l’OSSERVATORE Marzo 2012 N° 3 Osservatorio dell’Asia Orientale Le tre vite di Xi • Cina e ordine sociale tra sinocentrismo e “comunismo”• Through the lens of the chinese language • Cina: terra rara. • SEZ: una prospettiva nordcoreana • Il valore di un nordcoreano all'estero • La politica industriale giapponese • Wikileaks ed il Giappone • Un’elezione, due sistemi L’editoriale Nel maggio 2011, quando iniziammo a porre le basi per creare l’Osservatorio dell’Asia Orientale, non potevamo certo immaginare che a meno di un anno di distanza il nostro piccolo progetto avrebbe riscosso un così ampio consenso. In 10 mesi l’Osservatorio ha visto quadruplicare i suoi collaboratori e i suoi iscritti, con un relativo aumento dell’attività di informazione e lo sviluppo di nuovi progetti. Dalla collaborazione tra la nostra associazione e la Scuola di Studi Superiori dell’Università di Torino, è nata l’idea di organizzare una conferenza sulla Corea del Nord (dettagli nella pagina seguente), per promuovere l’informazione su uno dei Paesi più enigmatici del giorno d’oggi. La terza edizione dell’Osservatore, in edizione bimestrale anziché trimestrale, offre anche questa volta un ricco spettro di riflessioni ed approfondimenti tra cui ricordiamo -La politica industriale giapponese, -Wikileaks ed il Giappone, -Un’elezione, due sistemi ….ma non è tutto. Cosa sono le sez nordocoreane? chi è il vicepresidente cinese Xi? qual è il ruolo della legge e della lingua nella concezione tradizionale cinese? Le risposte a queste, e a molte altre domande, nelle prossime pagine! Direttore Cesare Marco Scartozzi Caporedattore Rebecca Ravalli Autori Guidogiorgio Bodrato Simone Cattaneo Giacomo Conti Vittorio Maiorana Enrico Nano Rebecca Ravalli Pietro Raviola Giovanni Guido Rossi marzo 2012 - numero 3 Maria Varvyanskaya Grafica copertina Fabio Camèra L’associazione Ass. Culturale Osservatorio dell’Asia Orientale. Via Palmieri 25, Torino, 10138, Italia. C.F./P.IVA 97748700016 www.osservatorioasiaorientale.org Contattaci a [email protected] Tel: +39 3936327215/ +39 3925303098 1 n°3 In questo numero: 4 Le tre vite di Xi 6 Cina e ordine sociale tra sinocentrismo e “comunismo” 8 Through the lens of the chinese language 11 Cina: terra rara 14 SEZ: una prospettiva nordcoreana 18 Il valore di un nordcoreano all'estero 19 La politica industriale giapponese: Zaibatsu, Keiretsu e third wave 22 Wikileaks ed il Giappone: quando si arriva troppo tardi 24 Un’elezione, due sistemi pag. 14 pag. 18 pag. 19 pag. 4 pag. 24 Seguici sul nostro sito www.osservatorioasiaorientale.org, iscriviti alla Newsletter e cerca ‘Osservatorio dell’Asia Orientale’ su Facebook l’osservatore - marzo 2012 2 3 Le tre vite di Xi di Guidogiorgio Bodrato La visita negli USA del vice-presidente cinese Xi prevedeva oltre ad un incontro con il presidente Obama, una partita di basket dei LA Lakers e una breve visita a Muscatine, una minuscola cittadina dell Iowa dove Xi aveva soggiornato nel 1985 come parte di una delegazione per l'allevamento. Il programma della visita suggerisce come Xi stia modellando un'immagine di sé ben diversa dall'attuale presidente cinese, Hu Jintao. Xi Jinping guiderà la Cina nel prossimo decennio. Xi ha 58 anni e come molti altri astri nascenti della politica cinese è cresciuto nell'era di riforme economiche e di apertura di Deng Xiaoping. Indicativo dell'imminente rinnovo generazionale della politica cinese è il rapporto di Xi con l'Occidente. Mentre il primo viaggio di Hu negli Stati Uniti risale solamente al 2002, Xi e i suoi coetanei hanno visitato molte volte gli USA e addirittura la figlia di Xi studia nell'Università di Harvard. Lo Xi studente. Nato nel Giugno del 1953, suo padre aveva preso parte alla Lunga Marcia e aveva scalato le gerarchie del Partito fino ad arrivare ad essere vicepremier. A quindici anni, travolto dalla rivoluzione culturale, il giovane Xi venne mandato nella provincia nord-occidentale di Shaanxi per essere educato dalle masse proletarie. Nonostante avesse criticato apertamente la rivoluzione culturale, Xi si iscrisse al Partito. Le conoscenze della famiglia gli assicurarono un posto nell'Università di Tsinghua seguito da un periodo come segretario di un potente generale dell'Armata di Liberazione Popolare, Geng Biao. l’osservatore - marzo 2012 4 Lo Xi funzionario. Finito questo periodo di istruzione, Xi si dedicò alla politica, cominciando da una posizione di rilievo nella provincia di Habei. Nel 1985, dopo il viaggio in Iowa, venne trasferito nella più ricca provincia del sud di Fujian. Qui, nelle provincie costali della Cina meridionale, costruì la sua carriera, scalando le gerarchie del Partito e creandosi la fama di leader capace di adottare nuove idee, costruendo aziende e concludendo accordi con investitori esteri. Dopo uno scandalo per corruzione nel 2007, Xi sostituì il segretario di partito Chen alla guida della città di Shangai. Dopo poco più di sei mesi, fu nominato membro del Politburo, l'organo di direzione politica della Cina, e successivamente vice presidente della commissione militare centrale, suggerendolo come probabile successore del presidente Hu. Lo Xi Presidente? Quale sarà l'approccio di Xi come presidente rimane un enigma. Nonostante la sua confidenza nelle relazione oltreoceano, niente prova che cercherà una politica distensiva. "Ci sono alcuni ricchi stranieri che non hanno niente di meglio da fare che interferire con le nostre questioni interne. La Cina, primo, non esporta rivoluzioni. Secondo, non esporta fame e povertà. Terzo, non causa problemi a nessuno. Cos'altro c'è da dire?" ha dichiarato durante una visita in Messico nel 2009. In ogni caso, cercare di scorgere in Xi i punti dell'agenda politica della Cina per il prossimo decennio è ingannevole e nasconde la vera natura del sistema politico cinese. Lui sarà "primo fra pari" all'interno del Politburo e sarà espressione della volontà dei nove membri del comitato. In più, Hu e gli altri membri della precedente generazione di funzionari del Partito continueranno ad avere influenza. Inoltre, nel 2011 è stato approvato un piano quinquennale e, in un sistema come quello cinese fondato sulla continuità, difficilmente un l’osservatore - marzo 2012 5 cambio della leadership provocherà un immediato cambio