TECNICA DELL’IRRIGAZIONE 1993 M. FALCIAI

UNIVERSITÀ NAZIONALE SOMALA
FACOLTÀ DI AGRARIA
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE
FACOLTÀ DI AGRARIA
1993
TECNICA
DELL’IRRIGAZIONE
M. FALCIAI
1
INTRODUZIONE
Per irrigazione si intende la somministrazione di acqua al terreno allo scopo di fornirgli l’umidità
necessaria per soddisfare le esigenze delle piante coltivate.
L’agricoltura deve il suo sviluppo, e in molti casi la sua esistenza, al concorso dell’irrigazione. È
storicamente dimostrato che la pratica irrigua, condotta correttamente e in ambienti adatti, è stata
sempre un fattore di prosperità e di sicurezza. Molte delle civiltà monumentali le cosiddette “civiltà
dei fiumi”, nascono insieme all’irrigazione: la Cina, l’India, la Mesopotamia, fino all’esempio più
famoso, l’Egitto, il “dono del Nilo”.
Nel mondo occidentale gli Etruschi e i Romani dettero notevole impulso alle opere irrigue. Gli
Arabi, anche in questo campo, costituirono il tramite fra l’Evo Antico e quello Moderno; essi
restaurarono le opere dei faraoni e costituirono la tradizione irrigua del Nord Africa, ma gli impianti
più importanti, sostenuti da una tecnica raffinata, furono realizzati in Spagna, nell’Andalusia e nella
Valenza.
In Italia, opere di una certa importanza furono realizzate dai Comuni lombardi, a partire dall’XI
secolo. È del XIII secolo il canale Muzza, derivato dell’Adda, che, per dimensioni, mantenne il
primato europeo fino al 700. Questa attività continuò nei secoli seguenti e divenne particolarmente
intensa nella seconda metà dell’ottocento, quando furono realizzati i progetti dei canali Cavour e
Villoresi e si portò a fine secolo, la superficie irrigabile1 nazionale alla considerevole estensione di
14.000 Km2. L’irrigazione trovò poi larga parte nella politica agraria del ventennio. In questo
dopoguerra gli interventi tendono a spostarsi versò il Sud dove convergono cospicui stanziamenti
pubblici.
Lo sviluppo attuale dell’irrigazione (1980) è indicato nell’elenco che segue (superficie irrigabile in
km2 e, in parentesi, la percentuale della superficie irrigabile rispetto alla coltivata): Afghanistan
8.100 (10,5); Albania 1.600 (31); Algeria 2.500 (6); Arabia Saudita 1.600 (43); Argentina 11.500
(4); Australia 12.700 (9); Austria 40 (0,1); Belgio 90 (1); Bolivia 400 (5,5); Botzwana 20 (2,5);
Brasile 1.400 (0,2); Bulgaria 9.600 (20); Miamar 7.500 (8,5); Cambogia 750 (3); Canada 630 (2,5);
Srilanka 3.300 (20); Cile 13.000 (46); Cina 740.000 (68); Colombia 1.800 (4); Costa Pica 250 (4,2);
Cuba 3.500(17,5); Cipro 900(19,5); Cecoslovacchia 1.400 (1,9); Danimarca 1.100 (4,1); Ecuador
1.450 (0,4); Egitto 29.400 (100); El Salvador 200 (3,3); Etiopia 300 (0,2); Filippine 9.600 (11,6);
Finlandia 90 (0,3); Formosa 5.400 (60); Francia 25.000 (15,5); Germania 2.700 (1,9); Ghana 70
(0,2); Giamaica 700 (32); Giappone 33.900 (56,5); Giordania 500 (4,4); Grecia 5.600 (14,5);
Guatemala 300 (2); Guyanal.900 (62); Haiti 450 (12); Honduras 350 (1,2); India 376.000 (27);
Indonesia 38.000 (27); Iran 31.000 (45); Iraq 40.000 (53); Israele 1.500 (37); Italia 31.500 (11,5), di
cui oltre 22.000 nella sola Italia settentrionale; Kenia 40 (0,2); Korea del nord 5.000 (20); Korea del
