Il Bel Paese: identità italiana e culto della bellezza

Rome International Graduate Colloquium 2015
Il Bel Paese: identità italiana e culto della bellezza
22 maggio 2015
Reale Istituto Neerlandese, Via Omero 10, Roma
Il Rome International Graduate Colloquium (RIGC) offre a laureandi e neolaureati, a dottorandi, nonché a giovani ricercatori
provenienti dalle varie accademie straniere presenti a Roma e dalle università romane una piattaforma professionale quanto
accogliente per presentare a un pubblico internazionale il proprio lavoro di ricerca di ambiente romano e/o italiano. Concentrato in
una giornata, il RIGC comprende varie sessioni in cui si alternano presentazioni brevi di studiosi affermati e giovani, alle quali segue
un dibattito che intende offrire un feedback critico ma positivo ai relatori. Per l’edizione 2015 del RIGC è stata prescelta come
tematica: Il Bel Paese: identità italiana e culto della bellezza. La partecipazione al RIGC è gratuita.
Programma
9.00 apertura, caffè
Presiede Claudio di Felice
9.15 Philiep Bossier (Utrecht): Bel Paese si o no? I paradossi di un desiderio nel canone letterario europeo
9.30 Harald Hendrix (KNIR): Il bel sito di Napoli nelle guide cinque e secentesche
9.45 discussione
10.00 Pierluigi Pietricola (Roma La Sapienza): La pavoncella fra i libri. Archetipi di bellezza nella letteratura italiana
10.15 Giulio Troli (Roma La Sapienza): La grande illusione: sguardi alternativi sulla bellezza del Rinascimento italiano
10.30 Paola Travaglini (Roma Tor Vergata): Belle, brutte: lessico del corpo femminile nella narrativa italiana ottocentesca
10.45 discussione
11.15-11.30 pausa caffè
Presiede Harald Hendrix
11.30 Ingeborg van Vugt (Amsterdam / KNIR): The Beauty of Progress Through the Eyes of Grand Duke Cosimo III
11.45 Rosanna Domizi & Giuseppe Gatti (Roma Tre): The Beauty and the Beast: Notes on Rome’s Imaginary
12.00 Oriella Esposito (Roma Tre): L’Amore molesto by Mario Martone: Paths to Violated Beauty
12.15 Malvina Giordano (Roma Tre): Beyond Identity: a Journey Through Italian Landscapes
12.30 discussione
13.00 presentazione del libro curato da Maarten van Aalderen, Il Bello dell’Italia. Il Belpaese visto dai corrispondenti della stampa
estera, Roma, Albero Edizioni, 2015
13.30-14.30 pausa pranzo relatori
Presiede Philiep Bossier
14.30 Claudio Di Felice (Leiden): Il concetto di bellezza nei trattati rinascimentali sul volgare
14.45 Giuseppe Crimi (Roma Tre): L'altra bellezza: le ottave amorose di Michelangelo
15.00 discussione
15.15 Frianne Zevenbergen (Leiden): L’armonia dei contrasti nel Dialogo della infinità d’amore di Tullia d’Aragona
15.30 Pieter de Weerd (Amsterdam): La bellezza nell'Orfeo di Monteverdi
15.45 Evfstifeeva Riva (Roma Tor Vergata): La semantica del “bello” nelle traduzioni dell'Oráculo manual di Baltasar Gracián
16.00 discussione
16.30-17.00 pausa tè
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17.30 Surya Stemerdink (Nijmegen / KNIR): Beauty in an Early 17 -century Artistic Guidebook to Rome
17.45 Gloria Moorman (Warwick): Il Bel Paese rappresentato nel Theatrum Italiæ (Joan Blaeu, 1663)
18.00 Lorenzo Rinaudo (Utrecht): La retorica della bellezza nella comunicazione politica populista italiana
18.15 discussione
18.45 conclusioni
19.00 rinfresco
20.30 cena relatori
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Abstracts
Philiep Bossier (Utrecht): Bel Paese si o no? I paradossi di un desiderio nel canone letterario europeo
Se il concetto di 'Bel Paese' corrisponde ad una costruzione culturale del Sette-Ottocento in Europa, tale standard estetico diventa
un'entità soggetta a modifiche, capricci, ma anche variazioni emotive nell'epoca che segue lo stabilirsi della norma identificaria
dell'Italia rispetto ad altre nazioni. Con una rassegna di scrittori appartenenti al canone letterarario europeo (Chateaubriand,
Proust, Joyce, Gracq, Haenel), ci si concentrerà sul perché di tante variegate frequentazioni di un codice, come quello del Bel Paese,
solo in apparenza stabile. Fra adorazioni e venerazioni, si profila anche l'indifferenza, la delusione, l'odio o lo stesso rifiuto, specie
nel caso di Roma.
