è usato come ripostiglio, perché si
pensa ci sia spazio in abbondanza per
scope e detersivi. È assurdo. Secondo me ci dovrebbe essere la struttura
con l’accesso. Senza differenziazioni.
Siamo tutti uguali».
A sinistra: parcheggiatori disabili e amputati, tra i quali Gennaro Chiaro
in carrozzina e la Coop Abilitando. A destra: parcheggio disabili occupato
dai motorini nel centro di Napoli
I numeri. In Italia ricevono l’indennità quasi due milioni di persone
Nel Mezzogiorno i servizi
«valgono» sei volte di meno
Le barriere architettoniche mostrano che l’Italia non è un paese per
disabili. Eppure per il Censis il 7% della popolazione ha una disabilità.
Si parla di circa 4 milioni di cittadini che nel 2020 dovrebbero arrivare
a 4,8 milioni. Resta difficile fare un censimento della disabilità visto
che gli unici dati aggiornati con costanza sono quelli dell’assistenza.
Sia Inail che Inps infatti calcolano il numero di prestazioni erogate,
prestazioni che si basano su cardini molto precisi. Secondo l’Inail, che si
occupa di persone la cui invalidità è causata da incidenti sul lavoro (o in
itinere cioè nel tragitto casa-ufficio), i lavoratori con disabilità motorie
sono 313.216 in tutta Italia, al Sud oltre 92 mila. Invece per gli invalidi
civili subentra l’Inps che distingue tra invalidi che ricevono la pensione
e chi ha diritto all’indennità, meglio nota come accompagnamento,
ossia chi ha una difficoltà di deambulazione del 100%. A ogni modo in
Italia ricevono la pensione circa 871.317 invalidi dei quali il 43% è del
Sud. In particolare 122.292 in Campania, 108.553 in Sicilia, 87.122 in
Puglia, 47.671 in Calabria e 11.018 in Basilicata con una percentuale che
oscilla tra l’1 e il 2% sulla popolazione delle singole regioni. Riguardo
all’indennità, invece, i disabili ad averne diritto in Italia sono 1.967.381,
di cui il 34% nel Mezzogiorno. Fa riflettere
l’entità dell’assegno il cui importo medio
mensile è di 485 euro in caso di indennità,
facendo gravare buona parte delle
spese di assistenza sulle famiglie. E non
a caso, per l’Istat, l’Italia è uno dei paesi
con la percentuale più bassa di spesa
destinata alla disabilità, ponendosi solo
sopra a Grecia, Irlanda, Malta e Cipro. Da
considerare la discrepanza Nord-Sud: in
media un disabile residente al Nord ha
servizi per una spesa annua di 5.370 euro,
contro i 777 euro del Meridione.
P. C.
Carmelo Caruso, presidente Disabili
italiani per la Sicilia, davanti al comune
di Rosolini privo di rampa
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Teatro
Sono una ventina, di età compresa tra i 20 e i 65 anni
Così vanno in scena
gli attori non vedenti
La compagnia rappresenta i classici napoletani
adottando tecniche particolari
E sostiene l’Unione italiana dei ciechi
di Vincenzo Esposito
U
n colpo di tosse, un tavolino smosso, un colpo
di tacco sul pavimento. Giusto per dare la direzione sulla scena. Sono tanti i trucchi utilizzati
dagli attori non vedenti, appresi in vent’anni di
esperienza teatrale. Sulla scena non ti accorgi della disabilità. Tutto fila liscio, senza intoppi. Anzi. Sarà per la mimica
facciale accentuata, per l’espressività maggiore, ma è sicuro
che gli attori non vedenti hanno una marcia in più e la trasmettono al pubblico, insieme con una professionalità che
non t’aspetti da una compagnia di non professionisti. Sono
gli attori dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
che dal ’96 portano nei teatri i classici della drammaturgia
partenopea: Viviani, Scarpetta e, naturalmente, De Filippo.
L’obiettivo è raccogliere fondi per l’associazione ma anche
impegnare i non vedenti in una sfida importante. «Ci sono troppe persone non vedenti che vivono in uno stato
di emarginazione. C’è ancora un certo disagio quando si
incontrano o si incrociano a scuola, ad esempio. Invece
noi vogliamo far comprendere che un non vedente può
fare tutto, e che l’integrazione è una cosa possibile», spiega Mario Mirabile, vicepresidente provinciale dell’Unione
Ciechi. «Alcuni di noi – racconta ancora Mirabile – non sono
neanche saliti sul palcoscenico del teatro prima della rappresentazione vera e propria. Ma siamo talmente affiatati
e collaudati da non avere alcun timore. Anche se siamo
dilettanti allo stato puro, ci impegniamo molto: proviamo
dopo il lavoro, alle nove di sera, in una piccola stanza ad Ercolano. All’inizio eravamo in pochi, sei-sette persone. Oggi
siamo una ventina, tra non vedenti, ipovedenti e volontari,
dai venti ai sessantacinque anni di mio padre, che fa il regista». L’idea del teatro nasce diciannove anni fa, proprio
quando Mirabile diviene vicepresidente provinciale: doveva
essere un’iniziativa per la festa di Santa Lucia, Giornata
nazionale del cieco, e invece continua ancora oggi, con rappresentazioni in diversi teatri della provincia napoletana
La più recente rappresentazione, a inizio marzo,
della compagnia di non vedenti. Lo spettacolo è
«Ditegli sempre di sì» di Eduardo De Filippo,
messo in scena al teatro comunale di Somma Vesuviana
(le più recenti, oltre che a Somma Vesuviana, al prestigioso
Mav di Ercolano, il Museo Archeologico Virtuale) sia d’estate
che d’inverno. «Qualche imprenditore ci sostiene – dice
Mario Mirabile – perché sul territorio della provincia napoletana siamo molto conosciuti: la compagnia è stata messa
su dalle rappresentanze di Portici ed Ercolano dell’Unione
Ciechi». Con oltre 11 mila unità la Campania si colloca al
terzo posto, dopo Sicilia e Lombardia, nella classifica delle
regioni con il più alto numero di non vedenti (Istat, 2011).
Per loro dopo l’abolizione delle Province, sono state ridotte
le offerte formative, le opportunità culturali, la possibilità
di muoversi liberamente. Tra i servizi che sono stati tagliati, quello di trasporto scolastico per i ragazzi delle scuole
elementari e medie, ma anche l’assistenza tra i banchi di
scuola e a casa. Prima della visita del Papa a Napoli un
gruppo di ragazzi non vedenti di «Tutti a scuola», ha pregato per sottolineare il problema. A molti di loro è negato
il diritto all’istruzione e a una vita normale. È il volontariato
a farsi carico di tanti problemi. E anche quello proveniente
dai non vedenti. Come la compagnia teatrale che raccoglie
fondi per aiutare gli altri.
