ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” L’Impressionismo: la rivoluzione dell’attimo fuggente Dopo l'uscita di scena di Napoleone III, la Francia volta definitivamente le spalle all'Impero, proclamando la Terza Repubblica. Ciò avviene, senza un ricambio vero e proprio della classe dirigente e questo favorisce la progressiva ascesa di una borghesia moderata e conservatrice. Nell'ultimo trentennio del secolo, parallelamente al consolidarsi della Terza Repubblica, anche Parigi consolida il proprio aspetto borghese e festoso, arricchendosi di stazioni ferroviarie, musei, ristoranti, sale da ballo, casinò, e soprattutto caffè. È in questa grande città, moderna e piena di splendori, ma anche di contraddizioni e di miserie, che maturano i presupposti per la più grande novità artistica del secolo: l'Impressionismo. Gli Impressionisti, infatti, sono figli di quella stessa borghesia, che ha contribuito al prodigioso sviluppo economico della Parigi di fine secolo, ma che è ancora legata ad una produzione artistica di tipo accademico. Ed è proprio contro tale accademismo che gli Impressionisti si scaglieranno. L'Impressionismo, infatti, si sviluppa in modo completamente diverso e, per molti versi, anomalo rispetto a tutti i movimenti artistici precedenti o successivi. Infatti: non ha una vera e propria organizzazione, ma si costituisce, piuttosto, come una aggregazione spontanea, senza manifesti o teorie che ne spieghino le tematiche e le finalità inoltre, è privo di una base culturale omogenea, in quanto i vari aderenti provengono da esperienze artistiche e da realtà sociali fra le più disparate Ma la principale diversità di questo movimento rispetto ad ogni altra forma di pittura risiede nel diverso modo che gli Impressionisti hanno di porsi in rapporto alla realtà esterna. Essi, infatti, si rendono conto che tutto ciò che percepiamo attraverso gli occhi continua anche al di là del nostro campo visivo. Perciò: aboliscono la prospettiva geometrica ed il disegno netto e meticoloso si affidano all’impressione che un determinato oggetto (un paesaggio, una donna ecc. ) suscita e che l’artista ripropone, con una immagine sintetizzata, attraverso la giustapposizione (accostamento senza sovrapposizione) di varie pennellate di colore puro (con l'esclusione del nero e del bianco che sono dei non colori) ed affermano che non esiste il colore locale (il colore proprio di un singolo oggetto), perché ogni cosa si colora in rapporto agli altri colori che ha vicino ed alla luce che lo colpisce. (esempio dell’acqua del mare al mattino e al tramonto) Tre cose hanno spinto i pittori impressionisti a riflettere sulla rappresentazione della realtà: a) gli studi e gli esperimenti ottici di Chevreul e di Maxwell, che erano alla base delle nuove teorie sulla propagazione della luce e sulla percezione dei colori b) l'invenzione della fotografia che permetteva di fissare l'attimo fuggente c) le stampe giapponesi (diffusesi in in Francia dalla seconda metà dell'800), che colpiscono per l'uso di campiture omogenee di colore, senza chiaroscuro e senza prospettiva (.= campitura da “campo”, significa “sfondo”, “spazio” della rappresentazione, entro cui ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” collocare l’oggetto rappresentato) Derivazione del termine “impressionista” Gli impressionisti vogliono riprodurre su tela l'attimo fuggente, la sensazione di un istante, l'impressione - appunto - che hanno guardando un determinato oggetto. Per questo motivo, rivoluzionano la tecnica pittorica usata fino a quel momento, utilizzando una pennellata rapida, tocchi brevi e virgolati, picchiettature, trattini e macchiette. La critica disprezzava questo modo di dipingere ed il nome del movimento deriva proprio da un giudizio negativo, formulato dal critico d’arte Leroy, il quale disse di un’opera di Monet : ”Una carta da parati al suo stato iniziale è più rifinita di questa marina". (L'opera in questione è Impressione, sole nascente, 1872.) Dove e come nasce il movimento impressionista Alcuni giovani artisti, insofferenti della pittura ufficiale delle Accademie che esponeva nei Salon, si incontrano in un locale parigino, il Cafè Guerbois. Agli inizi gli incontri sono sporadici, poi l'appuntamento diviene puntuale ogni venerdì. La stagione impressionista ha inizio il 15 