Giuseppe Crimi (Roma Tre): L'altra bellezza: le ottave amorose di Michelangelo
Nella relazione verrà affrontato il concetto di bellezza secondo la letteratura rusticale e quella popolareggiante, utilizzando come
esempio le ottave di Michelangelo. Sullo sfondo dei versi la cultura nenciale, soprattutto quella volgare toscana trecentesca e
quattrocentesca, alla quale Michelangelo poteva attingere con più facilità: da Boccaccio fino a Lorenzo de' Medici, Alessandro
Braccesi, Bernardo Giambullari e Luigi Pulci.
Claudio Di Felice (Leiden): Il concetto di bellezza nei trattati rinascimentali sul volgare
Questo contributo ripercorrerà alcune tappe della “questione della lingua” nel Cinquecento, con l’intento di individuare alcuni
punti chiave nelle diverse posizioni (classicista, cortigiana, italianista, toscanista e fiorentinista), in cui i criteri estetici informano e
condizionano gli approcci conoscitivi fenomenici piuttosto che metafisici e le proposte dei modelli. I principi di autorità e di
imitazione saranno riletti attraverso il riuso del racconto di Zeusi ed Elena, filo rosso che accomuna riflessioni estetiche di ambito
artistico e linguistico, secondo il percorso già aperto da Pasquale (2007). La prospettiva di analisi tuttavia sarà quella delle
convergenze di idee estetiche e scelte linguistiche in autori specifici, come Leon Battista Alberti, Claudio Tolomei e Giangiorgio
Trissino. Particolare attenzione verrà riservata all’impiego scientifico del concetto di “lingua bella” nei trattati maggiori: le Prose
della volgar lingua di Pietro Bembo e l’Hercolano di Benedetto Varchi.
Rossana Domizi & Giuseppe Gatti (Roma Tre): The Beauty and the Beast: notes on Rome’s imaginary
The paper will look at the multiple and contradictory discourses that actively shape today metropolitan imaginary. In particular,
conditions of existence related to Rome’s popular images will be examined and confronted, as they would enhance city’s beauty or,
on the contrary, be a chance to reveal its monstrosity. Our study will focus on the city of Rome by taking into account its modes of
representation, from narrative cinema up to the broader contemporary mediascape. Starting from a critical reading of Paolo
Sorrentino’s The Great Beauty,our analysis will pivot on the social, cultural and political consequences of the circulation of images
in shaping city’s sense of ‘beauty’. According to Michel de Certau there would be two epistemological types of gaze on/at the city:
the voyeuristic one, which defines the city-scape, and that of the walker, which pertains to the city-space. Through this perspective,
we would look at Sorrentino’s film as cultural as well as aesthetic phenomenon. A possible relation between Rome’s mediated
spatial representation and its related social dimension, would be highlighted.
Oriella Esposito (Roma Tre): L’Amore molesto by Mario Martone: Paths to Violated Beauty
The female body and the urban space are narrated in Mario Martone’s L’Amore Molesto inspired by the namesake novel of Elena
Ferrante. The artwork is a psychological path through the flesh and bones, the people, streets, places, sounds, and personal
recollections: these were caught by a movie camera which could record their inner wounds and mutations. Femininity emerged
through a constant discussion among body, memory and a deep and painful self-exploration. This “discourse” went parallel with
the development of the aesthetic representation of Naples; Martone represented Naples as intense, violent and threatening;
nonetheless it became a charming co-protagonist. Delia is represented as a broken woman; she is tore apart by the Neapolitan
palaces, the urban noise and her childhood’s traumas and recollections. Therefore, the aesthetics and the narrative structure of
L’Amore Molesto and the Delia’s path are going to be analysed using Freudian conceptual frameworks of sexuality, the Hitchcock’s
outlook and Kleinian insights. This will offer an interpretation of the artworks as a unexpected representation of the human being
and the city of Naples.