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L’intervista
Il Governo, il Sud, l’universo sociale
«Vogliamo premiare
la filosofia che anima
milioni di volontari»
Il sottosegretario Ivan Scalfarotto: «Le riforme
come quella del Terzo settore puntano
ad aiutare tutti a operare in modo più semplice»
di Gianluca Testa
«S
e la macchina non
funziona occorre
cambiare il motore.
Ed è proprio quello
che stiamo facendo». A partire dal Terzo settore. Ci crede, Ivan Scalfarotto.
Lui che si batte da sempre per i diritti
civili, insieme con Maria Teresa Amici
e Luciano Pizzetti è sottosegretario al
ministero delle Riforme costituzionali
e i rapporti con il Parlamento. Oggi
lavora al fianco di Maria Elena Boschi
immaginando «un’Italia più moderna
capace di trainare l’Europa».
Scalfarotto, la spinta arriverà
anche dal Terzo settore?
«Sì. Per ciò che esprime, questo è
uno dei settori più qualificanti. Vogliamo premiare la filosofia che spinge
milioni di volontari a dedicarsi con capacità, coraggio e abnegazione a una
missione dettata dal senso civico».
E i giovani?
«Stanno già dando molto, soprattutto offrendo risposte alle
emergenze. A cominciare da quelle
di protezione civile».
Riformare il non profit significa
andare incontro anche a loro?
«Le riforme come quella del Terzo
settore sono destinate a tutti: cittadini, giovani, volontari. Perché tutto
questo possa aiutarli a compiere
attività sociali in modo molto più
semplice, senza ostacoli».
C'è chi la giudica uno «strenuo
difensore dei diritti civili» e chi invece la ritiene «un’opaca guardia
di regime».
«Be’, è il solito vecchio dualismo
tra etica dei principî ed etica della
responsabilità».
Tra politiche collettiviste e storie individuali
Nel suo decalogo (“L’Italia che voglio”) ha immaginato
un paese più giusto, inclusivo e responsabile. Un paese
capace di rischiare e che dimostri di essere più a suo agio
con la contemporaneità. E anche se non c’è una ricetta
per garantire la felicità, il sottosegretario alle riforme Ivan
Scalfarotto ha una sua idea su come la si può raggiungere.
«Da una parte ci sono le norme, dall’altra c’è la vita quotidiana della gente» spiega Scalfarotto. «Sono due aspetti
che vanno avanti di pari passo. La modernizzazione delle
leggi e il destino individuale delle persone, se sommate,
16
Aprile 2015
portano entrambe alla ricerca della felicità. Le leggi stabiliscono il modo in cui viviamo. E in questo contesto non
possiamo trascurare temi come le unioni civile, il divorzio
breve, il fine vita. Ma anche le questioni legate al lavoro,
al dopo di noi, all’istruzione. Se non incidessimo sulla vita
delle gente ogni riforma sarebbe monca. Insomma, dobbiamo pensare alla vita reale. Del resto le grandi culture
politiche sono collettiviste, ma la storia individuale delle
persone non può essere rimandata. È proprio questa la
sfida che ha di fronte il nostro Governo».
IVAN SCAlFAroTTo, SoTToSEGrETArIo
AllE rIForME CoSTITuzIoNAlI E AI rAPPorTI
CoN Il PArlAMENTo, PrIMA DI ENTrArE
NEL GOVERNO RENZI È STATO COORDINATORE
rEGIoNAlE DEll’uFFICIo PolITICo PuGlIESE
DEl PArTITo DEMoCrATICo
Lei da che parte sta?
«A sinistra abbiamo un’antica
tradizione politica secondo la quale
è sempre necessario raggiungere la
perfezione dei principî. Si aspira alla
conservazione di una visione ideale
della società».
Come giudica questa idea?
«Fallimentare. Soprattutto quando
i principî faticano a diventare realtà».
Si spieghi meglio.
«Cioè quando la politica è interpretata come una profezia, come la
testimonianza di un mondo che non
arriva mai. Per fare in modo che le
cose accadano è invece necessario
sporcarsi le mani».
Lei le mani se le sporca?
«Sì. Anche se a volte scopro che è
necessario scontrarsi con una realtà
diversa da come la immaginavo. Desidero mettere in pratica le cose e incidere per produrre un cambiamento.
Non scendo a compromessi».
E i principî?
«restano saldi. Negli anni ho
condotto tante battaglie civili e ho
sempre sostenuto che l’Italia avesse
bisogno di un cambiamento radicale».
Si riferisce a quella «vocazione
al cambiamento» di cui spesso
parla?
«Esattamente. una vocazione che
per la prima volta appartiene anche
al capo del Governo».
Quindi Renzi le piace?
«Molto. Ha una caratteristica che
lo distingue da tutti i predecessori:
la determinazione a incidere sulla
realtà. Si assume la responsabilità
di fare delle scelte».
Il paese sta realmente cambiando?
«Si sta ammodernando. Grazie
anche alle riforme».
Riusciremo mai ad avere una
nuova legge elettorale?
«È la nostra priorità. Dal Porcellum in poi tutta la politica ha sempre
detto che questa legge era sbagliata. Ma a distanza di dieci anni siamo
l’unico paese in cui la legge elettorale è fatta dalla Corte costituzionale
e non dalla politica. ora dobbiamo
concretizzare, altrimenti perdiamo
credibilità».
Quindi avremo davvero una
nuova legge elettorale?
«Salvo sorprese sarà approvata
il 27 aprile».
Di tempo ne è passato...
«All’inizio non si riusciva a scegliere. Non sempre la realtà è come la
vorresti. Tutti pensavano all’interesse particolare e non a quello collettivo. ora siamo davvero a un passo.
Del resto i meccanismi istituzionali
sono complessi, per questo vogliamo
cambiarli».
Come riuscirete a farli funzionare?
«Stiamo costruendo una democrazia capace di decidere. Dopo le
elezioni deve essere chiaro fin da
subito chi ha vinto. Perché spesso
la politica tende a trovare alibi per i
propri fallimenti».
Le emergenze sociali sono tante. La riforma costituzionale è davvero una priorità?
«È quella che incide sul funzionamento della macchina. Serve a rendere attuabili tutte le altre».
Questo è il primo tassello del
domino?
«Sì, perché tutti i provvedimenti
sono legati dal solito fil rouge. L’Italia
è un paese dalle enormi potenzialità.
Per le sue capacità civiche e produttive, per l’energia che esprime e per
la qualità che le appartiene. Dobbiamo essere la locomotiva e il traino
dell’Europa».
Tuttavia non lo siamo. Cosa ci
blocca?
«lacci e lacciuoli. Stiamo lavorando per liberare le energia di un paese
bloccato dai vincoli».
Di fronte a questa prospettiva,
qual è il ruolo del Mezzogiorno?
