21 marzo 2014 Accademia d'Ungheria in Roma Casa delle Letterature AustriaKarlLubomirski BulgariaEkaterinaJosifova CroaziaSarahZuhraLukanić GermaniaUlrikeDraesner ItaliaTomasoBinga PoloniaWojciechBonowicz PortogalloJoséTolentino RepCecaPetrBorkovec RomaniaDanielaCrăsnaru SlovacchiaKatarínaKucbelová SloveniaDušanŠarotar SpagnaZingoniaZingone UngheriaSándorKányádi Supplemento alla “Gazzetta Europea delle Arti” - n°1/2014 Giornata Mondiale della Poesia 21 marzo 2014 a cura della Federazione Unitaria Italiana Scrittori Piazza Augusto Imperatore, 4 - 00186 Roma tel. 06 68 33 646 Progetto grafico e stampa VEAT Litografica snc info@veatlitografica.it 2 3 Austria KARL LUBOMIRSKI Karl Lubomirski, poeta austriaco, nato nel 1939 a Hall in Austria. Dal 1962 Lubomirski vive in Italia (Torino, Milano, Roma, Brugherio) dove ha lavorato per imprese austriache e tedesche fino al suo pensionamento. Di lui sono stati pubblicati dieci volumi di poesie in tedesco nonché racconti, saggi e opere per il teatro. La sua poesia è stata tradotta in diciassette lingue. Diversi premi. Premio Pollino (2007) Castrovillari, Italia Such, kein Held zu sein man würde dich verlachen. Such nicht, wahr zu sein, man sperrt dich ein, such nicht gut zu sein, du weckst nur eine Hydra. Non cercare di essere un eroe ti deriderebbero. Non cercare di essere sincero, ti rinchiuderanno, non cercare di esser buono, sveglierai soltanto un’idra. Halt den Kopf nicht hoch, das Singen der Sense ist nah. Non tenere la testa alta, il sibilo della falce è vicino. Das Singen, das Singen der Sense war lange vor dir da. Il sibilo, il sibilo della falce era già molto prima di te. Der Engel Der dort vorübergeht, der mit den Flügelstummeln, der dir so müde scheint, ist es. Er wich aus Menschen, er wich aus Dingen, kehrt nicht mehr ein. Sei unverzagt, auch seine Stummeln noch Tragen dich heim. L’angelo che passa laggiù, con moncherini d’ali che ti pare tanto stanco, è quello che si ritirò dagli uomini, dalle cose, e non tornò più. Ma sii fiducioso, anche i suoi moncherini ti porteranno a casa. Bei Sybaris Mit Thymianworten nimmt der Abend Ölbäumen die Angst vor dem Verdursten auf dem Löwenrücken der Einöde. Osterfarbene Disteln wiegen sich über Werkzeugen, die man den Toten ließ; nur mittags tanzen tief, tief unterm Gestein heute noch Pferde zum Flötenspiel ihrer Herren. Presso Sibari Con parole di timo la sera toglie agli ulivi la paura dell’arsura sul crinale leonino del deserto. Cardi color di Pasqua si cullano su attrezzi lasciati ai morti; solo a mezzogiorno sotto la pietraia, ancora oggi cavalli danzano al suono del flauto dei loro padroni Jesus Vor manchen steht das Schicksal still; vor andern kniet es nieder. Gesù Dinanzi ad alcuni il destino si ferma; dinanzi ad altri s’inginocchia Das Meer der Jahre hat sich verlaufen; zurück blieb Salz. Il mare degli anni s’è prosciugato, soltanto è rimasto il sale. Poesie tratte dal libro “Alla porta dei fiori. Con parole mie”. Edizioni Il Foglio, Piombino, 2014. Traduzione a cura di Enrica Mogàvero e Karl Lubomirski. 4 5 Bulgaria EKATERINA JOSIFOVA Ekaterina Josifova è una delle voci più autorevoli della poesia bulgara contemporanea. Nata nel 1941 nella cittadina di Kjustendil, nella Bulgaria sud-occidentale, si laurea in russo presso l'università di Sofia, lavora come insegnante, giornalista, redattrice e, tra il 1972 e il 1981, come drammaturgo nel teatro della sua città natale. Oltre ad essere una delle figure più significative e innovatrici della poesia bulgara contemporanea, è anche senza dubbio la voce più influente sulle giovani generazioni. Il ventennio tra il 1969 e il 1989 è quello in cui si colloca la sua prima produzione poetica, la quale è fortemente legata all'attività dei poeti Konstantin Pavlov, Nikolaj Kanchev, Bin'o Ivanov, Stefan Gechev, Ivan Teofilov, Ivan Dinkov, Hristo Fotev, Ivan Canev. Ekaterina Josifova è l'unica voce femminile all'interno di questo gruppo intento a sviluppare modalità stilistiche e temi alternativi rispetto a quelli della lirica ufficiale. Gli autori che nel corso degli anni '90 vengono fatti confluire nel nov avtentizam, espressione coniata dal critico Plamen Dojnov, che letteralmente significa nuova autenticità, si ispirano a temi e a strategie stilistiche le cui basi sono ben rintracciabili nel gruppo dei poeti sopracitati. Del nov avtentizam Ekaterina Josifova è il maggiore esponente. Fra le due tendenze principali di questa corrente - intimizzazione/ interiorizzazione del mondo vs esternazione/ pubblicizzazione del privato - la Josifova si colloca nella prima. La sfera personale e la normale quotidianeità permeano lo spazio. Nei suoi versi, spesso brevi e spiazzanti, talvolta enigmatici, risiedono ironia e disincanto. (Michail Nedelchev a questo proposito parla di “stoica normalità”). Le sue poesie, pubblicate in 12 raccolte, sono tradotte in diverse lingue, tra cui il russo, il tedesco, l'inglese, il macedone, il francese, l'ungherese, il turco e l'italiano (“La pioggia fuori” è la prima raccolta di poesie scelte tradotta in italiano e vincitrice del premio Ciampi “Valigie Rosse”, 2013). Tra le più recenti pubblicazioni dell'autrice: "Su e giù" (2004), "Mani" (2006), "Questo serpente" (2010). Дадености Имаш брадва и остров. Островът има дърво. Точно колкото да издълбаеш лодка еднодръвка. Влизаш в лодката. Оттласкваш се от брега с най-правия клон на бившето дърво. Съответното течение подхваща лодката. Спира я на брега на континента. Заживяваш там. Не, не на брега – в града. Лодката отдавна е изгнила. Не знаеш името – не питаш – на онзи остров. Нито на онова дърво. Doni Hai una scure e un'isola. L'isola ha un albero. Proprio quanto basta per scavare una piroga. Sali nella barca. Ti stacchi dalla riva puntandovi il ramo più dritto dell'ex albero. La corrente giusta afferra la barca. La ferma sulla costa del continente. Ti metti a vivere lì. No, non sulla riva, in città. La barca è marcita da tempo. Non sai il nome – non lo chiedi – di quell'isola. Né di quell'albero. Принудата Затваря те тя, това в идеалния случай, в единична килия с нещо за свирене, например цигулка и ти казва: излизаш оттука когато просвириш. Или в килия с китаeц: ще излезеш когато проговориш китайски. Никога не поиска да напиша стихотворение. Но полза има: мога да си поправя котлона. Мога да си разглобя бравата. Coercizione Ti chiude lei, nel caso ideale, in una cella singola con uno strumento, ad esempio un violino e ti dice: esci di qui quando saprai suonare. O in una cella con un cinese: uscirai quando inizierai a parlare il cinese. Non ha mai voluto che scrivessi una poesia. Ma è utile: posso aggiustare il fornello. Posso smontare la serratura. Заемам добра поза на дивана, възглавницата, пухкавото одеалце, книгите. Осветлението също е добро. Не идва никой, но не губя надежда да влезе и да каже укорително: и това правителство падна, а ти си четеш Лао Дзъ. На което да отговоря: имeнно. Mi metto in una posizione comoda sul divano, il cuscino, la coperta morbida, i libri. Anche l’illuminazione e buona. Non viene nessuno, ma non perdo la speranza che entri e che dica in tono di rimprovero: e anche questo goverho e caduto, e tu leggi Lao Tsu. Al che rispondo: esattamente. Gioco degli aliossi Il gioco degli aliossi esige destrezza, velocità e allegria. Eraclito di Efeso amava giocare agli aliossi con i bambini di Efeso, e per di più nel tempio di Artemide. Per quanto la conosco penso non avesse niente in contrario. I giochi degli adulti sono non solo giochi, le opinioni preconcette e non meritevoli di attenzione. Quello che invece merita sgorga dal Dissenso. Questo scrisse quello stesso Eraclito, accusato di volontaria cripticità e chiamato l'Oscuro. Игра на ашици Играта на ашици изисква ловкост, бързина и веселост. Хераклит от Ефес обичал да играе на ашици с децата на Ефес, и то в храма на Артемида. Доколкото я познавам, мисля, че не е имала нищо против. Игрите на възрастните са не просто игри, мненията – предубедени и незаслужаващи внимание. А онова, което заслужава, произтича от Несъгласието. Това написал същият този Хераклит, обвиняван в нарочна неясност и наречен Тъмния. Ci siamo buttati Gli strumenti sono impazziti sono apparse delle scritte Pericolo di collisione! – con l'esclamativo Sugli schermi non si vede nulla Trenta secondi alla collisione, annuncia La voce regolare Tutti gli allarmi si sono accesi Ma sugli schermi niente Nella confusione Il genio ha gridato: datemi Una finestra normale! Ci siamo buttati Io più vicino, sono saltata per prima sul balcone e Ho visto sul normalissimo tetto di fronte Un normalissimo gatto e su di lui in picchiata Normalissime rondini Tre secondi alla collisione In quell'attimo Il balcone ha cominciato a cedere. Юрнахме се Уредите полудяха появиха се надписи Опасност от сблъсък! – с удивителна На екраните не се вижда нищо Тридесет секунди до сблъсъка – съобщава Равномерният глас Всички аларми се включиха А на екраните нищо В суматохата Геният изкрещя: дайте ми Обикновен прозорец! Юрнахме се Аз бях най-близо, изскочих първа на балкона и Видях на отсрещния най-обикновен покрив Най-обикновен котарак и пикиращи над него Най-обикновени лястовици Три секунди до сблъсъка В този миг Балконът започна да поддава. Traduzione a cura di Alessandra Bertuccelli. 