aprile 1874 quando, gli artisti rifiutati nelle esposizioni ufficiali, decidono di esporre le proprie opere presso lo studio fotografico dell'amico Nadar. La fase impressionista si conclude nel 1886, anno dell'ottava ed ultima esposizione, anche se, già dall’80, il gruppo non era più così compatto, dal momento che qualcuno esponeva anche nei Salon. La pittura en plain air La pittura “en plain air” è la pittura all'aria aperta. I fattori che hanno contribuito a questa scelta sono stati due: uno ideologico ed uno legato al progresso della chimica industriale Riguardo al fattore ideologico, gli impressionisti non amano rinchiudersi negli atelier e preferiscono ritrarre un bosco, un campo lungo la Senna, un boulevard, un bistrot ecc. In questo sono favoriti dai progressi dell’industria chimica, la quale inizia a produrre i colori ad olio in tubetto, che sono facili da usare e che possono essere facilmente trasportati in ogni luogo. Breve biografia di Edouard Manet (1832-1883) Nasce a Parigi nel 1832. Fin da giovanissimo è attratto dalla pittura, ma il padre tenta di dissuaderlo, facendolo imbarcare su un vapore diretto a Rio de Janeiro, con la speranza che, alla fine del viaggio, superi l'esame di ufficiale di marina. Manet, però, viene bocciato e, a quel punto, la famiglia accetta che il figlio diventi pittore. La sua prima formazione è di stampo accademico. Infatti, il suo maestro è un tipico pittore della cultura ufficiale del Secondo Impero. Manet, però, non lo apprezza e lo abbandona dopo sei anni. Il giovane artista viaggia molto, visitando i musei italiani, olandesi e tedeschi. Nel 1861 conosce Degas. Ai due amici si aggregheranno, poi, tutti gli altri al Cafè Guerbois. Anche se dagli amici del gruppo viene considerato il loro “padre spirituale”, Manet, a causa della sua formazione accademica, è il meno impressionista di tutti gli impressionisti. Infatti, benché si avvicini alla pittura en plain air, non abbandonerà mai completamente il lavoro in atelier e non esporrà mai con il gruppo impressionista. Dalla metà degli anni Settanta inizia a soffrire di depressione, a cui si aggiunge la progressiva paralisi degli arti inferiori, dovuta alla sifilide contratta nel viaggio in Brasile. Prima di morire conosce la fama, riuscendo a vendere diverse opere a buon prezzo, anche se viene spesso rifiutato nei Salon ufficiali. Muore nel 1883. Il giorno dei funerali, il gruppo degli Impressionisti si ricompone forse per l'ultima volta, dietro al feretro di quel maestro che, pur non avendo lasciato una scuola né degli allievi, aveva comunque aperto la strada alla pittura contemporanea. ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” Analisi dell’opera “Colazione sull’erba”di Eduoard Manet 1863. Olio si tela, 208 x 264 cm. Parigi, Musèe d’Orsai Colazione sull'erba venne esposto nel 1863 al Salon des refuses (Salone dei rifiutati), una esposizione alternativa al Salon ufficiale, che venne allestita grazie all'interessamento dello stesso Napoleone III, in seguito alle lamentele degli artisti non accettati dalla giuria per l'esposizione ufficiale. L'opera fece scandalo e venne definita dai critici “volgare” e “tecnicamente sbagliata”. Ma questo pessimo giudizio ebbe come conseguenza un'invasione di visitatori. Il quadro rappresenta due uomini e due donne in un bosco, con del cibo (un cestino con pane, frutta ed una bottiglia) In primo piano si nota una donna seduta, completamente nuda, che guarda lo spettatore Un’altra donna, collocata in lontananza mentre raccoglie dei fiori, è coperta da una veste sottile I due giovanotti, vestiti alla moda del tempo, chiacchierano accanto alla donna nuda Ciò che infastidiva il pubblico borghese non era il nudo in quanto tale, ma il fatto che riguardasse una fanciulla della loro epoca e non un personaggio mitologico o storico. Alcuni critici scandalizzati, dichiararono, addirittura, che l'opera rappresentava due studenti in vacanza, in compagnia di “prostitute”. In realtà, le intenzioni del pittore erano molto lontane da questo giudizio. Infatti, Manet si era ispirato all’opera cinquecentesca Concerto campestre di Tiziano (vedi a destra) Anche la tecnica adottata da Manet venne aspramente criticata, soprattutto per l’assenza: ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” dei chiaro scuro e della