di direzione. Xi probabilmente seguirà le politiche previste dal piano quinquennale di Hu, cementando nel frattempo la propria posizione e quella del nuovo comitato, influenzando la politica cinese con le proprie idee in un secondo momento. Cina e ordine sociale tra sinocentrismo e “comunismo” di Rebecca Ravalli Ogni società, in ogni tempo e in ogni luogo, ha delle regole proprie fondamentali su cui i consociati basano i propri rapporti rendendoli continui, prevedibili e, soprattutto, pacifici. Questo insieme di regole fondamentali è ciò che viene comunemente definito come ordine sociale. Se da un lato si concorda sull'indispensabilità dell'ordine sociale per la costituzione di una società equilibrata, dall'altro troviamo diverse possibilità circa la forma che tale complesso può assumere, non trattandosi, infatti, di norme positive bensì di regole che derivano da una specifica visione del mondo e da un determinato modo di concepire le relazioni umane. Ciò che si tenterà di fare in questo breve articolo è capire come la civiltà cinese concepisca l'ordine interno ed esterno e se questa visione sia mutata nel corso dell'evoluzione storica. I due aspetti analizzati sono la concezione tradizionale di ordine globale e il concetto di legge, in particolare nella Cina dell'antichità. Concezione tradizionale di ordine globale Sinocentrismo: è questa la parola che riassume in sé l'atteggiamento della Cina nel sistema di relazioni con altri popoli. L'Impero, infatti, nonostante dalle altre popolazioni dell'Asia occidentale venisse considerato un territorio ai confini del mondo (da qui la comune definizione di “Estremo Oriente”), si riteneva il centro civilizzato di un grande stato universale chiamato Tianxia, che significa “tutto sotto il Cielo”, guidato dal “Figlio del Cielo”, ossia l'Imperatore, il quale incarnava la figura di padre della comunità cinese, discendente dall' Imperatore l’osservatore - marzo 2012 6 Giallo e superiore ad ogni altra civiltà per il suo grado di sviluppo culturale e civilizzazione. Questo senso di superiorità non veniva manifestato, come in occidente, attraverso la conquista bellica e l'espansionismo territoriale, ma mediante un processo di integrazione delle popolazioni barbare, ossia quelle popolazioni ritenute “sottocivilizzate” che dovevano cooperare e adottare tradizioni e costumi cinesi per elevare il proprio livello di civilizzazione ed essere considerate appartenenti alla grande comunità cinese. All'interno della società cinese, invece, vigeva un rigido sistema gerarchico-patriarcale al cui apice risiedeva l'Imperatore, il solo legittimato a governare su Tianxia sulla base di un mandato conferitogli da una divinità celeste. Così, il comportamento dell'Imperatore era l'unico perfettamente virtuoso e rispettoso delle norme rituali del li e doveva essere imitato da tutta la comunità poiché solo la conformazione alla sua diligenza poteva rendere grandioso e potente l'Impero cinese. Il rispetto del li, inoltre, comportava una suddivisione in classi della società tanto rigida da non consentire mai il passaggio da uno status all'altro. Così, se l'ordine sociale verso l'esterno pone al centro Tianxia, quello interno pone al centro l'Imperatore; se Tianxia è superiore ad ogni altra civiltà, l'Imperatore è superiore ad ogni altro soggetto della comunità. Ruolo della legge Negli ultimi trent'anni la Cina, attraverso numerose riforme, ha trasformato il proprio diritto da filosofico-tradizionale a positivo (intendendo per positivo il diritto posto dallo Stato, presente in ogni ordinamento occidentale). Il diritto, infatti, sorge in Cina strettamente connesso alla dottrina di Confucio per cui l'ordine sociale si basa sul mantenimento della pace e dell'armonia, cosicché il singolo individuo deve imparare ad interiorizzare le regole del buon comportamento del li attraverso un accurato percorso educativo. La legge vera e propria, il fa, trova applicazione solamente se il processo di educazione fallisce ed è necessaria una sanzione, dunque il concetto di legge è collegato a un evento negativo: la perdita della virtù. Per evitare che il singolo fallisca nella sua educazione egli ha bisogno di una guida, di una figura “paterna” che gli dia il buon esempio: l'Imperatore. Lo scopo, dunque, non è far sì che gli individui seguano l’osservatore - marzo 2012 7 delle regole per timore di una punizione ma fare in modo che essi si comportino sempre secondo coscienza e secondo il proprio spirito conformemente ai principi virtuosi del li, unica via per evitare che ciascuno cerchi di realizzare i propri interessi egoistici, antagonisti della virtù e del valore del culturalismo sinico. L'opposizione tra interesse privato e interesse pubblico è alla base delle numerose incomprensioni e dei crucci che suscita in noi occidentali il sistema odierno cinese, basato sul paradosso di uno stato comunista con economia di mercato, chiamato “Repubblica Popolare” in cui la partecipazione popolare è pressoché assente (perlomeno per gli standard occidentali), la generale accettazione di un regime dittatoriale (anche se le ribellioni ci sono e, come in ogni dittature che si ricordi, sono represse nel sangue) che riconosce solo formalmente i diritti umani ma in verità, proprio per l'impostazione di ordine basata su obblighi e doveri piuttosto che sui diritti, non trova reale affermazione. Questi dubbi trovano una risposta, anche se può non piacere, nella concezione tradizionale cinese di diritto, in cui l'individuo impara a rinunciare ai propri interessi particolari per il bene della collettività: forse il “comunismo” in Cina affonda le sue radici ben prima dell'avvento del Maosimo. Through the lens of the chinese language di Maria Varvyanskaya Imagine yourself studying the Chinese language: you are learning characters that seem unreadable at first sight, you sound like singing a continuous melody while speaking. It's an amazing picture, isn't it? When I attended a lecture on Chinese for the first time, I was profoundly impressed, as if I found myself in another world. Without a doubt, the Chinese language is very exotic. It is one of l’osservatore - marzo 2012 8 the most ancient and hardest languages on our planet. Furthermore, it has got the oldest writing system still in use