6 7 Il teatro dei sogni Erba bisca dentro Per te è facile da dire Che la guerra Ha colpa per tutto. Mi chiudi la bocca Con le stesse parole Nemiche Di allora. Mi hai legato Mani e piedi Per non farmi ricordare Da dove vengo. Dimezzando la dose dei tranquillanti Con i quali mi nutri Nottetempo.. La dottoressa dice Che non devo tenere tutto dentro. Anche per lei è facile da pensare Che la guerra Ha colpa per tutto. Ci voleva la guerra Per cancellare tutto dentro. Per cancellarci a vicenda. Rimanendo con un pugno di erba biscia Dentro. Croazia Ma cosa hai da guardare Con quella palpebra Appesantita dal sole cocente? Non avere Misericordia Per la mia storia da immigrata Piuttosto girati Verso la tua bambina Che piange disperata Quando le dici Di chi ha visto mai una bambina così grande Che piange per una cosa Così piccola Benedetta la città Che fonda un teatro. Non è la mia. È morto nel sonno È morto nel sonno Dici È proprio bello Che tutto muoia così Naturalmente Senza pudore Ti rispondo È proprio bello morire così Senza chiedere a nessuno Proprio così Come quando piange un bambino E nessuno Osa chiedere Perché. Come la mia vicina Di casa altrove Che girovaga sdentata Nel mio parco D’infanzia sfavillante, Dove passa Il professore In pensione Con le braccia dietro Le spalle curve e con il Busto Un po’ sovraccaricato. Di come me lo ricordo E con il monello Sgangherato Che gli taglia la Strada Senza pensarci. Hanno dipinto le Panchine nel Mio parco Con un colore Che sa di ricordo Un azzurrino tenue Che mi fa Sorridere amaro. Il mio amico mi dice Che è proprio quel colore che mancava al nostro parco Un azzurro turchino e irreale Aiuta a convincerci Di com’è bello morire nel sonno. Il grembo della fanciulla La fanciulla portava in grembo Un mazzetto di erbe profumate SARAH ZUHRA LUKANIć La salvia pelosa Per dimenticare l’ultimo viaggio Del soldato caduto. Il coriandolo di giornata Per coprire i Piatti poveri e freddi. Nata in Croazia. Dopo gli studi classici, si è laureata in Letteratura all’Università di Fiume. Nel 1974 ha ricevuto il “Premio Internazionale per i Giovani Poeti Europei”. Ha lavorato come addetto stampa per il Teatro Nazionale di Spalato e ha collaborato con quotidiani di Spalato e di Fiume come critico teatrale. Nel 1987 si è trasferita a Roma dove tutt’ora risiede. Dal 2005 ha scelto di scrivere in lingua italiana e ha conseguito diversi riconoscimenti in alcuni importanti concorsi letterari tra i quali: “Trieste Scritture di Frontiera − Premio Umberto Saba” (Trieste 2005) e “Io e Roma” (Comune di Roma 2006). Con la raccolta di racconti Rione Kurdistan nel 2006 ha vinto a Viareggio il Premio Letterario-Giornalistico “Mare Nostrum” e nel 2008, all’Aquila, il Premio per la Pace e i Diritti Umani; si è aggiudicata inoltre nel 2009 il “Premio Internazionale di Scrittura Femminile – Città di Trieste”, al concorso Lingua Madre il premio speciale del Torino Film Festival presso la Fiera del Libro, con il racconto “Fiocchi di neve” (che diventerà un corto), e il Premio letterario nazionale “Città di Trieste” per il teatro, con il monologo “Siamo una perfetta famigliola veneta”. Il premio “Lapis Histriae 2010” pubblicherà in Croazia la sua shortstory incipit del dramma La custode - Necrologio per un teatro in tre tempi. Suoi racconti e poesie sono apparsi in varie pubblicazioni. Nel 2007 è uscito il suo primo romanzo Le Lezioni di Selma per le edizioni libribianchi di Milano. Il suo romanzo “Le Lezioni di Selma” è stato decine di volte preso come tema per tesi di laurea e vari dottorati di ricerca sulla guerra e la condizione della donna. Collabora con molte testate (Internazionale, Lettera Internazionale, Nazione Indiana, perlascena, El Ghibli, Sagarana, Ateniesi, Donneuropa). Attenta al mondo del lavoro. Attualmente si dedica al progetto “Strane Straniere” dove la poesia c’entra assai. Fa parte della “Compagnia delle Poete”. 8 “Benedetta la città Che fonda un teatro” (Edward Bond) La mentuccia piperita Per un risveglio Gentile con un cucchiaio di Miele al rosmarino. L’alloro coriaceo Per allestire la vittoria Delle battaglie ardenti. Il dragoncello delicato Per ricordare l’amico Vento dell’est. Il basilico appena colto Per avvolgere la testa dell’amato Nel caso cadesse Oltre la frontiera. La fanciulla trascinava il ventre Sventrato Lungo le cime dell’Erzegovina. Come Lisabetta da Messina. In lontananza il rimbombo Dei fratelli inferociti e miserabili. Al di là della frontiera Le lacrime per la gioia Che tutto questo accada altrove. 9 lenti a contatto fu così: chiari gli occhi lacrimavano io inciampai pance ovunque reader's digest in sala d'attesa sgargianti: optometrist e bulbo oculare vascolarizzata in giallo i parati il muro brancolavo, io, nel buio tra bagno e letto bruciavo, io, eh già, "non baciata ancora” avevano dimenticato di spiegarmi che questi cosi si spostano tre corpo vitreo e palpebra a tentoni, lacrimando con dita spalancai a forza, io davanti allo specchio la lente questa piccola verde barchetta la vidi con tutte le sue immagini già scivolare verso il cervello – kontaktlinsen es war so: hell die augen tränten ich stolperte die bäuche überall reader's digest im wartezimmer schrillendes: optometrist und augapfelhaut gelb geädert die tapete die wand tappte, ich, durchs dunkel zwischen bad und bett brannte, ich, ja doch, ,,noch ungeküsst" sie vergaßen mir zu erklären daß die dinger verrutschen zwischen glaskörper und lid tastend, tränend mit fingern, weit aufriss, ich vorm spiegel die linse dieses kleine grüne boot mit all ihren bildern schon durch mein gehirn gleiten sah – Germania puhlte sie raus setzte sie. auf die fingerkuppe und saugte die bilder von ihr la espulsi la misi sul polpastrello e le succhiai le immagini forsythien, die knallgelb, noch blattlos, ihr würfeln das knospen der bäume, was für ein april. was für ein mageres segnen, kastanien knospen auf autochrom, was für ein mageres regnen, knallgelb die forsythien, was für ein blättern, für was – forsizie, che giallo-stridenti, ancora spoglie, i loro dadi il fiorire degli alberi, ma che aprile. ma che misera grazia, i castagni fioriscono sull'autocromo, ma che misera pioggia, giallo-stridenti le forsizie, ma che sfogliare, e perché mai – büsche. traueraugen. an triebe, die los. die nicht. regen als er hernieder. wie durch seltsamen wald ging ich mit den seltsamen weißen blumen, den zu kleinen füßen: knöcheltief ein blicken, das fehlt. cespugli, occhi incupiti, in pulsioni, che sciolte, che non. pioggia quando discese. come attraversando un bosco strano con quegli strani fiori bianchi, i piedi troppo piccoli: dal basso delle caviglie uno sguardo che manca. mädchenhöhe, ein schnitt. forsythie im brust bereich, hüpfend der pony vor der stirn – geschnittener schopf, der gedanke an dich wenn du wie jetzt dort hinten winkst, vater, in deiner rinde, sich näherndes grün. ULRIKE DRAESNER Nata nel 1962 a Monaco, dal 1994 lavora a Berlino come scrittrice freelance e saggista. La sua prima raccolta di poesie gedächtnisschleifen è apparsa nel 1995, seguita da altri numerosi volumi, tra cui si ricorda il romanzo Sieben Sprünge vom Rand der Welt (2014, Luchterhand Literaturverlag). Ulrike Draesner traduce dall’inglese e dal francese al tedesco, cimentandosi anche in diversi progetti intermediali. Tra i maggiori riconoscimenti letterari: Premio per la letteratura “Solothurn“ nel 2001, Premio “Roswithapreis“ nel 2013, Premio per la lirica “Joachim-Ringelnatz-Preis“ nel 2014 Nel 2010 è stata pubblicata in lingua italiana la raccolta di poesie Viaggio obliquo. Poesie 1995-2009. www.draesner.de - www.der-siebte-sprung.de Pubblicazione delle poesie di Ulrike Draesner su gentile concessione di Lavieri Edizioni. Testi tratti da: Ulrike Draesner, “Viaggio obliquo. Poesie 1995-2009”, a cura e tradotte da Camilla Miglio e Theresia Prammer, Lavieri 2010. 