«È la terra costretta dai vincoli più
di tutte le altre. l’Italia non può aspirare ad assumere il ruolo di leader
se non lavora tutta intera verso lo
stesso obiettivo. Il Mezzogiorno è un
luogo di grandi eccellenze che meritano di essere valorizzate. lo sforzo
dobbiamo farlo tutti insieme».
@gitesta
Aprile 2015
17
L’iniziativa
La storia dell’imprenditore Pasquale Coppola
«Trame africane»,
solidarietà trasparente
di Paola Arosio
P
asquale aveva tutto ciò che si potesse desiderare. Una bella macchina, un lavoro di successo, abiti
firmati, weekend sulla Costiera
amalfitana a picco su un
mare blu cobalto. Avrebbe
potuto veleggiare in superficie, portato dal vento, senza
mai arrivare in profondità,
senza porsi domande. Invece, quella vocina, che lo
pungolava fin da ragazzo,
è sempre lì e non vuole saperne di tacere: «Sei un uomo fortunato», gli sussurra,
«ma non dimenticarti di chi
non ha neppure un tozzo
di pane». La voce si fa più
insistente, fino a che lui le
dà retta. E nel 2001 fonda,
grazie a fortuite coincidenze, l’associazione Trame africane, per favorire la crescita
nei Paesi in via di sviluppo.
Da questo momento la vita di Pasquale
Coppola, 51 anni, residente in provincia di
Salerno, imprenditore nel settore alimentare, una moglie e due figli a cui vuole insegnare a «non perdere di vista i valori importanti», cambia in maniera radicale. Anche
grazie all’incontro con le suore di Santa
Teresa del Bambino Gesù, con le quali vengono ideate e portate avanti numerose iniziative a favore degli ultimi. A cominciare dal
Kenya, nel villaggio di Machaka, dove la povertà è l’essenza delle cose. Qui, nel tempo,
nascono il dispensario, l’asilo, l’orfanotrofio,
la scuola di taglio e cucito. Non mancano
borse di studio per i giovani e un servizio
di micro-credito per le famiglie. Nel vicino
villaggio di Kiirua viene inoltre realizzato
un grande ospedale, ricostruito e ampliato
nel 2008. In 1.200 metri quadrati ci sono
Ospedali
L’associazione
ha debuttato
in Kenya
nel 2001
anche grazie
all’incontro
con le suore
di Santa Teresa
del Bambino
Gesù
adesso pronto soccorso, nido, sala parto,
due sale operatorie, radiologia, centro vaccinazioni. E sulla scia di questa esperienza,
anche nella Repubblica democratica del
Congo, a Mbulungu, si vuole ora costruire un ospedale
che soddisfi le necessità sanitarie della popolazione.
«Tutti i progetti sono
realizzati in collaborazione
con partner locali», precisa Coppola. «Non esistono
modelli vincenti da seguire,
ma persone con una storia
e una cultura da rispettare.
Il nostro compito è quello di
creare uno sviluppo sostenibile, senza limitarci all’assistenzialismo». Per portare
avanti queste opere, Pasquale fa oltre una ventina
di viaggi in Africa. Tanti i ricordi che gli rimbalzano nel
cuore (e per i quali ancora si commuove): il
sorriso degli anziani che hanno ricevuto un
piatto di minestra, il grazie delle madri che
hanno dato alla luce i loro figli in reparti
accoglienti e sicuri, la gioia dei bambini che
hanno matite e quaderni per la scuola.
In questi anni, anche l’associazione è
cresciuta: nata un po’ in sordina in ambito
locale, attrae oggi tanti benefattori, anche
a livello internazionale. Lo stile del fondatore, però, è rimasto lo stesso: «Fare arrivare gli aiuti direttamente a chi ne ha bisogno, senza sprecare neppure un euro in
intermediari. Una solidarietà trasparente,
che non si trasformi in un’industria della
carità». E guardando al futuro, Pasquale si
augura che «tutto questo non si fermi, ma
continui a crescere per aiutare sempre più
persone a trovare la rotta, a non andare
alla deriva».
Aprile 2015
19
Pallone e società
La squadra è stata fondata da Antonio Gargiulo
Afro-Napoli United
Sport, divertimento
e un calcio al razzismo
La formazione multietnica sta ottenendo
grandi risultati, in campionato e nell’integrazione
di Elena Scarici
L
o sport come integrazione.
È la mission dell’Afro-Napoli
United, squadra di calcio
multietnica, nata con l’idea
che lo sport può e deve essere, oltre
una semplice disciplina per allenare
il fisico, anche un veicolo per l’insegnamento di valori sociali ed etici. La
squadra di calcio, formata da atleti
napoletani e stranieri, è nata nell’ottobre 2009, per iniziativa di Antonio
Gargiulo, attuale presidente, e dei
senegalesi Sow Hamath e Watt Samba Babaly, con l’obiettivo di combattere la discriminazione e favorire la
convivenza paritaria tra napoletani
e migranti. «Un incontro casuale»,
spiega Gargiulo, 43 anni, ex calciatore: «Io già lavoravo nel mondo della
cooperazione e amavo il calcio. Dalla
classica partita settimanale con gli
amici è nata l’idea di fare la squadra,
che avesse però anche una valenza
sociale. Dal quel giorno mi si è aperto davanti un nuovo mondo».
Gli atleti stranieri provengono
da Senegal, Costa d’Avorio, Nigeria,
Capo Verde, Niger, Tunisia, Sudamerica e abitano nei quartieri più popolari del centro storico di Napoli:
Materdei, Stella, Sanità, Arenaccia,
Ferrovia. Alcuni ancora non hanno
20
Aprile 2015
Maxime Kesse
Mbaye Sougou
un’occupazione o l’hanno persa da
poche settimane, e c’è chi ancora fatica a parlare la nostra lingua. Altri
invece sono perfettamente integrati
nel tessuto sociale. Ad oggi l’associazione ha realizzato due squadre
di calcio, raggruppando circa 40 atleti, e raggiungendo ottimi risultati
sportivi, scalando molti gradini del-
la piramide calcistica. Attualmente
la prima squadra milita in Seconda
Categoria, è al primo posto con una
decina di punti di vantaggio sulla
seconda e mancano una manciata
di partite alla fine del campionato.
Probabile, quindi, la promozione in
Prima Categoria. Il capocannoniere
della stagione, a sei partite dalla fine,
La formazione
In piedi, da sinistra
Aldair Soares,
Paolo Silvestri,
Aniello Iervolino,
Giovanni Sica,
Carlos Acuna,
Arcelino Dos Santos.
Accosciati, sempre
da sinistra: Asse Guye,
Fabio Elisio Monteiro,
Maxime Kesse,
Salvatore Salomone,
Gianny Fortes
è Arcelino Dos Santos (detto Linò, capoverdiano di 32 anni) con 15 reti, seguito da Gianni Sica (napoletano di 27
anni) e Soares Aldair (capoverdiano di
23 anni) a quota a 13. La prima squadra sta disputando anche la Coppa
Campania della Figc e ha superato i
quarti di finale. Sta riscuotendo grossi successi anche la seconda squadra
che milita nel Campionato amatoriale
dell’Aics (Associazione Italiana Cultura e Sport).