sud 7.600 (33); Laos 250 (1,2); Libano 550 (18); Libia 1.700 (7); Madagascar 9.000 (90); Malaysia
2.400 (7); Malawi 20 (0,1); Malta 15 (9); Messico 33.000 (22); Marocco 2.700 (3,4); Nepal 600 (3);
Nicaragua 300 (1,7); Nigeria 1500; Nuova Zelanda 800 (10); Olanda 500 (2); Pakistan 119.700
(41,5); Panama 150 (2,5); Perù 1.200 (5,5); Polonia 2.100 (1,4); Portogallo 6.400 (9,5); Portorico
350 (12); Regno Unito 1.100 (1,5); Repubblica Dominicana 1550 (16); Romania 6.000 (5,7);
Senegal 1.200 (5,2); Siria 5.100 (17); Somalia 1.800 (18); Spagna 23.000 (11,2) Sudafrica 6.000
(5); Sudan 7.900 (11); Surinam 250 (45); Svezia 250 (0,8); Svizzera 230 (2,2), Swaziland 280 (20);
Tailandia 19.000 (26); Tanzania 400 (0,4); Tunisia 800 (1,8); Turchia 17.200 (7,5); Uganda 30
(0,06); Ungheria 2050 (3); Russia 99.000 (4,4); Uruguay 300 (1,4); USA 170.000 (9,7); Venezuela
3.600 (6.9); Vietnam 2.700 (10); Yugoslavia 1.500 (1); Zambia 6.000 (0,3); Zimbawe 350 (2).
L’area irrigabile nel mondo ammonterebbe a 213 milioni di ettari (1983), di cui ben 134 in Asia e
solo 8 in Africa (si tratterebbe del 20 della superficie coltivata, che però contribuisce per il 35 alla
1
Per “superficie irrigabile” o “perimetro irrigabile” si intende la superficie che può essere irrigata
con gli impianti esistenti
2
produzione totale). Tuttavia ancora enormi sono le possibilità di sviluppo. I risultati di una stima
FAO del 1983 sono riportati qui di seguito (i termini “suscettibile” e “utilizzabile” debbono
intendersi con riferimento alle condizioni ambientale ed economiche “attuali”).
Africa
Asia + Oceania
Europa
Nord America
Sud America
TOTALI
Area suscettibile di
irrigazione (166 ha)
290
357
60
80
160
947
Acqua utilizzabile
(109 m3/anno)
1.905
4.500
1.325
2.380
3.900
14.010
I problemi dell’irrigazione consistono, in sostanza, nel reperire dell’acqua, nel condurla sul luogo di
utilizzazione e nel distribuirla alle piante in quantità e tempi determinati. La soluzione potrà essere
trovata tenendo contemporaneamente presenti i fattori di ordine idraulico, agronomico, economico e
sociale. In queste dispense vengono sviluppati gli aspetti tecnici dell’irrigazione ma, a livello di
introduzione, è ora opportuno esaminare l’ultimo fattore menzionato, ossia considerare gli
importanti risvolti umani e socio-politici dell’irrigazione.
L’agricoltura, è stato detto, non è soltanto “a food producfion” ma “a way of life”. Si può anche
aggiungere che l’agricoltura irrigua costituisce un modo di vita considerevolmente diverso da quello
dell’agricoltura asciutta.
Infatti l’irrigazione costituisce soltanto uno degli elementi del passaggio dall’agricoltura estensiva,
spesso di sussistenza, all’agricoltura intensiva, elemento che non può essere scisso dall’impiego di
altre tecnologie: nuove colture e nuove varietà, fertilizzanti, erbicidi, antiparassitari, eventuale lotta
contro la salinità, meccanizzazione ecc.
Nuove irrigazioni, adottate in condizioni primitive e con tecnologie non appropriate, hanno dato
pessimi risultati; in altre parole, è vero che l’irrigazione “trasforma in giardino il deserto”, ma se
essa viene impiegata in maniera non corretta, (condizioni ambientali, metodi di somministrazione ,
quantità e qualità) e non coordinata con gli altri tipi di intervento può essere vero l’esatto contrario.