Malvina Giordana (Roma Tre): Beyond Identity: A Journey Through Italian Landscapes
At the beginning of the twentieth century, the meaning of landscape, codified in Italy by the law on the "protection of natural
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beauty", was linked to the beauty and value of certain portions of territory: the so-called "postcard-beauty". However nowadays,
rather than being the mere semantic equivalent of "natural beauty", the term "landscape" signifies, according to the European
Landscape Convention (2000), the "result of the action and interaction of natural and/or human factors". In the attempt to
understand how landscape can configure the shape of the Country, continuously transformed by the impact that culture has on the
environment, this notion ought to be considered, similarly to language, as a complex system of materials signs that must be
integrated together in a broader model: the syntax of spaces. Moreover, along with these physical locations, the presence of
dynamic elements, understood as different levels of gaze, creates a symbolic system. This negotiation is strongly involved in how
cinema manipulates and reorganizes the space which takes into account, not only the physical locations of the relationship that
they have with the space, but also their symbolic content, giving rise to a "semantic system". I will go through a short geographical
itinerary of some contemporary Italian films in which emerges the question of re-defining the identity of the landscapes.
Harald Hendrix (KNIR / Utrecht): Il bel sito di Napoli nelle guide cinque e secentesche
Le numerose descrizioni di Napoli e del suo distretto presentate nelle guide sin dai primi decenni del Cinquecento sono
prevalentemente orientate sulla bellezza del luogo, ma dimostrano un continuo evolversi dell’interpretazione di tale concetto. La
relazione presenta un’analisi di tale dinamica, prendendo come punto d’arrivo la concezione variegata di bellezza presentata nelle
ben note Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli per gli signori forastieri di Carlo Celano del 1692.
Gloria Moorman (Warwick /KNIR): Il bel paese rappresentato nel Theatrum Italiæ (Joan Blaeu, 1663)
Le radici secentesche del concetto di bel paese si rispecchiano nei prodotti dell’editoria europea usciti a pari passo con il crescere
del fascino della penisola. Trova espressione l’immagine mentale dell’Italia nella serie di atlanti urbani, stedenatlassen oppure
stedenboeken in olandese, dedicata alle regioni della penisola e pubblicata ad Amsterdam nel ‘600 dalla casa editrice Blaeu. Nei
preziosi volumi si trovano immagini e testi in cui vengono lodati regioni, città e monumenti particolari. Invita ad un case study
specifico l’introduzione sull’Italia intera (‘geheel Italie’) nell’edizione Mortier (1704) in cui la bellezza del paese viene espressa in
modo rispecchiante il modello chorografico e gli scopi stabiliti dai Blaeu stessi. Il testo ci permette, inoltre, di studiare come le
aspettative dei Grand Touristi che visitavano l’Italia nel periodo si svilupparono sotto l’influenza dei media. Editori che pubblicavano
questo tipo di opere avevano capito che i bisogni dei viaggiatori si stavano ormai affinando; non sarebbero, infatti, più bastati i libri
e le raccolte di immagini del secolo precedente, in cui mancavono del tutto le notizie e che spesso presentavano immagini ormai
superate, a colmare la volontà di scoprire l’essenza profonda di certe parti del mondo.