today and a distinctive phonetic system involving the four main tones. The staggering fact is that these linguistic distinctions influenced the Chinese way of thinking. They also gave a boost to the emergence of some national character traits and particular psychological attitudes. However, in its turn the language was influenced by the Chinese culture. As an example of cultural influence can be the fact that in the Chinese language there is a good amount of expressions containing the word ''tian''(天), which means ''sky, heaven''. The presence of this word in the language expressions is associated with such an Ancient Chinese cult as ''Heaven worship''. People regarded the heaven as something presenting the World Order and enabling every living thing to grow. This belief created a peculiar world-outlook in which the heaven was considered to exert a large influence on the destiny of the government and people. Thus, the expressions with ''tian'' have a deep sense. Let's take the second name of China ''Tian Xia''(天下) for example. It literally means '' under the sky''. Since the Chinese people were always proud of their country, they linked its name with ''the heaven'', the holiest thing for them. Since then China started to be considered as ''a country under the warship of the heaven''. It should be noted that the devotion to own culture became a reason for the emergence of some expressions and ''linguistic rules''. In particular, they are connected with the Chinese ethical and philosophical system – Confucianism. One of Confucian ideas is a respectful attitude towards elders. Therefore, to address a person there is a rule to use the words ''Da''(大) meaning ''big'' and ''Xiao''(小) meaning ''little''. They must be put before a family name. These words indicate the age and the status of your interlocutor. For example, ''Da'' is used when turning to a person older than you, and ''Xiao'' is used when addressing to a person younger than you. And, last but not least, if you communicate with a familiar elderly person, you should add the word ''Lao'' before a family name. ''Lao'' means ''old and wise'' and expresses your high esteem for the person. It's worth bearing in mind that Confucianism gave rise to the appearance of l’osservatore - marzo 2012 9 expressions on the theme of family. The philosophical system had a fundamental effect on the flourishing of family life. In Ancient China family was recognized as the basic core of the society, and divorces were condemned and forbidden. There's a good example to show how family ties were important for the Chinese people. The expression ''Da ba dao''(打八 刀) means ''get to divorce''. However, the literal translation which is ''beat eight knives'' can help to figure out the meaning that Ancient Chinese people wanted to stress. ''8'' is considered as a lucky number in China, so the sense of the phrase ''beat eight knives'' is to refuse luck and break happiness. In this way Chinese people described a person who was going to divorce. Apart from cultural influence on the language, Chinese itself created cultural phenomena, through which the Chinese philosophy of life was shaped, once and for all. Some of these phenomena are superstitions. Their appearance is connected with the fact that in the Chinese language there are words that share the same spelling and the same pronunciation but have different meanings. In linguistics such words are called homonyms. For instance, the word ''leave-taking'' (离- ''li'') and the word ''pear''(梨 - ''li'') are phonetically similar. It led to a superstition saying that if friends and loving people share a pear with each other, they will inevitably become separated and leave each other for ever. The presence of homonyms in Chinese mostly resulted in superstitions concerning numbers. For example, number 8 (八 - ''ba'') and the word ''grow rich'' (发 - ''fa'') sound alike. People believe that if you are surrounded by this number, you’ll have a great chance to get lucky and become very rich. Interestingly, Company ''Continental Airlines'' took advantage of this opportunity and run a flight № 88 from Beijing to Newark costing 888$. Undoubtedly, they made a good business decision. Not only ''8'' but ''9'' (九-jiu) is also a lucky number, because the homonym of this word is ''longevity''(久-jiu). Number 9 was always associated with emperors. According to the legend, the Chinese imperial palace ''The Forbidden City'', served as the home of emperors, consists of 9999 rooms. Number 4(四''si''), on the contrary, is regarded as an unlucky number, because it sounds similar to the word for ''death''(死- ''si''). The fear of ''4'' is so l’osservatore - marzo 2012 10 common in China, as this floor number is often skipped in buildings, ranging from hotels to offices and apartments, as well as hospitals. Even vehicle registration plates containing ''4'' are considered to bring bad luck to their owners. The main conclusion to be drawn is that the Chinese way of thinking is very outstanding. The reasons for this fact are cultural and linguistic features, upbringing peculiarities and even widely divergent kinds of writing. As Confucius once said: I don't get upset if people don't understand me – but I get upset if I don't understand them. It's not always easy to reach an understanding, especially, with strangers, but nobody says that it's impossible. As a rule, the first step to comprehension is learning the language. However, not everybody can afford to do it. Anyway, it's also important just to gather information about some aspects of their culture in order to establish successful contacts with Chinese people. This article comprises examples of some cultural and linguistic aspects, which will help you to understand Chinese people and their intentions better. Cina: terra rara di Enrico Nano Telefonini, fibre ottiche, semiconduttori. Leghe particolari, sistemi missilistici, batterie di razzi e cannoni. Ma anche pannelli solari, sistemi di levitazione magnetica dei treni e turbine delle pale da energia eolica. Che cos’hanno in comune molte delle produzioni industriali d’avanguardia, delle tecnologie militari e di quelle ambientali? La loro fabbricazione China’s Quotas for Rare Earth Production and Export, 2007-2010 (1,000 