Nella passata stagione calcistica 2013-2014 la prima squadra si è
classificata seconda nel campionato di Terza Categoria Figc ed è stata promossa in Seconda. Ha vinto il
campionato nazionale Aics e quello
regionale. Bene anche la stagione
precedente, 2012-2013: secondi al
campionato regionale Aics Campania e terzi alle finali nazionali di calcio
a 11 Aics. 108 gol segnati. Nella stagione 2011-2012 hanno vinto la Coppa Partenope Aics; il torneo Napoli
d’autore edizioni estiva e invernale; il
campionato regionale Aics Campania,
la Super Coppa. Il campionato nazionale Aics si è concluso con 104 gol
segnati. Nella stagione 2009-2010 la
squadra ha vinto la Coppa Partenope e la Super Coppa Aics. Inoltre ha
ricevuto nell’estate del 2012 il premio
«Goccia d’Oro» per i valori di solidarietà e integrazione. Insomma hanno
vinto tutto ciò che c’era da vincere.
«Siamo forti – commenta Gargiulo – i
ragazzi sono atleticamente preparati
e tecnicamente bravi, in cinque anni
abbiamo praticamente vinto tutto».
Ma la vera svolta è stata nel 2013
con l’ingresso della prima squadra
alla Terza Categoria della Figc, in seguito alla modifica di alcune norme
che limitavano l’accesso dei migranti
ai campionati federali dilettantistici.
Con un risultato storico: tesserare in
Figc-Lnd 15 ragazzi migranti, quattro
italiani figli di migranti e due ragazzi
nati a Napoli ma privi di documenti. «È stato complicato – precisa il
presidente – una lunga trafila negli
uffici pubblici, ma alla fine ci siamo
riusciti».
Una storia particolare quella
dell’Afro-Napoli che si intreccia anche
con drammi partenopei. È il caso dei
fratelli Raffaele e Alessandro Sciassa,
20 e 22 anni, napoletani nati da madre clandestina e senza documenti.
La squadra ha dato una mano anche
a loro. «Noi seguiamo il principio della porta aperta – aggiunge Gargiulo
– tutti possono venire a giocare con
noi, oltre agli stranieri abbiamo tanti
napoletani in gamba come Salvatore
detto Sciù-sciù che viene da San Giovanni a Teduccio o Gianni che è del
Vomero. Li accogliamo tutti purché
sappiano tirare al pallone e condividano i nostri valori». Storie che si
intrecciano, dicevamo. Questo è Maxime Blondet Kesse, gioca come attaccante esterno. «Vengo dalla Costa
d’Avorio, ho 25 anni, sono andato via
dal mio Paese perché c’era la guerra.
Già da piccolo frequentavo la scuola
calcio. Anche qui. All’inizio a San Giovanni, un amico mi ha notato e mi ha
proposto in squadra». Ass Dia Gueye
invece è senegalese, ha 22 anni ed
è un promettente portiere. È a Napoli da cinque mesi: «Ho avuto una
grande opportunità», afferma. Infine
Mbaye Sougon, anche lui senegalese,
ha 23 anni e gioca da centrocampista.
«Siamo una squadra - dice - e questo
è quello che conta».
L’Afro-Napoli United è divenuta,
grazie anche al supporto del Consorzio di cooperative sociali Gesco,
una realtà che realizza concrete opportunità di integrazione sociale dei
migranti, riconosciuta e ben radicata
nel territorio. Prossimo obiettivi? Promozione, Eccellenza, Serie D…
Aprile 2015
21
Campania e Molise
di Mirella D’Ambrosio
UN FILM PER IL CINEFORUM
«Alla corte di Ornella» a Caserta
in aiuto ai bambini del Senegal
A
napoli
by Mikima ([email protected])
Teatrini all’Orto Botanico È stata battezzata «Fiabe di
primavera» la rassegna teatrale
che si terrà all’Orto Botanico
fino a maggio, patrocinata da
Università Federico II, Regione
Campania, Mibact e Comune di
Napoli. Gli attori interpreteranno
fiabe di Andersen, Esopo, Fedro
e La Fontaine. La rassegna di
spettacoli itineranti per grandi
e piccini ispirati ai capolavori
della letteratura universale per
ragazzi, proposta dall’associazione
«I teatrini» e dalla Federico II,
ha come obiettivo produzione
e promozione del teatro per
l’infanzia e le nuove generazioni.
Gli spettacoli proseguiranno
ininterrottamente da aprile fino
a sabato 30 maggio nel prezioso
giardino di via Foria, per due mesi
e mezzo di percorsi teatrali tra
fiaba e natura affidati alla direzione
artistica di Giovanna Facciolo e
all’organizzazione generale di
Luigi Marsano. Per informazioni
occorre collegarsi al sito www.
iteatrini.it. Ogni spettacolo è
riservato a un massimo di 100
persone, la prenotazione è sempre
obbligatoria e il biglietto costa 7
euro.
ndare a vedere un film al
cinema per regalare un
cineforum ai bambini del
Senegal. A presentare l’iniziativa
benefica è Caserta Film Lab, in
collaborazione con l’associazione
Les Enfants d’Ornella e Formazione
Solidale, promuovendo il film
«Cinema alla corte di Ornella» che
si propone di raccogliere i fondi
necessari per realizzare un piccolo
progetto a Kelle, villaggio a sud di Dakar, in Senegal. Si darà l’opportunità
a bambini e ragazzi di vedere film selezionati apposta per loro, che
rappresentino gioco e divertimento per i più piccini e un percorso didattico
per i giovani. Les Enfantes d’Ornella ha realizzato un centro di accoglienza per
oltre 300 bambine e bambini che vengono avviati alla scuola e a varie attività
culturali. Una particolare attenzione viene rivolta ai «bimbi di spiaggia», che
passano tutto il giorno al mercato del pesce o sulle piroghe, senza mai andare
a scuola, e ai «bimbi talibe», che vivono in cattive condizioni igieniche, costretti
a subire privazioni alimentari e affettive. I volontari donano loro momenti
sereni di gioco, la possibilità di lavarsi e di indossare abiti puliti una volta a
settimana, un pasto completo e ore di alfabetizzazione. Per tutti loro, ora
arriva la possibilità di vedere tanti film.
campobasso
per gli ultimi del Nepal
Costruire una toilette o regalare una
capra a una famiglia per sostenerla
sono alcune delle iniziative in corso
di Namasté! Onlus, l’associazione
di volontariato di Campobasso che
svolge missioni di cooperazione
internazionale, a partire «dal basso»,
nei villaggi del Nepal. Namasté! si
propone come referente umanitario
per la tutela e la salvaguardia dei
diritti fondamentali: cibo, vestiario,
istruzione. Diritti negati a chi
appartiene alle ultime caste sociali. salerno
Sportello ANTI-disagio
Fino a novembre sarà attivo uno
sportello di ascolto per migliorare
la qualità della vita di chi
vive un disagio psicosociale.
