Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 199 19 Maggio 2015 97 Pagine MotoGP Francia Lorenzo vince a Le Mans, Rossi secondo. Articoli, commenti e pagelle Periodico elettronico di informazione motociclistica Novità Nuovo Yamaha NMAX 125, urban scooter entry level Scarica l’APP del Magazine Prove Kawasaki Z300, una bicilindrica che completa la serie Z. E’ comoda e facile | PROVA SUPER SPORTIVA | YAMAHA YZF-R3 da Pag. 2 a Pag. 15 All’Interno NEWS: Ducati Scrambler by Radikal Chopper | M. Clarke Gli ultimi dischi rotanti da gran premio | N. Cereghini Il nostro GP quotidiano | MOTOGP: Nico intervista Vitto Guareschi | SBK: Biaggi wild card a Misano? | MX USA: Ryan Dungey Yamaha YZF-R3 PREGI Erogazione motore e ABS di serie DIFETTI Cupolino poco protettivo Prezzo 5.390 € PROVA SUPER SPORTIVA YAMAHA YZF-R3 Con la entry level YZF-R3, Yamaha completa la gamma della serie R. Una supersportiva facile e adatta anche a chi vuole iniziare a muovere i primi passi in pista, ma qui - e solo qui le sospensioni sono un po’ morbide. Costa 5.390 euro di Thomas Bressani Foto Alessio Barbanti e Sebas Romero 2 3 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove Media P rima del suo arrivo, se si voleva iniziare a muovere i primi passi in moto, dopo il classico cinquantino preso a quattordici anni, lo step necessario da fare era magari pregare che i genitori ci comprassero il tanto desiderato 125, la nave scuola che ti insegnava a prendere confidenza con il mondo delle moto sportive da strada. Ma se si voleva passare a qualche cosa di più “da grande” ci si trovava di fronte a delle vere e proprie superbike da 120 cv per le 600 o addirittura 200 cv per una vera 1000. Forse un salto un po’ troppo grande da affrontare per un ragazzo, che metteva subito in ansia da prestazione. Senza contare le disposizioni in termini di limitazioni alla guida per i neopatentati. Ed ecco che oggi a porre rimedio a questo problema ci pensa Yamaha con la sua nuova YZF-R3, insieme 4 alle sue strette concorrenti KTM RC 390, Kawasaki Ninja 300 e Honda CBR 300. Tutte medie sportive adatte a un gruppo di neofiti motociclisti che vogliono si iniziare ad avere a che fare con un supersportiva derivata dal mondo delle corse, ma allo stesso tempo da poter utilizzare con tutta tranquillità e che inizi ad insegnargli a muovere i primi passi non solo in strada ma magari anche in pista. La Yamaha YZF-R3 va a inserirsi a gamba tesa tra la YZF-R125 e sua sorella maggiore YZF-R6, con richiami stilistici che la fanno assomigliare alla più grande della famiglia, la YZF-R1. Pensata per tutti quei ragazzi aspiranti motociclisti, ma che strizza l’occhio anche alle giovani ragazze con ancora la passione nel cuore per le due ruote supersportive, che sono in possesso della patente A2 e che non possono guidare moto superiori ai 35 kW (48 cavalli) di potenza. Il suo DNA è ben chiaro e lo si percepi- sce al primo colpo d’occhio osservandola bene. Carena con doppio faro anteriore e presa d’aria centrale, linee sportive proiettate in avanti per accentuare ancora di più la sua voglia di sportività e un codino rialzato a punta, abbastanza comodo per trasportarci un passeggero. Una moto polivalente che permette di divertirsi su strada e tra i cordoli della pista, in tutta sicurezza, senza mai lasciarti prendere in contro piede. Per questo motivo è nato e si corre solamente in Francia per il momento, in Italia arriverà probabilmente nel 2016, un campionato R3 Cup e siamo pronti a scommettere che la versione da gara farà gola a molti. Il motore Il cuore pulsante della supersportiva Yamaha YZF-R3 è dotato di alcune delle tecnologie che possiamo ritrovare sulle sorelle maggiori R6 e R1. E’ un nuovo 4T bicilindrico fronte marcia da 321 cc, bialbero e 4 valvole per cilindro. Il bicilindrico della casa dei tre diapason è caratterizzato da un rapporto alesaggio e corsa di 68,0x44,1 mm e di un rapporto di compressione 11,2:1, questo gli permette di erogare una potenza di 30,9 kW (42 cv a 10.750 giri), con una coppia di 29,6 Nm (3 kgm a 9.000 giri). Grazie a queste caratteristiche del motore, i tecnici Yamaha hanno potuto realizzare una moto godibile tutti i giorni, permettendo al pilota di poterla guidare in modo fluido ai bassi regimi ma che all’occorrenza, a giri elevati, sa essere reattivo e pronto. Tutto questo è stato permesso grazie a un corpo farfallato downdraft e a un angolo più stretto delle valvole di aspirazione e di scarico. C’è tutta la tecnologia delle serie R di cilindrata superiore e lo si può notare grazie alla distribuzione diretta, come sulla sorella maggiore R1, all’adozione 5 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine tutto montato su una piastra superiore di sterzo in alluminio. Sul retrotreno troviamo invece una sospensione posteriore di tipo Monocross dall’escursione di 125 mm. I cerchi, d’aspetto racing tipico della serie R, sono caratterizzati dal disegno a 10 razze in alluminio: montano pneumatici Michelin Pilot Street da 110/70-17 all’anteriore e 140/70-17 al posteriore. Piccola sì, ma con un impianto frenate di tutto rispetto che garantisce frenate decise quando serve ma che non mette mai in crisi, grazie ad un disco flottante da 298 mm con pinze a due pistoncini all’anteriore e 220 mm con pinza a un pistoncino al posteriore. E l’ABS? Naturalmente è di serie. Ricchissima di informazioni e molto bella e ben leggibile la strumentazione, completa di contagiri analogico, tachimetro digitale, non manca l’indicatore di marcia, spia carburante, l’indicatore di temperatura del liquido di raffreddamento, indicazioni dei consumi, orologio e tripmaster. Tutto in R1 style. di pistoni forgiati in alluminio, all’utilizzo delle bielle in acciaio al carburo e all’utilizzo di leggeri cilindri DiaSil che riducono il consumo di olio ottimizzando la dispersione del calore. L’erogazione del motore è molto equilibrata, soprattutto tra i bassi e gli alti regimi, grazie ad un albero motore fasato di 180 grad. Alle basse velocità, soprattutto nell’uso cittadino, l’erogazione risulta sempre molto gestibile. Questo grazie anche all’utilizzo di pulegge progressive adottate sul comando del gas e sul corpo farfallato, permettendo anche ai meno esperti nella guida di non trovarsi mai in difficoltà. La ciclistica Se il motore da 321 cc svolge un ruolo importante nella personalità della R3, ha pure una funzione portante per il telaio tubolare in acciaio dal carat6 Prove Solo due le colorazioni disponibili, la classica Race Blu Yamaha e la più aggressiva Black, che a nostro parere potrebbe far gola ai più giovani. Il prezzo è di 5.390 euro e per averla bisognerà aspettare ancora pochi giorni, giusto la fine di aprile. Su strada Il test della nostra prova inizia lungo le strade cittadine nella provincia di Tarragona, Spagna, ed è qui che la supersportiva YZF-R3 si presenta a noi con l’aria da grande, e da una che non teme il confronto con le sue sorelle maggiori della serie R. Saliamo in sella e subito ci troviamo a nostro agio, l’impostazione di guida è comoda, l’altezza della sella permette anche ai meno alti di poter toccare a terra tranquillamente, i semi manubri rialzati e leggermente aperti garantiscono manovre anche da fermo in pochissimo spazio e a basse velocità, complice anche il grande angolo teristico design a diamante. Le ridotte dimensioni della supersportiva garantiscono un peso di 169 kg con il pieno e permettono così una guida agile e reattiva, questo è permesso anche grazie all’inclinazione del cannotto di sterzo di 25,5°, a un interasse corto di 1.380 mm, alla dimensione dei pneumatici di 17 pollici, a un’altezza della sella di 780 mm e - cosa molto importante - alla distribuzione dei pesi che si avvicina molto a un 50/50 tra avantreno e retrotreno. La YZF-R3 non ha soltanto l’animo da grande supersportiva ma anche l’aspetto, con il suo forcellone lungo ben 573 mm, come sulla YZF-R1. Un forcellone lungo, qui dal disegno asimmetrico, garantisce maggiore stabilità sul dritto e sulla ruota posteriore la potenza viene trasferita in maniera ottimale. Il reparto sospensioni è costituito dalla forcella con steli da 41 mm e escursione di 130 mm, il 7 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove tiva R3. La concentrazione si sposta maggiormente sulla guida lasciando che il motore, mai brusco e sempre pronto e fluido, passi quasi in secondo piano, ma sempre pronto quando si decide di spalancare e sempre in modo graduale. Iniziamo a spingere un po’ e portiamo la YZF-R3 attorno agli 8.000 giri, tirando fuori tutto il carattere della serie R. Le sospensioni, dalla taratura morbida, reagiscono bene alle varie sconnessioni dell’asfalto, così come anche il freno anteriore che garantisce frenate decise quando serve ma che non mette in crisi e con un ABS mai invasivo. Unico difetto è la mancanza di un registro di regolazione per la leva del freno. Ottimo il lavoro del mono posteriore, anche negli avvallamenti, così come la sospensione posteriore. Dopo tutte queste curve, che fanno girare la testa, ma che ci hanno fatto godere fino a fondo l’agilità della di sterzata di 68° e il peso quasi impercettibile. Il triangolo di seduta sembra studiato ad hoc per noi e anche dopo alcune ore in sella non ci sentiamo per niente affaticati, anzi il piacere di guida è tale che ci fermeremmo soltanto per il pieno di benzina. Dopo un primo tratto cittadino iniziamo finalmente a mettere le ruote lungo un susseguirsi di curve, larghe e strette, che permettono alla nostra R3 di tirar fuori tutto l’animo racing racchiuso all’interno del bicilindrico frontemarcia. L’asfalto perfetto catalano è il terreno ideale per la nostra supersportiva e dopo aver preso confidenza anche con i pneumatici di primo equipaggiamento, i Michelin Pilot Street, rimaniamo sorpresi da come gli inserimenti in curva siano del tutto naturali, senza mai allargare la traiettoria e lasciando libero sfogo al puro divertimento. Scendere in curva risulta naturale ed istintivo, come se la R3 la guidassimo da sempre, merito 8 soprattutto del bilanciamento dei pesi che si fa sentire sin da subito. Gli innesti del cambio sono precisi e la frizione dolce, la rapportata delle prime marce è abbastanza corta, questo ci permette di poter viaggiare anche alle basse velocità a marce alte, senza dover utilizzare troppo spesso il cambio per ricorrere a un rapporto più basso in caso si voglia effettuare un sorpasso. Le vibrazioni sono impercettibili sia sulle pedane che sul manubrio, bisogna proprio essere super sensibili per sentirne la loro presenza. La R3 ci ricorda ben presto che per potersi divertire con lei bisogna farla girare oltre i 6.000 giri, range sopra al quale ci si inizia a divertire seriamente, con un motore che non strappa mai, sempre lineare su tutta la curva di erogazione e che non mette mai in crisi. Qui iniziamo a danzare lungo tutta una serie di bellissime curve, i cambi di direzione non ci sono mai stati così facili come in sella alla superspor9 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito R3, ci lanciamo lungo un tratto di autostrada per raggiungere finalmente il tanto atteso circuito di Calafat. Inseriamo la sesta marcia, ma il busto semi dritto ci fa capire che il riparo dall’aria su spalle e collo, offerto dal piccolo cupolino, non è del tutto protettivo e quindi decidiamo di accucciarci dietro al plexiglas per un riparo ottimale. Se la cava bene anche in pista Eccoci arrivati in pista, un tracciato corto ma tecnico, dove i troppi cavalli non servono ed è qui la supersportiva R3 entra in gioco, facendoci capire subito quale è il suo ruolo tra i cordoli, permettendoci di concentrarci maggiormente sulla guida piuttosto che sui cavalli da gestire. Gli pneumatici Michelin Pilot Street non sono di certo le calze più adatte per questo uso e sarebbe consigliato montare delle gomme ad hoc per l’uso in pista. Entrati sul rettilineo iniziamo a far girare alta la nostra YZF-R3, mantenendo sempre la lancetta del contagiri al di sopra degli 8.000, range sul quale la R3 acquista decisamente un buon carattere, con una linearità e scorrevo10 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove lezza che non mette mai in crisi il pilota. Se su strada l’impianto frenante ci ha soddisfatto pienamente, qui in pista rimaniamo piacevolmente sorpresi nel notare come non soffra le troppe sollecitazioni, con una frenata ben modulabile quando si va ad agire sulla leva del freno anteriore e con un ABS timido ma che si fa sentire quando è necessario. Forcella e mono svolgono bene il loro compito, senza mai risentire dei continui trasferimenti di carico e permettendo di chiudere bene le curve senza nessuna tendenza ad allargare le traiettorie ma consentendoci cambi di direzione molto rapidi. Una volta presa la giusta confidenza se si vuole iniziare a spingere sempre più forte, con un cambio che non sbaglia mai un inserimento di marcia, sarebbe opportuno usare una taratura delle sospensioni leggermente più rigida. Questo ci fa ricordare che siamo pur sempre in sella ad una supersportiva nata per un uso di tutti i giorni e per piloti ancora alle prime armi che vogliono muovere i primi passi in pista. Tiriamo dunque le somme e mettiamoci nei panni di chi questa moto la vorrebbe acquistare 11 12 13 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica dopo aver avuto sotto mano una sportiva 125. Abbiamo percorso tratti cittadini, una bella serie di curve su alcuni passi di montagna, per finire la nostra giornata tra i cordoli della pista di Calafat. Possiamo dunque dire che questa nuova Yamaha YZF-R3 potrà dare e far togliere molte soddisfazioni a chi ha già una minima esperienza in moto e anche a chi, magari, si avvicina per la prima volta ad una supersportiva. Una moto per tutti e tutte, che sa farsi apprezzare sin da subito per le sue doti ciclistiche ed estetiche nell’uso di tutti i giorni. Una compagna di giochi per chi vorrà iniziare a divertirsi in modo sicuro e non troppo impegnativo in pista. Piccola si, ma solo nella cilindrata e con quella caratteristica R che ci fa ricordare da quale nobile famiglia deriva. 