10 a misura di bambina, in taglio, forsizie fino al petto, frangetta che saltella sulla fronte – ciuffo ritagliato, il pensiero di te quando come ore fai cenno da là dietro, padre, nella tua corteccia, il verde che si accosta. forsythien, die knallgelb, noch blattlos, ihr würfeln, vorm waldrand, der kippt. gelbe streichhölzer, sonst nichts. touchpad stirn. klickt die lücken des waldes an. ,,dich gibt es nicht mehr für mich", hast du gesagt. staub auf dem autochrom. der regen. meine füße stecken in schuhen, die drücken. das knospen der bäume. nichts kehrt zurück forsizie, che giallo-stridenti, ancora spoglie, i loro dadi gettati, al confine del bosco, che si ribalta, fiammiferi gialli, nient' altro. touchpad fronte. clicca sulle lacune del bosco. "tu per me non esisti più", hai detto. polvere sull'autocromo. pioggia. i miei piedi stretti nelle scarpe, che premono. il fiorire degli alberi. nulla torna indietro. von grammatik wie licht in spalten höhlen türme fließt licht in zellen auf. du bist. doch wo? die see rauscht schon genug. wie schwerter drei wolkenhaie sich übern himmel schieben: formation. die nacht ist hell. das rudel ruft. licht wie es in spalten höhlen steine fließt. du bist nicht wo, nicht wer. du gehst, der wald steht still. die erde dreht. das lamm springt in die see. ein schatten ruft. was altes weiß von dir. die kehle streckt sich schon. der wolf liebt seinen satz. das rudel ruft. della grammatica come luce in crepe caverne torri la luce scorre su in cellule. tu sei, ma dove? il mare mormora già abbastanza. tre squali di nuvole avanzavano sul cielo come spade: formazione. la notte è chiara. il branco chiama. luce come scorre in crepe caverne pietre. tu non sei dove, né chi. tu vai, il bosco resta immobile. la terra gira. l'agnello si getta nel mare. un’ ombra chiama. qualcosa di antico sa di te. la gola si tende già. il lupo ama il suo verso. il branco chiama. 11 Sono Zopp Italia BIANCA MENNA - TOMASO BINGA Tomaso Binga nata a Salerno vive e lavora a Roma. In arte ha assunto un nome maschile per contestare con ironia e spiazzamento i privilegi del mondo degli uomini. Si occupa dal ’70 di “Scrittura Verbo-Visiva” ed è tra le figure di punta della Poesia Fonetico-Sonora-Performativa italiana. E' stata docente presso l'Accademia di Belle Arti di Frosinone. Tra i suoi progetti: Scrittura asemantica (1972), Scrittura Vivente (1975), Dattilocodice (1978), Biographic (1985), Picta/Scripta (1995), Ideazione/Esecuzione, progetto multimediale (1997). Tra le innumerevoli partecipazione a mostre, rassegne e festival in Italia e all’estero sono da ricordare:1978 e 2001, Biennale di Venezia; 1981, Biennale di S. Paolo do Brazil; 1986, Quadriennale di Roma; 1995, III Festival di Polipoesia di Barcellona; 1998, “Poesia Totale”, Mantova; 1999, Festival Internazionale d'Art Vivant "Polisonnerys" di Lione e VII Convegno Internazionale Art Media dell'Università di Salerno; 2005, personale antologica Autoritratto di un matrimonio, MLAC dell’Università “La Sapienza” di Roma; nel 2008 al VI Festival Internazionale “Art Action”, Monza, a cura di Nicola Frangione. Tra le sue pubblicazioni: "Indovina cos'E', Ed. Hetea, Alatri 1987, introduzione di Cesare Milanese; "Sono stanca a più non posso", Rossi & Spera Ed., Roma 1987; "Rimerotiche" Ed. Gradiva, Roma 1992, introduzione di Lina Wertmuller; "Vorrei essere un Vigile urbano", Umberto Sala Editore, Pescara 1995, introduzione di Arrigo Lora Totino; "Autoritratto a scatto" Ed. Le Impronte degli Uccelli, Roma 2000, introduzione di Marie- Cloude Vettraino-Soulard; “Come Cometa”, poesia in contumacia, Ed. Il Filo, Roma 2003, introduzione di Aldo Mastropasqua, “Valore Vaginale”, Ed. Tracce, Pescara 2009, introduzione di Gillo Dorfles. Attiva organizzatrice dirige dal '74 il centro culturale “Lavatoio Contumaciale”, Roma, e dal '92 partecipa, in qualità di Vice Presidente, alla gestione della “Fondazione Filiberto Menna”, Salerno. 12 13 Polonia Noc Wiersz najpierw zamyka cię w sobie. Nie chce żebyś rozglądał się szukał innych słów w innych wierszach. Notte Una poesia prima di tutto ti chiude dentro sé. Non vuole che ti guardi intorno che cerchi altre parole in altre poesie. Siedzisz w kącie kamienia zwinięty jak kartka papieru. Bezbronny pogodzony nie oddychasz. Wiersz nie pozwala. Stai seduto dentro un sasso in un angolo accartocciato come un foglio. Indifeso rassegnato non respiri. La poesia non lo permette. W kamieniu nie można wiercić się używać łóżka zegara mapy i całej reszty wyobraźni. Nella pietra non ci si può agitare usare il letto l’orologio la mappa né tutto il resto dell’immaginazione. Wiersz ma swoją wyobraźnię. Zbudował ją sobie w twojej a potem zamknął żeby się uwolnić. Una poesia ha una sua immaginazione. L’ha costruita nella tua poi ce l’ha chiusa per liberarsi. Musisz czekać w kącie kamienia w którym czasem zaświeci złoty kurz nadziei. Devi aspettare in quell’angolo di sasso dove a volte brilla la polvere d’oro della speranza. W końcu wiersz otworzy się. Kamień wypuści cię: kartkę papieru która zacznie oddychać. WOJCIECH BONOWICZ Wojciech Bonowicz, una delle voci più originali ed apprezzate della poesia polacca contemporanea, è nato nel 1967 a Oświęcim. Nel 1995 ha ricevuto il premio K. K. Baczyński debuttando con la raccolta poetica Wybór Większości (La scelta della maggioranza). La sua biografia su Józef Tischner (2001) e la silloge Pełne morze (Mare aperto) del 2006 sono stati finalisti del NIKE, il principale premio letterario polacco. Mare aperto è stato scelto come miglior libro del 2006 dalla giuria del Premio Gdynia. Bonowicz collabora con la rivista «Tygodnik Powszechny». Vive a Cracovia. Da “Mare aperto”, Incerti Editori 2012. Traduzione a cura di Leonardo Masi. 14 Alla fine la poesia si apre. La pietra ti lascia andare: un foglio di carta che inizia il suo respiro. Celan Celan znów krzyczy. Znów budzi się nad rowem pełnym ust. Celan Celan di nuovo grida. Di nuovo si sveglia sull’argine di un fosso pieno di bocche. Celan – słowo które stało się ciałem starca. Celan, parola che si è fatta carne di vecchio. Rzeka która płynie dwoma nurtami w jednym korycie. Fiume che scorre con due correnti nello stesso letto. I viaggiatori della morte Si nascondono nelle scritture come dentro a rifugi. Podróżnicy śmierci Kryją się w pismach jak w schronach. Kiedy pożar wojna dzień i noc. Quando l’incendio la guerra il giorno e la notte. Kiedy spisek powodzi i brudny śnieg zdrady. Quando la congiura del diluvio e la neve sporca del tradimento. Ale pisma już nie raz wydały ich ogniu wodzie. Jedną kartkę życia po drugiej. Ma più di una volta le scritture li hanno consegnati al fuoco all’acqua. Una pagina della vita dopo l’altra. To pisma dla śmiałych znaki dla odważnych. Sono scritture per gli audaci segni per gli arditi. Dla tych którzy naprawdę wierzą. Per quelli che credono davvero. Kronika Kiedy widzę miękkich rozbitych chłopców jak schodzą się wieczorami i stają się cali i twardzi. Myślę o wciąż tych samych historiach co to chcą mieć swoje pięć minut w każdym ciele. Cronaca Quando vedo ragazzi molli stremati che la sera si ritrovano e diventano integri e duri. Penso alle storie sempre uguali che gli va di avere il suo momento di gloria in ogni corpo. Pełne morze Jeszcze przez chwilę siedzi w cieple wśród rozrzuconych ubrań. Mare aperto Ancora un momento resta seduto nel calore in mezzo ai vestiti sparpagliati. Myśląc o ojcu którego tu przed chwilą kąpał Pensando al padre a cui un attimo prima faceva il bagno. 