Pierluigi Pietricola (Roma La Sapienza): La pavoncella fra i libri. Archetipi di bellezza nella letteratura italiana
Tracciare una storia non è questione da prendere alla leggera. Ben lo sapeva Croce quando distingueva tra cronaca ed Istoria:
laddove la prima si rivela come un tessuto in successione di fatti, la seconda bada ai modi secondo i quali lo Spirito si manifesta in
ciò che si è solitidenominare Tempo. Per tal ragione, asperrima potrebbe rivelarsi la scrittura di una storia del campo linguistico dei
concetti di bello e brutto. Quali forme definitive scegliere per spiegare la Bellezza o la Bruttezza? Sulla cima di quale Monte Ventoso
arrestarsi per assumere una visione d'insieme? Questa la difficoltà in cui si incorre quando è alle forme che si bada. Ma se si
discende al di sotto del manifesto, che accade? Si finirà per scoprire la Bellezza come Archetipo – forma formante – e la Bruttezza
quale volto celato della medesima luna. Sono state scelte alcune visioni archetipiche nella letteratura italiana: la donna angelicata
in Dante; la Bellezza come magia nell'Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna; la Bellezza maledetta dell'Innominato nei
Promessi sposi; il Bello come esperienza sciamanica nel racconto di Lampedusa La sirena. Ne emergerà un'immagine dell'Italia
formata sui moti e le pulsioni di un simbolo primordiale che tutti accomuna: l'Aleph del Bello.
Lorenzo Oldřich Rinaudo (Utrecht): La retorica della bellezza nella comunicazione politica populista italiana
Nonostante oggigiorno le istituzioni democratiche siano sempre piú diffuse mondialmente, notiamo che le democrazie Europee
sono state afflitte negli ultimi decenni da una crescente disaffezione e sfiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini. Questa ‘crisi’
democratica ha dato crescita a movimenti apolitici e populisti che nel tempo hanno provocato profondi cambiamenti nella
concezione stessa della democrazia. Nonostante l’impotanza del populismo nel mondo politico moderno, i meccanismi attraverso i
quali si é manifestato questo fenomeno e quali cambiamenti abbia causato rimangono poco studiati. In quanto le nostre
conoscenze delle componenti della comunicazione politica populista che ci permettano di comprenderne il successo rimangono
scarse, questo studio analizza le forme linguistiche populiste utilizzate nella comunicazione politica in Italia da Berlusconi ad oggi
per comprenderne le dinamiche concentrandosi in particolare sull’uso del concetto di bellezza. La bellezza, che in Italia occupa un
ruolo importante nell’identità nazionale, viene evocata ripetutamente sotto varie forme espressive, metaforiche e anaforiche a
partire da Berlusconi per fare appello al potere figurativo che essa evoca nell’immaginario italiano e permettere quindi di
conquistare sostegno pubblico. Data la forma retorica populista di Berlusconi, questo studio analizza come la bellezza abbia assunto
un ruolo particolare nella comunicazione politica italiana, diventando un elemento costitutivo del discorso populista ed assieme ad
altri elementi comunicativi ha contribuito al cambiamento non solo della concezione della democrazia in Italia, ma bensí della
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tradizione e dell’identità politica italiana.
Evstifeeva Riva (Roma Tor Vergata): La semantica del “bello” nelle traduzioni dell'Oráculo manual di Baltasar Gracián
L'Oráculo manual y Arte de prudencia (1647) di Baltasar Gracián è un trattato moralistico che ha come oggetto la perfezione morale
e comportamentale. In una serie di consigli di carattere pratico su come raggiungerla si innesca un ben definito sistema di valori. I
valori morali si incontrano qui con quelli estetici, e con il criterio della bellezza viene misurata la pienezza di realizzazione delle
singole qualità e, di conseguenza, la vicinanza dell'individuo all'ideale. Il trattato conobbe fortuna in tutta l'Europa. La prima
traduzione italiana, anonima, apparve nel 1670; la seconda, di Francesco Toscques nel 1698, mediando la versione francese di N.
Amelot de la Houssaie (1684). Sempre da quest'ultima nasce la traduzione più lontana geograficamente e culturalmente
dall'originale, quella russa, di Serghej Volčkov (1741). Lo studio comparato delle varie traduzioni del testo permette di esaminare,
all’interno del campo semantico della bellezza, le variazioni nella resa dello stesso vocabolo (come l'introduzione di “formoso” o
“illustre” nell'italiano per “bello/hermoso” dell'originale spagnolo) e la capacità di un vocabolo di rendere lessemi diversi (come
“beauté” francese per “bizarria”, “perfección”, “armonía” spagnole). Inoltre, coinvolgendo ambiti geograficamente distanti, tale
indagine permette di evidenziare le differenze culturali nella concezione della bellezza.