14 SCHEDA TECNICA ABBIGLIAMENTO Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Casco X-lite Giubbotto Dainese Guanti Oj Atmosfere Metropolitane - Alpinestars Jeans Spidi Tuta Dainese Stivali Dainese Yamaha YZF-R3 5.390 euro Cilindrata 321 cc Tempi 4 Cilindri 2 Raffreddamento a liquido Avviamento elettrico Alimentazione iniezione Frizione multidisco Potenza 42 cv - 31 kw - 10.750 rpm Coppia 3 kgm - 30 nm - 9.000 rpm Emissioni Euro 3 Numero marce 6 Capacità serbatoio carburante 14 lt ABS Sì Pneumatico anteriore 110/70-17M/C 54H Pneumatico posteriore 140/70-17M/C 66H Peso in ordine di marcia 169 Kg 15 Kawasaki Z300 PREGI Finiture e erogazione motore DIFETTI Spazio riservato al passeggero Prezzo 5.190 € PROVA NAKED KAWASAKI Z300 Dopo la baby Ninja, sulle strade dal 2012, la Casa di Akashi sfrutta il propulsore bicilindrico 300 anche per la nuova naked Z300 che, insieme alla Z250SL, va a completare la gamma della Z Series. Comoda per chi guida, lo è un po’ meno per il passeggero. E’ già nelle concessionarie a 5.190 euro di Cristina Bacchetti 16 17 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Media Piccola ma grande accortezza: i deflettori laterali convogliano l’aria calda proveniente dal motore lontano dal conducente e la ventola – quando si attiva – la spinge verso il basso, per evitare fastidiosi spifferi bollenti, soprattutto nelle soste ai semafori o nel traffico. Rivista la sagomatura dei collettori dello scarico 2 in 1: senza alcuna carena a nasconderli nella parte frontale della moto, si sono fatti belli anche loro. Scarico che tra l’altro non disdegna di dire la sua, tirando fuori un bel vocione a tutti i regimi; ma chi non si accontenta può sostituirlo con un bell’Akaprovic che le dona quel tocco di cattiveria in più, disponibile tra gli optional. stabilità anche nella guida un po’ più brillante. Obiettivo raggiunto anche con l’aiuto di un buon reparto sospensioni, affidato all’anteriore a una forcella telescopica da 37 mm Showa e al posteriore al mono Uni-Trak Kayaba caricato a gas e regolabile nel precarico. I cerchi da 17 pollici a 10 razze calzano pneumatici da 110/70 all’anteriore e 140/70 al posteriore. Ultimo ma non ultimo l’impianto frenante, che vede all’anteriore un disco singolo da 290 mm e al posteriore uno da 220 mm, entrambi a margherita, il tutto assistito dall’ormai immancabile ABS. Nulla di invariato quindi, rispetto alle dotazioni sotto pelle della Ninja 300. Telaio a diamante, ciclistica e componenti Ninja La nostra prova su strada Il telaio a diamante è composto da tubi in acciaio ad alta resistenza, fazzoletti di rinforzo e supporti motore in gomma. La ricercata rigidità, testata in circuito, punta a raggiungere il massimo della E ccola lì, appollaiata sul cavalletto laterale tra le sorelle della famiglia Z: Z250SL, Z800, Z1000. Sarà il faro che la ricorda, il serbatoio da 17 litri, il codino all’insù, tant’è che al primo colpo d’occhio è difficile distinguere la Z300 dalla sorella maggiore Z800. E invece sono un cinquantina i chili in meno, 500 i centimetri cubi e 65 i cavalli che separano le prestazioni delle due verdi naked. Ma è proprio puntando su questa linea da giapponesina cattiva che Kawasaki si cimenta nell’arduo compito di stuzzicare la voglia di due ruote dei più giovani, seguendo quanto già fatto con la Ninja 300 ma con un progetto ancora più azzeccato. Sì, perché se il momento delle carenate sportive è passato e resta nel cuore di pochi 18 Prove Bella è bella, a nostro avviso, ben fatta ancor di più: trovarle un difetto, a prima vista, è davvero difficile. Allora andiamo a spulciare tutti i dettagli ai quali si presta normalmente meno attenzione, niente. Pedane, blocchetti al manubrio, piastra di appassionati e pistaioli, per le nude continua il periodo positivo e la Z300 è davvero un’ottima candidata per puntare al cuore dei futuri biker, ma – come vi racconteremo nella nostra prova - non solo. Un due cilindri da 296 cc Il cuore della Z300 è lo stesso che batte sotto la carena della Ninja: un bicilindrico parallelo da 296 cc, 4 tempi, raffreddato a liquido. La potenza, superiore a quella delle concorrenti di stessa cubatura – fatta eccezione per la KTM Duke 390 da 44 cavalli- è di 39 cavalli (29 kW) a 11.000 giri, la coppia massima di 27 Nm a 10.000 giri. I pistoni hanno un nuovo rivestimento in Alumite, materiale che protegge dalle alte temperature garantendo nel contempo maggiore durata. 19 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Prove aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb sterzo, cavi e cavetti: tutto risponde a standard qualitativi elevati, nessuna differenza con le attenzioni riservate dai tecnici di Akashi alle altre moto della famiglia Z. Bella anche la strumentazione, anch’essa rubata alla baby Ninja e in linea con quella della gamma sportiva Kawa, dove lo schermo LCD riporta tutte le informazioni utili: tachimetro analogico, orologio, indicatore di carburante, doppio contachilometri parziale e indicatore di consumo. Le spie di segnalazione, indicatori di direzione e luci vanno a completare il quadro comandi. Il peso non è da reginetta delle smilze, ma i 170 kg in ordine di marcia - con ABS - non sono comunque male, soprattutto perché ben distribuiti e facili da gestire in fase di manovra grazie alla sella posta a 785 mm di altezza: piedi a terra assicurati per tutte le taglie. La posizione di guida è comoda, nonostante la 20 seduta un filo rigida, con le pedane e il manubrio bello largo ben posizionati. Se volete un consiglio spassionato però, montate una bella cover monoposto – disponibile tra gli altri accessori – ed evitate alla fidanzata di doversi appollaiare alle vostre spalle in uno spazio sacrificato e “diversamente comodo”. Ma veniamo al dunque, giro di chiave e vi raccontiamo come va questa Z300. Una moto cittadina? Non solo. Anzi, definirla così è senza dubbio riduttivo. Buona parte del nostro test si è svolta ben fuori dalla città, in collina, tra chilometri e chilometri di curve ininterrotte sulle colline del Monferrato, dove la verdina ha rivelato una spiccata attitudine al divertimento e ha tirato fuori l’indole sportiva degna della sigla che porta sulle carene. Il tutto però in sicurezza e con un occhio di riguardo per i neofiti: una frizione morbidissima – che stacca un po’ troppo in là, bisogna farci la mano – un cambio silenzioso, morbido e preciso negli innesti, e soprattutto un motore dall’erogazione lineare e sempre pronta, che non mette in crisi in caso di cambi di marcia repentini, sorpassi o tratti in salita. Un propulsore facile per chi è alle prime armi, ma godurioso anche per il motociclista più navigato: come accennavamo all’inizio della prova, questa Zetina si propone sì per accompagnare i motociclisti di domani nel mondo delle due ruote, ma sarà di sicuro apprezzata anche da chi torna in sella dopo qualche anno di stop o da chi desidera muoversi in città e fuori con un mezzo davvero facile e dai bassi consumi. Non abbiamo avuto modo di testarne la velocità di punta ma ricordiamo che, nella prova della Ninja 300 sulle autostrade tedesche libere da limiti, la piccolina aveva sfiorato i 180 chilometri orari. Non esattamente una 21 22 23 entry-level quindi: per quello c’è l’ancor più facile Z250SL, della quale potrete leggerete a breve la prova completa qui su Moto.it. Buono il comportamento della ciclistica: la Z300 affronta senza problemi il misto stretto così come i curvoni veloci, nei quali ondeggia un po’ solo quando le si va a tirare davvero il collo. Un assetto rigido che strizza l’occhio alla guida sportiva ma non va a inficiare il comfort, messo alla prova solo dalla posizione parecchio caricata sull’anteriore, che a lungo andare va a pesare su braccia e polsi; nulla di strano, è il prezzo della sportività. In compenso non si avvertono vibrazioni nemmeno dopo parecchio tempo passato in sella, né al manubrio né tantomeno sulle pedane. Bene anche i freni, solo un po’ blando il posteriore, e una lode al comportamento dell’ABS che tira sempre fuori dai guai, soprattutto quando non invadente come questo Nissin che ci ha assistito sulle strade bagnate teatro della nostra prova in compagnia di questa sbarazzina naked. Lasciarla? Un dispiacere. Ci sarebbe piaciuto scorrazzare ancora un po’ tra le colline, col fare smaliziato che la contraddistingue. Prove Kawasaki Z300 5.190 euro Cilindrata 296 cc Tempi 4 Cilindri 2 Raffreddamento a liquido Avviamento elettrico Alimentazione iniezione Frizione multidisco Potenza 39 cv - 29 kw - 11.000 rpm Coppia 3 kgm - 27 nm - 10.000 rpm Emissioni Euro 3 Numero marce 6 Capacità serbatoio carburante 17 lt ABS No Pneumatico anteriore 110/70-17M/C 54S Pneumatico posteriore 140/70-17M/C 66S Peso in ordine di marcia 168 Kg ABBIGLIAMENTO Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica SCHEDA TECNICA Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Casco Suomy Giacca Alpinestars Stella T-GP Plus R Air Guanti Alpinestars Stella SP-8 Jeans Alpinestars Scarpe TCX X-Street Prezzi e colorazioni La Z300 è già nelle concessionarie a 5.190 euro con ABS di serie, le colorazioni disponibili sono il classico verde e nero (Candy Flat Blazed Green / Metallic Spark Black) oppure il più elegante grigio opaco (Metallic Raw Graystone / Metallic Flat Spark Black). 24 25 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Media News km al litro nel ciclo Wmtc (World Motorcycle Test Cycle). L’alimentazione è a iniezione elettronica e il pistone è forgiato. Il radiatore di raffreddamento è collocato lateralmente al motore permettendo di avere una pedana poggiapiedi più spaziosa. Il telaio in tubi di acciaio si avvale di una forcella tradizionale di una coppia di ammortizzatori posteriori. Il monodisco anteriore, come il posteriore, misura 230 mm è il sistema ABS è di serie. Le ruote da 13 pollici sono di compromesso fra comfort, tenuta e ingombro, tanto che sotto la doppia sella c’è spazio per il casco integrale e altri piccoli oggetti. NUOVO YAMAHA NMAX 125 Sarà in vendita a giugno il nuovo scooter cittadino Yamaha. Ha ruote da 13 pollici e un inedito motore 125 dotato di distribuzione a fasatura variabile in funzione di consumi contenuti L’ offerta degli scooter Yamaha 2015 vedrà aggiungersi a giugno un nuovo modello 125. Si tratta di NMAX 125, definito da Yamaha come un urban scooter entry level, che esteticamente ricorda un po’ a serie XMAX e che si presenta con contenuti interessanti e, stando all’aspetto, con un prezzo prevedibilmente competitivo. Il costo in realtà non è stato ancora comunicato, ma le scelte costruttive ci fanno pensare che i 4.290 euro del cugino XMAX 125 saranno distanti. Sono 26 quattro le colorazioni disponibili (rosso, titanio, nero e bianco), la strumentazione è Lcd e il faro anteriore ha tre luci Led Il motore 125 è una nuova unità a quattro tempi e con raffreddamento a liquido caratterizzata dalla distribuzione monoalbero a 4 valvole con fasatura e alzata variabili per le due valvole di aspirazione. Una soluzione che, da una parte dovrebbe aiutare un poco l’erogazione della coppia, mentre dall’altra è stata sfruttata per contenere i consumi di carburante: Yamaha dichiara infatti di aver raggiunto i 45,7 27 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Media quello frenante. Quindi ho lavorato solamente sulla parte estetica e sulle ruote: se avessi avuto più tempo dei quindici giorni che ci ho messo avrei aggiunto altri piccoli dettagli. Una cosa che mi ha colpito della Scrambler Ducati è la sua cura costruttiva, nonostante non sia una moto costosa, anche in zone nascoste che si potrebbero trascurare». La sua Scrambler, si distingue per le sovrastrutture in alluminio, soprattutto per la coda corta, e la verniciatura bicolore – curata da Cisko - che lascia in vista zone di alluminio lucidato. Nella linea si nota qualche richiamo a una sua recente Kawasaki W800 café racer. Curato anche il disegno del faro e del suo supporto. Le ruote a raggi JoNich Wheels montano i pneumatici di serie, mentre il forcellone e il motore sono stati accuratamente lucidati per dare risalto alla News lega d’alluminio. Informazione per chi fosse interessato ad averne una uguale firmata Radikal Chopper: si può valutare il costo della preparazione in circa 7.000 euro. L’assenza di porta targa, frecce e retrovisori è solo momentanea, sottolinea Radaelli “perché aggiungerò altre cose avendo più tempo...”