L’iniziativa è realizzata
dalla Fondazione Cassa
di Risparmio SalernitanaCarisal in collaborazione con
Funzione Alfa-Associazione
psichiatria e psicoanalisi
Campania. Il consulto
è totalmente gratuito e
possono fruirne tutte le
persone residenti nella
provincia di Salerno dai 18 ai 40 anni.
Garantito il rispetto della privacy
per coloro che usufruiranno del
servizio. Per informazioni contattare
il 342.6189563. Gennaio 2015
23
Fondazione Villa Camaldoli
Sostieni il nostro progetto
destina il tuo 5 X 1000
La fondazione Villa Camaldoli opera da oltre 10 anni
per sostenere e divulgare gli studi sui disturbi neurologici e psichiatrici e sulle metodologie riabilitative
che possono migliorare la qualità di vita dei pazienti che ne sono portatori. Ha sponsorizzato
numerosi convegni di livello nazionale ed internazionale, oltre ad attuare innovative tecniche riabilitative sui pazienti degenti ricoverati presso l'istituto
clinico Alma Mater con incoraggianti risultati.
Negli anni è stato dato rilievo alle malattie neurodegenerative, con particolare attenzione alla malattia
di Alzheimer e alla degenerazione Frontotemporale,
allestendo un metodo riabilitativo che ottimizza le
risorse del paziente attraverso interventi
convergenti e corrispondenti. Questo metodo si
fonda sulla contemporanea applicazione di strategie
cognitive, derivate dalla neuropsicologia, e tecniche
comportamentali
queste incentrate sugli aspetti "ecologici" che
rendono applicabili alla vita di tutti i giorni le strategiche cognitive. Particolare attenzione è stata rivolta ai trattamenti e alle valutazioni neurologiche,
oltre che interimistiche, al trattamento neuromotorio e al fondamentale sostegno psicologico al paziente e ai loro familiari. Nel corso di questo decennio sono stati pubblicati numerosi lavori scientifici
sulle più importanti riviste specializzate nazio- nali
ed internazionali. Tutto ciò grazie al costante coordinamento di figure professionali come psicologi,
tecnici della riabilitazione e neurologi e alla consulenza del Dipartimento di Psicologia del II Università
degli Studi di Napoli.
La costante ricerca scientifica sul cervello
ha aperto innovative frontiere
alle terapie riabilitative psichiatriche
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“FONDAZIONE VILLA CAMALDOLI”
P. IVA 07951750632
Puglia e Basilicata
di Emiliano Moccia
Un roBot Per BiMBi aUtiStiCi
Zeno è stato acquistato a Bari
da «Occupazione e Solidarietà»
U
n robot dalle sembianze umane. Capace di
attirare l’attenzione dei bambini, di creare con
loro un’interazione gioiosa e dinamica, di
esprimere sul volto sensazioni come stupore,
felicità e tristezza. È Zeno, il robot interattivo
utilizzato come supporto nelle attività dedicate ai
piccoli affetti da disturbo dello spettro autistico.
zeno utilizza «roboMate», il software nato da
by Mikima ([email protected])
un’idea della
startup catanese behaviours
labs e acquistato dalla cooperativa sociale
di Bari «Occupazione e Solidarietà», il primo
cliente privato in Italia a sperimentare
questo nuovo strumento per il trattamento
dell’autismo. Perché l’Istituto di Fisiologia clinica
di Messina, che ha sperimentato zeno, ha
osservato un notevole miglioramento medio
dell’interazione sociale nei bambini autistici. Di
conseguenza, l’umanoide dai capelli castani e lo
sguardo rassicurante sarà impiegato in questa
fase iniziale nei vari progetti laboratoriali ed
educativi in cui operano i soci della cooperativa.
Potenza
SCeGli in CoMUne di donare Gli orGani
Chi si reca nell’Ufficio Anagrafe del Comune per chiedere o
rinnovare la propria carta d’identità potrà anche esprimere
il consenso alla donazione degli organi firmando un
semplice modulo. La richiesta sarà informatizzata e il dato
relativo alla dichiarazione di volontà (consenso-diniego)
sarà acquisito telematicamente dal Sistema informativo
trapianti (Sit). È uno dei nuovi servizi messi a disposizione
dei cittadini dall’amministrazione comunale di Potenza che
ha aderito al progetto «una scelta in Comune», promossa
dal ministero della Salute–Centro nazionale trapianti.
Un’iniziativa tesa a sensibilizzare la comunità su questo tema,
anche perché secondo il Centro regionale trapianti Basilicata
nel 2014 si è registrata
un’opposizione al
prelievo di organi da
parte dei parenti delle
vittime nella regione
pari al 55%, molto
superiore alla media
nazionale attestata al
30%.
«I bambini interagiscono con Zeno senza paura, perché
li incuriosisce e non è invadente. Nelle 140 scuole
pugliesi in cui svolgiamo il servizio di assistenza
specialistica, potremo sperimentare i benefici di
zeno coinvolgendo un centinaio di alunni autistici;
a riguardo – spiega bartolo Moretti, referente del
progetto – vogliamo stipulare protocolli d’intesa
con i singoli istituti scolastici o con gli Uffici
scolastici territoriali. E lo stesso lo faremo
con i piccoli affetti da disturbo dello spettro
autistico che seguiamo nei servizi di assistenza
educativa e domiciliare che gestiamo in
circa venti comuni della Puglia». Ma zeno si
inserisce in un progetto più ampio, che «va
dalla valutazione precoce fondamentale nei
casi di autismo alla creazione di un piano
individuale terapeutico per il trattamento di
bambini autistici, perché la diagnosi nei primi
mesi di vita e i relativi trattamenti adeguati
possono accrescere notevolmente le capacità
relazioni e cognitive».
trani
«orizzonti Solidali» Per il Volontariato
Sostenere iniziative di responsabilità sociale e azioni
di volontariato per migliorare qualità della vita e stato
di benessere. Questi i temi centrali della quarta
edizione del bando «orizzonti solidali»,
pubblicato dalla Fondazione Megamark
di Trani e rivolto ad associazioni di
volontariato, cooperative sociali,
associazioni di promozione sociale.
In palio 150 mila euro da assegnare
a uno o più progetti ammessi a
finanziamento. Le iniziative, da
realizzare in Puglia, devono rientrare in
uno dei quattro ambiti: assistenza (sostegno
di persone in condizioni di disagio), sanità (assistenza
sussidiaria delle strutture sanitarie pubbliche),
ambiente (educazione e formazione ambientale,
sviluppo sostenibile) e cultura (promozione di arte
e cultura soprattutto in contesti socio-culturali
emarginati). Per partecipare c’è tempo fino al 30
giugno 2015.