15 Portogallo JOSÉ TOLENTINO MENDONÇA José Tolentino Mendonça (1965). Molto legato alla cultura italiana e alla città di Roma, dove ha vissuto e studiato per diversi anni, è attualmente considerato una delle voci poetiche più originali della lingua portoghese. Vincitore di numerosi premi letterari, dal 1990 ha pubblicato nove titoli originali di poesia, riuniti in antologia, tradotta in italiano con il titolo La notte apre i miei occhi (Pisa, ETS, 2006). Oltre alla sua attività letteraria è sacerdote e professore e dirige la rivista teologica Didaskalia. Dal 2011 è consultore del Pontificio Consiglio della Cultura e dal 2012 vice-Rettore dell’Università Cattolica Portoghese. Testi pubblicati nell’antologia “La Notte apre i miei Occhi”, traduzione e cura di Manuele Masini, Pisa, EDIZIONI ETS, 2006. 16 Plátanos Depois de ter fechado tudo, abro de novo a porta e corro cambaleante para a vazia escuridão assusta-me a certas horas a companhia do que não adormece a resistência disso no nosso espaço movido por outras forças Platani Dopo aver chiuso tutto, apro di nuovo la porta e corro vacillante verso la vuota oscurità mi spaventa a certe ore la compagnia di ciò che non riposa la sua resistenza nel nostro spazio mosso da altre forze Mas também me ocorre acender primeiro a luz e só depois sentir um medo louco da casa que me acolhe dos seus redemoinhos imperceptíveis que julgo cada vez mais perto como se estivesse para ser morto às mãos do próprio Deus E mi capita anche d’accendere prima la luce e solamente dopo sentire grande paura della casa che mi accoglie dei suoi turbinii impercettibili che mi sembra sempre più vicino come se stesse per essere ucciso dalle mani di Dio Não sei bem acordar vivo destas coisas: aproveito o ruído do entardecer e grito muito alto deixo-te um instante só (um instante só) para fechar os olhos que tanto ardem ou atiro das margens folhas ao rio para medir o tempo de uma vida a naufragar. Non mi riesco a svegliare vivo da queste cose: approfitto del rumore della sera e grido molto alto ti lascio un solo istante (un solo istante) per chiudere gli occhi che ardono tanto o dai margini tiro foglie al fiume per misurare il tempo di una vita che naufraga Óstia Um desses atrasos no aeroporto de Fiumicino e eis-nos em salto desprovido por estas ruas além do parque arqueológico a cidade assemelha-se a um acampamento desolado varandas cheias de caixotes e detritos (devem ser exíguas as casas económicas) muros com imprecações aos de Roma e a débil força messiânica entregue aos ídolos do futebol Ostia Uno di quei ritardi nell’aeroporto di Fiumicino ed eccoci d’un balzo sprovveduto per queste vie oltre il parco archeologico la città sembra un accampamento desolato verande colme di scatole e detriti (devono essere esigue le case economiche) muri con imprecazioni contro i romani e la debole forza messianica riposta negli idoli del calcio Sem darmos conta já estávamos encalhados numa qualquer estrada secundária junto a um matagal circundado de rede onde um letreiro quase ao acaso diz ter morrido Pier Paolo Pasolini. Senza renderci conto già eravamo incagliati in una strada secondaria qualsiasi presso una macchia circondata di reti dove una targa quasi per caso ci dice che morì Pier Paolo Pasolini A última corrida Era um rapaz que partiu para conhecer o medo o seu coração arranhando pelas chamas tropeções de um cego que foge da aldeia nessa noite quem conseguiria contar L’ultima Gara Era un ragazzo che partì per conoscere la paura il suo cuore lacerato dalle fiamme inciampare di cieco che fugge dal paese in quella notte chi avrebbe potuto raccontare de comboio em pensamento seguiu para Bréscia a última corrida de aeroplanos do século andava à roda de trinta mil liras e ele queria muito voar sozinho sobre florestas in treno proseguì nei pensieri per Brescia l’ultima gara di aeroplano del secolo si dava all’incirca per trentamila lire e lui avrebbe desiderato molto volare da solo sulle foreste Ninguém soube mas a sua vida vista daquele aeroplano maravilhara-o chegariam os nevões é verdade novas e novas sombras sobre a terra mas a sua vida do aeroplano era tão grande como nenhuma outra coisa que conheceu Nessuno mai lo seppe ma la sua vita osservata dall’aeroplano lo aveva meravigliato sarebbero giunte le grandi nevi è vero nuove e nuove ombre sulla terra ma la sua vita da quell’aeroplano era grande come nessun’altra cosa che avesse conosciuto cá em baixo diziam: «o seu voo prolonga-se sobre cada floresta e desaparece nós vemos as florestas mas não o vemos a ele. qua in basso dicevano «il suo volo si prolunga su ogni foresta e poi scompare noi vediamo le foreste ma lui non lo vediamo» 17 Repubblica Ceca PETR BORKOVEC Nato nel 1970 a Louňovice. Ha dedicato i suoi studi alla lingua e letteratura ceca (boemistica) presso l’Università Carolina, Facoltà di lettere a Praga. Dal 1992 lavora come redattore della rivista praghese per la letteratura e cultura Souvislosti. Ha lavorato dal 1995 fino al 1997 presso la Casa Editrice di Lidove Noviny a Praga ed ha diretto la rivista Arte e critica di Lidove noviny dal 1998 al 1999. È stato redattore del Giornale Letterario dal 2000 al 2001. Dal 2005 insegna all’Academia Letteraria a Praga, ed è redattore della Casa editrice FRA. Inoltre, è direttore artistico dei programmi presso il caffè FRA. Ha anche diretto il ciclo d’incontri Le tendenze letterarie presso la Galleria di Jiri Svestka. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia tra cui Prostírání do tichého (1990); Poustevna, věštírna, loutkárna (1991); Ochoz (1994); Mezi oknem, stolem a postelí (1996); Polní práce (1998); Needle-Book (2003). Nel 2005 ha pubblicato Entroterra, e nel 2012 è uscita la sua ultima raccolta Poesie d’amore. In 2008 ha pubblicato anche libri di prosa breve tra cui Berlínský sešit (Il quaderno di Berlino) /Zápisky ze Saint-Nazaire (Appunti da Saint-Nazaire). Il suo libro più recente, del 2013, è dedicato ai ragazzi Všechno je to na zahradě (Tutto è in giardino). I suoi libri e poesie sono stati tradotti e pubblicati in Germania, Austria, Italia e Gran Bretagna. Ha ottenuto numerosi premi tra cui il Premio di Jiri Orten nel 1994 per la raccolta di poesie Ochoz. Nel 2001 il Premio Norbert-C. Kaser-Preis per la traduzione della raccolta Polní Práce (Lavori nei campi) e, per lo stesso lavoro, ha ottenuto il Premio Hubert-Burda-Preis nel 2004. Nel 2005 ha ottenuto il Premio Josef Jungmann per il suo lavoro straordinario nella traduzione delle poesie di V. Chodasevič. Si occupa anche di traduzione di poesia russa del XX secolo. In collaborazione con lui sono state pubblicate in ceco le antologie di poesia coreana sijo e kasa, oltre ad una raccolta di poesie dell’autrice lettone Liany Langy, ed il dramma di Sofocle Edipo Re. La partecipazione di Petr Borkovec è sostenuta dal Ministero della Cultura della Repubblica Ceca. 18 Kost v lese Světle zelená kost v lese, v mechu, osamocena, blízko malé světliny. Na spodku suchá a hladká jak křídový papír. Někde by mohla být lebka, možná i s parohy, ale nikdy není. Kostry zvířat rozvlečené po lesích, složte se. Un osso nel bosco Un osso verde chiaro nel bosco, nel muschio, solo, presso una piccola radura. Sotto asciutto e liscio come carta patinata. Potrebbe esserci un teschio, forse le corna, ma non c’è mai. Scheletri di animali sparsi nei boschi, riunitevi. Dvě sovy Ulice těsná jejich tělu, ale rozlehlá jejich letu, rozložité káně i netopýři, zaoblené hrany jejich zmizení chycené uliční lampou, prostor se na vteřinu sesypal za tím hluchoněmým tahem. Due civette La via stretta al loro corpo, ma ampia al loro volo, distese poiane e pipistrelli, gli angoli smussati della loro scomparsa colti da un lampione, lo spazio crolla un istante seguendone la sordomuta spinta. Drozd Nejsem zahradník, ale rád shrabu a usuším kosti, ostřihám kůru, prořežu