. Pier Francesco Caliari, direttore generale di Eicma, ha ricordato come le moto «...nell’officina di Andrea cambiano e si trasformano, senza però perdere la propria anima. Andrea è un customizer che si distingue per stile e gusto, le sue moto hanno grande carattere e sono costruite con passione e cura». La Scrambler di Radikal Chopper sarà una delle protagoniste ai prossimi eventi ai quali parteciperanno Eicma e Ducati. DUCATI SCRAMBLER BY RADIKAL CHOPPER PER EICMA di Maurizio Gissi | E’ stata presentata la special su base Ducati Scrambler realizzata da Andrea Radaelli di Radikal Chopper: aveva vinto il contest Custom International Bike Show 2014 organizzato da Eicma E’ stato lo spazio di Deus Café, nella sede milanese di Deus Ex Machina, a ospitare giovedì sera un evento Eicma dedicato alla customizzazione. La serata ha visto la presentazione della bella special su base Ducati Scrambler realizzata da Andrea Radaelli di Radikal Chopper. Il noto preparatore milanese aveva vinto il contest Custom International Bike Show 2014, tenutosi lo scorso 28 novembre al Salone di Milano, regolando una decina di customizer con la sua Harley-Davidson FL. Il premio del contest era costituito da una Ducati Scrambler da poter personalizzare secondo il proprio stile. La moto, come ha sottolineato Andrea Radaelli «Non è stata modificata a livello ciclistico, se non sfilando appena gli steli della forcella, perché da guidare andava già bene così. Nessuna modifica all’impianto elettrico e a 29 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica INCIDENTI IN MOTO LE NOSTRE INFRASTRUTTURE COLPEVOLI IL DOPPIO DELLA MEDIA EUROPEA di Maurizio Gissi | Secondo gli ultimi dati disponibili sugli incidenti avvenuti in Italia, si nota da una parte la riduzione di vittime e di feriti su motocicli e ciclomotori, ma anche che la responsabilità attribuibile alle infrastrutture è doppia rispetto alla media europea L e statistiche relative agli incidenti che hanno visto coinvolti sulle nostre strade i guidatori, e i passeggeri, di ciclomotori, moto e scooter raccontano che negli ultimi cinque anni il numero delle vittime è diminuito del 37,9%, mentre se si 30 guarda all’ultimo decennio la riduzione è stata del 45,4%. Valori superiori alla diminuzione del parco circolante conosciuta dal 2007 a oggi e anche alla più contenuta diminuzione d’uso delle due ruote che la crisi degli ultimi anni ha provocato e che soltanto nell’ultimo anno – stando ai Scarica l’APP del Magazine Attualità consumi di carburante - pare aver recuperato. Il calo c’è stato, complici tante ragioni come la migliore sicurezza dei mezzi più recenti, la maggiore diffusione di caschi qualitativamente migliori e di protezioni omologate; ci piace pensare che sia dipeso anche da una maggiore consapevolezza e prudenza da parte di motociclisti e automobilisti ma, comenque sia, moltissimo resta da fare. Dati statistici del 2013 alla mano, sono gli ultimi analizzati, emerge che in Italia il numero delle vittime su due ruote è di una ogni 9.400 veicoli circolanti. Nel 2013 le vittime alla guida di ciclomotori sono state 133 – nessuna variazione rispetto al 2012 – mentre i feriti sono diminuiti del 15,1% scendendo a 15.739. In Italia nel 2013 il parco circolante dei ciclomotori era di poco superiore a due milioni di unità. Le vittime alla guida, o come passeggeri, di moto e scooter sono state invece 774, ovvero il 13,5% in meno rispetto all’anno precedente, mentre i feriti sono stati 45.519, in calo dell’8,9% rispetto al 2012. Il parco motocicli circolante nel 2013 era di poco inferiore a 6,5 milioni di unità. Nel rapporto fra circolante e vittime siamo subito alle spalle dei Paesi europei più virtuosi. Dove invece la situazione peggiora è nella corresponsabilità attribuibile alle infrastrutture: secondo lo studio MAIDS, ovvero Motorcycles Accidents In Depth Study, le condizioni inadeguate delle infrastutture italiane sono state corresponsabili nel 25% degli incidenti. Uno su quattro, circa il doppio della media europea. Nel corso del 2013 la presenza di ostacoli accidentali o fissi sulle nostre strade ha provocato la morte di 89 utenti di due ruote (motocilisti nel 27% dei casi) e il ferimento di altri 1.811. Un serio programma di intervento su strade, protezioni salva motociclisti e segnaletica ridurrebbe quindi significativamente le vittime alla guida delle due ruote e, come sottolinea l’ANCMA, “Un impegno della sfera pubblica comporterebbe anche un forte contenimento dei costi sociali provocati dagli incidenti stradali: quelli a carico dei motociclisti ammontano a 4,8 miliardi di euro”. 31 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica La bellissima Guazzoni 125 bicilindrica da Gran Premio del 1970 era dotata di un disco rotante (e di un carburatore) a ciascun lato del motore TECNICA E STORIA GLI ULTIMI DISCHI ROTANTI DA GRAN PREMIO di Massimo Clarke | I dischi rotanti hanno vissuto anni di fulgore e sono stati adottati da importanti costruttori di tutto il mondo dopo che avevano dimostrato la loro validità già agli inizi del Novecento C ome abbiamo scritto approfonditamente nella prima parte dedicata alla storia dei motori a disco rotante nei gran premio, Walter Kaaden ha mostrato la strada a tutti, con le sue velocissime MZ dotate di cilindri con tre travasi, scarico a camera di espansione e ammissione a disco 32 In una versione dell’eccellente motore Saetta 100 da kart il disco è stato collocato frontalmente, con asse di rotazione perpendicolare all’asse dell’albero a gomito. Il comando è a cinghia dentata Yamaha da Gran Premio, ma evidentemente non conoscevano ancora bene la tecnologia dei due tempi da competizione. La defezione di Degner è stata un brutto colpo per la MZ che da allora in poi ha diminuito il suo impegno in campo internazionale, pur procedendo con lo sviluppo dei motori da corsa. Ormai però anche gli altri stavano rapidamente imparando a sfruttare le onde di pressione e a utilizzare al meglio quanto offerto dalla aspirazione a disco rotante. Suzuki rilancia rotante. Nel 1961 la casa di Zschopau avrebbe sicuramente conquistato il titolo mondiale se il suo pilota di punta, Ernst Degner, non fosse scappato ad ovest per passare alla Suzuki, portando con sé i segreti delle straordinarie due tempi tedesche. Per la verità quell’anno impiegavano valvole a disco rotante tanto la Suzuki quanto la Tecnica La Suzuki ha conquistato il suo primo titolo iridato nel 1962 e si è imposta addirittura in due classi l’anno successivo. Oramai la strada era indicata. E infatti tutte le moto a due tempi che hanno conquistato il titolo mondiale negli anni Sessanta (ben 15) hanno adottato l’aspirazione a disco rotante. Da noi i pionieri sono stati la Parilla, per merito dell’ing. Cesare Bossaglia, e Francesco Villa. Rispetto alla classica soluzione con ammissione in terza luce, i vantaggi erano considerevoli. Tanto per cominciare, l’ammissione nella camera di manovella risultava svincolata dal movimento del pistone. Ciò consentiva di aumentare notevolmente la durata della fase di aspirazione semplicemente anticipando l’apertura della luce. La fasatura poteva diventare nettamente asimmetrica. Con la soluzione tradizionale questo non sarebbe stato possibile. Infatti se in un motore con aspirazione in terza luce si aumenta l’anticipo di apertura della luce, si incrementa in egual misura il ritardo di chiusura. Oltre un certo valore di quest’ultimo però non è possibile andare. Di conseguenza la massima durata della fase viene ad essere limitata. L’ammissione a disco rotante consente di superare in larga misura il problema. È possibile 33 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Tecnica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb L’ultimo 125 da competizione della BBFT, realizzato da Ivo Tosi, aveva il disco (in fibra di carbonio!) sul dorso del basamento, comandato mediante ingranaggi aumentare l’anticipo di apertura della luce, e quindi la durata della fase, mantenendo invariato il ritardo di chiusura (evitando pertanto che esso risulti eccessivo). Alcuni esempi possono qui essere utili. Nei motori di serie con ammissione in terza luce (da tempo scomparsi dalla scena in quanto sostituiti da quelli con ammissione lamellare) la durata della fase di aspirazione era dell’ordine di 140°-160°. Nelle (poche) moto da competizione che impiegavano questa soluzione i valori erano più alti; le ultime Yamaha TZ arrivavano addirittura dalle parti di 200°-205°. Nei motori di serie con ammissione a disco rotante la durata della fase di aspirazione era dell’ordine di 175°-195°. Nella mitica Suzuki 500 RG Gamma della seconda metà degli anni Ottanta quest’ultimo valore veniva ottenuto con un anticipo di 140° e un ritardo di 55° (195°). Le moto da corsa arrivavano dalle parti di 230° (180° + 50°). 34 Da MZ al tandem Kawasaki Altri vantaggi importanti che l’aspirazione controllata da valvola a disco offre rispetto alla tradizionale soluzione in terza luce sono costituiti dalla grande rapidità di apertura e di chiusura della luce e dalla assenza di ostruzioni o di restrizioni nel condotto. Per contro, la disposizione del disco, montato direttamente su una estremità dell’albero a gomito, comporta la necessità di piazzare lateralmente il carburatore. Si può ovviare piazzando quest’ultimo sul dorso del basamento (sempre con il disco laterale), ma ciò peggiora la respirazione del motore in quanto il condotto diventa lungo e assume un andamento svantaggioso. La cosa è accettabile per motori da enduro e da cross, non certo per quelli da GP e per gli stradali sportivi. Ad ogni modo, la presenza di un carburatore montato su di un coperchio laterale del basamento non pone La tipica, e semplicissima, conformazione di una valvola a disco rotante è chiaramente osservabile in questa foto. Consente di ottenere una fasatura di aspirazione fortemente asimmetrica problemi particolari, a livello di ingombro, per i motori monocilindrici. Nei bicilindrici però le cose possono cambiare. Occorre montare un carburatore a ogni lato del basamento, cosa che in genere è OK nelle 125 (tanto di serie quanto da competizione) e può essere senz’altro accettabile nelle stradali anche di cilindrata notevolmente superiore; non si può dire però proprio lo stesso per quanto riguarda le moto da Gran Premio di 250 cm3 e oltre. Viene penalizzata la penetrazione aerodinamica, in quanto la sezione frontale diventa molto considerevole, con una larghezza che può addirittura avvicinarsi a quella di una moto maggiormente frazionata e/o di cilindrata nettamente superiore. Questo ha portato la MZ a realizzare un motore con i cilindri disposti “in tandem”, nel quale cioè si impiegavano due alberi a gomito individuali, in presa tra loro, e c’erano due camere di manovella, disposte una davanti all’altra. In pratica, è come se a un monocilindrico ne venisse aggiunto un altro, prolungando il basamento. Le moto della casa tedesca dotate di cilindri in tandem sono rimaste allo stadio di prototipo (la 125 è apparsa nel 1969 e la 250 nel 1971). Questa stessa architettura è stata però ripresa qualche anno più tardi con eccezionale successo dalla Kawasaki con la KR (realizzata in versioni di 250 e di 350 cm3, ha conquistato ben otto titoli iridati) e dalla Rotax con il bicilindrico tipo 256, di 250 cm3. Sempre restando nell’ambito delle competizioni al massimo livello, nella classe 500 l’ammissione a disco rotante ha mostrato ciò che consentiva di ottenere con le splendide Suzuki a quattro cilindri in quadrato; a lungo grandi protagoniste della scena, queste moto hanno consentito a piloti come Sheene, Uncini e Lucchinelli di conquistare quattro mondiali. Per le 500 in seguito è cominciato un 35 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica molto consistenti. Particolarmente famosi (e di loro si è parlato anche in Europa) sono stati i motori a due cilindri paralleli realizzati dalla Bridgestone e dalla Kawasaki. Quest’ultima ha ottenuto ottimi risultati anche in campo sportivo con le sue A1 Samurai di 250 cm3 e A7 Avenger di 350 cm3 apparse rispettivamente nel 1966 e nel 1967. Negli anni Settanta hanno realizzato ottime moto da fuoristrada con questo tipo di ammissione la Maico e la Gilera. In seguito, ampia diffusione hanno avuto i monocilindrici Rotax a disco costruiti in cilindrate comprese tra 125 e 280 cm3; anche in questo caso si trattava di ottimi prodotti, nati fondamentalmente per impiego fuoristradistico. Nella seconda metà degli anni Ottanta ha fatto addirittura scalpore la straordinaria Suzuki RG 500 Gamma, una vera race replica con quattro cilindri in quadrato e ammissione a disco rotante. Si è trattato dell’ultimo grande esempio di impiego di questa soluzione su un modello stradale. Prototipi, acqua e corse Questa sezione di un monocilindrico Maico di 125 cm3 degli anni Settanta permette di osservare chiaramente la disposizione del carburatore e del disco, unitamente all’andamento del condotto di aspirazione predominio indiscusso delle valvole a lamelle, ma nelle classi 125 e 250 l’Aprilia ha mantenuto alto il vessillo del disco rotante. L’ultimo titolo iridato conquistato da una moto a due tempi, prima del ritorno al 4T reso obbligatorio dalla FIM, è stato appunto ottenuto con un motore che aveva l’ammissione di questo tipo (ed erogava oltre 400 CV/litro!). Dai GP alla serie Visti i grandi successi che le valvole a disco rotante stavano ottenendo in campo agonistico, nella prima metà degli anni Sessanta questi 36 dispositivi hanno iniziato ad essere adottati anche su