La modernizzazione dell’agricoltura impone un cambiamento di quantità e qualità della mano
d’opera. Per praticare l’irrigazione è necessario che gli agricoltori vengano istruiti; essi devono
imparare a condurre e a distribuire l’acqua e, per certi tipi di consegna, devono essere messi in
grado di prendere decisioni in termini di quantità e di tempi di intervento. Le nozioni e la pratica da
acquisire, relativamente semplici quando si tratta di impianti a pioggia, localizzati e a sommersione
possono essere abbastanza complesse nei riguardi degli altri metodi di superficie e dei moderni
metodi di irrigazione meccanizzata. Altre nozioni, di carattere agronomico, fitopatologico, ecc.
dovranno essere recepite relativamente alle nuove colture consentite (si potrebbe dire “imposte”)
dalla pratica irrigua. L’irrigazione comporta da una parte l’investimento di nuovi capitali
(sistemazione del terreno, rete di alimentazione delle parcelle, materiale per l’irrigazione a pioggia
o localizzata, materiali di consumo, ecc.) dall’altra conduce ad un aumento di reddito, a un suo
maggiore grado di certezza e talvolta anche a una sua più uniforme distribuzione durante l’annata;
inoltre essa, per il maggior numero di colture consentito, permette una maggior flessibilità del
sistema produttivo nei riguardi del mercato2. In sostanza l’irrigazione, mentre accentua la maturità
imprenditoriale degli agricoltori, ne riduce, svincolandoli dalia imposizioni del clima, la tendenza al
fatalismo e all’immobilismo.
Gli elementi che sono stati indicati incidono sulle abitudini professionali e sullo stesso “habitat”
delle popolazioni rurali; l’irrigazione è quindi un fattore di profondo cambiamento della mentalità
2
Per molti paesi delle zone aride e semiaride, avviati alla monocoltura per ragioni climatiche e per i metodi dello
sfruttamento coloniale, la possibilità di differenziare la produzione acquista un evidente significato politico.
3
contadina . Da questa considerazione discende un’importante conseguenza a livello tecnico e
soprattutto economico: la necessità di introdurre in tutti i calcoli il fattore “tempo”. Infatti, salvo
casi eccezionali, le trasformazioni spirituali e intellettuali ora indicate avverranno con notevole
lentezza. Di fatto, lo sviluppo e il pieno impiego delle grandi opere irrigue hanno richiesto spesso
più generazioni. Gli autori francesi citano casi di canali (di Mallemort, di Craponne, di Carpentras
ecc.) che sono stati utilizzati alla massima portata soltanto un secolo dopo la costruzione; in Italia,
ancora oggi, si lamenta che grandi opere irrigue, completate alla fine dell’ 800 in Lombardia, nel
Veronese e nel Friuli, non abbiano raggiunta l’utilizzazione prevista.
Sul fattore “tempo” ha influito in molti casi anche la struttura fondiaria. I ritardi sono stati maggiori
nel caso di grandi aziende3 e quando vi era dissociazione fra proprietario e coltivatore. L’esempio
più chiaro, anche se costituisce un caso limite, è quello relativo al completo fallimento degli
impianti costruiti negli anni trenta, in Siria e nel Libano, dai francesi, fallimento per gran parte
imputabile al regime fondiario allora quasi feudale di quei paesi. Nei caso delle economie
collettivistiche i risultati sono stati generalmente buoni: oltre ai paesi dell’Est europeo, in
particolare la Russia, la Bulgaria e la Romania, si possono citare i casi dì Israele e del Sudan dove è
stata conservata la proprietà collettiva dei terreni4.
Le congetture, che si possono fare sulla lunghezza dello sfasamento in questione, diventano più
delicate nel caso di irrigazioni “di soccorso” o “di complemento”: una successione di annate
siccitose costituirà un fattore accelerativo per la costruzione degli impianti aziendali e viceversa5.