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Surya Stemerdink (Nijmegen / KNIR): Beauty in an Early 17 -century Artistic Guidebook to Rome
Despite being first in its genre, Gaspare Celio’s Memoria delli nomi dell’artefici delle pitture che sono in alcune chiese, palazzi e
facciate di Roma, has remained relatively obscure within the (art)historical discourse concerned with letteratura artistica. Following
the rather dominant tradition of the Mirabilia Romae guidebooks and similarly popular – and perpetually reissued – booklets such
as Palladio’s L’Antichità and Descritione (1554), Francini’s Le Cose Maravigliose (1588), or Fellini’s Trattato Nuovo (1610), Celio’s
Memoria seems to initiate an altogether different tradition in guidebooks, subsequently followed by better known authors such as
Giovanni Baglione (Nove Chiese di Roma, 1639) and Giulio Mancini (Viaggio per Roma, written 1624-’29). Published in 1638
(Scipione Bonino, Naples) but written before 1620, the Memoria presents the first autochthonous compendium of churches, palazzi
and public buildings in Rome that focuses exclusively on the painted and sculpted art works inside these edifices. Interesting within
the context of il culto della bellezza are the discrepancies between the theoretical and the practical views Celio expresses on the
subject of judgement and art criticism; a phenomenon undoubtedly connected to both the nature of this remarkable guidebook
and the intellectual network in which Celio found himself. In an effort to clarify said discrepancy and with it, the ideas of an early
seventeenth century Roman artist on the bellezze of his hometown, a closer look at the Memoria within its context of early
seventeenth-century artistic intellectualism is paramount.
Paola Travaglini (Roma Tor Vergata): Belle, brutte: lessico del corpo femminile nella narrativa italiana ottocentesca
La bellezza, da sempre giustificazione più o meno metaforica alla presenza di personaggi femminili di qualche importanza nella
storia della nostra letteratura, ha irreversibilmente mutato la propria natura nell’Ottocento, quando essa smette di manifestarsi
come miracolosa incarnazione di armonia, per aprirsi, sulla scia del Romanticismo prima e del Naturalismo poi, a un nuovo ideale:
quello dato dal suo contrario, ossia dalla non‐bellezza. Questa non è mera assenza di attrattive, bensì manifestazione attiva e quasi
ribellistica di ciò che la bellezza classica in sé non contemplava: la disarmonia, la malattia, la corruzione, insomma la bruttezza. Dalla
Gertrude di Manzoni, alla Giacinta di Capuana, alla Fosca di Tarchetti, la bellezza femminile attraversa il XIX secolo scomponendosi
in nuovi canoni, più sfumati eppure estremi, distanti ormai dal monolitico ideale classicheggiante; bellezza e bruttezza si affiancano,
opposte fino alla reciproca necessità o condannate a vicendevole contaminazione. Dalla scoperta di quella corporalità romantica
che Mario Praz sintetizzò come “la carne, la morte, il diavolo”, fino alla rivelazione degli effetti che la malattia opera sul corpo e
sull’animo femminile, si scorgerà come in tante eroine sospese tra ultimi sussulti romantici, brutalità positivistiche e ansietà
decadenti, deflagrino i simulacri della Donna quale secoli di letteratura l’avevano desiderata.
Giulio Troli (Roma La Sapienza): Rinascimento: La Grande Illusione
"L'Umanesimo fu un fatto reazionario nella cultura, perché tutta la società stava diventando reazionaria" ha scritto Antonio
Gramsci. Fino al 1494, anno d'inizio delle guerre horrende de Italia, ogni abitante della penisola aveva maturato dentro di sé la
convinzione di trovarsi a vivere in una rinnovata età dell'oro, diretta discendente - o almeno ritenuta tale - di quella imperiale
romana. Le atrocità della guerra e le difficoltà politiche spazzarono via ogni illusione, ma allo stesso tempo la crisi degli Stati
regionali, la finis Italiae, costrinse i principi del tempo a elaborare, con il fondamentale aiuto di una élite intellettuale, un canone
unico ed eterno, classico, che potesse quindi rivaleggiare, almeno sul piano culturale, con il resto d'Europa e che riuscisse a
riprodurre ancora una volta l'inganno, o "auto-inganno" come l'ha definito Panofsky, di una fantomatica superiorità di spirito. "Se 'l
dormir mi dà gaudio, e il veggiar guai" scriveva l'Ariosto alla fine di una sua ottava "possa io dormir senza destarmi mai".