svariate moto di serie. Da noi ha fatto scalpore la Guazzoni Matta, apparsa nel 1965, il cui motore di 50 cm3 non solo aveva l’ammissione a disco, ma anche lo scarico posteriore, proprio come le MZ! L’azienda milanese ha realizzato anche modelli di 100 e di 125 cm3 con identico schema. In Giappone però di moto con tale tipo di ammissione ne è stato realizzato un gran numero, da parte di tutti i principali costruttori di modelli a due tempi. Si trattava tanto di mono di piccola cilindrata quanto di bicilindrici, alcuni dei quali sono stati venduti negli USA in numeri Anche negli altri settori nei quali si impiegano motori a due tempi le valvole a disco hanno trovato importanti applicazioni. In campo fuoribordistico Dieter Konig ha iniziato a interessarsi agli otturatori rotanti già negli anni Cinquanta, ben prima cioè di realizzare i suoi famosi quadricilindrici boxer con unico disco collocato sul dorso del basamento. Fin dai primi anni Sessanta Cesare Bossaglia ha cominciato ad impiegare in misura via via crescente l’ammissione a disco rotante in motori per kart. Questo grande progettista ha anche realizzato un interessante sei cilindri boxer per impiego automobilistico, rimasto allo stadio di prototipo, con tre dischi rotanti nella parte superiore del basamento, e un bicilindrico per impiego fuoribordistico con due dischi comandati da un alberello centrale. La Jawa, che ha sempre mostrato un notevole interesse per questo tipo di ammissione, ha ottenuto alcuni brevetti relativi a un monocilindrico con disco nella parte superiore del basamento e Tecnica a un bicilindrico con unico disco rotante ad asse perpendicolare rispetto a quello dell’albero a gomiti e azionamento affidato a un alberello mosso tramite un rinvio a vite senza fine. Una soluzione di questo genere è stata impiegata a lungo dalla Rotax in un suo motore destinato alle motoslitte. Per quanto riguarda i monocilindrici, l’idea di piazzare il disco non su di un fianco ma sul dorso del carter, subito dietro la base del cilindro, è quella di ottenere una migliore ripartizione del flusso gassoso in entrata, evitando che esso possa tendere ad “alimentare” maggiormente un lato della camera di manovella. Ha impiegato un disco centrale comandato da ingranaggi la BBFT nel suo ultimo 125, realizzato ad Ivo Tosi e rimasto allo stadio di prototipo. Una luce centrale può essere però scoperta e ostruita anche da una valvola a disco, sempre con asse di rotazione perpendicolare a quello dell’albero a gomito, spostata lateralmente rispetto al cilindro. Proprio questa disposizione è stata adottata dalla CZ in un interessante prototipo per impiego fuoristradistico e dalla Aprilia per le sue ultime 125 ufficiali. Nel primo caso l’alberello del disco prendeva il moto direttamente dall’albero a gomito mentre nel secondo veniva azionato dall’albero ausiliario di equilibratura. Per concludere, non si può non ricordare l’ultima realizzazione di quell’autentico geniaccio di Helmuth Fath. Si trattava di un quadricilindrico boxer di 500 cm3 che ha fatto la sua comparsa nel 1972 e nel quale l’aspirazione era regolata da due dischi, posti sul dorso del basamento, che giravano con velocità dimezzata rispetto all’albero a gomiti. Ognuno di essi scopriva (o ostruiva) contemporaneamente due luci, collocate in posizioni diametralmente opposte. In seguito, per ottenere aperture e chiusure delle luci più rapide, il tecnico tedesco ha adottato una soluzione inusitata, disponendo sopra ognuno di quelli già esistenti un secondo disco, perfettamente coassiale ma controrotante! 37 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine comprarsi per la prima volta una motocicletta. Nulla di male, s’intende, salvo qualche controindicazione. La totale assenza della benché minima cognizione tecnica, ad esempio, porta con sé qualche insidia. Prima fra tutte, la scelta delle gomme. Per chi in moto ci va per davvero, non c’è bisogno di dirlo: le gomme sono fondamentali, che diamine. Ma se ogni scelta di carattere tecnico è orientata nel senso della migliore resa dal punto di vista estetico, qualche granchio capita di prenderlo. Quanta aggressività è in grado di trasmettere una bella naked – cafe racer, brat, classic o quel diavolo che è – con addosso un bel paio di gomme tassellate? Ha grinta da vendere! Quanto sta in strada? Neanche un po’. Eppure capita di vederne, di special così. Stili che si accavallano, periodi storici che si sovrappongono e un pizzico di fuori strada. Moto che ogni volta fanno esclamare: «Ma perché?» Perché cercare Costume a tutti i costi di farsi male, oltre che di soffrire (con selle scomodissime), imprecare (con manubri lontanissimi) e rimanere a piedi (con moto di quaranta anni fa)? Certo, anche l’occhio vuole la sua parte. Non a caso più di un costruttore ha preso a realizzare pneumatici specificamente concepiti per le moto d’ispirazione vintage. Le moderne tecniche di costruzione incontrano così uno stile classico, capace di garantire buone performance e bella figura. E quindi perché andarsene in giro con una Guzzi degli anni ’80 – che uno sterrato non l’ha mai visto neanche in cartolina e che un po’ scocciata lo diventa anche solo per rallentare sul dritto – con un paio di gomme che manco Cairoli su una pista sabbiosa? Si consumano, vibrano e non stanno in strada. Contaminazione è la parola d’ordine, lo sappiamo. L’importante è che non sia con l’asfalto. IL TASSELLO A TUTTI I COSTI di Alberto Capra | Quando le mode, unite alla beata ignoranza, portano a realizzazioni del tutto illogiche ed improbabili A vete presente le bici a scatto fisso? Derivano dai modelli progettati per le gare in pista. Hanno delle geometrie particolarmente radicali, sono molto chiuse di sterzo e per questo agilissime. Così tanto da diventare i mezzi preferiti da chi, nel traffico, deve destreggiarsi quotidianamente per consegnare pacchi da una parte all’altra della città. Le fixed – così sono conosciute oltre oceano – sono le bici con cui i messenger di New York corrono come pazzi per la Grande Mela. 38 Ed è proprio da alcune delle zone più modaiole di Brooklyn che questo tipo di due ruote ha preso a diffondersi in giro per il mondo, divenendo oramai una tendenza di largo consumo. Per il fighetto d.o.c., come potrete immaginare, si tratta di roba vecchia di qualche anno. Il posto delle bici a scatto fisso è stato preso, per molti di loro, proprio dalle nostre amate moto. Molte persone, con questa scusa, si sono avvicinate a un mondo che non conoscevano, dal quale erano magari soltanto affascinate, e hanno deciso di 39 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine pesantemente in questo settore, e negli ultimi 12-18 mesi hanno letteralmente invaso i negozi con prodotti sempre più specifici, nel tentativo di aggiudicarsi una buona fetta della torta di utenti delle BMW GS, Triumph Tiger, Ducati Multistrada, Suzuki DL e Kawasaki KLR. Il settore delle stradali “On Highway” (che come al solito è dominato da Harley-Davidson) ha fatto invece registrare un buon +8,6%, mentre continua la crescita del settore fuoristrada “Off Highway” tipica dei due trimestri a cavallo dell’inverno, quando si vendono praticamente tutte le cross ed enduro competizione in circolazione. I numeri MIC parlano di un incoraggiante +12,9%. Sempre in crisi nera gli scooter, che dopo la gloriosa annata del 2008 (quando la benzina negli USA era arrivata a dei costi inauditi - seppure ancora risibili On the road rispetto al’Europa) non sono mai più stati in grado di mostrare numeri interessanti. Il primo trimestre 2015 parla di un ulteriore calo delle vendite pari al -2,2%, per un totale di meno di 5.000 unità. Personalmente non amo gli scooter, ma la loro virtuale assenza da un mercato fatto da una popolazione di 300 milioni di abitanti sottolinea ancora una volta come le moto in USA siano solo uno svago. Finché non diventeranno anche qui il mezzo perfetto per risparmiare benzina e battere il traffico, le moto resteranno un business relativamente piccolo. A questo proposito voglio sottolineare i numeri totali di vendite per il primo trimestre 2015: il totale è di 148.000 unità vendute, che scendono a 102.000 se togliamo gli ATV ed UTV. RIDE IN THE USA CRESCONO LE CRUISER, CALANO LE DUAL di Pietro Ambrosioni | I dati di vendita statunitensi confermano l’uso diportistico delle due ruote. E la totale assenza di scooter C on il solito mesetto di ritardo mi sono arrivati i dati di vendita moto per il mercato USA, forniti dal MIC (Motorcycle Industry Council). Il dato che balza subito all’occhio è la crescita meno che esaltante del settore Dual - quello che qui Oltreoceano chiamano Adventure Touring: le vendite per il primo trimestre del 2015 hanno 40 fatto registrare una crescita del solo 1% per un totale di 7.700 unità. Questa fascia di moto è stata infatti il segmento trainante negli ultimi 4 anni qui in America e vedere che le vendite inizino stagnare non può che mettere in allarme non solo le Case motociclistiche, ma anche e forse soprattutto i produttori di abbigliamento, caschi ed accessori. Sono loro, infatti, che hanno investito 41 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito NICO CEREGHINI IL NOSTRO GP QUOTIDIANO Da casa al lavoro, un percorso che conosciamo a memoria. Eppure è più insidioso del GP d’Italia al Mugello, perché la ripetizione degli stessi gesti ci porta fatalmente ad abbassare la guardia Media C iao a tutti! Ieri mattina sto trafficando nel box quando sento un fracasso allarmante di plastica e acciaio, quel tipo di fragore che fa una moto da 250 chili quando cade da fermo. Avete presente? Brutta roba. Esco ed ecco il mio vicino seduto a terra, la sua Honda VFR 1200 schiantata sul cemento. Lo aiuto a sollevare la moto, i 42 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica danni sono leggeri, ma com’è successo? Lui non se lo sa spiegare, ha un rito che ripete ogni volta. La sera, quando rientra, appoggia la moto sul cavalletto laterale, apre il box, spinge dentro la Honda a un metro dalla macchina, poi la parcheggia sul cavalletto centrale lasciando il laterale divaricato. Lo sa, una Honda con due cavalletti in opera è un brutto vedere, però al mattino apre il box, fa scendere la moto dal cavalletto centrale, la porta fuori a mano e infine la inclina sulla stampella laterale aperta per chiudere il box. Gli è comodo così. Da anni gli stessi gesti, non si può sbagliare. Ma questa volta il laterale non era fuori e sbam. Allora indaghiamo mentre lui si riprende dallo shock e analizza la sua Honda. Può aver ripiegato il laterale senza rendersene conto, ma lo esclude. Ci medita sopra una decina di minuti (oggi non abbiamo fretta) e alla fine ricostruisce. Questa mattina ha spostato la bicicletta del bambino tra l’auto e la moto, per gonfiare le gomme, e cercando la valvola della ruota posteriore ha spostato la bici un po’ indietro. Ecco l’arcano: la bici, fatalità, deve aver agganciato il cavalletto laterale della moto ripiegandolo all’interno. Non c’è altra spiegazione. E la dettagliata vicenda mi serve per mandarvi un messaggio. Spesso è proprio nella ruoutine, nelle operazioni ripetute tutti i giorni, che si nascondono i maggiori pericoli. Perché lì la nostra attenzione è debole, andiamo a memoria, diamo per scontate un mucchio di cose. Viceversa quando affrontiamo una giornata speciale, o quando facciamo per esempio una strada nuova, la coscienza è vigile e i nostri riflessi sono brillanti. Fateci caso. Andando al lavoro sappiamo già dove troveremo la coda e dove la strada sarà libera, quale incrocio è trafficato e quale invece è sempre sgombro, dove c’è il cantiere per la metropolitana, il tombino sporgente, la bella curva ben pavimentata per una pieghetta appena appena, che dia senso alla giornata. Quante volte vi stupite per essere già arrivati alla meta? Quante volte vi siete detti: “quei duecento metri là non li ho proprio registrati”? Chissà dove eravate, con la testa. La verità è che il percorso casa/lavoro è più insidioso del GP d’Italia al Mugello. Editoriale SPESSO È PROPRIO NELLA RUOUTINE, NELLE OPERAZIONI RIPETUTE TUTTI I GIORNI, CHE SI NASCONDONO I MAGGIORI PERICOLI 43 SPECIALE MOTOGP GP DI FRANCIA 44 45 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito JORGE LORENZO VINCE IL GP DI FRANCIA di Giovanni Zamagni | Lorenzo vince il GP di Francia. Completano il podio di Le Mans Rossi e Dovizioso S econdo trionfo consecutivo per Jorge Lorenzo, davanti a Valentino Rossi e Andrea Dovizioso. Nel GP di Francia solo quarto Marc Marquez dopo un incredibile duello con un entusiasmante Andrea Iannone. 