prospettiva, che, effettivamente, è stata ottenuta attraverso le macchie di colore, che si susseguono alternativamente in luce ed ombra Inoltre, non piacque neppure la stesura dei colori attraverso pennellate veloci giustapposte. Da notare che già in quest'opera si manifesta il gusto della natura morta, che nelle opere di Manet è sempre stata un "soggetto nel soggetto", nel senso che è stata inserita anche in opere che avevano tutt’altro soggetto, come in questo caso. Citiamo brevemente altre due opere di Manet, in cui possiamo notare altri esempi di “natura morta” o di “nudo” femminile: Olympia (1863. Olio su tela, 130,5 x 190 cm. Parigi, Musee d’Orsay) Anche Olympia è un'opera anti-accademica, ma che ha un antecedente illustre nella Venere di Urbino di Tiziano (vedi dipinto a destra). Il dipinto rappresenta una giovane prostituta nuda (eccezion fatta per le calzature, che accentuano la nudità, così come il nastrino nero al collo), distesa su un letto di lenzuola bianche, che spiccano sul fondo scuro, dal quale trapela una cameriera nera, che le porta un mazzo di fiori. Ai piedi del letto c'è un gatto nero, il cui significato è diametralmente opposto a quello del cagnolino di Tiziano, che rappresentava la fedeltà coniugale. Anche questa volta, le critiche furono moltissime, perché Olympia era uno schiaffo alla morale borghese. Infatti: la posa della donna era tratta dalle immagini pornografiche che giravano nei "salotti bene" e “Olympia” era il nome d'arte che all'epoca si davano le prostitute Da sottolineare anche qui la presenza della natura morta nello splendido mazzo di fiori, reso con la tecnica impressionista. Il bar delle Folies Bergeres (1881-1882. Olio su tela, 96 x 130 cm. Londra, Courtauld Institute of Art) ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” Il bar delle Folies Bergères contiene tutti gli elementi che caratterizzano l'opera di Manet come: il dato reale (cameriera e cliente riflesso nello specchio) la natura morta (bottiglie, fruttiera, bicchiere con le rose) i colori piatti e le luci riflesse (lo specchio alle spalle della cameriera ci mostra ciò che la donna vede, cioè una sala gremita di persone ed i riflessi della luce dei grandi lampadari). Breve biografia di Oscar Claude Monet (1840-1926) Monet è il più impressionista degli impressionisti e il principale ispiratore della prima esposizione allo studio di Nadar. Di origini familiari assai modeste, grazie all'interessamento di una ricca zia si trasferisce a Parigi, dove frequenta una scuola d'arte. Giunto nella capitale, rimane affascinato dalla vivacità della vita artistica e culturale che vi si svolge. Nel 1861, presta il servizio militare in Algeria. La luce e i colori dell'Africa contribuiscono a sviluppare in lui la passione per la natura e per le sensazioni, che essa produce. Tornato a Parigi, incontra Manet e gli altri frequentatori del Café Guerbois, che arricchiscono enormemente il suo bagaglio esperienziale. Seguono anni di lavoro accanitissimo, poche soddisfazioni e molte amarezze, acuite anche da una forte depressione e da gravi problemi economici. Dopo il 1880, Monet raggiunge finalmente il successo. Nel 1908 soggiorna a Venezia. La città lo entusiasma al punto da definirla “l’impressionismo in pietra”. Nello stesso periodo, fa costruire a Giverny, nella campagna vicino a Parigi, un delizioso giardino, per avere a portata di mano un frammento di natura, dal quale farsi suggerire atmosfere e sensazioni sempre nuove e diverse. Oggi la casa, con le stesse piante, è diventata un museo all’aperto. Analisi delle opere “La Cattedrale di Rouen” di Claude Monet ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” Nel 1895 Durand-Ruell, grande imprenditore francese e uno dei più accaniti sostenitori degli impressionisti, organizzò una rassegna pittorica, dove furono esposte venti fra le cinquanta Cattedrali realizzate da Monet, nel corso di due anni (1892-93) e poi portate a termine a Giverny nel 1894. Tra i dipinti esposti, furono separate le diciotto tele con le vedute che riguardavano la facciata, in una sequenza cronologica riferita agli orari della luce del sole dall'alba al tramonto. Clemenceau scrisse in un articolo intitolato La rivoluzione delle Cattedrali: “Il pittore ci ha dato la sensazione che le tele avrebbero potuto essere cinquanta, cento, mille, tante