tons) - Source: Ministry of Commerce of PRC. dipende dalla disponibilità di minerali rari, le materie prime del futuro. La loro diffusione nel sottosuolo ed estrazione è modesta, ma se ne prevede una forte crescita l’osservatore - marzo 2012 11 di utilizzo nei prossimi anni. I principali sono 17: prometio, litio, platino, cobalto, flourite, gallio, germanio, grafite, titanio, magnesio, niobio, palladio, ittrio, scandio, neodimio, tungsteno e le terre rare. Il neodimio, per esempio, è l'elemento essenziale per la produzione di batterie e motori delle auto ibride o elettriche, per l'hardware dei computer, per i cellulari e per le telecamere. In campo militare, con il neodimio sono costruiti i magneti che azionano le ali direzionali dei missili di precisione. Con l'ittrio si producono invece le fibre ottiche e le lampadine ecologiche, lo scandio è la materia prima dell'illuminazione da stadio, mentre il prometio serve per le apparecchiature mediche di ultima generazione. La particolarità geografica ed economica sta nel fatto che gran parte di questi minerali viene estratto o commerciato dalla Cina. Infatti il suo sottosuolo contiene, rispetto alle risorse mondiali, il 95% di terre rare (elemento base per le nanotecnologie, le lampade a basso consumo, i motori ibridi), l’87% di antimonio (usato per i semiconduttori), l’84% di tungsteno (necessario nelle leghe avanzate), l’83% di gallio (base delle celle fotovoltaiche), il 79% di germanio (fondamentale nelle fibre ottiche) ed il 60% di indio (usato nelle celle fotovoltaiche). Con queste percentuali la Cina schiaccia gli altri sette fortunati: USA, Russia, Repubblica Democratica del Congo, Cile, Brasile, Sud Africa e Australia sono infatti caratterizzati dalla presenza di uno o al massimo due minerali rari. I principali importatori sono: Hong Kong, Giappone, USA, Corea del Sud e Singapore. Alcuni di questi paesi a loro volta riesportano i minerali. Gli Stati Uniti, ad esempio, importano da Pechino ben il 75% del loro fabbisogno di questi preziosi elementi. La Cina si trova quindi in una posizione dominante e mostra tutte le intenzioni di far leva sul suo potere e su un ruolo che si avvicina a quello di monopolista nel settore dei minerali rari, per obbligare il resto del mondo ad accettare le proprie condizioni: non solo un trasferimento di capitali per il loro acquisto ma soprattutto la cessione di segreti industriali dai Paesi sviluppati. Se da un lato la Cina è divenuta da tempo un grande consumatore di minerali rari per la sua corsa violenta verso lo sviluppo tecnologico, dall’altro l’Europa è totalmente dipendente in termini di importazione: è priva della maggioranza di questi prodotti di base e non possiede l’osservatore - marzo 2012 12 nemmeno una delle dieci maggiori aziende minerarie mondiali che ne gestiscono le estrazioni. La situazione sta diventando sempre più delicata perché, negli ultimi 5 anni, il Governo cinese ha ridotto le esportazioni di minerali rari in media dell’8% l’anno, negoziando prezzi sempre più alti nel mercato internazionale. Il governo di Pechino spiega che queste riduzioni servono a riordinare l’industria e consolidarla. Se saranno mantenuti gli attuali tassi di crescita dei consumi a livello mondiale, i rischi cominceranno a farsi sentire entro i prossimi venti anni. Come se non bastasse, nel giugno 2010, la Cina ha nazionalizzato tutta l’attività estrattiva di questi materiali critici, adducendo la scusa che apparentemente l’estrazione delle terre rare avveniva in maniera fraudolenta. Molti di questi metalli vengono estratti in condizioni di lavoro e ambientali spesso disastrose. In realtà, alcuni diplomatici occidentali a Pechino sospettano che la mossa serva ad aprire una complicata trattativa con l’Occidente per il trasferimento alla Cina di nuova tecnologie energetiche. Per la Cina, infatti, la questione dei minerali è la chiave per la sostenibilità di uno sviluppo di lungo periodo. Continuare a espandere l’economia cinese significa dover soddisfare un bisogno crescente di energia, con la conseguenza dell’aumento del prezzo del petrolio. Al fine di limitare le importazioni la Cina avrebbe bisogno di tecnologie per il risparmio energetico, che sono in mano ai Paesi sviluppati, in particolar modo agli USA, che a loro volta necessitano dei metalli rari cinesi. Pechino deve importare sia energia che tecnologia per risparmiare energia. Il prezzo e la fornitura sul mercato di questi minerali allora diventano per Pechino un punto di leva per ottenere dagli Stati Uniti brevetti e diritti a prezzi e condizioni migliori. Washington è a sua volta interessata a cedere queste tecnologie poiché tali cessioni potrebbero innescare una ripresa industriale che parta da questo settore e tiri il paese fuori dalla crisi l’osservatore - marzo 2012 13 economica. Tuttavia gli USA sono anche attenti a capire le condizioni e le garanzie ad ampio raggio di protezione dei brevetti ma anche di sicurezza di questo trasferimento tecnologico. Negli ultimi anni sono state bloccate le estrazioni (ad esempio a Mountain Pass, California) in nome della tutela ambientale, richiesta anche dai cittadini californiani. I minerali rari sono infatti spesso uniti a sostanze radioattive e le miniere inquinano le acque dell'area circostante: servirebbero tecnologie di tutela della salute dei minatori e di preservazione dell’inquinamento delle acque dei fiumi, che comportano però investimenti molto elevati. In Cina questi aspetti di tutela ambientale e della salute dei minatori non sono considerati e il governo procede senza indugio nell’estrazione di queste nuove risorse strategiche. SEZ: una prospettiva nordcoreana di Pietro Raviola La Corea del Nord: una sconosciuta terra infelice, di aspetto sinistro e minaccioso, inconcepibilmente votata all’isolamento ed al perseguimento di ideali appartenenti ad un mondo estinto; un Paese canaglia, fossile della guerra fredda, posto ai margini di una delle aree del mondo a dinamismo politico ed economico più elevato. E’ generalmente questo il punto di partenza di coloro che, per la prima volta, si interrogano sull’esistenza della Corea del Nord. In primo luogo occorre chiarire un aspetto: non è possibile parlare di Corea del Nord senza focalizzare l’attenzione sul contesto