trávu, naštípám, vykopu. Déšť nedéšť. Mráz nemráz. Kávu si nosím a jsem pracovitý. Skalku si nosím a rád pracuji v pařezech, v keřích. A svedu docela pěkné věci z listí: větve a stromy. Il tordo Non sono giardiniere ma mi piace rastrellare e seccare ossi, poto la corteccia e sfrondo l’erba, taglio, tolgo. Pioggia o non pioggia. Gelo o non gelo. Il caffè lo faccio io e lavoro sodo. Mi porto le pietre e mi piace lavorare nei ceppi, negli arbusti. E faccio cose carine di foglie: alberi e rami. Inzerát Nejsem zahradník, ale rád shrabu listí, posekám trávu, ostřihám keře, prořežu stromy, naštípám dřevo, vykopu pařezy. Navrším skalku, udělám cestičku. Jsem pracovitý. Kávu si nosím. Rád pracuji v dešti, v mrazech. A umím docela pěkné věci z kůry: hmatová tělíska a malé dýky. Inserzione Non sono giardiniere ma mi piace rastrellare foglie, tagliare erba, potare arbusti, sfrondare chiome, tagliare legna, togliere ceppi. Ammasso pietre, traccio un sentiero. Lavoro sodo. Il caffè lo faccio io. Mi piace lavorare con la pioggia, il gelo. E so fare cose carine di corteccia: tangocettori e piccoli pugnali. Motýlice Zadeček motýlice plný plynové modři. Poklepává s ním jak s vražednou zbrani. Přitom nic, tři modří, pásky, lesk. Zemřel mi milenec (trochu obtloustlý, vždycky utápěl kánoi), i když nejsem na kluky a nikdo mi neumřel. La Farfalla Il culetto della farfalla pieno di un blu gassoso. Lo scuote come un’arma letale. E invece niente, tre azzurri, strisce, lucore. È morto il mio amante (un po’ grasso, affondava la canoa), anche se non vado dietro ai ragazzi e non mi è morto nessuno. Louňovice Sáhnu na tebe rukou, ve které nemám cit. Lupiny na straní puknou, půjdeme spát. Hladové krky lupin. Něco jim dát. Hodit? Nebo až k ústům, celou dlaní? Strání pan Klenot. Voní seno. Paní Drahorádová šla už ráno. Baccelli Ti tocco con la mano ormai insensibile. I baccelli sul pendio scoppiano, andiamo a dormire. Le gole fameliche dei baccelli. Dargli qualcosa. Gettargliela? O imboccarli, dalla mano? Lungo il pendio il signor Gioiello. Il fieno profuma. La signora Preziosa è passata stamattina. Prostřih Sova dýchá do noci. Představuju si kruh jejich úst. Vcházím do lesa ze samých sov, s vábničkou na jedle, představuju si. Přes den prostřihaný javor je teď přítulný jak pes. Sedí mi v klině, olizuje mě, vrtí ucvaklým ocasem. Potatura Il gufo respira nella notte. Immagino il cerchio della sua bocca. Entro in un bosco tutto di gufi con un richiamo per abeti, m’immagino. L’acero potato di giorno ora è affettuoso come un cane. Mi siede in grembo, mi lecca, scuote la coda mozzata. 19 Romania DANIELA CRăSNARU La critica letteraria romena ed internazionale ha sempre l’ha sempre considerata come uno degli scrittori romeni contemporanei di grande prestigio e fra i più interessanti della sua generazione.La sua opera ,che comprende 15 volumi di poesia,2 di prosa di breve respiro e 3 libri per i ragazzi,è stata tradotta in oltre 15 lingue e vienne studiata negli alenei romeni e statunitensi.Nel 1991,la casa editrice Oxford ha pubblicato una sua raccolta di poesie Letters from Darkness ,nominata fra i primi 10 titoli apparsi in quell’anno in Gran Bretagna. L’ampia antologia Sea-Level Zero apparsa nel 1999 negli Stati Uniti presso BOA Editions nella collezione “grandi Poeti Europei”,è stata insignita del premio dell’Accademia di Poesia americana ed è diventata oggetto di studio nelle università americane. Editore,giornalista,realizzatore di programmi tv, ha ricoperto per alcuni anni l’incarico di deputato nel Parlamento Romeno,è stato segretario della Commissione per la Cultura dello stesso ed inoltre,l’unica donna presidente di un partito parlamentare. Laureata in filologia ingleze ed ha fatto studi approfonditi di management culturale presso l’Iowa University (SUA). Altre premi: Premio della Fondazione Rockefeller (1995), Crossing Bounderies Award (1996) Premio dell’Accademia Romena (1992),tre premi accordati dall’Unione degli scrittori Romeni (1979,1982,1983) etc. 20 Mezzo del cammin O să tracă toate, o să treacă şi viaţa şi zmeul zmeilor n-a mai venit, iar eu am obosit să-mi tot inventez peisajul şi întâmplările, iubirile şi decepţiile, revolta şi laşitatea şi toate celelalte teme din lucrarea de diplomă a filologului premiant. Eu care locuiesc în somptuoasa singurătate a ficţiunii plângând cu ajutorul cuvântului lacrimă şi iubind cu ajutorul altui cuvânt, în fine eu care am ajunsun simplu pronume în propriul meu text atât de urât îmi e mie cu mine, cu mine, şi-atât mi-e de dor de un monstru tăcut, de-o fiară tristă, de-o fiinţă vie de altundeva decât de la mine din Poezie. Nel mezzo del cammin Tutto passerà, anche la vita e il sommo demone non è più venuto, e io sono stanca di inventarmi sempre paesaggi ed eventi, amori e delusioni, ribellione e viltà e tutti gli altri temi della tesi di laurea del filologo fuoriclasse. Io chevivo nella sontuosa solitudine della finzione piangendo con l’aiuto della parola lacrima e amando con l’aiuto di un’altra parola, insomma io che sono ormai non più che un pronome nel mio proprio testo. Soffro tanto con me, con me, co me stessa e provo tanta nostalgia di una mostro silente, di una belva triste di una creatura viva giunta da un’altra parte che non da me dalla Poesia. Ultima zi la Pompei În măruntaiele păsărilor sacrificate în hieroglifa de fum a vulcanului se putea desluşi cuvântul pieire. Locuitorii oraşului Pompei au fost cu toţii avertizaţi. Nici unul nu a crezut. Eu ştiu şi cred . Această îmbrăţişare poate fi ultima. Nu frica îmi invadează celulele, ci scârba în faţa armatei de turişti plictisţi fotografiind lava pietrificată grimasa durerii, comerţul cu moartea din care tocmai aceasta lipseşte cenuşa îndărătl căreia nu se mai află decât cenuşă, cuvintele îndărătul cărora alte cuvinte. L’ultimo giorno a Pompei Nelle viscere degli uccelli sacrificati nel geroglifico di fumo del vulcano si poteva scernere la parola distruzione. Gli abitanti di Pompei sono stati tutti avvertiti. Nemmeno uno ci ha creduto. Io lo so e ci credo. Questo abbraccio potrebbe essere l’ultimo. Non è la paura che m’invade le cellule quanto la nausea di fronte all’esercito di turisti annoiati a fotografare la lava pietrificata la smorfia del dolore, il commercio con la morte da cui è proprio questa che manca la cenere dietro cui non c’è altro che cenere, le parole dietro cui altre parole. Lecţia de scris Am să rămân repetentă. Profesorul zice: descrie această cascadă strălucitoare şi majestuoasă în răsăritul de soare. Eu stau cu ochii holbaţi la firul anemic de apă prelins în spărtura rigolei şi spun umilită – nu pot şi nu pot. N-ai aripi zice profesorul n-ai nici fărâmă de metafizică. Repetă după mine: alb strălucire lumină cristal (bucurie). Alb strălucire cuvinte frumoase cu danteluţe frumos apretate prin care vai cu câtă impertinenţă realitatea ţâşneşte febrilă ca sângele prin bandajul aseptic. Ultimul meu argument: pe plajă, vara trecută, cel din urmă cuvânt al unui înecat scos pe ţărm a fost chiar şuvoiul de apă năvălind din plămâni. Cu ochii mei am văzut: nu petale imaculate nu aripioare de fluturi. Apă cu sânge curgând în nisip. Lezione di scrittura Rimarrò ripetente. Il professore mi dice: descrivi questa cascata splendente e maestosa nella luce dell’alba. Io guardo con occhi sbarratti l’anemico filo d’aqua che scorre nella fessura della cunetta e dico mortificata –non posso non posso e basta. -Non hai ali, dice il professore, nemmeno un briciolo di metafisica. E ora ripeti con me: bianco splendore luce cristallo (gioia). Bianco splendore – belle parole con i pizzi ben inamiditi attraverso cui, con quanta impertinenza ahimé, la realtà sprizza febbrile come il sangue tra bendaggi asettici. Il mio argomento finale: in spiaggia l’estate scorsa l’ultima parola di un annegato portato a riva fu proprio il fiotto d’acqua sgorgato via dai polmoni. Con i miei occhi ho visto: non petali immacolati non alucce di farfalle. Acqua mista a sangue scorrere nella sabbia. Austerloo Şi detractorii şi fanii ştiu deopotrivă, unde-a pierdut şi unde a câştigat Generalul. Chiar şi locuitorii din Sfânta Elena ştiu toţi