Per info: www.fondazionemegamark.
Aprile 2015
25
Sicilia e Calabria di Nico Falco
Ragazzi DOWN in cucina
È partito a Messina un progetto
con otto giovani che vivono da soli
«A
ll’inizio i nostri ragazzi non sapevano
quanta pasta buttare a testa, oggi già
aiutano nelle faccende di casa». Sorride,
Mikima ([email protected])
Francesco Venuti,bypresidente
dell’associazione
«Anch’io Sindrome di Down», mentre ripercorre i
progressi del progetto «Viviamo insieme: promuovere
il passaggio dall’integrazione all’inclusione», partito
il 18 marzo e che durerà fino al 23 maggio. Otto
ragazzi, divisi in due turni, vivono per un giorno
alla settimana in un appartamento da soli, seguiti
da tutor, e si occupano di tutti gli aspetti della vita
quotidiana. «Decidono loro cosa mangiare e come,
fanno la spesa, gestiscono la casa – spiega Venuti – in
un’ottica di crescita associativa che è ben diversa dal
“parcheggio” che offrono molti centri. Noi – continua
– vogliamo passare dall’autonomia all’integrazione,
affinché questi giovani possano diventare una risorsa
per sé e per gli altri». È un progetto innovativo, che
REGGIO CALABRIA
«LA DIREZIONE GIUSTA» È il calcio
Un percorso educativo, per insegnare valori della
condivisione e della gestione emotiva, per sviluppare
le proprie capacità personali, ma soprattutto per non
ricadere nella dipendenza. È «La Direzione Giusta»,
il progetto gestito da Paolo Cicciù, presidente del Csi
Reggio Calabria, e da Federico Minniti, col patrocinio
del Dipartimento dipendenze dell’Asl della dottoressa
Caterina de Stefano. Sette ragazzi, scelti tra quelli
seguiti nelle comunità di recupero della zona, sono
stati inseriti nel gruppo degli aspiranti arbitri del Csi
che dopo il tirocinio potranno diventare effettivi.
«Tornare alla propria realtà spesso significa ricadere
nella dipendenza – spiega Cicciù – con questa
iniziativa invece vogliamo fornire un’opportunità,
anche lavorativa, sfruttando l’attrattiva di uno sport
popolare come il calcio». mira a distruggere quelle barriere che spesso si
formano intorno ai ragazzi con trisomia 21, cresciuti
con troppe attenzioni che li rendono impreparati
quando la famiglia viene meno. La gestione di un
appartamento e dei vari aspetti collegati, ritengono i
membri dell’associazione e i primi risultati sembrano
dar loro ragione, responsabilizza e rende consapevoli
delle proprie abilità. «Puntiamo all’integrazione
– aggiunge Venuti – per renderli il più possibile
autonomi, per prepararli per la vita. Si sono fatti molti
passi avanti negli anni nella gestione delle persone
con trisomia 21, ma le strutture di supporto sono
ancora carenti e non esiste un percorso che possa
formarli per un’attività lavorativa. Con altri progetti
abbiamo ottenuto ottimi risultati e crediamo che,
con l’opportuna guida, sia possibile trasformare
questi ragazzi in giovani perfettamente integrati nella
società». catanzaro
AURUNCO, IL «VINO SOLIDALE»
Si chiama Aurunco, come l’antico nome di
Montepaone, il «vino solidale» prodotto col supporto
dell’associazione Ama Calabria. La sua particolarità
è che tutte le fasi della produzione, dalla vendemmia
all’imbottigliamento, sono state seguite dai giovani del
Centro diurno di riabilitazione psicosociale. «Il nostro
obiettivo – spiega la dottoressa Rosa Conca – è creare
competenze per far rientrare i pazienti in un circuito
lavorativo. Il
“vino solidale”
ha creato
entusiasmo, i
giovani sono
usciti dal centro
per rapportarsi
con la vita reale
e col mondo del
lavoro. E poi –
conclude – non
abbiamo budget,
quindi questo
progetto è anche un sistema per fare in modo che,
tramite l’associazione, gli stessi pazienti permettano al
Centro di andare avanti». Aprile 2015
27
della
Liberazione
1945
2015
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per iPad® Biblioteca del Corriere
Responsabilità sociale I virtuosi risparmiano sulle tasse
Primati partenopei. Gli sgravi sulle tasse per chi denuncia il racket. L’albo
comunale delle aziende anti-usura. E poi, Napoli è stata «la prima città italiana
a prediligere la rendicontazione sociale a quella economica nell’assegnazione
dei fondi europei alle imprese». L’ha detto bene l’assessore comunale alle
Attività produttive Enrico Panini, in un recente incontro con i commercialisti
napoletani. Il tema era «responsabilità sociale d’impresa e competitività» e il
sotto-tema della legalità è entrato, per così dire, dalla finestra. A pieno diritto
però: perché il coraggio è il primo vero atto di responsabilità sociale. Lo sanno
pure i commercialisti, ai quali certo non dispiace l’idea che essere virtuosi, a
Napoli ma non solo, fa anche risparmiare sulle tasse.
Il back-office? A casa
due giorni al mese
Due giorni al mese, e che saranno
mai? Pochi eppure tanti, tantissimi
se moltiplicati per 3.100, quanti sono
i dipendenti che beneficiano del
programma «smart-working» avviato
nella sede torinese di Vodafone, dopo
mesi di sperimentazioni e progetti pilota.
Benefici «all’americana» ricucinati in salsa
italica dal colosso inglese, prima azienda
nel Bel Paese a decidere su così larga
scala di offrire agli addetti del back-office
la possibilità di trascorrere «in remoto»
(da casa) parte dell’orario di lavoro. Due
giorni al mese, appunto. Anche questo
è welfare. «Questa modalità aumenta la
produttività migliorando la qualità di vita
dei dipendenti», ha dichiarato Elisabetta
Caldera, responsabile risorse umane
dell’azienda.
Scarpe competitive e solidali
La scarpa che respira e fa del bene. Il gruppo Della
Valle devolve ogni anno l’1 per cento degli utili in
progetti di assistenza alle famiglie, in Toscana e
nelle Marche. Qui, nel paesino di Sant’Elpidio a Mare
(Fermo), è stata posta da poco la prima pietra del
centro di aggregazione giovanile Tod’s, non lontano
dallo stabilimento del noto marchio calzaturiero.
«Competitività e solidarietà» è il motto con cui Diego Della Valle ha
benedetto i lavori. Non è mancata «qualche lungaggine burocratica che ha
ritardato l’avvio del progetto» segnalano i promotori: guai a non mettere i
puntini sulle «i» anche alla beneficenza, del resto, per non dire i bastoni fra
le ruote. Non sarebbe Italia, altrimenti.