internazionale in cui interagisce la DPKR. In quest’ottica lo studio delle fattispecie in cui si concretizzano le relazioni internazionali risulta di strategica importanza per rispondere alla domanda: la Corea del Nord è davvero isolata? Partiamo dai dati. Ad oggi circa 150 paesi, tra cui Canada, Regno Unito e Italia, mantengono rapporti ufficiali con Pyongyang, mentre le rappresentanze diplomatiche annoverano molti paesi del sud est asiatico, la Cina, la Russia e, inaspettatamente, Svezia e Germania. Molti sono i tratti che ci impediscono di definire la DPKR un Paese isolato e tra questi vi è anche una situazione economica disperata, zavorrata dalla quasi totale assenza di un sistema produttivo e, per tanto, l’osservatore - marzo 2012 14 dipendente dagli aiuti esterni. L’impossibilità di avviare riforme economiche sul modello cinese, per evitare di esporre la popolazione ad un’immagine di crescita e ricchezza troppo vicina al modello sudcoreano, e per tanto ritenuta destabilizzante per il regime, ha spinto i vertici del Partito dei Lavoratori Coreani ad adottare soluzioni alternative come l’apertura delle Special Economic Zones, le SEZ nordcoreane. Una sez è una regione geografica in cui vigono particolari condizioni fiscali e amministrative favorevoli all’investimento di capitali, in particolare stranieri, in attività produttive. L’obiettivo dei vertici nordcoreani era quello di creare micro realtà di capitalismo industriale in alcune aree periferiche del Paese, grazie all’incontro d’ investimenti esteri e manodopera nazionale a basso costo, in modo da rilanciare un’economia agonizzante, limitando al contempo gli effetti sociali, che riforme economiche su più vasta scala, avrebbero comportato. Dal 1991 a oggi, sono stati realizzati tre Inaugurazione SEZ Hwanggumpyong. esperimenti di questo tipo: a Raseon, regione vicino al confine con Cina e Russia, a Hwanggumpyong, isola nei pressi di Sinuiju sul fiume Yalu, a Kaesong nei pressi della zona demilitarizzata al confine con la Corea del Sud. Raseon, la prima delle sez, fu istituita nel ’91 con la speranza di attirare investimenti per due miliardi di dollari, non solo per l’avviamento di realtà industriali ma anche per la creazione di infrastrutture. A causa della voluta lontananza dalle zone più abitate e alla quasi totale mancanza d’ infrastrutture, Raseon è divenuta un luogo di contrattazione per mercanti nordcoreani interessati all’importazione di merci cinesi, trasformandosi successivamente in un’isola felice per il gioco d’azzardo grazie alla creazione di un casinò, chiuso su pressione delle autorità cinesi. Il risultato fu un colossale disastro che ha visto in poco più di vent’anni l’osservatore - marzo 2012 15 l’investimento dell’irrisoria cifra di 35 milioni di dollari. In tempi recenti si è nuovamente tornati a pensare a Raseon come un possibile sbocco sull’oceano per le merci provenienti dalla Manciuria, opzione che farebbe risparmiare ai produttori cinesi milioni di dollari di trasporti. Ancora più disperato è il caso di Hwanggumpyong. Per dotare la nuova sez degli strumenti necessari ad un funzionamento efficiente, nel 2002 Pyongyang diede il via ad una colossale operazione di trasferimento di popolazione: 350.000 abitanti della vicina città di Sinuiju vennero trasferiti in blocco nelle zone interne, per lasciar posto a 200.000 lavoratori modello, in grado, secondo il Partito, di poter beneficiare dei frutti del capitalismo, senza venir meno alla fede e all’obbedienza nei confronti delle autorità nordcoreane. La regione è stata resa autonoma dal punto di vista normativo e amministrativo e si paventò persino l’idea di accettare la giurisdizione di giudici internazionali in Stazione di Kaesong costruita con capitali sudcoreani. caso di dispute. A dirigere la sez, fu posto a sorpresa un industriale cinese, con passaporto olandese, Yang Bing, incarcerato, in seguito, dalle autorità cinesi per evasione fiscale. Tanti sono i motivi per cui il progetto è fallito. Nonostante un iniziale interesse cinese per la manodopera nordcoreana a basso costo (15-20 $ al mese), il governo di Pechino ha fatto intendere di non desiderar la creazione di aree di concorrenza lungo il confine con la Corea del Nord. Inoltre, non sono molte le imprese cinesi che hanno autonomamente scelto di avviare una parte della loro produzione nella sez di Hwanggumpyong , a causa dell’elevata componente di rischio legata ad investimenti effettuati in uno dei paesi più “imprevedibili” al mondo. La politica delle sez non ha portato unicamente fallimenti, grazie al rapido sviluppo che ha conosciuto il distretto industriale di Kaesong, l’osservatore - marzo 2012 16 dove, almeno in campo produttivo, le due Coree hanno avviato una proficua collaborazione, che vede operare sinergicamente capitali provenienti da Seul e forza lavoro a basso costo selezionata dal governo di Pyongyang. Questo esperimento, che si concretizza in un’inaspettata joint venture tra due paesi ufficialmente ancora in guerra, ha portato grandi vantaggi da entrambe le parti. Se da un lato i sudcoreani beneficiano di grande risparmio in termini di costo del lavoro, dall’altro i nordcoreani ottengono grandi vantaggi in campo di salari ed investimenti. I redditi mensili (30-35 $) dei 47.000 lavoratori di Kaesong sono circa il doppio rispetto alla media nazionale, mentre le imprese sudcoreane presenti sono circa 120, per un volume di produzione totale pari a 323.3 milioni di dollari nel 2010. Due sono i fattori che hanno determinato il successo della sez di Kaesong. In primo luogo gli investimenti non hanno riguardato solo il sistema produttivo, ma anche le infrastrutture per il trasporto, tra cui ricordiamo l’autostrada che collega il distretto nordcoreano alla Corea del Sud, tramite un check-point nella zona demilitarizzata. La presenza d’infrastrutture è stata determinante per trasformare un progetto in via di declino, in una realtà economica straordinaria in relazione al contesto in cui si è sviluppata, grazie al progressivo aumento di nuove imprese interessate ad effettuare investimenti in Corea del Nord. In secondo luogo, tali imprese hanno beneficiato, da parte del governo sudcoreano, di notevoli agevolazioni in termini fiscali e di finanziamento, come incentivo ad