ce-a fost la Waterloo şi ce-a fost la Austerlitz. Numai eu am încurcat totdeauna înfrângerea cu victoria, câmpurile de bătălie, raporturile de forţe, steagurile şi inamicul. Şi asta n-a fost ca să fie tocmai o întâmplare de elev corijent pus în solda frivolei posterităţi. Toată victoria mea a fost mai degrabă înfrângere. Toată prada luată de armata mea de cuvinte mărşăluind buimacă prin acaeastă eternă siberie a îndoielii s-a dovedit a fi îngrăşată cu sângele meu. Chiar şi „mirosul morţii atât de aproape de mirosul iubirii ca violetul de indigo în discul luminii”. Austerloo Sia i detrattori sia i sostenitori sanno ugualmente dove ha perso e dove ha vinto il Generale. Persino gli abitanti di Sant’Elena sanno tutti cos’è stato a Waterloo e cos’è stato ad Austerlitz. Cu cele mai bune divizii pe jumătate anii mei îmbuibând humusul acestor coli de hârtie. Cu trăgătorii mei de elită striviţi între coperţile unor cărţi. Con le migliori divisioni dimezzate i miei anni a rimpinzare l’humus di questi fogli di carta. Con i miei tiratori scelti schiacciati fra le copertine dei miei libri. Austerloo, 14 iunie şi mâna mea scriind jurnalul de front fără să ştie dacă e moartă sau vie. Austerloo, 14 giugno e la mia mano che scrive il diario dal fronte senza sapere se è morta o viva. Solo io ho confuso sempre la sconfitta con la vittoria, i campi di battaglia, i rapporti di forza, le bandiere e il nemico. E questo non è stato un semplice caso da allievo ripetente al soldo della frivola posterità. Tutta la mia vittoria è stata piuttosto una sconfitta. Tutto il bottino preso dal mio esercito di parole marciando stordito in mezzo a questa eterna siberia del dubbio si è dimostrato rimpinguato col mio sangue. Persino “l’odore della morte cosi prossimo all’odore dell’amore come il viola all’indaco nello spettro della luce”. 21 Slovacchia KATARÍNA KUCBELOVÁ Katarína Kucbelová (1979) è nata a Banská Bystrica. Dopo aver terminato gli studi presso la VŠMU (Accademia delle arti e dello spettacolo) rimane a vivere a Bratislava. Nel 2006 crea il più prestigioso premio letterario slovacco, l'Anasoft Litera, guidandone l'organizzazione per i successivi otto anni. Ha pubblicato quattro raccolte di poesie: Duály (Duali; 2003), Šport (2006), Malé veľké mesto (Piccola grande città; 2008) a Vie, čo urobí (Sa quello che fa; 2013). Tradotte in decine di lingue, le sue poesie sono state pubblicate in antologie e riviste letterarie internazionali. Attualmente si dedica alla propria poesia e alla figlia. OTEC MÔŽE Môj otec je starý niekoľko storočí je ako socha s vytepanými rečami o biede, krivde a bezpráví MIO PADRE PUÒ Mio padre è vecchio di qualche secolo è come una scultura a sbalzo con discorsi sulla miseria, il sopruso e l’ingiustizia dnes je slobodný – má vlastné zákony oggi è libero – ha le proprie leggi môže klamať, lebo ho klamali môže kradnúť, lebo ho okrádali può ingannare, perché è stato ingannato può rubare, perché è stato derubato nič nevyhladí vygravírované príkoria nulla levigherà i torti intagliati otcova zbraň je minulosť stojí na ulici so zdvihnutou pravicou ukazuje komu a koho è il passato l’arma di mio padre sta per la strada con la destra alzata fa un cenno a quello e indica qualcuno deti idú zo školy vyskočia si aby sa pohojdali na otcových pevných postojoch. i bambini tornano da scuola e fanno un salto lì per dondolarsi sulle ferme posizioni di mio padre VIE, ČO UROBÍ Naleje víno má aj niečo tvrdšie, keby niekto chcel o zbrani v zásuvke sa bavíme ako o zábavnej pyrotechnike SA QUELLO CHE FA versa del vino ha pure qualcosa di più forte, se qualcuno ne volesse parliamo della pistola nel cassetto come se fosse una divertente pirotecnica číta letáky supermarketov mýli si televízne noviny a reality šou susedov s postavami z televízie legge i volantini dei supermercati confonde i telegiornali e i reality show dei vicini con i personaggi televisivi aj jeho téma sú susedské vzťahy jeho teritórium je ulica nad vyššími územnými celkami nerozmýšľa e i rapporti tra vicini sono il suo argomento la strada è la sua giurisdizione non contempla maggiori unità territoriali vie, čo by povedal redaktorke je pripravený na všetko nezaskočí ho ani bezbrannosť sa quel che direbbe alla redattrice è pronto a tutto non si lascia abbindolare neanche dalla vulnerabilità priemerného televízneho diváka. del telespettatore medio PLOTY Medzi domami boli spojené záhrady, pletivo plotov zanikalo v zeleni alebo chýbalo, bolo to tak veľa rokov, lenže ľudia si po čase záhrady oddelili, bezhraničnosť ich znepokojovala, pozemky sa zmenili na ihriská, sused pozval suseda, sused sa vrhol na suseda, v družnej hre ho oprel o mantinel a naložil mu hokejkou po prilbe, sused padol, spoluhráči dali gól, ľadový šport vyvolával v televíznych divákoch nečakané emócie, na ihrisku sa pestovala vzrušujúca zábava, ovocné kríky pri plote pochopili, že je čas odkorčuľovať a odhaliť reklamu na jogurt, nadrozmerné maliny na mantineloch sa odvážne vrhali do bielej pochúťky, najväčšiu radosť mali deti, hranice boli jasné, pravidlá jednoduché, mohli sedieť pred telkou a bez strachu behať medzi naozaj a akože, maliny boli živé, chceli sa hrať, v jogurte bolo viac ovocia, v telke boli susedia a bola väčšia, naši boli lepší, silnejší a rýchlejší. RECINTI Tra le case i giardini erano uniti, l’intreccio dei recinti si perdeva nel verde oppure non c’era, è stato così per molti anni, gli uomini però col tempo separarono i giardini, l’assenza di confine li inquietava, i terreni mutarono in campi da gioco, un vicino invitò il vicino, il vicino si lanciò sul vicino, in una partita amichevole lo appoggiò alla balaustra e lo colpì sul casco col bastone da hockey, il vicino cadde, i compagni piazzarono il gol, lo sport sul ghiaccio suscitava inattese emozioni nei telespettatori, sul campo da gioco si coltivava un’eccitante evasione, gli arbusti fruttiferi presso il recinto capirono che era tempo di scivolare via sui pattini per mostrare la reclame dello yogurt, i lamponi giganti sulle balaustre si lanciarono coraggiosi in quella bianca bontà, i più contenti furono i bimbi, i confini erano chiari, le regole semplici, poterono sedersi davanti alla tv e correre senza paura tra il davvero e il come se fosse, i lamponi erano vivi, volevano giocare, nello yogurt c’era più frutta, in tv c’erano i vicini e la tv era più grande, i nostri erano migliori, più forti e più veloci. Traduzione a cura di Alessandra Mura. 22 23 Slovenia DUŠAN ŠAROTAR Akvarel Zdaj, ko se je vse pomirilo, kot med brati, in so še zadnje ptice odletele daleč v notranjost dežele, je vse izgledalo še bolj neresnično. Mak je cvetel sredi nepokošenih akacijevih gajev, kamen je žarel v zgodnje poletnem soncu, čebele so se pasle v bezgovih cvetovih in voda v pozabljenem potoku je vztrajno odtekala v neznano. Vse je bilo kot vedno, pa vendar; v tistem drobnem sivem oblaku, ki je lebdel v opoldanskem zatišju, je bilo nekaj, kar je moralo zmotiti pozorno oko. Vsa ta navidezna privzdignjenost, lažna odsotnost, ki je bila vrisana v to prelepo krajino, je pričala o bolečini, o tem, da je človek, ki je ustvaril te popolne barve, osamljen. Acquarello Adesso che tutto era tornato calmo, come tra fratelli, e gli ultimi uccelli sono volati lontano nell’interno della regione, tutto pareva ancora più irreale. Il papavero fioriva al centro dei boschetti non falciati di acacie, la pietra ardeva nel sole di tarda estate, le api pascevano nei fiori di sambuco e l’acqua in un ruscello dimenticato scorreva incessantemente nell’ignoto. Tutto accadeva come accade sempre, e però; in quella piccola nuvola grigia, sospesa nella calma del mezzogiorno, c’era qualcosa che infastidiva l’occhio attento. Tutta questa apparente sublimità, questa falsa assenza incisa in quel bellissimo paesaggio, testimoniava di un dolore, del fatto che l’uomo che ha creato questi colori assoluti, è solo. Zapis k dušam Tisto nevidno očesno znamenje, morebiti samo izmišljija, privid ali tolažba tistim, ki še verjamejo v njegovo prisotnost, je takrat že bledelo. Nekje visoko nad tem pozabljenim mestom, ki se je dolgo zapletalo v klobčič, narejen iz