In ultima analisi il successo di un piano irrìguo, o più in generale, di un piano di modernizzazione
agricola risiede nei seguenti elementi:
-
ambiente fisico idoneo all’irrigazione;
- esistenza o sviluppo di un’adeguata tecnologia e quindi di un’organizzazione di ricerca che
copra i vari settori già indicati;
diffusione di questa tecnologia (extension service);
valutazone del “grado di incentivizzazione” dei benefici per gli agricoltori; valutazone dei
benefici per la collettività;
esistenza di adeguate infrastrutture.
Questi elementi devono essere coordinati nell’ambito di una ben precisa strategia politica che deve
tener presente il frequente contrasto fra “efficienza economica” ed “efficienza sociale”. Per
garantire il successo del piano il “decision maker” dovrà valutare con la maggior attenzione tutti gli
elementi dell’ambiente sociale e tutte le possibili modificazioni che vi si indurranno. Dovrà poi aver
chiari gli scopi e gli effetti dell’aumento di produttività e la prevedibile distribuzione del reddito che
ne deriva e non dimenticare che ilpassaggio all’agricoltura intensiva può essere una grave fonte di
maggior disuguaglianza fra piccoli e grandi proprietarì. fra zone favorite e sfavorite.
Purtroppo, in molti paesi, non solo in quelli emergenti, governi più o meno tecnocratici danno
“troppo ascolto agli ingegneri”, si innamorano delle grosse strutture che forniscono l’acqua,
preoccupandosi poco di quelle che ne consentono un corretto uso e, soprattutto, tendono a importare
tecnologie sofisticate, senza pensare a indurre modificazioni nell’ambiente sociale; in altre parole
fanno prevalere elementi di politica più o meno deteriore (conservazione istituzionale, prestigio
interno ed esterno, imbonimento dell’opinione pubblica, sottogoverno) sulle esigenze sociali e
qualche volta anche su quelle economiche.
3
D’altro canto, anche nel caso opposto di eccessivo frazionamento, nascono grosse difficoltà a livello di impianto e
soprattutto di esercizio.
4
Nel Sudan sono state istruite alla coltivazione irrigua del cotone popolazioni nomadi che hanno dato eccellenti
risultati, migliori di quelli forniti dalle popolazioni dedite alle colture asciutte, per le quali è stato più difficile “cambiar
mestiere”.
5
Altrettanto delicate sono le previsioni per i paesi del Terzo Mondo, specialmente per quelli meno sviluppati, dove la
chiave di volta appare essere la rispondenza delle tecniche coinvolte (autoctone migliorate o importate) al contesto
umano, sociale e tecnologico esistente.
4
Si conclude questa parte introduttiva fornendo qualche definizione preliminare.
In forza della definizione data all’inizio vengono classificate come “improprie” (un impianto irriguo
può avere più funzioni, proprie e improprie):
-
l’irrigazione termica;
l’irrigazione fertilizzante;
l’irrigazione dissalante;
l’irrigazione antiparassitaria ed erbicida.
Se si fa riferimento all’impresa o all’ente preposto occorre distinguere fra irrigazione aziendale e
irrigazione collettiva. Quando un’azienda dispone di proprie fonti di approvvigionamento si parla di
irrigazione aziendale autonoma6. Un’altra classificazione si riferisce agli ordinamenti colturali e
distingue fra irrigazione integrale (irrigazione dell’intera superficie coltivabile) e irrigazione
parziale. Quest’ultima può essere casistica (localizzata permanentemente sulle stesse superficì)
oppure avvicendata.
Un’ultima classificazione distingue l’irrigazione di “produzione” dall’irrigazione “di complemento”
o di “soccorso”, quest’ultima intesa come intervento atto a “salvare” la coltura in corrispondenza di
situazioni climatiche sfavorevoli, peraltro relativamente rare.
6
La percentuale di irrigazione collettiva sul totale varia, in Italia, vistosamente, dall’87 della Lombardia al 19 della
Toscana (1980).