quante i minuti della sua vita". Per poter ritrarre la cattedrale durante le varie ore del giorno, Monet affittò una camera d’albergo, in cui trascorse vari mesi ad osservare ed a dipingere. Il risultato furono tanti dipinti dello stesso soggetto, ma con diversi colori e sfumature, a seconda dell’ora del giorno e del tempo meteorologico: mattina presto, mezzogiorno, tramonto oppure sole, pioggia, nebbia, neve, ecc. La Cattedrale di Rouen con effetto di luce mattutina (1894) 106 x 73 cm. , Musée d'Orsay Parigi La Cattedrale di Rouen al primo sole ( 1894) 91 x 63 cm. , Musée d'Orsay Parigi Cattedrale di Rouen con tempo grigio Monet era un pittore solo con se stesso, nella sfida piùLa grande l’arte si Parigi sia mai ripromessa: (1894) 100 xche 65, Musée d'Orsay La Cattedrale Rouen in pieno sole rubare alla dinatura il segreto della sua mutabilità, catturandone l’anima in ogni istante. (1894) 107 x 73 cm, Musée d'Orsay Parigi ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” Egli rischiò di impazzire, nel vano tentativo di riprodurre a distanza di giorni la stessa “impressione”, che aveva avuto giorni prima. Questo, infatti, era praticamente impossibile, perché qualcosa cambiava sempre. LA DATAZIONE Sebbene rechino la data del 1894, le tele furono tutte realizzate tra il 1892 e 1893, nel corso di due sessioni di lavoro, durante le quali Monet lavorò da postazioni leggermente diverse, per poi terminare i dipinti nell'atelier di Giverny. Sicuramente, l’aver completato molte delle tele in studio, lontano dal soggetto, ha tolto verosimiglianza all’opera, ma le ha anche aggiunto una preziosa sfumatura poetica. IL SOGGETTO Il soggetto non ha importanza nelle tele che ritraggono la Cattedrale di Rouen. Infatti, ciò che interessa a Monet: non è la struttura architettonica della costruzione gotica ma il gioco di luci e ombre che il sole produce sulla superficie della facciata, attraverso il fitto ricamo delle cuspidi e degli archi LA TECNICA Nelle cattedrali, Monet impiega una tecnica completamente nuova. Mentre in passato aveva applicato il colore frizionandolo in piccole macchie, ora adotta una tecnica rapida, fatta di pennellate rapprese, che formano uno spesso strato crostoso, che imita la pietra scolpita. Da vicino le tele appaiono granulose, un miscuglio incoerente di colori, ma, se ci si allontana, la composizione prende corpo, precisandosi nei particolari. La cattedrale gotica, con la sua monumentalità e il suo valore di luogo sacro, conferisce al dipinto un’intensità mistica. Breve biografia di Edgar Degas (1834-1917) Edgar Degas nasce a Parigi nel 1834, in una famiglia facoltosa e dagli spiccati interessi artistici. Viene educato dal padre, che gli consente di dedicarsi al disegno e che gli fa conoscere il mondo dell'arte Dopo aver frequentato il liceo, Degas si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, ma, attratto dalla pittura, abbandona l’università e inizia a frequentare la Scuola delle Belle Arti di Parigi. Non avendo problemi economici può dedicarsi completamente alla pittura, passando molto tempo a copiare quadri al Louvre ed in Italia, diventando un appassionato ammiratore di Botticelli e Raffaello. Solo dopo alcuni anni Degas comincia ad essere attratto da temi più attuali e in particolare dalle corse dei cavalli. Nel 1861 incontra Edouard Manet, che lo introduce in un gruppo di giovani artisti, che sarebbero diventati famosi come impressionisti. Degas espose in alcune occasioni al Salon di Parigi ma, essendo molto geloso delle sue opere, solo raramente ne mette qualcuna in vendita. Però, alla morte del padre, ritrovatosi in un mare di debiti , è costretto a vendere la sua collezione di quadri. Ed è anche per vendere questi quadri che organizza tutte le mostre degli impressionisti dal 1874 al 1886, tranne quella del 1882. L'incontro con Manet è decisivo per l’evolversi della sua pittura, anche se Edgard preferisce creare le sue tele in studio, sulla base di schizzi e appunti, rifiutando uno dei principi basilari dell'impressionismo, la pittura “en plein air". ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” La ricerca di Degas si rivolge soprattutto allo studio degli effetti della luce artificiale e in questo senso sono fondamentali i suoi dipinti dedicati al mondo dello spettacolo ed agli interni dei locali di ritrovo. Nel 1880, il pittore si è oramai guadagnato il rispetto e l'ammirazione dell'ambiente artistico parigino. Nel 1883 muore il grande amico e maestro Manet. Degas si chiude in un profondo isolamento, motivato anche da crescenti disturbi alla vista. Alla fine del 1890, quasi cieco, si dedica esclusivamente alla scultura.. Modella statuine di cavalli, ballerine, donne al bagno, he si asciugano. Nel contempo si accentua il suo interesse verso il collezionismo di opere d'arte. Raccoglie, così, opere di numerosi artisti. Muore a Parigi nel 1917. NOTA BENE Edgar Degas è una delle figure centrali e più feconde dell'Impressionismo, ma dal punto di vista artistico si distingue dagli altri appartenenti al movimento per due principali motivi: innanzitutto, come abbiamo detto, preferisce creare le sue tele in studio, rifiutando uno dei principi basilari dell'impressionismo, la pittura “en plein air" inoltre, si mostra poco interessato al paesaggio, tema prediletto dagli impressionisti, e preferisce le scene d'interno, soprattutto con figure di ballerine, lavandaie e donne al bagno, mentre nella pittura all'aperto i soggetti più ripetuti sono le corse dei cavalli Analisi dell’opera “La lezione di ballo” di Edgar Degas 1873-1875. Olio si tela, 85 x 75 cm. Parigi, Musèe d’Orsay La lezione di ballo è il primo dei grandi dipinti appartenenti alla serie delle ballerine. Realizzato tra ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” il 1873 e il 1875, nei due anni a cavallo della prima esposizione impressionista nello studio di Nadar (1874), essa contiene in sé già tutti i temi della maturità artistica di Degas. Nell’opera l'artista rappresenta il momento in cui una ballerina sta provando dei passi di danza, sotto l'occhio vigile del maestro, mentre le altre ragazze, disposte in semicerchio, osservano in attesa del proprio turno. Il taglio del dipinto è di tipo fotografico e, come in un'istantanea, alcune figure risultano fuoriuscire dall'inquadratura. Ciò suggerirebbe una pittura di getto, destinata a cogliere l'impressione d'un momento. In realtà, non è così, perchè l’opera è frutto di un difficile e meditato lavoro, durato tre anni! I gesti delle ballerine sono indagati con attenzione quasi ossessiva: quella con il fiocco giallo, seduta sul pianoforte, si sta grattando la schiena quella di spalle con il fiocco rosso fra i capelli si sta facendosi aria con un ventaglio tra le altre, poi, vi è: ► quella che si accomoda l’orecchino ► quella che si sistema l'acconciatura ► quella che osserva ► quella che ride ► quella che parla con la compagna …..come in ogni classe scolastica quando, sul finire della lezione, l’atmosfera si fa più rilassata e informale. Cogliere questi aspetti marginali ma significativi del quotidiano è una scelta precisa dell'artista, che in ogni sua opera si pone di fronte ai suoi personaggi, come se volesse – come lui stesso dice – “osservarli da buco della serratura”. Degas ricostruisce l'atmosfera della sala con garbo e raffinatezza, inserendo le ballerine in una luce morbida, che ne ingentilisce ulteriormente le già eleganti movenze. Il disegno prospettico del pavimento e il tono neutro del parquet e delle pareti, su cui si stagliano i bianchi tutù delle ballerine, danno all’insieme un senso di quieto realismo, tipico di tutti gli interni dell’artista. Infine, dal punto di vista tecnico, si notano alcuni aspetti non propriamente impressionisti: innanzitutto, l’uso del disegno per ritrarre il maestro, il cui volume, netto e definito, lo rende il fulcro di tutta la composizione inoltre, l’uso del bianco e del nero. Bianchi sono, infatti, i tutù delle fanciulle e neri sono i nastrini di raso, che portano al collo. In ogni caso, Degas riesce a fondere il rigore formale dell’arte rinascimentale, con la realtà di un'epoca in cui il quotidiano si è sostituito alla mitologia e le ballerine alle dee. Breve biografia di Auguste Renoir (1841-1919) ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” Auguste Renoir nasce nel 1841. Suo padre, un modesto sarto, si trasferisce a Parigi in cerca di fortuna, quando il figlioletto ha appena tre anni. La situazione economica della famiglia non è florida e a tredici anni Auguste viene assunto come apprendista presso la bottega di un decoratore di porcellane. E’ così che si manifesta la sua precoce