strahu, laži in potuhnjenosti, je bilo čutiti tišino, ki je s tisto nikoli doumljeno težo pritiskala k tlom in terjala odgovor. Veter je vrtinčil in razpihoval drobne ledene kaplje, ki so se spuščale iz velike praznine. Če je bil kdo takrat odprt ali dojemljiv za te reči, je v tem zagotovo slutil nekaj več, namreč, v tisti belini, spihani iz same megle, ki je zapirala pogled in pridušila vsak glas, tudi molitev, vzdihljaj, je govorila smrt. Čeprav je bilo še zgodaj, prezgodaj za ptice selivke in že pozno za vrane, ki jih je bilo videti samo še na okoliških njivah, predvsem zjutraj, kako so se z meglo dvigale v hladen dan, je bilo zdaj v zraku zagotovo nekaj, kar je mogočno in brez imena. Šele veliko pozneje je bilo slišati, mogoče za običajna ušesa nikoli, da so šli čez krajino angeli. Tega, kaj so videli, ne bomo nikoli vedeli. Annotazione alle anime Quell’invisibile segnale dell’occhio, forse solo l’immaginazione, un’allucinazione o una consolazione a quelli che ancora credono nella sua presenza, allora già scoloriva. Da qualche parte in alto su quel luogo dimenticato, a lungo aggrovigliato in un gomitolo fatto di paura, menzogne e ipocrisia, si percepiva un silenzio che, con quel mai compreso peso, premeva a terra e reclamava una risposta. Il vento creava turbini e disperdeva le piccole gocce ghiacciate che cadevano dal grande vuoto. Se allora qualcuno era aperto o sensibile a queste cose, poteva in questo certamente intuire qualcosa di più: in quel biancore soffiato via dalla stessa nebbia, che precludeva lo sguardo ed attutiva qualcosa voce, anche una preghiera, un sussurro, la morte parlava. Anche se era ancora presto, troppo presto per gli uccelli migratori e già tardi per i corvi, che si potevano vedere ancora solo nei dintorni dei prati, soprattutto il mattino, come si levavano con la nebbia nel freddo giorno, adesso nell’aria c’era sicuramente qualcosa di imponente e privo di nome. Solo molto più tardi si è venuto a sapere, forse non per le orecchie aduse, che se ne erano andati attraverso il paesaggio degli angeli. Quello che hanno visto non lo sapremo mai. KOSA Topo in enakomerno trkanje je najprej zmotilo brezdomca, ki je ležal v jelenjih jaslih na robu gozda, potem je zastala roka fantu, ki je skrivoma božal svojo ljubo, v hiši na samem se je otrok stisnil v kot postelje in poslušal srček plišasti lutki, nekdo se je naježil, ko je v spalni srajci stopil na dvorišče odtočit, topo in enakomerno trkanje je zmotilo starega Juda, ko je sanjal o prazničnem kruhu, lovec, ki se je odpravljal na prepovedan lov, je odložil puško, župnik, ki bi kmalu moral vstati, si je v strahu, da se je pokvarila cerkvena ura, pokril glavo z mašnim gvantom, tudi bolni in potrebni počitka, so se prestrašeni zbujali, misleč, da se bliža zadnja ura, v kavarni se je dvignila zadnja druščina, ki je prepila noč, ter ob topem in enakomernem trkanju, obstala sredi zdravice kot vkopana, bilo je tik pred zoro, še preden je pek potegnil iz peči zadnji hlebec, v trenutku, ko je skopa svetloba posivila nebo, takrat je nekdo prepoznal topo in enakomerno trkanje in rekel, nekdo kleplje koso. LA FALCE Un battere sordo e uniforme disturbò dapprima il senzatetto che giaceva nel giaciglio di un cervo ai margini del bosco, poi si fermò la mano del ragazzo che di nascosto carezzava la sua amata, nella sala solitaria il bambino si strinse in un angolo del letto ascoltando il cuoricino del peluche, qualcuno diventò di cattivo umore mentre in camicia da notte andava in cortile a spillare, un battere sordo e uniforme disturbò il vecchio ebreo mentre sognava del pane della festa, il cacciatore, che si stava recando alla caccia vietata, depose il fucile, il parroco, che si sarebbe dovuto alzare tra poco, per la paura che si fosse rotto l’orologio del campanile si coprì la testa con l’abito talare, anche gli ammalati e bisognosi di riposo si svegliarono spaventati pensando che si avvicinava l’ora fatale, nel caffè si alzò l’ultima compagnia che aveva gozzovigliato tutta la notte, e che al battere sordo e uniforme rimase nel bel mezzo del brindisi come interrata, era un attimo prima dell’alba, ancora prima il fornaio aveva estratto dal forno l’ultimo pezzo di pane, nel momento in cui la scarsa luce ingrigì il cielo, allora qualcuno riconobbe il battere sordo e uniforme e disse, qualcuno affila la falce. Dušan Šarotar, nato a Murska Sobota nel 1968, è uno scrittore, poeta, fotografo e sceneggiatore. Ha studiato sociologia della cultura e filosofia all'Università di Lubiana. Ha pubblicato cinque libri di prosa (Breath diving, 1999, Dead angle, 2002, Bed and breakfast, 2003, Billiards at the hotel Dobray, 2007, Nostalgia, 2010) e tre libri di poesia (Feel for the wind, 2004, Landscape in minor, 2006, House of my son, 2009) e ha inoltre scritto per il Teatro delle marionette. È autore di quindici sceneggiature per documentari e film. La prosa e la poesia dell'autore sono state incluse in diverse antologie tradotte in ungherese, russo, spagnolo, ebreo, polacco, italiano, ceco e inglese. Il tema principale dei suoi ultimi romanzi, novelle e le poesie è il destino della comunità ebraica e l'ollocausto nella cittadina di Murska Sobota e in Slovenia in generale. L'interesse dell'autore viene rivolto alla memoria, alla tristezza, al senso di percezione e all'anima umana, epresse nel suo linguaggio poetico caratterizzato dalla lentezza con cui descrive la natura, le città e l'ambiente particolare dove colloca i suoi eroi. Nel 2008 il romanzo Billiards at the Hotel Dobray è stato nominato per il Premio Kresnik come miglior romanzo dell'anno. Su quest’ultimo romanzo sta per essere girato un film. Traduzione a cura di Miha Obit. 24 25 Spagna sí me cansa a veces este destino de estar sola mi stanca a volte questo destino di essere sola ver quimeras asomarse a la ventana vedere miraggi affacciarsi alla finestra cautelosa abrirle al viento dejar que alborote el aire quieto de mi hogar aprire con cautela al vento lasciare che scompigli l’aria quieta di casa mia prestar mi sonrisa a la soledad ajena alivianar la carga de otras alas prestare il mio sorriso alla solitudine degli altri sollevare il peso di ali altrui y ver en la distancia (asomada a mi ventana) cómo fortalecido se levanta aquel viento triste que sólo ayer para tocarlos esparcía e vedere in lontananza (affacciata alla finestra) come rinvigorito si leva il vento triste che solo ieri per toccarli spargeva i vetri rotti del mio destino los vidrios rotos de mi destino Attesa prolungata Forse non arriverai mai forse l’amore è proprio questo: un orizzonte luminoso distante e irraggiungibile Espera prolongada Quizá nunca llegues quizás el amor sea precisamente esto: un horizonte luminoso distante e inalcanzable. Non m’importa cosa dicano Amami, ti dico amami nel notturno abbraccio del silenzio, No me importa lo que digan Ámame, te digo ámame en el nocturno abrazo del silencio, ZINGONIA ZINGONE Poeta, scrittrice e traduttrice; scrive in spagnolo. Cresciuta tra Italia e Costa Rica, è laureata in Economia. Ha pubblicato quattro raccolte poetiche, due delle quali sono state successivamente tradotte e pubblicate in Italia. L’equilibrista dell’oblio (Raffaelli Editore, 2011) è stata tradotta in inglese (Poetrywala, 2011) e in kannada (Aharnishi Prakashana, 2012). Il suo ultimo libro Los naufragios del desierto (Vaso Roto Ediciones, 2013) si compone di tre racconti scritti in versi. Le sue poesie sono state incluse in numerose riviste letterarie e sono tradotte in diverse lingue tra cui inglese, cinese, arabo, albanese, hindi, kannada, marathi e malayalam. Curatrice e traduttrice dall’inglese della raccolta di poesie Alarma de Virus (Ediciones Espiral, 2012), del poeta marathi Hemant Divate, e della raccolta La cruz es un camino (edizioni della Meridiana, 2013) dell’italiano Daniele Mencarelli. È membro del comitato organizzatore del festival internazionale di poesia “Kritya” (India). Traduzione a cura di Zingonia Zingone. 