5
PARTE PRIMA
1 BASI TEORICHE
DELL’IRRIGAZIONE
1.2
1.3
1.4
1.5
Rapporti acqua-suolo
Rapporti acqua pianta
Parametri Irrigui
Esercitazioni e complementi
6
1.2 RAPPORTI ACQUA-SUOLO
a) FORZE AGENTI SULL’ACQUA NEL SUOLO
L’acqua7 nel suolo è sottoposta, oltre al peso e alla pressione idrostatica, anche a forze di natura
molecolare che si possono distinguere in forze di capillarità che si stabiliscono al contatto
acqua-aria e forze di adsorbimento che si stabiliscono al contatto acqua-suolo. A queste forze, di
origine “matriciale”, ossia provenienti dal suolo, si aggiungono le forze osmotiche.
b) CAPILLARITÀ
Si consideri un tubo capillare con un’estremità immersa in una vaschetta d’acqua (Fig. 1). È noto
che il liquido si innalza nel tubo a un’altezza che, a norma della legge di Borelli-Jurin, è
inversamente proporzionale al raggio del capillare8. L’innalzamento è dovuto a una forza di
capillarità, Fc, conseguenza della tensione superficiale e dell’adesione alle pareti, che è equilibrata
dal peso della colonna liquida. È evidente che l’acqua nel tubo si trova in stato di tensione, massima
in corrispondenza del menisco, nulla in corrispondenza del pelo libero della vaschetta.
In ogni caso la tensione è misurata, in altezza d’acqua, dalla distanza h lungo la verticale fra il punto
preso in esame e la superficie libera del liquido nella vaschetta.
Se si vuoi estrarre del liquido dal capillare, per esempio con una siringa, occorre vincere la tensione
con cui l’acqua è trattenuta e spendere quindi una certa energia.
Si immagini ora di spezzare il capillare di Fig. 1 e di riferirsi a una situazione come in Fig.2. Per il
liquido compreso fra i due menischi la tensione non è cambiata; con la solita siringa si
compirebbero gli stessi sforzi. È evidente però che la tensione stessa può essere valutata, in questo
caso, soltanto attraverso il raggio del capillare e la legge di Borelli-Jurin.
Figura 1
Figura 2
Figura 3
Si modifichi ancora lo schema sul quale ragionare e si consideri una situazione come in Fig. 3.
L’acqua compresa fra le due particelle di terreno è ancora sotto tensione a causa della capillarità. Se
si estrae acqua fra le due particelle si compie uno sforzo che, a differenza dei casi precedenti,
aumenta procedendo nell’estrazione. In altre parole la tensione aumenta perché diminuisce il raggio
del capillare nel quale si può immaginare contenuto il liquido.
7
Qui e nel seguito col termine “acqua” si intendono comprese le sostanze in essa disciolte. Si ammette, ad ogni modo,
che le particelle di terreno siano “bagnabili” da questa soluzione (una situazione diversa può determinarsi
eccezionalmente in conseguenza dell’impieao di emulsioni erbicide o di emulsioni bituminose usate come pacciamatura
o di acque irrigue contenenti detersivi).
8
2h = 2T/γr con T = tensione superficiale = 7,6 Kg/m, γ = peso specifico dell’acqua (Kg/m3)
r = raggio del capillare (m).
7
Se si continua l’estrazione è evidente che i menischi vengono in contatto e fra le due particelle l’aria
sostituisce l’acqua.
Si possono ricavare queste importanti considerazioni:
-
perche vi siano forze di capillarità occorre che le particelle di terreno siano “molto
vicine” in modo che l’acqua interposta possa essere assimilata ad acqua, in un tubo
capillare. Le forze di capillarità sono quindi ingenti nei micropori;
quanto minore è la quantità d’acqua nel terreno, tanto maggiore è la tensione;
quando viene sottratta acqua al suolo, si svuotano per primi i pori di maggiori
dimensioni.
c) ADSORBIMENTO
Per adsorbimento si intende il fenomeno di penetrazione e permanenza di un liquido in un solido;
esso va attribuito ad un’azione di superficie (forze di Van der Waals, ponti di idrogeno, forze
coulombiane). Tuttavia i limiti tra i fenomeni di adsorbimento, di soluzione o addirittura di
combinazione chimica
sono difficilmente precisabili proprio perché è difficile distinguere tra forze di adsorbimento, di
affinità e di valenza.