assumere i rischi derivanti da investimenti in un Paese dalle politiche imprevedibili, come la Corea del Nord. Come spiegare questo comportamento da parte delle autorità di Seul? Sicuramente l’esperienza di Kaesong non rappresenta un presupposto per la stipulazione di un trattato di pace che ponga finalmente termine alla guerra di Corea, ufficialmente ancora in corso, ma costituisce un elemento di solidità all’interno di rapporti percepiti, da entrambe le parti, come instabili e incerti. l’osservatore - marzo 2012 17 Il valore di un nordcoreano all'estero di Giacomo Conti Viene dall'Inghilterra ed in parte la riguarda la notizia della scoperta di una filiale produttiva della Edinburgh Woolen Mill ad Ulan Bator, in Mongolia, che utilizza manodopera nord coreana. Lo “scoop”, per così dire, è stato riportato da un reporter investigativo alla BBC, che ne ha fatto oggetto di una puntata di un suo programma. L'apparente insignificanza della notizia non deve trarre in inganno, ed è anzi enormemente importante come indice della terribile situazione economica in cui versa il regime nordcoreano. Un paese così chiuso, repressivo e controllato come la Corea del Nord pare infatti giunto al punto di acconsentire, seppur di pochissimo, ad una certa emigrazione della forza lavoro da sé ad altri paesi. L'idea di autarchia, di autosufficienza (juche) nordcoreana sembra essere derogata da questa anomalia, eppure le cose non sono esattamente tali. Gli operai nordcoreani, un'ottantina, “non si lamentano, lavorano duro e sono anzi piuttosto capaci”, dichiara il direttore della filiale Mongola. Ma il denaro spettante per il lavoro duro e senza lamentele non è consegnato loro: quel che viene pagata, in Campo di lavoro nordcoreano in Siberia. realtà, è l'industria leggera Photos by Jason Mojica. Nord Coreana, che poi dovrebbe ridistribuire quel salario. Nessuno tuttavia sa come ciò venga fatto, né se sia in definitiva vero. Le paghe raggiungono le duecento sterline al mese: questo è il guadagno potenziale ricavato dal lavoro di un operaio nordcoreano “espatriato”. l’osservatore - marzo 2012 18 Quello reale è probabilmente nullo. La notizia è sintomatica dei problemi gravissimi che affliggono l'economia nordcoreana. Il fatto che venga messa da parte quella chiusura, che poi è la vera forza ed il vero collante del regime della DPRK, mostra senza ombra di dubbio la necessità di superare gli embarghi per trovare e guadagnare ricchezza altrove con metodi “alternativi”. Non è la prima volta che si sente di tali storie. Già nel 2009 si era scoperto che alcuni nordcoreani lavoravano in una falegnameria nelle parti più ad est della Russia. Anche in quel caso, i soldi andavano direttamente ad istituzioni governative della Corea del Nord, e non ai lavoratori. Nessuno si è mai interessato approfonditamente di cosa ne venisse fatto poi di quel denaro. “Not in our intrerest” è stata una delle risposte più gettonate da parte dei dirigenti interpellati. Insomma, finché la manodopera lavora “duro e senza lamentarsi” non c'è ragione di preoccuparsi più di tanto. Malgrado le condizioni di lavoro che non si esiterebbe a definire “assurde” nel nostro modo di pensare, l'idea di andare fuori dalla Nord Corea è molto cara a numerosi nordcoreani che competono per conquistare questo “posto di lavoro” all'estero. Ad inizio 2011, durante un forum riguardante la Nord Corea tenutosi a Seoul, un esperto suggerì addirittura che non si lesinasse corruzione ed altri metodi “discutibili” pur di raggiungere questo agognato lavoro. Il Dipartimento di Stato americano ha calcolato che potrebbero esistere più di centomila lavoratori nordcoreani come questi dislocati in Russia, Cina e Mongolia. La politica industriale giapponese: Zaibatsu, Keiretsu e third wave di Giovanni Guido Rossi Nel corso dell’ultimo decennio, a seguito della “lost decade” giapponese, uno dei dibattiti più importanti e pressanti sviluppatisi nel paese “del Sol Levante” ha riguardato la politica economica e soprattutto industriale. Il dibattito ha coinvolto soprattutto quelle che sono peculiarità strutturali dell’industria nipponica e un’eventuale terza evoluzione (third wave) l’osservatore - marzo 2012 19 dell’economia dell’arcipelago. I tratti più caratteristici dell’economia e della società giapponesi, che la differenziano da quelle occidentali, sono sicuramente il paternalismo ed il militarismo, declinati in un fordismo che investe la vita del dipendente dalla culla alla tomba, il primo; e in una forte organizzazione gerarchica delle industrie, il secondo. Entrambi questi aspetti si riscontrano molto bene in entrambe le strutture industriali che hanno segnato la storia economica del Giappone: Zaibatsu e Keiretsu. Le Zaibatsu, abolite subito dopo la seconda guerra mondiale per ordine del generale MacArthur (comandante supremo per le potenze alleate), hanno rappresentato gli attori dominanti sulla scena economica giapponese dalla rivoluzione Meiji alla seconda guerra mondiale e hanno contribuito all’industrializzazione del paese ed alla creazione dell’Impero Giapponese. Le Zaibatsu erano degli enormi gruppi industriali, attivi, tramite le proprie aziende, in quasi tutti i settori dell’economia, controllati da una holding company in mano ad una delle grandi famiglie dell’aristocrazia industriale. Le Shidai Zaibatsu ( le 4 grandi Zaibatsu: Mitsubishi, Mitsui, Sumitomo e Yasuda) controllavano interi settori dell’economia dando vita a veri e propri monopoli oltre ad essere profondamente legate agli apparati governativi e militari; per esempio è noto che la Mitsui fosse molto vicina agli ambienti della Marina Imperiale così come la Mitsubishi a quelli dell’Esercito. Esse erano strutturate in modo verticale. Al vertice stava la holding company di proprietà della famiglia, il consiglio di amministrazione della holding, composto dai dirigenti delle aziende controllate, era il luogo di decisione e, soprattutto, di coordinamento delle varie attività svolte dal gruppo. Questo meccanismo permetteva di impostare strategie di mediolungo periodo e di raggiungere obiettivi che le singole aziende, da sole, non avrebbero potuto raggiungere oltre a creare una rete di sostegno l’osservatore - marzo 2012 20 alle società in difficoltà. Questa struttura rendeva le Zaibatsu