26 amami e taci come fa l’amore, ámame y calla como hace el amor, tú que eres eso, aun cuando callas. tu che sei quello, anche quando taci. Rózame, te digo rózame Sfiorami, ti dico sfiorami que dulce murmullo eres en el abrir de pétalos y no che dolce brusio sèi nell’aprir di petali e non rózame de alas, de miel rózame; sfiorami di ali, di miele sfiorami; el palmo rózame, il palmo sfiorami, nacer como la semilla que rozando posas. nascere come il seme che sfiorando posi. Mírame, te digo mírame Guardami, ti dico, guardami espantado mírame spaurito guardami que suave, desnuda descubro che piano, nuda schiudo hasta el alma. anche l’anima. Cúbreme, te digo cúbreme lentamente cúbreme Coprimi, ti dico coprimi lentamente coprimi y súdame, de sal y vientre súdame de fiebre y paz súdame de torso, bronce, penumbra súdame e sudami, di sale e ventre sudami di smania e pace sudami di torso, bronzo, penombra sudami cúbreme, extiéndete cúbreme. coprimi, teso coprimi. Piénsame, te digo piénsame en la claridad piénsame Pensami, ti dico pensami nel chiarore pensami línea que huye y no, que ayer aún, linea che sfugge e non, che ieri ancora, piénsame, mañana piénsame. pensami, domani pensami. 27 Ungheria SÁNDOR KÁNYÁDI Sándor Kányádi (nato 1929), poeta transilvano ungherese. È membro dell’Accademia delle Belle Arti d’Ungheria ed è fondatore dell’Accademia Digitale di Lettere. Già da universitario lavora come editore. Negli anni 1951-52 è vice-editore dell’Almanaco Letterario (Irodalmi Almanach), e collaboratore della Nostra Via (Utunk). Tra il 1955 e il ‘60 è collaboratore presso la rivista Donna Lavoratrice (Dolgozó Nő). Dal 1960 fino al termine della sua attività professionale è collaboratore della rivista sull’infanzia Raggio di sole (Napsugár). È uno tra i più noti poeti ungheresi. Nella sua ars poetica spesso ritornano gli argomenti esistenziali che toccano in profondo ogni comunità che vuole sopravvivere: il destino della minoranza e la forza che sostiene le piccole realtà. Partendo quindi dalla problematica della minoranza ungherese in Transilvania e dalla forza dell’appartenenza alla lingua materna che crea la comunità, riesce ad arrivare ad esprimere una prospettiva e un significato universale. Con la sua missione letteraria ha ottenuto diversi importanti premi. Tra questi premi vale menzionare il Premio di Kossuth (1993), il Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Ungherese (2009), il premio di Széll Kálmán (2014). Le sue opere sono tradotte in diverse lingue come inglese, estone, finnico, francese, tedesco, norvegese, russo, portoghese, rumeno e svedese. Valaki jár a fák hegyén valaki jár a fák hegyén ki gyújtja s oltja csillagod csak az nem fél kit a remény már végképp magára hagyott Qualcuno sulla cima delgi alberi (trad. di: László Sztanó) qualcuno sulla cima degli alberi accende e spegne la tua stella solo chi è ormai abbandonato dalla speranza non ha paura én félek még reménykedem ez a megtartó irgalom a gondviselő félelem kísért eddigi utamon io temo ancora spero ad accompagnarmi finora era questa tenace pietà questo timore provvidenziale valaki jár a fák hegyén vajon amikor zuhanok meggyújt-e akkor még az én tüzemnél egy új csillagot qualcuno sulla cima degli alberi chissà se accenderà al mio fuoco una nuova stella quando dovrò alfine precipitare vagy engem is egyetlenegy sötétlő maggá összenyom s nem villantja föl lelkemet egy megszülető csillagon o mi comprime nello scuro cosmo senza lasciar brillare la mia anima in una stella nascente nel firmamento valaki jár a fák hegyén mondják úr minden porszemen mondják hogy maga a remény mondják maga a félelem. qualcuno sulla cima degli alberi lo si dice padrone d’ogni granello lo si dice la stessa speranza lo si dice la paura stessa Isten háta mögött üres az istálló s a jászol idén se lesz nálunk karácsony hiába vártok nem jönnek a három királyok Sok dolga van a teremtőnek mindenkivel ő sem törődhet messzi a csillag mindenüvé nem világíthat megértjük persze mit tehetnénk de olyan sötétek az esték s a szeretetnek hiánya nagyon dideregtet előrelátó vagy de mégis nézz uram a hátad mögé is ott is lakoznak s örülnének a mosolyodnak Alle spalle di Dio (trad. Cikos Ibolja) stalla e mangiatoia son vuoti non verranno nemmeno i Re Magi per quest’anno non ci sarà Natale state aspettando solo inutilmente Padreterno ha tanto da fare non può prender cura di tutte la stella cometa è tanto lontana ovunque la sua luce non arriva siam comprensivi che si può fare ma le sere son tanto buie la mancanza di un po’ d’ affetto fa sentir ancor di più il freddo Signore Tu sei tanto previdente ma guarda pure dietro le spalle anche là abita della gente che per un tuo sorriso grata sarebbe Novemberi virágok Csak a parki virágok mosolyognak még. Élteti őket a kötelesség s a vágy, hogy szépek legyenek, amíg csak le nem hull a hó. Színüket kiszítta már a nap, s illatukat a deres hajnalok. De azért virágok ők! Hervatagon is hősen viselik az őszt, s döbbenet nélkül várják a telet. Akárcsak az unokáikat sétáltató nagymamák akik egy-egy rövidke, biztató mosollyal visszaintenek a virágok hervatag mosolyára… S valami zsibbasztó könnyűség száll a szürkülő tájra. Fiori di novembre (trad. Cikos Ibolja) Solo i fiori del parco dispensano ancora il loro sorrisi. Il dovere che li tiene in vita e il desiderio d’ esser’ belli finché scende la neve. Il sole ha sbiadito i loro colori le mattine pruinose, il loro profumo. In fondo, sono ancora fiori! Anche avvizziti, sopportano eroicamente l’autunno, senza stupore aspettano l’inverno. Come pure le nonne a spasso con i nipotini, che con un sorriso fugace e rassicurante, mandano un cenno al sorriso avvizzito dei fiori… Sulla landa discende, una grigiastra sonnolenta leggerezza. Traduzione a cura di László Sztanó, Cikos Ibolja. 28 29 ore 17:30 - incontro L’Europa dei poeti DANIELA ATTANASIO PAOLO FEBBRARO Daniela Attanasio, romana, ha pubblicato cinque libri di poesia: La cura delle cose, Empiria 1993, Sotto il sole, Empiria 1999 (Dario Bellezza, Unione Scrittori Italiani), Del mio e dell’altrui amore, Empiria 2005 (Camaiore), Il ritorno all’isola, Nino Aragno Editore 2010 (Sandro Penna), Di questo mondo, Nino Aragno Editore 2013 (Premio della Giuria Viareggio). Sue poesie sono state pubblicate nell’Almanacco dello Specchio Mondadori 2009 e nell’antologia Nuovi poeti italiani 6, Einaudi 2012. Dal 2007 cura la rassegna annuale di letture poetiche Teramopoesia e collabora come critica con quotidiani e riviste letterarie. Paolo Febbraro è nato nel 1965 a Roma, dove vive. Ha esordito con la silloge poetica Disse la voce, nel volume Poesia contemporanea. Quarto quaderno italiano, a cura di F. Buffoni, Guerini e Associati 1993, cui hanno fatto seguito le opere Il secondo fine, Marcos y Marcos 1999; Il Diario di Kaspar Hauser, L’Obliquo 2003; Il bene materiale. Poesie 1992-2007, Scheiwiller 2008 e Deposizione, Lietocolle 2010. È appena uscito da Nottetempo il suo nuovo libro Fuori per l’inverno. Come critico ha curato la raccolta I poeti italiani della «Voce», Marcos y Marcos 1998 e l’ampia antologia La critica militante, Poligrafico dello Stato 2001, cui hanno fatto seguito i volumi La tradizione di Palazzeschi, Gaffi 2007; Saba, Umberto, Gaffi 2008; L’idiota. Una storia letteraria, Le Lettere 2011; l’ebook Perché leggere la poesia a scuola, Garamond 2011 e Primo Levi e i totem della poesia, Zona Franca 2013. Ha in preparazione per il 2015 il saggio Solchi nella Storia. Leggere Seamus Heaney. Ha redatto e poi curato l’Annuario di poesia fondato e diretto da G. Manacorda. Scrive sulle pagine culturali del Sole 24 ore. Casa delle Letterature Piazza dell’Orologio, 3 - Roma DanielaAttanasio e PaoloFebbraro dialogano con i poeti stranieri invitati ore 20:00 - reading L’Europa in versi Accademia d'Ungheria in Roma Via Giulia, 1 - Roma AustriaKarlLubomirski BulgariaEkaterinaJosifova CroaziaSarahZuhraLukanić GermaniaUlrikeDraesner ItaliaTomasoBinga PoloniaWojciechBonowicz PortogalloJoséTolentino RepCecaPetrBorkovec RomaniaDanielaCrăsnaru SlovacchiaKatarínaKucbelová SloveniaDušanŠarotar SpagnaZingoniaZingone UngheriaSándorKányádi Casa delle Letterature Modera MariaIdaGaeta Accademia d'Ungheria a Roma - ph Klára Várhelyi 30 31
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