Ad ogni modo, per il caso che interessa, il fenomeno corrisponde al formarsi di un sottile velo
d’acqua (di pochi strati molecolari) intorno alle particelle solide, senza escludere la penetrazione
negli spazi intermolecolari. Le tensioni cui è soggetta questa “acqua di adsorbimento” sono
generalmente forti
e fortemente crescenti man mano che il velo si riduce di spessore.
d) OSMOSI
La tensione osmotica è dovuta agli ioni presenti nell’acqua ed assume notevole importanza nei suoli
salini. La diminuzione di umidità corrisponde ad un aumento di concentrazione e quindi .ad un
aumento anche delle forze osmotiche. In prima appprossimazione si può ammettere
OP ≡ 0,36 EC
OP = tensione osmotica in bar, EC = conducibilità elettrica dell’acqua in mmho/cm (v. 2.1.a).
e) POTENZIALE DELL’ACQUA NEL SUOLO
Per ciascun tipo di forze agenti sull’acqua nel suolo si può definire un potenziale. Il potenziale
totale in un punto è dato dal lavoro necessario per spostare una quantità infinitesima d’acqua pura
da una condizione standard (pressione atmosferica, quota zero) al punto considerato. Se si riferisce
il lavoro all’unità di peso, il potenziale risulta omogeneo con una lunghezza; se si fa riferimento
all’unità di volume, il potenziale risulta omogeneo con una pressione. Per quanto detto il potenziale
totale Ψ risulta dalla somma algebrica:
Ψ=Z+S+M+O
con Z potenziale gravitazionale, S potenziale di pressione M potenziale matriciale (capillarità e
adsorbimento), O potenziale osmotico. Con riferimento all’unità di peso, Z è la quota rispetto a un
8
piano di riferimento, S l’altezza piezometnca, M la tensione espressa in altezza d’acqua; O la
tensione osmotica espressa anch’essa in altezza d’acqua. In base alla definizione di potenziale
risulta immediatamente che S ≥ 0 e che M ed O sono entrambi negativi.
f) TENSIONE E pF
Le forze matriciali, di capillarità e di adsorbimento, concorrono a determinare la tensione T
dell’acqua nel terreno (nei suoli salini bisogna aggiungere anche la tensione osmotica). Questa
tensione (pressione negativa) e data dal rapporto di una forza e di una superficie e può essere
espressa in una qualunque unità di pressione. T può variare moltissimo, da zero fino a migliaia di
atmosfere (nelle condizioni compatibili con l’accrescimento delle piante agrarie non deve
generalmente superare le 25 atm) il che rende opportuno il ricorso a una scala logaritmica. Si
definisce pF dell’acqua nel terreno il logaritmo, in base 10, della tensione espressa in centimetri
d’acqua. Ad esempio a una tensione di 1 atm, pari a circa 1000 cm d’acqua, corrisponde un pF = 3.
Ha grande interesse la conoscenza, per un dato suolo, della curva che lega il pF (o la tensione)
all’umidità9. Infatti dal primo dipendono la possibilità e la facilità di assorbimento da parte della
pianta, dalla seconda i consumi idrici i volumi di adacquamento ecc.
Figura 4
La Fig. 4 mostra l’andamento di tali curve (curve di ritenzione) per alcuni tipi di suolo. In ogni caso
la tensione con cui l’acqua è trattenuta aumenta, come si è già osservato, al diminuire dell’umidità;
in particolare per un terreno argilloso, a parità di umidità, la tensione è più forte che in un terreno
sabbioso. In realtà la relazione fra U e T non è univoca perché si verifica un fenomeno di isteresi
(Fig. 5), ossia la curva è diversa a seconda dell’umidità di partenza e di arrivo e a seconda che si
proceda per essiccazione o bagnamento. Comunque le curve di Fig. 4 possono essere interpretate
come luogo dei vertici dei possibili cicli di isteresi.