16esimo, dopo una caduta, il rientrante Dani Pedrosa: è crisi Honda. Sembrava imbattibile dopo le prove, al di là del terzo tempo in qualifica, e così è stato: Lorenzo ha dominato dal primo all’ultimo giro, per un successo che sigilla definitivamente la fine della sua crisi – se 46 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica mai lo è stato -, esalta la Yamaha, alla quarta vittoria in cinque GP e dice che Rossi e Lorenzo, adesso staccati di 15 punti, sono in questo momento i grandi favoriti a succedere a un Marquez in evidente difficoltà. In testa alla prima curva, dove si è rischiato per un carenata tra Iannone e Marquez, che poi ha tentato un sorpasso impossibile cercando di infilarne tre, ma finendo inevitabilmente lungo, Lorenzo ha potuto fare la gara che preferisce, imponendo un ritmo asfissiante, che solo Rossi ha cercato, a metà gara di arginare. Ma è bastato che Valentino guadagnasse un paio di decimi, perché Lorenzo replicasse, mettendo subito fine alle illusioni del compagno di squadra. «Ottima partenza, ho superato Dovizioso all’esterno, ero davanti, ho messo un po’ di margine tra me e lui, poi mi hanno segnalato che Rossi era secondo e ho spinto per conservare il margine: un’altra vittoria importantissima per il campionato» gioisce il fenomeno spagnolo, che con due successi consecutivi diventa il primo avversario di Rossi. CINQUE PODI SU CINQUE PER ROSSI Partito dalla seconda fila con il settimo tempo, avvilito dopo un warm up in affanno, Valentino ha compiuto l’ennesima impresa, grazie a una moto completamente rivoluzionata. Quinto al secondo giro alle spalle di Marquez, quarto al terzo, Rossi ha conquistato il secondo posto al 13esimo MotoGP giro, dando l’impressione di potersi avvicinare a Lorenzo. Pur spingendo forte, non è riuscito a ricucire lo strappo e nel finale si è limitato – si fa per dire – a controllare Dovizioso, per un secondo posto che significa cinque podi in cinque gare: Rossi c’è. «Abbiamo sofferto troppo in prova, ma in gara mi sentivo bene: sono partito al buio, ci ho messo 2-3 giri per capire il comportamento della moto. Ho visto che ero competitivo, ho fatto una bella battaglia con le Ducati, ho provato a prendere Lorenzo, ma non è bastato. Un’altra gara positiva, un’altra prova consistente» si frega le mani il capoclassifica del mondiale. DOVIZIOSO: E SONO QUATTRO Se Rossi festeggia il quinto podio consecutivo, Dovizioso può gioire per il quarto podio in cinque gare: come dire, ancora una volta Andrea è andato forte. Molto forte. «Avevamo problemi di aderenza, dopo 10 giri faticavo a controllare la 47 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb moto. Ho provato a tenere il passo di Rossi, ma non è stato possibile: è comunque un risultato positivo» analizza a caldo. E ha ragione, perché anche se ha perso il secondo posto nel mondiale, ha confermato di essere uno dei grandi protagonisti. capivo quanto frenavo. Poi sono arrivati Smith e Marquez, è stata una gran battaglia: sarebbe stato bellissimo stargli davanti, ma ci saranno altre occasioni» ha detto sfinito Iannone, che ha fatto la storia di questo GP. IANNONE COMMOVENTE CRISI HONDA Così come lo è Andrea Iannone, quinto al traguardo con una spalla sub-lussata quattro giorni fa. Ma Iannone non ha solo entusiasmato per il risultato, ma, soprattutto, per l’incredibile sfida con Marquez: tra il 24 e il 25esimo giro i due si sono passati una decina (!) di volte, con Andrea capace di replicare a ogni attacco di Marc, che per stargli davanti ha preso dei rischi pazzeschi. «Faccio fatica a raccontare la gara, una condizione fisica molto critica, ho pensato di fermarmi: a 10 giri dalla fine non avevo più sensibilità, non 48 Viceversa, Marquez, con il quarto posto a 19”890, conferma che la Honda quest’anno non è quella dell’anno scorso: lui prova a metterci una pezza, ma anche il suo talento, in questo momento, non riesce a colmare il distacco con la Yamaha. Un’esagerazione? Forse, ma Pedrosa 16esimo dopo una caduta al secondo giro, Crutchlow e Redding ritirati per altre scivolate dicono che questa moto è difficilissima da guidare. E per stare davanti a un malconcio Iannone, Marquez ha dovuto prendere rischi pazzeschi. 49 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP VALENTINO ROSSI “BELLO ARRIVARE COSÌ AL MUGELLO” di Giovanni Zamagni | In grande difficoltà fino al warm up («stavolta la vedevo nera») Valentino ha fatto l’ennesimo miracolo in gara, conquistando un secondo posto da applausi. E il prossimo GP si corre in Italia: il campione della Yamaha ci arriva da primo in classifica e con cinque podi in cinque gare N Non era andato forte nemmeno nel warm up del GP di Francia: sembrava in grande difficoltà, ma Valentino Rossi è stato un’altra volta grandissimo. «Bisognava rischiare e l’abbiamo fatto» dice sornione per commentare l’ennesimo “miracolo tecnico” impossibile da giustificare, perché non c’è una spiegazione logica a un pilota che “litiga” con la moto venerdì, sabato, domenica mattina, per poi essere velocissimo domenica pomeriggio. «Stavolta la vedevo nera. Ero convinto di poter essere competitivo nel warm up, invece ero lontano e solo settimo. Il team è stato bravissimo: abbiamo deciso di rischiare stravolgendo la moto, con una modifica teoricamente valida, ma senza nessuna possibilità di verifica 50 prima della gara. Sono partito a scatola chiusa, ma bisognava rischiare e le sensazioni sono state subito positive: mi sono divertito e ho conquistato un secondo posto che avrei firmato con il sangue prima del via. Ho anche pensato di andare a riprendere Lorenzo, ma lui aveva preparato il GP meglio di me e non è stato possibile batterlo, ma la mia M1 in gara si guidava bene. In qualifica soffriamo un po’, anche Lorenzo, che è uno specialista del giro secco, non riesce ad essere efficace, ma sulla distanza la Yamaha è molto competitiva». Perché arrivate alla giusta messa a punto solo la domenica? «Piacerebbe anche a me arrivarci molto prima, anche per- ché così Silvano Galbusera (il capotecnico, NDA) non perderebbe mesi di vita quando ci danno dei secondi così facilmente come è avvenuto venerdì e sabato». Hai sperato nella vittoria? «Sì, anche se dopo tre curve avevo già un secondo di distacco da Lorenzo, più o meno lo stesso svantaggio che avevo a metà gara. Quando sono riuscito a superare le Ducati, dopo una bella battaglia, lo vedevo, non era lontano, ma Jorge qui era in versione “Martillo”: quando è così è difficile batterlo. Ho comunque conquistato 20 punti fondamentali per il campionato ed è importante che siamo arrivati alla giusta messa a punto: ci siamo arrivati tardi, ma ci siamo arrivati. 51 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Quando sono partito non sapevo bene chi sarebbe stato il mio avversario: Marquez, Iannone, o Dovizioso? Poi ho iniziato a pensare a Lorenzo, perché era sempre lì. Bisognerebbe riuscire a essere più competitivi in prova e partire più avanti in qualifica, ma quando si prendono 20 o più punti è sempre qualcosa di speciale». Hai preso dei rischi con Marquez. «Ho fatto un piccolo errore in frenata e a quel punto ero 52 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica nella così detta terra di nessuno, perché se avessi frenato più forte avrei perso facilmente il controllo dell’anteriore e avrei finito per coinvolgere anche Marc. Così ho deciso di mollare i freni e ho dovuto chiudere un po’ bruscamente: gli chiedo scusa. Nel 2014 loro (la Honda, NDA) aveva un grande vantaggio in frenata, adesso siamo molto più vicini». Credi che Marquez sia in crisi? «Marc è dietro in classifica soprattutto per i 20 punti persi in Argentina. Qui è arrivato dietro, ma può succedere a tutti: non mi stupirei se al Mugello vincesse. Credo che io, Lorenzo, Marquez e Dovizioso, che è veloce e costante, ci giocheremo il titolo, anche se adesso il pilota più in forma è Jorge». A proposito del Mugello: cosa ti aspetti? «Sicuramente è bello arrivare al GP di casa in questa situazione, in testa al campionato e con cinque podi in cinque gare. Il problema è che è la pista favorita di Jorge, lì va veramente forte: speriamo, per la Yamaha, di ripetere il risultato di oggi, naturalmente a posizioni invertite…». Cosa puoi dire della squadra? «Sono stati grandissimi: fare una modifica così importante e “prenderci” non è facile, avremmo potuto tranquillamente finire quinti. Io sono stato bravo a guidarla e ad abituarmi subito, ma loro sono stati bravi a scegliere la modifica giusta. Dopo il warm up ero preoccupato, non pensavo di riuscire a salire sul podio, perché anche Dovizioso era più veloce di me». Una provocazione: invece di grande squadra non si potrebbe parlare di “pessima” squadra che non riesce a trovare subito la giusta direzione? «Direi di no. E’ più colpa del pilota, ci ho messo troppo a capire la via da seguire, ma l’importante è che ci siamo arrivati. Prendiamo molto come riferimento i dati dell’anno scorso, MotoGP ma la M1 2015 è molto differente: evidentemente non è corretto fare riferimento al 2014». E’ più difficile lottare contro il compagno di squadra o contro Marquez con la Honda? «Non fa nessuna differenza. Con il compagno di squadra senti di più la sfida, perché ha la tua stessa moto e se ti arriva davanti vuol dire che è stato più bravo. C’è anche il rovescio della medaglia, perché dici: se lo fa lui lo posso fare anch’io». 53 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica DUCATI OTTIMA MOTO, GRANDI PILOTI di Giovanni Zamagni | La GP15 si conferma competitiva e veloce e i due Andrea la sfruttano al meglio: Dovizioso è al quarto podio in cinque gare, Iannone è capace di sorpassi e numeri alla Marquez, nonostante i problemi fisici. Per vincere manca ancora qualcosa, ma si parla di dettagli A ndrea Dovizioso ottiene sempre il massimo risultato possibile, Andrea Iannone è capace di sorpassi da brividi, anche in condizioni fisiche tutt’altro che ottimali: la GP15 anche in Francia si è dimostrata una gran moto, ma i suoi due piloti 54 la sfruttano al meglio. Difficile dire quale dei due Andrea abbia fatto l’impresa più grande: Dovizioso ha conquistato il quarto podio in cinque gare, Iannone ha dato spettacolo in una sfida perfino commovente con Marquez. Bravissimi entrambi. «Dopo le prove – attacca il Dovi – non mi ero Scarica l’APP del Magazine fatto illusioni, ma speravo di potermela giocare. La realtà è che siamo molto competitivi, ci manca davvero poco, ma non siamo ancora pronti per giocarci la vittoria. Parliamo di dettagli, piccole cose, ma che a questo livello fanno la differenza. Aver conquistato quattro podi in cinque gare è qualcosa di grande, ma non dobbiamo dimenticarci che la GP15 ha disputato solo cinque GP, non la conosciamo perfettamente, né il motore né la ciclistica: dobbiamo lavorare, trovare quel qualcosa che ci manca per poterci giocare veramente le vittorie e il campionato». Al Mugello, molti sono convinti che la Ducati sarà favorita, ma Dovizioso non si fa troppe illusioni. «Sicuramente saremo competitivi, perché abbiamo fatto i test settimana scorsa e siamo andati forte, ma non credo alle favole, non si MotoGP possono fare miracoli: se qui ci mancava qualcosa, ci mancherà anche là. Come velocità sul giro siamo messi molto bene, come conferma anche la prestazione di oggi nei primi giri, ma ci manca un po’ di costanza, consumiamo troppo la gomma posteriore e fatichiamo a tenere il ritmo. Ripeto, piccoli dettagli, ma fondamentali con il livello della MotoGP». IANNONE: “FOSSI STATO A POSTO, AVREI BATTUTO MARQUEZ” Alla soddisfazione di Dovizioso si aggiunge l’orgoglio di Iannone per una prestazione veramente da applausi con una spalla sub-lussata soltanto sei giorni fa al Mugello. «E’ stata una gara difficilissima, forse la più dura della mia vita. Ho fatto le infiltrazioni e sapevo che all’inizio avrei potuto guidare bene, ma ero anche conscio che la forza sarebbe stata 55 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP limitata, non potevo spingere sulla sinistra. Dopo dieci giri ho cominciato a soffrire tantissimo, ho perso su Lorenzo e Dovizioso, ho sforzato la parte destra per compensare la poca forza della sinistra: così ho perso sensibilità in frenata, mi sembrava di staccare fortissimo, invece non frenavo abbastanza. Ho fatto degli errori ed era anche pericoloso, perché non avevo un buon controllo della moto. Ho anche pensato di fermarmi, ma ho provato a rallentare per qualche giro per recuperare forze. Così Marquez e Smith mi hanno raggiunto, ma ho dato tutto in una bellissima lotta con Marquez: più di così non potevo fare. Ho portato Marc a sbagliare un po’ di volte e a fatto fatica ad andarmi via: fossi stato a posto fisicamente l’avrei battuto». 