attitudine artistica. Nel 1862 entra alla Scuola di Belle Arti, dove frequenta i corsi di un pittore, presso il quale conosce Monet, con cui condividerà le interminabili discussioni al Cafè Guerbois e le prime esperienze di pittura en plein air. Pur avendo partecipato a solo tre delle otto mostre del gruppo impressionista, Renoir è, insieme a Monet, il rappresentante più spontaneo e convinto del movimento. Per lui la pittura: è gioia di vivere capacità di stupirsi ogni giorno di fronte alle meraviglie del creato voglia di farsi travolgere dalle emozioni e dai colori Non diversamente da quanto accadeva a quasi tutti gli altri esponenti del gruppo impressionista, la maggior parte delle sue opere continua a essere respinta dalle esposizioni ufficiali, perché: i colori dei suoi dipinti vengono considerati troppo luminosi e volgari e l'uso spregiudicato delle pennellate, semplicemente accostate sulla tela, fa ritenere a certi critici che si tratti di lavori sommari e non rifiniti secondo le giuste regole La pittura dell'artista è inizialmente più incline al paesaggio, come in Monet, ma ben presto si orienta verso la rappresentazione di soggetti umani, inseriti nel loro ambiente. In particolare, assumono grande rilievo i soggetti femminili, ai quali Renoir si dedicherà con frequenza sempre crescente, fino a farsene quasi una mania, come nel caso delle bagnanti, tema al quale egli dedicherà oltre quaranta dipinti. Nei primi anni del Novecento, Renoir è ormai stimatissimo e affermato anche a livello europeo. Purtroppo iniziano a manifestarsi anche i sintomi di una malattia che, nel giro di pochi anni, lo porterà alla paralisi degli arti inferiori e alla semiparalisi di quelli superiori. Nonostante questo, la sua produttività è frenetica e, oltre che alla pittura, si dedica anche alla scultura, guidando un giovane allievo, che gli presta le mani, modellando la creta secondo le sue indicazioni. Nel 1919 sente la fine avvicinarsi e se ne dispiace perché confessa che proprio allora, a settantotto anni, cominciava a saper dipingere! Muore quello stesso anno. Analisi dell’opera “Colazione dei canottieri” di Auguste Renoir 1881. Olio si tela, 129,5una x 172,7 Il dipinto rappresenta colazione presso il ristorante di un villaggio, lungo la Senna. I Washington, Phillips Collection frequentatori sono soprattutto sportivi che, dopo aver vogato in canoa, si concedono il meritato riposo, insieme ad amici e amiche che sono venuti ad accompagnarli. ISTITUTO GIOVANNI PAOLO II “STORIA DELL’ARTE” La scena è ambientata nella veranda del locale, dove quattordici personaggi discorrono amabilmente, dopo aver mangiato assieme. Quello dei canottieri è un pretesto per l'ennesima rappresentazione en plein air, che Renoir abbozza davanti ai tavolini stessi, ancora ingombri dei resti del pasto, fra i commenti degli amici e le risate delle ragazze. La luce chiara del primo pomeriggio estivo, filtrata dal tendone a righe, inonda la scena di riflessi rosati, ai quali fa da contrasto lo sfondo verdastro della vegetazione palustre. L'attenzione di Renoir si concentra soprattutto sui colori, dalla cui sapiente giustapposizione (caldi e freddi, chiari e scuri, primari e complementari) prendono corpo i volumi e la prospettiva I volti delle ragazze sono tratteggiati per zone di colore: le labbra, gli occhi, il naso, i capelli, i cappellini. Non vi è traccia di disegno, ma le forme emergono egualmente, chiare e distinte. L'atmosfera che ne deriva è quella di una straordinaria naturalezza, resa ancor più viva e festosa dal complesso gioco di sguardi, che lega tra di loro i vari personaggi. Si noti anche l'apparecchiatura della tavola, mediante la quale Renoir propone una superba natura morta. In essa: alla leggerezza dei cristalli, fa riscontro la massa compatta della frutta e della botticella di cognac alle briciole di pane e al tovagliolo bianco, di impronta squisitamente naturalistica, si contrappone una ringhiera estremamente studiata, che costituisce quasi una diagonale del dipinto. Essa traccia una sorta di triangolo ideale, in cui l’artista inserisce tutti i personaggi. Infine, si rileva una “libertà artistica”, che nessun realista si sarebbe mai permesso: benché la scena sia ambientata in estate, la frutta è tipicamente autunnale.
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