Meno sprechi, più welfare
Roba da grandi, il welfare aziendale. Ma anche i piccoli ci provano, e
in Puglia una micro-catena di supermercati ci sta riuscendo. Come?
Riducendo gli sperperi. Nei negozi «Numeri Primi» in provincia di Bari e
Brindisi è partito un programma di abbattimento degli sprechi in azienda
(alimentari, energetici e altro) che permette di
risparmiare risorse da destinare ai collaboratori sotto
forma di welfare. Una gara al risparmio virtuosa, in
cui i dipendenti suggeriscono, collaborano e infine
comunicano, attraverso dei questionari, con quali
beni o servizi preferiscono essere premiati. Il segreto,
spiegano gli ideatori, sta proprio qui: ognuno, dalla
cassiera al magazziniere al responsabile di negozio,
taglia dove può. E ne gode i frutti.
Il primo incubatore di startup rurali
C’è una Silicon Valley in nuce nelle colline salernitane.
Agreste, contadina ma smart, che più smart non si
può: il suo cuore è il Rural Hub di Calvanico, il primo
incubatore di startup rurali d’Italia. Qui, in un antico
casolare a un tiro di schioppo dall’università di Salerno
sta nascendo un polo tecno-bucolico dell’innovazione
sociale applicata alla natura, che riunisce agricoltori,
ricercatori, esperti di marketing e di imprenditoria.
Obiettivo: allevare startup nel territorio rurale,
offrendo «un modello organizzativo e un supporto
tecnologico ai tanti giovani che scelgono di tornare
alla campagna con un’ottica glocal e sociale», spiegano
i promotori (Accademia Mediterranea di Societing e
Coldiretti). Avanti tutta. Aprile 2015
29
il sociale che fa
di Davide Illarietti
Buona alimentazione, indagine di avis a expo 2015
Mangiar ben significa vivere bene (e in
salute). È per questo che Avis, in vista
di Expo 2015, ha pensato di realizzare
una ricerca sulle abitudini alimentari
degli italiani. Coinvolgendo tutti, non
solo i donatori di sangue. Porre al
centro dell’attenzione l’alimentazione significa contribuire
a migliorare gli stili di vita. Con questi presupposti nasce
l’idea di un questionario bilingue che sarà distribuito e
equo e solidale,
è boom:
mercato
da 944 milioni
Nel mondo sono più di
un milione e mezzo gli
agricoltori e i lavoratori
che partecipano
attivamente al commercio
equo e solidale. ben
1.210 organizzazioni
dislocate in 74 paesi,
dal Kenya all’India.
Complessivamente, nel
biennio 2012-2013, si è
registrato un incremento
del 7%. Tutti numeri,
questi, contenuti nel
report «Monitoring the
scope and the benefits of
Fairtrade» presentato nei
giorni scorsi a Padova da
Fairtrade International,
organizzazione
internazionale partner
di Expo 2015 il cui primo
obiettivo è assicurare
migliori condizioni
di vita e di lavoro ai
produttori dei paesi in
via di sviluppo. l’equo
e solidale registra
complessivamente un
trend in crescita sia nei
supermercati sia nelle
botteghe sparse sul
territorio generando un
volume di affari che nel
2014 ha sfiorato i 944
milioni di euro.
Info: www.fairtrade.net.
compilato a partire da maggio. «Vogliamo
intercettare le abitudini e capire con quali
canali vengono veicolate notizie sbagliate»,
spiega il presidente Avis, Vincenzo Saturni.
Ma non è tutto. la campagna «Nutriamo
la vita», oltre a coinvolgere 3.400 sedi Avis
e ben 1,3 milioni di soci, parteciperà anche all’Expo con
eventi informativi nell’area espositiva di Cascina Triulza.
Info: www.avisperexpo.it.
Popoli indigeni in 12 clic
Concorso di Survival
Global Citizen, 125 paesi
accolgono i volontari
Dopo il successo della prima edizione,
Survival ci riprova. E così anche quest’anno
ha organizzato un nuovo concorso
fotografico internazionale. Il movimento
mondiale per i diritti dei popoli indigeni
ha infatti
comunicato
i tre nuovi
temi del 2015:
«custodi»
(popoli indigeni
come custodi
del mondo
naturale);
«comunità» (relazioni tra individui, famiglie
o tribù); «Survival» (la diversità degli stili
di vita dei popoli indigeni). I fotografi
professionisti e amatoriali potranno inviare
le loro immagini entro il 30 aprile 2015. le
migliori dodici foto andranno a comporre
il calendario 2016 di Survival; la prima
classificata sarà pubblicata in copertina. Lo
scorso anno a vincere fu Giordano Cipriani,
che ritrasse un ragazzo Asurini do Tocantins
dell’Amazzonia brasiliana. Info: survival.it.
Gli obiettivi del programma di mobilità
internazionale Global Citizen sono
chiari: offrire opportunità di crescita e
migliorare competenze linguistiche dei più
giovani. l’iniziativa promossa da Aiesec
Italia - che dal 1948
sostiene lo sviluppo
e la cooperazione
internazionale - è
rivolta a studenti
tra i 18 e i 30 anni
che avranno così
l’opportunità di
partecipare a
progetti di volontariato in più di 125 paesi,
contribuendo di fatto allo sviluppo della
multiculturalità. Sono in programma
esperienze di 6 o 8 settimane, organizzate
dai comitati Aiesec locali in collaborazione
con scuole e organizzazioni non profit. Nel
2014 gli studenti coinvolti sono stati 741,
con un incremento complessivo del 30 %
rispetto all’anno precedente. le iscrizioni
sono aperte fino al 30 maggio.
Info: www.aiesec.it.
i nostri beni comuni, si riparte dalla saggezza indiana
Sarà il manifesto «Terra Viva» ad aprire il 2 maggio a Expo 2015 il dibattito su «Il nostro suolo, i
nostri beni comuni, il nostro futuro». A elaborarlo, un panel di esperti di tutto il mondo guidato
dall’ecologista indiana Vandana Shiv. Tra gli altri, luc Gnacadja, ex segretario della Convenzione
Onu di lotta alla desertificazione; l’economista Andrea Baranes; Nnimmo Bassey, premio Nobel
alternativo, e Sabina Siniscalchi, della Fondazione Culturale Responsabilità Etica. Un documento
di analisi e denuncia, ma soprattutto di proposta su come superare il paradigma dell’economia
lineare in favore di una circolarità da recuperare nella gestione
dell’ambiente e dell’agricoltura, ma anche nelle scelte economiche
e sociali. Lo presenteranno tra gli altri - nel Padiglione della Società
civile di Cascina Triulza - Vandana Shiva, il ministro delle Politiche
agricole Maurizio Martina, il fondatore di libera Don luigi Ciotti, e
il presidente di banca Etica ed Etica sgr, ugo biggeri.