56 57 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica SPUNTI, CONSIDERAZIONI, DOMANDE DOPO IL GP DI FRANCIA di Giovanni Zamagni | Cosa è cambiato per Lorenzo? Quali sono stati i punti chiave del GP di Francia? Dopo Le Mans si può parlare di crisi Honda? Come sta Pedrosa? I n difficoltà nei primi tre GP, imbattibile a Jerez e a Le Mans: cosa è cambiato per Jorge Lorenzo? Risponde Lorenzo: «Niente. Il pilota conta, ma è importante anche la moto: io ho messo insieme tutti i pezzi del mosaico e adesso posso dimostrare il mio valore. La Yamaha è molto simile a quella del Qatar, ma da Jerez siamo riusciti a migliorare l’entrata in curva, ad essere più efficaci in frenata, ad essere costante anche con le gomme usate. Nelle ultime due gare sono stato molto veloce, ma Rossi lo è dall’inizio dell’anno: non sarà facile recupere i 15 punti in classifica». Quali sono stati i punti chiave di questa gara? - La partenza e la prima curva: Lorenzo è scattato benissimo, ha superato sullo slancio Marquez e alla chicane ha passato all’esterno Dovizioso. Non ci fosse riuscito, avrebbe faticato di più a tenere a bada Rossi; - La competitività di Rossi: in grande difficoltà fino a dopo il warm up, Valentino ha ritrovato competitività grazie a una mossa della squadra. «E’ stato cambiato il bilanciamento della moto» ha detto genericamente senza entrare nel dettaglio; - Le difficoltà della Honda: al contrario, Marquez sembrava aver trovato nel warm up una messa a punto efficace, ma in gara tutto è andato male. «Ho lottato più con la moto che con gli avversari, non avevo feeling, faticavo in entrata di curva. Un problema che non avevo solo io, ma tutti i piloti Honda. Ho rischiato di cadere 3-4-5 volte e così 58 Scarica l’APP del Magazine MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb ho rallentato; poi, con lo svuotarsi del serbatoio la situazione è migliorata, fino alla bella sfida con Iannone: è stato l’unico momento divertente del GP» ha detto Marquez, sempre sorridente, ma anche preoccupato per la situazione. A questo punto, si può parlare di crisi Honda? Sì, stando ai numeri, no secondo il team principal Livio Suppo. «L’anno scorso – è la sua tesi – quando tutti dicevano che la Honda aveva un gran margine, noi dicevamo che non era così, che molto dipendeva dai piloti e dalle piste. E’ così anche quest’anno: sappiamo tutti come è andata, Marc avrebbe potuto vincere le prime tre gare e ci è mancato Pedrosa. Quello di Le Mans è un tracciato favorevole alla Yamaha, in altri circuiti saremo noi più competitivi». Quattro vittorie su cinque GP della Yamaha, Crutchlow, Redding e Pedrosa a terra nello stesso GP devono però fare suonare un campanello d’allarme. Ma qual è il vero problema della Honda? I piloti, all’unisono, dicono che la RC213V è molto difficile da guidare. «Si muove troppo: per un giro riesci a controllarla, ma sulla distanza fai fatica» dice Marquez, che, a sorpresa, a Le Mans ha corso con uno dei telai scartati a Sepang a inizio stagione. Dato che Pedrosa usa una ciclistica piuttosto differente, ma lamenta gli stessi problemi, ecco che il vero punto debole sembra essere il motore. «Che però, per regolamento, non si può modificare» sottolinea Marquez. Dentro al box sono tutti convinti che il quattro cilindri sia troppo potente, addirittura ingestibile, come peraltro aveva subito evidenziato Marquez quando lo aveva provato a Valencia a fine 2014. Da allora sono stati fatti dei correttivi, ma non sufficienti per renderlo trattabile: non sarà facile intervenire. «Ma la Honda è la Honda, qualcosa deve fare» afferma il fenomeno spagnolo. Rossi ha detto che dopo poche curve aveva già un secondo di svantaggio, più o meno lo stesso che aveva a metà gara: ha ragione? Sì, come conferma il cronologico dei tempi. Alla fine del primo giro Rossi era quinto a 1”449 da Lorenzo, diventati 2”286 alla fine del terzo, con Valentino in quarta posizione. Al 13esimo giro, Rossi è riuscito a portarsi in seconda posizione, a 1”882 dal compagno di squadra. Poi, dal 19esimo giro, quando ha visto che Jorge era ormai imprendibile, Valentino ha rallentato: se fosse partito più avanti, avrebbe forse potuto giocarsi la vittoria. Dani Pedrosa ha finito 16esimo dopo una caduta al secondo giro mentre era settimo: in che condizioni fisiche? Piuttosto buone, considerando l’operazione e il rientro dopo oltre un mese di assenza. «Sono contento delle mie condizioni: dopo un po’ di giri stavo meglio e questo è senz’altro positivo, considerando anche che, dopo la caduta, il gas non tornava più indietro e per chiuderlo dovevo fare un ulteriore movimento». Cosa è successo ad Aleix Espargaro, ritiratosi al terzo giro? Si è rotta la frizione. Giri veloci in gara. Rossi 1’32”879 (al quarto giro); Lorenzo 1’33”004 (2); Iannone 1’33”035 (6); Dovizioso 1’33”039 (4); Marquez 1’33”310 (2); Smith 1’33”559 (2); Crutchlow 1’33”585 (3); P.Espargaro 1’33”940 (2); Pedrosa 1’34”083 (26); Redding 1’34”226 (3). 59 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb 8 LE PAGELLE DEL GP DI FRANCIA di Giovanni Zamagni | Lorenzo è un Martello a Le Mans, 10. A Rossi 9, da applausi; Dovozioso, 8, in gran forma anche in Francia. 7 a Marquez che mette una pezza alle difficoltà HRC 10 JORGE LORENZO Da due GP, nessuno riesce a mettergli le ruote davanti in gara. Veloce, determinato, sicuro, efficace: sembra il pilota del 2013 o addirittura quello del 2010, quando aveva costretto un certo Valentino Rossi ad andarsene dalla Yamaha. Quando è così in forma diventa (quasi) imbattibile: in questo momento sembra inarrestabile. Martello. 60 9 VALENTINO ROSSI Un altro miracolo tecnico dopo il warm up, un altro podio conquistato chissà come. «Questa volta la vedevo nera» ha ammesso, ma la squadra, l’esperienza, la capacità di prendersi dei rischi, l’abilità nel gestire una situazione complicata hanno fatto ancora una volta la differenza. Due vittorie, un secondo e due terzi posti per un totale di cinque podi in cinque gare: da applausi. ANDREA DOVIZIOSO In prova aveva illuso di poter lottare per la vittoria, tanto che molti lo vedevano come favorito. La gara ha raccontato un’altra storia, ha detto che la Ducati è molto competitiva, ma non ancora abbastanza per potersela giocare contro questa Yamaha (e i suoi piloti) così in forma. Ha perso il secondo posto in campionato, ma è comunque sempre protagonista. In grande forma. 7 MARC MARQUEZ Ha ragione Dovizioso quando dice che «ci mette una pezza, nasconde con il suo talento le difficoltà della moto». Probabilmente è così dall’anno scorso, i sui risultati sono stati superiori al reale potenziale della Honda. Non si risparmia mai, ci prova sempre, anche con qualche rischio di troppo, come ha fatto nell’impossibile staccata alla prima curva, quando ha provato a infilarne tre in un colpo solo, finendo inevitabilmente lungo, o nella battaglia ravvicinata con Iannone. Una provocazione: e se fosse come Stoner con la Ducati? Arrembante. 9 ANDREA IANNONE Una gara pazzesca, con dei sorpassi incredibili: nessuno, forse nemmeno Rossi, è così pronto a replicare agli attacchi di Marquez, a rispondere colpo su colpo con la stessa durezza e determinazione al fenomeno spagnolo. Commovente. 7 BRADLEY SMITH Il distacco è molto elevato, si è fatto battere da Iannone infortunato, ma ha fatto il suo senza sfigurare. Gli va riconosciuta una grande determinazione. Concreto. 61 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb 4 POL ESPARGARO Sembra in involuzione continua, non riesce ad esprimere il suo talento. Addormentato. 7 YONNY HERNANDEZ In prova è spesso più lento del compagno di squadra, ma in gara si difende bene, anche se non è velocissimo. Ha ottenuto il suo miglior risultato stagionale. In crescita. 5 to. MAVERICK VINALES Fatica a mettersi in mostra. All’inseguimen- 6 DANILO PETRUCCI Ha preso tre secondi dal compagno di squadra, più esperto e con una Ducati più copetitiva 62 della sua. Ma in gara deve fare meglio. Da giro singolo. 7 DANI PEDROSA Voto di incoraggiamento, la MotoGP e la Honda hanno bisogno del miglior “robottino”: ben tornato. 9 YAMAHA M1 In prova fatica, perché, come sottolinea Rossi, anche lo specialista Lorenzo non riesce ad essere super velocissimo in qualifica. Ma in gara è indubbiamente il punto di riferimento, come confermano quattro vittorie su cinque. 8 CAL CRUTCHLOW E’ caduto all’ottavo giro mentre era settimo, anche lui tradito dall’avantreno della Honda. In difesa. DUCATI GP15 Un’altra conferma che la GP15 è nata bene e può essere competitiva su tutte le piste. In questo momento è più equilibrata della Honda: chi l’avrebbe mai detto? 4 5 5 STEFAN BRADL Va piano e cade: difficile fare peggio. HONDA RC213V Mai vista così in difficoltà: Crutchlow, Redding e Pedrosa a terra per la chiusura dell’anteriore, Marquez lontanissimo dai primi e sempre appeso a un filo fin da venerdì. In qualifica, il fenomeno spagnolo riesce sempre a fare qualcosa di speciale, ma in gara nemmeno lui può fare più di tanto. 5 SUZUKI GSX-RR Questa volta ha faticato anche in qualifica. E si è pure rotta in gara. 4 APRILIA RS-GP Bautista 15esimo a 1’05”515, Melandri 18esimo (e ultimo al traguardo) doppiato. E non è che sul singolo giro vada meglio: Bautista ha fatto segnare il 17esimo miglior tempo in gara in 1’34”863, 1”984 più lento di Rossi. Distacchi abissali. 63 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito MotoGP Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica MotoGP Francia Classifica Generale 64 Classifica GP Pos. Pilota Punti Pos. Pilota Punti 1 Valentino ROSSI 102 1 Jorge LORENZO 25 2 Jorge LORENZO 87 2 Valentino ROSSI 20 3 Andrea DOVIZIOSO 83 3 Andrea DOVIZIOSO 16 4 Marc MARQUEZ 69 4 Marc MARQUEZ 13 5 Andrea IANNONE 61 5 Andrea IANNONE 11 6 Cal CRUTCHLOW 47 6 Bradley SMITH 10 7 Bradley SMITH 46 7 Pol ESPARGARO 9 8 Pol ESPARGARO 35 8 Yonny HERNANDEZ 8 9 Aleix ESPARGARO 31 9 Maverick VIÑALES 7 10 Maverick VIÑALES 27 10 Danilo PETRUCCI 6 11 Danilo PETRUCCI 25 11 Nicky HAYDEN 5 12 Yonny HERNANDEZ 20 12 Loris BAZ 4 13 Scott REDDING 13 13 Hector BARBERA 3 14 Hector BARBERA 13 14 Eugene LAVERTY 2 15 Dani PEDROSA 10 15 Alvaro BAUTISTA 1 16 Nicky HAYDEN 8 17 Loris BAZ 6 18 Jack MILLER 6 19 Hiroshi AOYAMA 5 20 Alvaro BAUTISTA 3 65 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP STORIE DI MOTOGP ROMAGNOLI: A LE MANS ALLA PARI Il capo tecnico di Danilo Petrucci, Daniele Romagnoli, analizza curva per curva il circuito del GP di Francia e spiega vantaggi e svantaggi delle diverse moto a Le Mans I l capo tecnico di Danilo Petrucci analizza curva per curva il circuito del GP di Francia e spiega vantaggi e svantaggi delle diverse moto a Le Mans. Un tracciato che però Romagnoli (Team Pramac) ritiene non sfavorire nessuna moto anche se storicamente è nella lista Yamaha. Il circuito francese non ha infatti curve “stop-start”, quel genere di curve con ripartenza 66 dalla pima marcia che non piacciono alla M1. Si è parlato anche di Ducati e del continuo crescendo della GP15. Secondo Daniele Romagnoli potremmo vedere una rossa sul gradino più alto del podio al Mugello. Non si poteva non fare il punto anche sulla situazione di Petrucci: sempre più veloce e competitivo in prova, ma che ancora in gara fatica ad avere cura delle gomme. 67 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine MotoGP aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb NICO INTERVISTA VITTO GUARESCHI DUCATI MOTOGP, VR46 E PREZIOSI-DALL’IGNA Vitto Guareschi ora si dedica alla concessionaria di famiglia, ma fino a poco tempo fa è stato in Ducati Corse e Sky Racing Team VR46. Nell’intervista di Nico Cereghini ha rilasciato dichiarazioni interessanti D a quando è uscito dal Team Sky VR46 alla fine dell’anno scorso, Vittoriano “Vitto” Guareschi è ritornato a occuparsi a tempo pieno della concessionaria di famiglia. Ovvero la Guareschi Moto, che vende, ripara e prepara le Moto Guzzi da una cinquantina d’anni a Parma. Che è poi la città dove Vitto è nato nel 1971. Fratello di Gianfranco, anche lui ex pilota, è stato pilota di livello internazionale: due volte vicecampione nel mondiale Supersport 600 nel 1997 68 e 1998. E’ diventato poi collaudatore di lusso delle Ducati da corsa, SBK e MotoGP, dal 2001 al 2009, portando al debutto la Desmosedici nel 2002. Dal 2009 all’inizio del 2014 è stato direttore sportivo nel team Ducati MotoGP, e poco dopo è passato, con il ruolo di team manager, al neonato Sky Racing Team VR46. In occasione dell’ASI Moto Show, tenutosi a Varano de’ Melegari lo scorso fine settimana, Nico Cereghini lo ha intervistato sui trascorsi in Ducati Corse, nel Team VR46 e su altre questioni. Ne sono scaturite osservazioni interessanti. 69 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Superbike ANDREA DOSOLI “VOGLIAMO RIPORTARE UN POCO DI BLU NEL PADDOCK DELLA SBK” di Carlo Baldi | Dosoli è al lavoro per sviluppare in pista la nuova YZF R1 e portarla poi in Superbike. Yamaha pronta a supportare un team esistente, magari con Pata come main sponsor A Andrea Dosoli ha senza dubbio una lunga esperienza nel racing, sia in Moto2 con il team Forward che in MotoGP con il team Hayate Kawasaki, pilota Marco Melandri. In seguito però è approdato in Superbike, inizialmente con la stessa Yamaha e ancora con Melandri e successivamente con il BMW Motorrad team dove il suo destino si è ancora una volta incrociato con quello del pilota di Ravenna. Alcuni mesi fa Dosoli è stato richiamato dalla casa dei tre diapason e nominato Road Racing Project Manager, vale a dire responsabile dello sviluppo in pista della nuova Yamaha YZF-R1M, nonché del centro di R&D Racing Yamaha che ha sede in Germania ed è nato per supportare tutti 70 i team che utilizzano la nuova superbike di Iwata. Abbiamo incontrato il manager italiano a Imola in occasione del quinto round del mondiale Superbike, per comprendere quale potrà essere il futuro di Yamaha nei campionati delle derivate dalla serie, anche alla luce delle voci che parlano di un rientro ufficiale in Superbike nel 2016. Dalle sue dichiarazioni è emerso che, contrariamente a quanto in molti potevano pensare, non è ancora certo che la R1M sarà al via del mondiale SBK nel 2016 e soprattutto che la casa di Iwata non ha intenzione di organizzare un proprio team ufficiale, come era ad esempio quello che vinse il mondiale con Spies nel 2009. I tempi in Superbike sono cambiati e le case cercano di appoggiarsi a strutture esistenti e consolidate, con le necessarie capacità tecniche ed economiche, ai quali offrire le proprie moto ufficiali e tutto il supporto necessario per lo sviluppo in pista, soprattutto per quanto riguarda la parte elettronica. Senza una casa alle spalle i team non possono competere ai massimi livelli della Superbike e a loro volta senza un team ben