molto competitive non solo sul mercato nazionale, ma anche su quello internazionale potendo disporre di risorse molto ingenti. Dopo il 1945, gli Stati Uniti decisero di smantellare la prassi delle Zaibatsu e di rendere il sistema economico giapponese più libero e competitivo. Sedici Zaibatsu furono smantellate, le holding companies eliminate e furono vietati i consigli d’amministrazione comuni a più società. Nonostante ciò, le caratteristiche peculiari della società nipponica portarono ad un’evoluzione diversa rispetto a quelle che erano le aspettative degli USA. Le varie società, infatti, tesero a riorganizzarsi in grandi gruppi a struttura orizzontale: le Keiretsu. La struttura della Keiretsu si estrinseca in un vincolo meno solido rispetto al legame di proprietà proprio della Zaibatsu. Le società che compongono la Keiretsu, infatti, non appartengono alla stessa holding company ma sono, piuttosto, “alleate”. Quest’alleanza consiste in canali preferenziali di credito, di fornitura o di distribuzione, reciproca, nomina di dirigenti e possesso incrociato di pacchetti azionari. Il ruolo centrale della Keiretsu è occupato, solitamente, da una banca che procura le risorse finanziarie e, di fatto, dirige e coordina le attività del gruppo. Anche in questo caso è preservata la capacità di impostare strategie di lungo termine e di proteggere le società da rovesci improvvisi e fatali. Nonostante ciò nel decennio appena trascorso molte Keiretsu si sono dovute rivolgere al mercato estero per risolvere i propri problemi finanziari che non erano più in grado di affrontare da sole. Questa crescente difficoltà del sistema economico ha fatto sorgere il dibattito sulla “third wave” dell’economia. Sulla scia dell’evoluzione del capitalismo mondiale l’idea sarebbe quella di rendere il mercato giapponese più libero e fluido, come volevano gli americani nel ’45. Riuscirà l’economia nipponica a modificarsi e ad entrare nell’alveo del capitalismo à la occidentale oppure preferirà, ancora una volta, innovare nella tradizione? l’osservatore - marzo 2012 COREA DEL NORD 21 Wikileaks ed il Giappone: quando si arriva troppo tardi di Simone Cattaneo Nel corso degli ultimi anni, il diritto internazionale è stato stimolato da interessanti sfide che la sfera dell’attualità ha generato con ritmo indefesso. Una delle cartine di tornasole di questo trend è Wikileaks, realtà cruciale sul versante atlantico ma non meno impattante in Europa centro orientale ed in Asia: il Sol Levante è potuto entrare nel mirino mediatico dell’organizzazione internazionale senza scopo di lucro1 di Julian Assange in virtù del disastro dell’11 marzo 2011 di Fukushima Daiichi, grazie ad un articolo pubblicato dal Telegraph il 15 marzo2 su alcuni cables americani risalenti a tre anni prima, “catturati” proprio da Wikileaks: nel dicembre 2008, un ufficiale dell’IAEA (International Atomic Energy Agency) afferma che le misure di sicurezza adottate dall’amministrazione giapponese sono vecchie e sufficienti solo ad affrontare terremoti di 6,5 Magnitudo (Fukushima sarà vittima di un Magnitudo 9.0). Le rivelazioni risalenti a dicembre registrano una consistenza nei fatti molto più attendibile se inserite nel contesto di altri cables, sempre intercettati dal team di Assange, di soli due mesi prima: l’ambasciatore J. Thomas Schieffer è l’autore di un dettagliato rapporto diplomatico del 27 ottobre 2008, relativo alle dichiarazioni del membro della Lower House del Diet giapponese Taro Kono. Il parlamentare, in occasione della conferenza Energy Attache del 21 ottobre dello stesso anno, ha denunciato la solerzia con cui le compagnie elettriche giapponesi nascondessero gli ingenti costi per il mantenimento e la sicurezza degli impianti nucleari, dichiarando di impegnarsi nella direzione di una economica gestione delle risorse in virtù di un piano di riciclaggio dell’uranio: Kono sostiene che per effettuare questo riciclaggio, è necessario attivare i Fast Breeder Reactors (FBR), spenti dal 1995 in seguito ad un grave incidente. È proprio a causa della mancata adozione di questa tecnologia che le l’osservatore - marzo 2012 22 bollette giapponesi aumentarono, a causa dell’applicazione del MOX, il Mixed Oxide fuel program, che secondo il parlamentare avrebbe reso più economico l’acquisto di «una montagna di uranio in Australia». Egli avrebbe anche ottenuto un’intervista divisa in tre parti sull’emittente nazionale per denunciare queste dinamiche, ma fu cancellata negli ultimi giorni in seguito alla minaccia delle majors elettriche di annullare i contratti pubblicitari. Nelle interessanti pagine del cable si nota come la critica muova dal piano tecnico ad uno sempre più politico-strategico: decisamente non di giubilo sono le parole che Taro Kono riserva per il Ministero dell’economia, del Commercio e dell’Industria (Ministry of Economy, Trade and Industry, METI), accusato di aver cestinato i disegni di legge per una più strutturale apertura alle energie alternative, con il solo scopo di approvare il Renewables Portfolio Standards (RPS), che limitava drasticamente la percentuale di energia che le compagnie avrebbero dovuto acquistare da fonti alternative. Oltre a coprire incidenti nucleari, il METI è accusato di ostracizzare, attraverso le compagnie elettriche, l’uso dell’eolico: gli impianti di Hokkaido e Honshu, se attivati simultaneamente, sono più che sufficienti, a detta di Kono, per coprire il fabbisogno delle regioni su cui si affacciano, ma il loro impiego in contemporanea non viene permesso se non per “questioni di emergenza” non specificate. Kono, infine, fa riferimento anche all’incapacità del Giappone di garantire bacini permanenti ad alto livello di sicurezza per lo stoccaggio delle scorie nucleari, ma solamente di temporanei, data la fitta attività tellurica dell’isola: il parlamentare esprime sgomento a proposito, in quanto se la montagna di Rokkasho avrebbe potuto garantire solamente un deposito temporaneo delle scorie, la vallata di Yucca sarebbe stata ben più predisposta a stoccaggi duraturi, ma non venne presa in considerazione.Se mai si può imparare una lezione dalla raccolta ahinoi tardiva di questi documenti, è che non bisogna attendere Julian Assange con il solo scopo di recriminare su l’osservatore - marzo 