Aprile 2015
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Il sociale si racconta
La salute dell’Africa è di tutti
Amref lancia la campagna nazionale
«Sano è salvo», perché è questa
la strada per lo sviluppo globale
L
a salute salverà il mondo. Bambini in salute
possono andare a scuola, crescere come uomini
e donne sani che partecipano al progresso della
propria comunità, farsi promotori di salute
anche nelle comunità più remote e rompere il circolo
vizioso di malattia e povertà che attanaglia i paesi più
poveri. Ecco perché la sezione italiana di Amref Health
Africa lancia la campagna nazionale «Sano è salvo», per
ricordare a tutti che la salute è la strada per lo sviluppo
globale. Una strada che porta all’abbassamento dei
tassi di mortalità e di diffusione delle malattie infettive
insieme alla crescita economica che può affrancare
le popolazioni più emarginate dalla povertà e offrire
stabilità e prospettive di crescita. «La salute è di tutti.
Un mondo sano è un mondo salvo»: sono le parole
d’ordine di Amref, che da quasi 60 anni lavora nel
continente africano.
La salute del mondo passa per l’Africa. Il secondo
continente più popolato al mondo e il più arretrato in
fatto di salute. Se l’aspettativa di vita nel mondo è di 70
anni, in Africa, nel 2011, era di 56 anni. Se nel mondo
muoiono 48 bambini sotto i cinque anni ogni 1.000
nati, in Africa questo numero è quasi il doppio (95). Ma,
come l’epidemia di Ebola in Africa ha dimostrato, le
malattie, così come il bisogno di salute, non possono
essere considerati un problema dei singoli paesi. Non è
possibile immaginare un mondo sano finché in Africa, e
ovunque nel mondo, resteranno ancora enormi sacche
di povertà e malattia. Amref si impegna in Africa come
in Italia, perché i diritti (alle cure, all’istruzione, all’acqua
pulita) non siano una questione di confini o latitudini ma
un bene globalmente esercitato.
«Dopo tutti questi anni di crisi», racconta Guglielmo
Micucci, direttore della sezione italiana di Amref
Health Africa, «anche in Europa, e in Italia, è necessario
rafforzare i sistemi sanitari nazionali. Oggi attivare
interventi di assistenza sanitaria di base in Italia diventa
un pilastro del nostro futuro. Lo faremo insieme al
Sistema sanitario nazionale e alle tante realtà che
già operano in quest’ambito. La nostra anima e il
nostro cuore rimarranno nell’Africa sub-sahariana.
Ma non possiamo più pensare che le due sponde del
Mediterraneo siano sganciate tra di loro. Sono vicine,
interdipendenti e le disuguaglianze in salute continuano
a crescere, ovunque. Ciò che accade in questa parte del
mondo ha delle conseguenze forti in Africa e viceversa».
La campagna invita tutti a considerare la salute
dell’Africa una questione globale. Con un obiettivo
concreto: il sostegno alla salute sessuale e riproduttiva
delle donne che vivono in contesti di povertà e bisogno,
nei paesi africani e nelle periferie più disagiate in
Italia, senza distinzioni e differenze. Si può sostenere e
diffondere «Sano è salvo» visitando il sito www.amref.
Raccontaci la tua storia inviando una mail a [email protected]
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Aprile 2015
Maria Grazia Cucinotta / Al femminile
[email protected]
DONNE IN CARRIERA, EGO PERICOLOSO
La «solidarietà femminile» spesso si scontra
con l’ambizione e il cinismo, ma le donne
non dovrebbero diventare come gli uomini
S
ul mio posto di lavoro
le donne sono tutte
nemiche mascherate
da amiche, la famosa
solidarietà femminile finisce
davanti all’ambizione sfrenata
o al cinismo più crudele. Ma
quando ci convinceremo che
per avere le stesse possibilità
e posizioni degli uomini non
dobbiamo diventare come
loro?
Laura C.
(Napoli)
Sono d’accordo con te, per vincere
le donne hanno bisogno di essere
unite! Basta poco per essere un
unica voce. Ma le cose più semplici
diventano le più difficili se non si
mette da parte l’ego.
Al di là dei siparietti televisivi
della Littizzetto sulle suore
di clausura che hanno
«assaltato» Papa Francesco
a Napoli, mi chiedo come mai
nessun commentatore abbia
criticato le parole irrispettose
del cardinale Sepe sul gioioso
festeggiamento delle suore.
Parole sessiste e che rivelano
un’idea preoccupante delle
donne. Siamo tutti troppo presi
dal gioco del gossip per notare
la sostanza delle sue parole?
Mariapaola Esposito
(Roma)
Si è perso il confine tra realtà e
gossip! Mi dispiace che un evento
così speciale e di grande apertura
sia limitato invece da mentalità
misogine e poco «cristiane»…
Evidentemente nonostante la
posizione, tanti non si evolvono e
restano prigionieri dei loro limiti.
Meglio ignorarli!
Si parla con preoccupazione di
uteri in affitto, di figli di coppie
omosessuali che vengono
considerati di serie C, e ancora
i diritti civili per tutti, non
solo gay e lesbiche, sembrano
una chimera. L’Italia è molto
più avanti di quanto pensa la
politica, non credi?
S. M.
Da sempre sono in prima fila
in difesa dei diritti umani.
Papa Francesco
circondato
dalle suore
di clausura
a Napoli
Purtroppo la burocrazia è
preistorica per l’attuale società.
Nessuno dei politici ha mai
lottato fino in fondo per fare
dei cambiamenti e dare fine ai
pregiudizi. Vedo folle di persone
che scendono in campo, nel
momento del voto, e poi come
sempre la solitudine di chi
subisce e paga per l’essere
considerato un diverso. Ci vorrà
ancora molto tempo. Ma noi
tutti possiamo già cominciare
da subito con un messaggio
semplice: non puntate quel
dito che giudica quello che
non conosce e lo condanna a
un’esistenza infernale.
Cara Maria Grazia, mio figlio sta
vivendo una relazione che mi
preoccupa. Ha 21 anni, tanta
voglia di vivere ma da tre mesi
è spento, non parla più di nulla,
né degli esami all’università né
degli amici, è rabbioso e ostile.
La sua ragazza non la conosco
quasi, sento solo le urla quando
mio figlio passa ore al telefono
chiuso dietro la sua porta.
Ho paura che sia dentro una
storia morbosa, fatta di gelosia
e controllo. Cosa mi consigli?
Temo che intromettermi lo
allontani ancora di più.
Nadia Vergani
Queste situazioni sentimentali
vissute di riflesso, mettono il
cuore di una madre, in bilico su
una lama di rasoio! Il dialogo è
necessario, sei la madre, non
avere timore, trova il momento
giusto e parlaci.
Aprile 2015
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Anno II - Numero 4
APRILE 2015
a cura di
Angelo Lomonaco
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