strutturato le case non hanno intenzione di investire di tirare fuori tutto il budget necessario per gareggiare nel mondiale delle derivate dalla serie. Ne è un chiaro esempio il team Aruba Ducati che si è appoggiato alla struttura ed agli uomini della Feel Racing e può contare sul supporto economico dell’azienda 71 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito di Arezzo. Oppure l’Aprilia, che ha affiancato il team Red Devils di Andrea Petricca o ancora la Honda, che da anni collabora con il team Ten Kate, economicamente supportato da Pata, azienda italiana del settore alimentare. E a proposito di Pata sono molte le voci che parlano della possibilità che l’azienda delle patatine, ovviamente scontenta dei risultati del team olandese, possa il prossimo anno supportare il team Yamaha Superbike, che a questo punto potrebbe anche essere una delle squadre che già quest’anno sono appoggiate in maniera ufficiale dalla casa dei 72 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica tre diapason. Ammesso quindi che lo sponsor ci sia e che la struttura ed il team, si possano trovare, mancherebbero i piloti. Visti i trascorsi di Dosoli e di Melandri è ovvio che radio paddock abbia subito legato i due personaggi, per quello che sarebbe un ennesimo ritorno. E a dare adito a queste voci è stata la presenza di Melandri a Imola. Abbiamo visto il pilota di Ravenna ed il suo manager a colloquio con Dosoli a tarda sera, nella hospitality Yamaha, ma il manager italiano della casa di Iwata ha ovviamente glissato sull’argomento limitandosi a commentare che, per quanto ne sa lui, Marco ha ancora un anno di contratto con Aprilia. Riteniamo che abbia ragione e che la visita di Melandri fosse ad un vecchio amico e non al suo futuro team manager. Però come sappiamo “mai dire mai”. Ci puoi spiegare quale sia l’attività racing di Yamaha legata alla nuova R1? «L’impegno di Yamaha nel racing avviene attraverso Yamaha Europe ed è abbastanza ampio. Supportiamo in modo ufficiale 5 team in 4 campionati diversi. Due team nel mondiale Endurance, il GMT94 campione del mondo Endurance nel 2014 e YART (Yamaha Austria Racing Team), il team Milwaukee nel British Superbike (piloti Josh Brookes e Tommy Bridewell) il team MGM nel IDM tedesco (piloti Max Neukirchner e Damian Cudlin) ed il team MRS Yamaha nella Superstock 1000 FIM Cup (piloti Florian Marino e Kev Coghlan). Inoltre, tramite i nostri distributori, supportiamo altre squadre in vari campionati sia nazionali che internazionali, che non si possono definire ufficiali ma con le quali condividiamo le informazioni e gli sviluppi della nuova R1M. Il nostro obiettivo è quello di dare accessibilità alla tecnologia racing a più team, per fare in modo che i piloti possano esprimere il loro potenziale a pari condizioni. Vogliamo riportare un poco di blu nel paddock e, come avrete notato, tutte le nostre moto hanno la stessa colorazione». Questo per un futuro in SBK? «Non è l’obiettivo principale. Attualmente vogliamo creare una base e ricostruire quello che in passato è stato lo spirito racing Yamaha. Visto che disponiamo di una moto nata per la pista come è la nuova R1, dobbiamo ricostruire una base che parte da chi va a girare in Superbike pista, prosegue con il team privato e arriva al team del mondiale». Siete soddisfatti di quanto avete fatto sino ad ora? «Siamo contenti del lavoro svolto sulla nostra nuova moto, che si è già dimostrata competitiva a livello Stock in Spagna, ha vinto nel campionato francese e in quello tedesco. Nella Superstock 1000 FIM Cup quest’anno il livello è molto alto e ci scontriamo con realtà supportate direttamente dalle case, che dispongono di ottimi piloti. In questo campionato stiamo crescendo ed abbiamo 73 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Superbike aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb già ottenuto un podio con Coghlan, ma vogliamo continuare a crescere e a migliorare». E la Superbike? «Attualmente vogliamo offrire ai piloti dei campionati nazionali ed internazionali la possibilità di competere con la nostra R1 ai massimi livelli. E’ chiaro che però, essendosi la moto dimostrata competitiva, ci siano delle aspettative soprattutto da parte dei team e dei piloti che la stanno utilizzando in pista. Aspettative che si rivolgono ovviamente al mondiale Superbike. Al momento non è ancora stato deciso se Yamaha entrerà nel mondiale 2016. Diverse squadre hanno dimostrato interesse nei confronti della nostra moto per quanto riguarda 74 il massimo campionato delle derivate dalla serie, ma ad oggi non c’è ancora nulla di definitivo e di deciso». Scarti quindi la possibilità di vedere un team ufficiale Yamaha in Superbike? «Al momento si. Stiamo valutando varie possibilità, ma penso che ci potremo appoggiare a squadre di esperienza già presenti nei campionati delle derivate dalla serie, che abbiano non solo le capacità economiche ma soprattutto quelle tecniche per utilizzare le nostre moto. Al momento però dobbiamo ancora chiarire al nostro interno quali strategie attuare nei prossimi anni riguardo a questo argomento». Yamaha è impegnata pesantemente in MotoGP. Ci sono le risorse per la SBK? «Come ti dicevo, se entreremo in sbk sarà per supportare un team che abbia innanzitutto le capacità tecniche necessarie per competere ad alti livelli. In seconda battuta dovrà ovviamente avere anche la struttura e le risorse economiche necessarie, nonché piloti in grado di sfruttare le potenzialità del team e della moto. Stiamo valutando varie competenze. La speranza è di portare avanti questo progetto per dimostrare ai massimi livelli quale sia il grado di competitività della nostra YZF-R1M». 75 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine audience per le trasmissioni di Italia1, con Mediaset che lascerebbe quindi volentieri a Max la possibilità di abbandonare momentaneamente il microfono, per impugnare la manopola del gas. Per quanto riguarda l’Aprilia, consentire a Biaggi di gareggiare con la quattro cilindri di Noale in versione 2015, darebbe l’esatto valore della nuova RSV4, che i regolamenti hanno rivoluzionato rispetto alla moto campione del mondo lo scorso anno. In altre parole Haslam e Torres stanno facendo un ottimo lavoro, ma soprattutto in gara Max fornirebbe alla casa italiana dati importantissimi per rendere più competitiva la superbike veneta. A differenza di Bayliss, altro ex di lusso tornato a correre in Superbike nei round australiano e thailandese, Max non ha mai smesso di scendere in pista e grazie ai test effettuati con il team di sviluppo Aprilia non è solo in perfetta forma fisica, ma ancora pienamente in grado di sfruttare tutto il potenziale di una moto che lui conosce come nessun altro, per averla sviluppata e portata al titolo mondiale. Il tracciato di Misano non è stato scelto a caso, in quanto questa pista è sempre piaciuta a Max, che nei suoi ultimi Superbike anni di attività qui ha conquistato due doppiette con la RSV4 (2010 e 2012) due secondi (2011) posti sempre con la moto di Noale ed un terzo posto (2008) con la Ducati privata Sterilgarda. Tutto farebbe quindi pensare che a Misano rivedremo all’opera il sei volte campione del mondo, se non fosse che invece il diretto interessato ha pensato bene di smentire tutto su Twitter. “Ciao ragazzi – ha scritto Max - visti i “rumors” vi assicuro che sarò a Misano al 100% per la @ WorldSBK ma solo come commentatore TV per @Sport_Mediaset !!” Solo pretattica? Che il Corsaro voglia mantenere sino all’ultimo la suspense per un ritorno in grande stile? Una smentita che serve solo per facilitare le trattative in corso con i gli sponsor? Oppure Biaggi sta prendendo tempo per valutare attentamente se tornare o meno a rimettersi in gioco in un campionato difficile e quanto meno diverso rispetto a quello nel quale ha gareggiato e vinto sino al 2012? Staremo a vedere. La nostra speranza è naturalmente quella di rivedere in pista Biaggi nel round di Misano e che arrivi quindi presto un comunicato ufficiale che trasformi i rumors in notizie certe. MAX BIAGGI WILD CARD A MISANO? di Carlo Baldi | Rivedremo Biaggi nel Mondiale Superbike? Sembra sia stata presentata a Dorna una domanda di partecipazione per Max al round di Misano, ma su Twitter il Corsaro smentisce T orna o non torna? Sembra che Dorna abbia ricevuto una domanda di partecipazione da parte dell’Aprilia per Max Biaggi, che tornerebbe quindi in pista nel weekend del 19, 20 e 21 Giugno al Misano World Circuit, su una RSV4, nell’ottavo round nel mondiale Superbike. A riportarlo è il Corriere dello Sport in un articolo a firma Federico Porrozzi. Ovviamente non è ancora dato sapere se Biaggi sarà il terzo pilota del team Aprilia Racing 76 – Red Devils o se invece sarà in un altro box, con il team di sviluppo della casa di Noale con il quale da mesi il Corsaro lavora per migliorare le prestazioni della RSV4 in versione 2015. Sarebbe un ritorno con molti risvolti positivi e con i media pronti ad amplificare il clamore che deriverebbe dal rivedere in pista il sei volte campione del mondo. Una maggiore visibilità per il mondiale Superbike, una molto probabile maggiore affluenza di pubblico in circuito e certamente una maggiore 77 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross FRANÇOIS LEMARIEY “SPERO DI AVERE VILLOPOTO ANCHE NEL 2016” di Massimo Zanzani | Il 30enne team manager della squadra ufficiale Kawasaki fa con noi il punto della situazione in merito all’asso statunitense assente negli ultimi due GP F François Lemariey è da un paio di anni alla guida del team ufficiale Kawasaki che quest’anno ha sostituito Gautier Paulin con Ryan Villopoto. Purtroppo, a parte la soddisfacente vittoria del GP di Thailandia, la prima parte della MXGP non ha rispettato le profonde aspettative nate con l’arrivo del fuoriclasse statunitense messo KO dalla spettacolare e inusuale caduta del Trentino. La frattura del coccige lo ha costretto infatti a saltare la trasferta di Valkenswaard, ma poi anche quella spagnola dello scorso fine settimana. Nel paddock di Talavera, abbiamo fatto con Lemariey il punto della situazione per capire le condizioni di Ryan e non solo. «Dopo il GP del Trentino abbiamo controllato la situazione giorno per giorno che però 78 purtroppo non migliorava - ha spiegato il manager Kawasaki - così abbiamo deciso di farlo tornare negli USA per farlo lavorare con il suo staff medico. Adesso aspettiamo di sentire quali sono le possibilità, se può rientrare per la gara in UK o se deve saltare altri GP, ad oggi ancora non lo sappiamo». Ryan come si sente? «Ovviamente è triste, per uno che sta correndo per il Mondiale non può essere diverso. Tra l’altro stava facendo bene anche in piste difficili come quella di Arco purtroppo gli dispiace saltare le gare ma c’è ancora speranza di rimontare per puntare al titolo». Il problema è il dolore che prova o ci sono altre conseguenze? «La frattura è stabile, ma è in una parte del corpo molto sensibile e dolorosa, e se si fa male ancora nello stesso punto può diventare un danno serio con un ulteriore allungo dei tempi di recupero. Quindi non ha senso correre soffrendo e rischiando un peggioramento, vogliamo che torni in buona forma fisica». Non molti sono riusciti a capirlo, come è potuto cadere in quel modo? «E’ difficile da spiegare, perché non è stata una caduta normale. Credo sia stata la pressione nel voler avere la meglio su Desalle col quale aveva avuto uno scambio di posizioni, il suo punto di forza è la motivazione e forse è andato troppo veloce in quel rettilineo per voler battere il belga e non ha saputo reagire ai dossi del terreno». 