2012 23 irresponsabilità governative soltanto a catastrofe compiuta: la speranza è che, in un futuro il più prossimo possibile, si riesca a consacrare con il giusto rispetto quella che il senso comune dovrebbe percepire come informazione costruttiva. Un’elezione, due sistemi di Vittorio Maiorana Il Presidente taiwanese uscente, Ma Ying-jeou, è stato rieletto per un ulteriore mandato quadriennale con un voto certificante l’apprezzamento per la sua linea politica, votata a mantenimento e creazione di più intensi legami economici con la Cina continentale. L’ esponente del Kuomintang (KMT) ha ottenuto, in occasione delle elezioni del 14 gennaio 2012, il 51,5% dei voti, sconfiggendo la candidata del Partito Progressista Democratico DPP Tsai Ing-wen fermatasi al 45,6% e l’indipendente James Soong, destinatario del 2,7% delle preferenze. Fondamentale, per il partito del Presidente, l’aver ottenuto anche la maggioranza assoluta dei seggi dello Yuan Legislativo (il Parlamento taiwanese), ciò garantisce la governabilità del paese e permette di evitare pericolosi stalli come quelli che paralizzarono a più riprese l’attività di governo dal 2000 al 2008, quando Chen Shui-bian, Presidente democratico, dovette fare i conti con un legislativo a maggioranza nazionalista (del resto, nell’ordinamento statale taiwanese, ibrido tra parlamentarismo e presidenzialismo, non esistendo un potere di veto dell’esecutivo nei confronti delle leggi adottate dallo Yuan Legislativo, le negoziazioni sono fortemente disincentivate laddove Parlamento e Governo siano controllati da schieramenti contrapposti). La vittoria del Presidente uscente è stata favorevolmente accolta da Pechino e Washington, viste le promesse di mantenere pace e stabilità nel delicatissimo Stretto di Taiwan e perseguire nella distensione l’osservatore - marzo 2012 24 delle relazioni economiche con la Cina. Distensione iniziata formalmente nel 2008, dopo otto anni di governo democratico poco incline a compromessi in cui a più riprese si rischiò lo scontro militare con l’ingombrante vicino, nel momento il cui un Ma Ying-jeou appena salito al potere modificò formalmente i tre principi del popolo (ideologia cardine del Kuomintang, partito che plasmò la Taiwan moderna e la governò ininterrottamente dal 1949 al 2000) da ”anticomunismo, nazionalismo cinese e conservatorismo” a “no all’indipendenza, no all’unificazione, no all’uso della forza”. Dal secondo dopoguerra Pechino afferma la sua sovranità sulla ricca isola, dove i nazionalisti trapiantarono la loro ideologia e le loro istituzioni in seguito alla “comunistizzazione” della Cina continentale e paventa l’invasione qualora Taiwan dovesse dichiarare formalmente la propria indipendenza, cosa che Chen Shui-bian fu in procinto di fare in più occasioni. Non esistono e non sono mai esistite relazioni diplomatiche tra Cina e Taiwan nazionalista. Esiste, di contro, un accordo vincolante con gli USA in cui questi si obbligano a soccorrere Taiwan in caso di intervento militare cinese. E’ evidente, quindi, che la prospettiva di una Taiwan sostanzialmente stabile e moderata per i prossimi quattro anni sia tanto nell’interesse cinese, quanto nell’interesse americano, quanto nell’interesse del potentissimo estabilishment economico taiwanese, ormai fortemente dipendente dai rapporti con la Cina, che importa il 40% delle esportazioni totali del nemico; negli ultimi quattro anni Taiwan ha stimolato la creazione di collegamenti aerei e piani d’investimento con la Cina e nel 2010 è stato firmato il primo accordo commerciale ufficiale tra i due Stati, nonostante ciò c’è chi ancora lamenta lacune nel processo di liberalizzazione del settore bancario e assicurativo, lacune che ostacolano il flusso di investimenti stranieri (e cinesi, soprattutto). Il Presidente Ma ha dichiarato, poco dopo il voto, che durante il suo secondo mandato provvederà ad ultimare riforme cruciali già avviate nei primi quattro anni di governo (incluse vaste, liberiste, strutturali riforme del sistema economico), con gli obbiettivi di accedere alla Trans-Pacific Partnership, una nuova piattaforma per l’integrazione economica nel l’osservatore - marzo 2012 25 Pacifico promossa dagli USA, entro il 2020 e di sfruttare le enormi potenzialità scaturenti dal fatto di avere un mercato come quello cinese a poche decine di chilometri dalle proprie coste. Leaders delle più potenti compagnie taiwanesi come Acer, Asus, Evergreen Group (tra i primi al mondo per il volume di merci spostato su nave), Pegatron Corporation, HTC, spaventati dall’instabilità potenzialmente derivante da una vittoria democratica, dopo aver fatto apertamente campagna elettorale per il Kuomintang, hanno provveduto a manifestare il proprio sollievo per l’andamento delle elezioni e sollecitare Ma Ying-jeou a proseguire sul percorso di apertura già intrapreso. Ma a Taiwan non tutti la pensano come i consigli d’amministrazione delle società multinazionali, il fronte degli intransigenti (secondo cui la Cina continentale non può definirsi Cina essendo Taiwan l’unica Repubblica di Cina) è tutt’altro che marginale nella società taiwanese e non pochi sono quelli che, più banalmente, criticano il crescente gap tra classi sociali, tra città e campagne e le difficoltà dei più giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro. Era la sconfitta candidata democratica a convogliare queste istanze, il rieletto Presidente sembra però voler comunque dare ascolto anche alle voci più critiche: a pochi giorni dalle elezioni ha affermato che farà di tutto per facilitare il dialogo con le opposizioni e trovare soluzioni condivise alle problematiche sociali, che saranno parte fondamentale dell’agenda di governo. Amministrare Taiwan, uno Stato riconosciuto solo da 23 nazioni e che nemmeno le Nazioni Unite sanno come classificare, un territorio conteso e snodo di rischiosi giochi geopolitici tra superpotenze, non è mai stato e mai sarà semplice, Ma Ying-Jeou, moderato e amico di tutti, sembra essere sulla strada giusta. Fortuna a lui e ai taiwanesi l’osservatore - marzo 2012 26 La rivista non è responsabile delle opinioni espresse dagli autori. Gli articoli non necessariamente coincidono con le opinioni della redazione. 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