Ingeborg van Vugt (Amsterdam / KNIR): The beauty of progress through the eyes of Grand Duke Cosimo III
During the long reign of Cosimo III, Grand Duke of Tuscany – from 1670 until his death in 1713 – the Florentine court faced the
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inevitable decline of the Medici dynasty. Cosimo’s efforts to stimulate industrial and technological innovations and to revitalize
commerce led to an enormous expansion of interactions between the Tuscan court and the Dutch Republic. While Cosimo was still
heir-apparent, he had already shown a certain fascination with the Republic; he visited the Republic twice with the aim of learning
about the blossoming Dutch intellectual and artistic culture. He was especially fascinated by how the Dutch used an controlled
water and consequently the Republic served him as an important source of dealing with problems involving water management in
Tuscany. This contribution will explore what underlying notion of beauty is reflected through the elements of Dutch innovations in
the field of water management that were, testified in his travel journal and the many correspondences he maintained afterwards,
so particularly appealing to Cosimo. Looking at the dynamics of his epistolary network one can have a better understanding of how
those networks have stressed Cosimo’s desire for technological progress and innovation.
Pieter de Weerd (Amsterdam): La bellezza nell’ Orfeo di Monteverdi
Nella favola in musica Orfeo Monteverdi e il suo librettista hanno usato sia concetti della bellezza del Rinascimento, che hanno
sperimentato con idee del Barocco. Nel testo si trovano molti esempi che devono dare al pubblico un’impressione di bellezza, sia al
livello micro, sia a quello macro. Al livello basso ci interessa la scelta delle parole e a quello più alto la struttura in cui Monteverdi ha
concepito l’opera intera e gli atti distinti. Alla bellezza contribuisce che la musica sia in concordanza con la trama. L’Orfeo è un
opera pastorale e i tradizionali cambiamenti di fortuna del protagonista devono essere riflessi nel testo e nella musica. Monteverdi
ha dato istruzioni abbastanza precise su quali strumenti da usare per i vari brani della sua opera, fatto che non era ancora molto di
uso in sua epoca, ma si pensa che lo scopo sia stato di garantire una certa atmosfera che era in armonia con la trama. L’armonia è
una delle principali caratteristiche che dovessero contribuire all’impressione di bellezza del pubblico, un’armonia fra versi e musica
e fra un mito pagano e i dogmi della Chiesa. Alla fine tutti gli elementi hanno dovuto finire in quest’armonia e la bellezza dell’opera.
Frianne Zevenbergen (Leiden): L'armonia dei contrasti nel Dialogo della infinità d'amore di Tullia d'Aragona
Il Dialogo della infinità d'amore (1547) è uno dei più famosi trattati sulla questione d'amore del Cinquecento, perché il primo
firmato da una donna. La domanda principale sulla quale si svolge il dialogo tra i due protagonisti, Tullia d'Aragona e Benedetto
Varchi, è «se si può amar con termino». Da qui la discussione si sviluppa sempre di più, entrando prevalentemente nel campo della
filosofia. Nella mia ricerca mi concentro soprattutto sulla posizione della donna protagonista nel trattato per poter analizzare in
quale modo lei rappresenta la donna come individuo intelligente ed emancipato. Nel trattato, la questione d'amore non viene solo
affrontata da un punto di vista maschile, ma anche da un punto di vista femminile. I contrasti tra le diverse domande, opinioni,
considerazioni e risposte esposte dai due protagonisti rendono il trattato molto dinamico. Presuppongo che Tullia d'Aragona,
attraverso la protagonista del trattato, abbia voluto esprimere il suo parere riguardo la posizione della donna. Dato che le sue Rime
sono uscite nello stesso anno come il suo trattato, ricerco inoltre fino a che punto si può ritrovare il suo approccio
"protofemminista" nei suoi sonetti.
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