79 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb In questa gara avete usato un motore diverso perché voleva più potenza, strana decisione considerando il fondo estremamente sdrucciolevole del circuito trentino. «Abbiamo apportato delle modifiche importanti e abbiamo fatto dei test anche nei GP precedenti per trovare il setup giusto per lui, per adattare il suo stile di guida alle piste che abbiamo qui in Europa. Abbiamo lavorato in collaborazione con Giappone e Stati Uniti per fornirgli la miglior moto possibile e stavamo andando bene, purtroppo la caduta è arrivata in un momento in cui eravamo riusciti ad avere anche il setup giusto sulle sospensioni. E’ un peccato che per ora non possiamo vederlo all’opera 80 Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica perché ad Arco era contento della moto, si sentiva a suo agio, aveva un buon tempo e stava lottando con i migliori». Un’altra stranezza è stato il debutto nella sua avventura iridata direttamente con il primo GP saltando le gare di inizio stagione che servono per verificare il livello di competitività del pilota e la messa a punto della moto. «Ha scelto lui questo programma invernale perché in America non si fanno gare prima del Supercross, si corre subito nel campionato. Forse è stato un nostro errore non insistere sul fargli provare la moto in un’altra gara, ma è stata una decisione comune di partire subito coi GP». E così ci si è trovati al cancello della prima manche del Qatar che la moto gli si è spenta… E’ stato un suo errore o un problema della moto? «Non saprei dire - è la risposta “politically correct” - quello che so è che nella seconda manche ha usato lo stesso setup, non abbiamo cambiato nulla. Bisogna considerare che Ryan in quel momento era molto sotto pressione, non correva da dieci mesi ed è stato per lui un weekend molto stressante». Un’altra cosa che lascia perplessi è il suo ripetuto lamentìo della formula di gara dei GP che prevede anche una manche il sabato: come mai un campione del suo calibro si senta in difficoltà a dover girare un giorno in più? «Ryan non è abituato a correre due giorni, e la gara di qualificazione lo stanca per le gare ufficiali in quanto lui da sempre al cento per cento, senza pensare troppo. Invece qui serve un po’ di strategia per arrivare alla domenica in piena forma. Alla gara del sabato devi pensare se è necessario conquistare una buona posizione al cancello oppure no, e dopo averlo deciso devi gestisci la manche nel modo ottimale». alla mano, ha tanta esperienza, sa quello che vuole e noi facciamo del nostro meglio per soddisfarlo. Sul lavoro è estremamente professionale, quando è in gara si focalizza molto sulla pista e sul setup per avere la miglior moto possibile e noi organizziamo tutto in modo che lui possa concentrarsi sulla gara senza distrazioni. Per il resto ha una buona relazione con il team e si sta godendo l’esperienza europea senza particolare stress». Che differenze trovi fra l’anno scorso con Paulin e quest’anno con Ryan? «Con Gautier era più facile perché è francese come molti di noi, anche se nel team parliamo comunque in inglese perché abbiamo anche degli italiani, dei tedeschi e dei belgi. Ma con Ryan c’è un bello scambio di esperienze perché lui ha la sua americana e noi quella europea, impariamo l’uno dall’altro e le cose funzionano. A livello di lavoro comunque non ci sono molte differenze perché sono entrambi due campioni e sanno quello che vogliono, ogni loro richiesta cerchiamo di soddisfarla. Ryan però è diverso perché da’ più luce al team, è un ragazzo semplice e se dobbiamo dirci qualcosa lo facciamo senza problemi». Sua moglie Kristen ha molta influenza su di lui. «Credo che sia un membro importante del “team Villopoto”, per lui è una guida, gli organizza le giornate nel modo migliore e si prende completamente cura di lui». Com’è Ryan dietro le quinte? «Come ho detto è un ragazzo Motocross Ti piacerebbe averlo ancora in squadra il prossimo anno? «Certo, anche perché attualmente ci sembra di essere in una situazione incompiuta. Abbiamo lavorato bene tutti insieme per arrivare a un buon risultato, stavamo appena iniziando ad ottenerlo, ma le cose non sono filate nel verso giusto. Ai tifosi so che manca e che mancherebbe se non ci fosse il prossimo anno, speriamo che almeno adesso risolva i suoi problemi e che torni presto. Attualmente comunque non conosciamo i suoi programmi, e quello del 2016 noi lo faremo partendo dalla sua decisione». 81 MXGP IN SPAGNA 2015. LE FOTO PIÙ SPETTACOLARI Tony Cairoli torna alla vittoria in sella a una KTM 450. Ecco gli scatti più belli della MXGP che raccontano il fine settimana di gare in Spagna di Massimo Zanzani 82 83 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 84 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross 85 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Motocross Media 86 87 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 88 Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Motocross 89 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica RYAN DUNGEY “RISPETTO CAIROLI, UN TALENTO IMMENSO. CORRERE IN MXGP? PERCHÉ NO” Supercross Media di Andrea Perfetti | Il pilota KTM ha vinto il Supercross 2015 e ci parla della sua stagione formidabile, di Villopoto e del livello raggiunto dai piloti europei. Con qualche sorpresa R yan Dungey nel 2015 entra nella storia del fantastico campionato Supercross AMA. Vince il suo secondo titolo nella massima categoria (la 450), bissando il successo ottenuto nel 2010 con la Suzuki. Nel 2015 Ryan incorona regina del Supercross americano un’azienda europea, la KTM con cui corre dal 2012. È stato un anno trionfale per la Casa di Mattighofen negli USA. Ha dominato la 450 con Dungey (KTM SX-F 450), ma si è anche imposta nella 250 East Coast con Marvin Musquin (KTM SX-F 250) e ha rischiato l’en-plein nella 250 West Coast con Shane Mcelrath (KTM SX-F 250), che è comunque giunto secondo. KTM si è confermata leader quasi incontrastata in pista, consacrando la qualità del prodotto, il talento dei piloti, ma anche la bravura del team manager Roger De Coster e di tutti i ragazzi del reparto racing americano (ve ne parleremo in 90 dettaglio nei prossimi giorni). Ryan Dungey ha vinto il campionato indoor – quello più seguito in America, ma molto popolare in tutto il mondo – a Houston, con ben tre gare di anticipo. Fuori Roczen (infortunatosi a una caviglia), Stewart (per doping) e Villopoto (che corre in MXGP contro Tony Cairoli), Ryan ha lottato con caparbietà e ha saputo rintuzzare gli assalti dei giovani piloti Tomac, Peick, Seely e Grant. Dungey ha dimostrato di essere un vero campione, amministrando il proprio vantaggio e curando gli avversari, pronto a dare la zampata vincente quando necessario. Lo abbiamo incontrato durante la gara del New Jersey, quando era già campione. Lo abbiamo trovato disteso, sorridente e felice di scambiare due battute con la stampa europea. Ci ha parlato della sua stagione, ma anche della sfida tra Cairoli (di cui si è dichiarato amico) e Villopoto. Vale la pena ascoltarlo, perché Ryan è oggi un pilota maturo e il suo punto di vista non è mai banale. Ryan, complimenti per la tua vittoria nel Supercross 450. Quest’anno sei sembrato in grande forma e assistito da una moto assolutamente perfetta, con un gran motore e una ciclistica davvero a punto. Su che cosa avete lavorato? «La SX-F 450 si è rivelata la moto perfetta per vincere il Supercross. La moto in questi tre anni ha ricevuto un lavoro di sviluppo superbo grazie al reparto corse americano, che ha scambiato le informazioni e le migliorie con quello austriaco. In questo senso il contributo mio come quello di Antonio Cairoli sono stati molto importanti e hanno guidato lo sviluppo della nuova moto. È bello vedere come questi miglioramenti siano veramente confluiti sulla moto entrata in produzione quest’anno: la 450 ha un bilanciamento fantastico, è leggera e mi diverto un sacco a usarla». La nuova moto Hai provato a lungo la nuova moto prima di portarla in gara? «Direi di no, abbiamo dato le indicazioni durante la stagione alla KTM. Poi abbiamo provato la nuova SX-F 450 solo per alcuni giorni, per affinare alcuni setting col team. Il lavoro poi prosegue durante le gare. Ma la base è davvero eccellente». Parlaci delle differenze tra questo titolo e quello vinto nel 2010. «Per vincere quest’anno abbiamo lottato davvero tanto, siamo scesi in pista in ogni gara per vincere. È stato un campionato difficile. In America la sfida del supercross è davvero tosta, ti confronti con piloti agguerriti, tutti vogliono arrivare davanti e si preparano al meglio per farlo. È il campionato di motocross più prestigioso qui negli US, e entrambe le vittorie sono im- portanti. Quella del 2010 ha un significato speciale perché è la prima, ma quella di quest’anno racchiude tutto l’impegno mio e del team per arrivare alla vittoria. La volevamo e abbiamo lottato in ogni gara per vincere». La tua stagione è lunghissima: 17 gare Supercross e poi via, quasi senza sosta, con le 12 gare outdoor. Come ti prepari e come ti senti ora? «Sì, abbiamo una stagione 91 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Scarica l’APP del Magazine Periodico elettronico di informazione motociclistica Supercross aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb logorante, con 17 gare Supercross, 12 di National. Poi ci sono anche il Motocross delle Nazioni e la Monster Cup. Ci vogliono anni per adattarsi a questo stress, non solo fisico ma anche mentale. Devi prepararti al meglio, ma devi anche capire come dosare le tue energie. Altrimenti non ce la fai a finire la stagione da vincente. In America un pilota professionista ha una carriera faticosa e per questo anche breve, arrivi a 30 anni e spesso devi dire basta». Il Motocross delle Nazioni Hai parlato di Motocross delle Nazioni. È ancora importante 92 per voi americani? «Certo che lo è e ci teniamo moltissimo. Non ci interessa fare la passerella, ma vogliamo tenere alto il nome del nostro Paese e far bella figura. So che ogni anno, tra gli appassionati, si scatena il dibattito su quale sia il pilota più forte al mondo. Ma non lo si può giudicare da un evento che si apre e si chiude in un giorno, dove non c’è possibilità di rimediare a un errore. Comunque confermo che resta una gara a cui anche noi americani teniamo parecchio. Vogliamo andare per vincere, c’è un sacco di gente. Non mi piace però la sorta di giudizio finale che pende sui piloti: dopo un giorno ti eleggono campione o perdente. D’altra parte succede lo stesso anche nelle Olimpiadi, ti alleni per quattro anni, ma poi ti giudicano in pochi secondi». Il rapporto paterno con Roger De Coster Hai vinto entrambi i titoli Supercross con Roger De Coster. Avete un rapporto speciale, è una secondo papà per te? «Hai ragione, ho un rapporto unico con lui. Lo conosco da quando ero un bambino, è alla base del mio successo sportivo. Mi ha aiutato tanto, è parte della mia vita. Mi aiuta in tutto, dalla moto alla preparazione mentale. Il primo titolo con la Suzuki è stato speciale, vincevo da rookie (esordiente, nda). Ma questo, con la KTM, è ancora più speciale perché rappresenta la vittoria anche di Roger, che ha scommesso sulla KTM e sul lavoro dei ragazzi austriaci. Roger è una persona fantastica e si merita fino in fondo questo successo». Come l’hai conosciuto? «Ero un pilota amatore di 15 anni e sono andato a parlare da Roger, spinto da mio papà. Gli ho chiesto di mettermi alla prova, di guardare come guidavo. E la mia vita è cambiata, in meglio ovviamente. È stato un incontro figo!». La strategia di gara nel SX e il ruolo di Aldon Baker Ryan, parliamo della tua strategia di gara. Mi ricordi il nostro Cairoli. Nei primi giri spesso te ne stai buono, lasci che gli altri si sfoghino. E al momento giusti sferri l’attacco che ti porta in testa. Sei molto lucido, attento alla strategia. Ma come fai gestire la pressione in gare così tirate? «Non puoi controllare tutto. Ma certamente mi alleno tan- to durante la settimana per partire primo. Se parti in testa, sei giù fuori dai guai. Fai le tue linee, eviti i contatti coi rivali. Ma se sei in testa al campionato, ci sono anche giorni in cui devi ragionare e capire quando è il caso di accontentarsi di un buon risultato e lasciare la vittoria a un altro. Comunque partire dietro è spesso pericoloso, ci sono troppi contatti. Si rischia la caduta». Hai un trainer speciale, Aldon Baker. Ma fa davvero la differenza per voi piloti? «Sì, Aldon è il migliore. Ti affidi a lui, gli dai la tua fiducia e non devi pensare più a nulla. Orga93 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine Supercross aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb nizza lui la tua giornata e lo fa in modo perfetto. Credo nel suo programma e nel suo lavoro. Lui mi dice cosa devo fare, come mi devo allenare e io lo seguo al 100%. Ho la mente sgombra da ogni complicazione e penso solo ad ottenere il massimo risultato, sia in allenamento che in gara. Baker ha portato tanto equilibrio nella mia carriera, in pista ma anche fuori». Quest’anno ci sono state tante novità nella tua vita. Moto nuova, ma anche nuova vita. Ti sei sposato! «Sì, ci siamo sposati in novembre, ma abbiamo fatto solo 7 giorni di luna di miele. Ho una brava moglie, che capisce il mio lavoro e mi supporta. È la migliore, mi sta sempre vicino e sempre col sorriso». Gli avversari: da Stewart a Roczen 94 Quest’anno sono usciti di scena Stewart, Roczen e Villopoto. Chi sarebbe stato l’avversario più duro da battere? «Il più forte è Villopoto. Lo conosco bene, abbiamo corso insieme a lungo e ci siamo allenati sulle stesse piste. È solido, forte. Ma anche i giovani si sono rivelati fortissimi. Tanti di loro si sono dimostrati capaci di vincere una singola gara. Ma noi li abbiamo battuti, siamo stati più costanti e concreti». Il commento su Villopoto e Cairoli Cosa pensi della stagione europea di Villopoto? «Ryan ormai era appagato dalle vittorie in America, aveva bisogno di nuovi stimoli e di cambiare dopo tanti anni da top rider nel Supercross. In Europa ha però trovato condizioni così diverse. Qui è tutto veloce, rapido. Da voi si inizia invece a correre già il sabato. È una sfida bella tosta, battere i piloti europei è molto difficile. Negli ultimi 5 anni sono cresciuti tantissimo. Sfortunatamente Villopoto è caduto ad Arco di Trento e ha perso terreno, la stagione è compromessa. Spero possa riprendersi al più presto. Rispetto Antonio Cairoli e gli altri della MXGP, hanno un talento immenso. Soprattutto gli 8 titoli di Cairoli testimoniano che è un vero, grande campione». Nei prossimi anni cosa farai? Pensi anche tu alla MXGP? «Ho firmato con KTM per correre in America con loro altri due anni, fino al 2017. Poi valuterò il da farsi, per ora resto concentrato sui prossimi obiettivi. Non escludo nulla». 95 Ricevi Moto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Scarica l’APP del Magazine EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. 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