9
È noto che si definisce umidità U di un suolo il rapporto fra il peso di acqua contenuta e il peso del suolo secco e
umidità in volume Uv il rapporto fra il volume di acqua contenuta e il volume “apparente” del suolo. La conoscenza del
peso specifico apparente consente di ricavare U, da U e viceversa.
9
Figura 5
g) COSTANTI IDROLOGICHE DEL SUOLO
Capacità massima - Corrisponde alla condizione di saturazione idrica completa, con i pori
completamente occupati dall’acqua. Si indichino le umidità corrispondenti con Umax e Uvmax (Uvmax
corrisponde evidentemente alla porosità p)
Capacità di ritenzione o capacità di campo o limite di saturazione capillare - È la massima quantità
d’acqua che un suolo può trattenere quando si trova nella condizione di poter scolare liberamente.
L’umidità è diminuita rispetto alla condizione precedente perché una parte dell’acqua, sulla quale
ha prevalso l’azione della gravita rispetto alle forze molecolari, è scolata, Si adottino i simboli Ur e
Uvr. È chiaro che le differenze Umax - Ur, Uvmax - Uvr sono piccole per i terreni argillosi, grandi per
quelli sabbiosi. Si definisce inoltre umidità equivalente (Briggs) l’umidità ch resta in un suolo
precedentemente saturo e sottopostoTstò ad una forza centrifuga pari a mille volte la gravita
(tensione 0,5 atm; pF = 2,7) In prima approssimazione l’umidita equivalente può essere identificata
per molti terreni, con la capacità di campo. La misura della capacità di campo in “situ” è spesso
difficile perché per alcuni terreni risulta quasi “impossibile determinare il momento in cui è cessata
la percolazione. Nella Tab. 1 sono riportati alcuni valori indicativi (Rebour)
Tabella 1
SUOLO
Uvr (%)
Uva (%)
argilloso
35
18
limoso
18
9
limoso sabbioso
13
6
sabbioso
6
2
Dalla Tab. 1 risulta che l’umidità corrispondente alla capacita di campo varia fortemente a seconda
del terreno. Invece la tensione rispondente varia in un campo assai più ristretto, intorno a 1/3 di atm
(pF = 2,5), valore. Quest’ultimo, che viene assunto come standard.
Punto di appassimento - Si supponga di sottrarre acqua (per evaporazione, ecc.) a un terreno a
capacità di campo. È noto che la tensione aumenta sempre più. A un certo punto il potere di
assorbimento delle piante diventa uguale, poi inferiore, alla forza con cui l’acqua è trattenuta dal
suolo, l’acqua che vi resta, in quantità non trascurabile, è inutilizzabile per le piante. Si dice che sì è
raggiunto il punto di appassimento temporaneo (se umettando di nuovo la pianta riprende) o
permanente (se umettando di nuovo la pianta non riprende).
La massima tensione, di, assorbimento delle piante varia fortemente a seconda della specie, tuttavia
se ci si riferisce alle mesofite, cioè alla maggior parte delle piante agrarie, il punto di appassimento
10
corrisponde a una tensione nell’intorno di 16 atm (v. Tab. 2; Tames y Alarcon) e a un pF ≡ 4,210
valore che viene assunto come standard.
Tabella 2
COLTURA
Grano
Mais
Trifoglio
Erba medica
Barbabietola
Girasole
Cotone
Tabacco
Pomodoro
Tensione max di
assorbimento
(atm)
11,1
27,0
16,0
27,0
16,0
14,3
15,6
11,1
5,5
Valori indicativi di Uva sono reperibili nella Tab.1. A spanna, Uva è circa uguale alla metà di Uvr.
Punto di igroscopicità – Il suolo può perdere ancora umidità oltre il punto di appassimento, ma non
raggiunge mai una secchezza assoluta; a un certo punto si stabilisce un equilibrio con l’umidità
atmosferica. Le umidità igroscopiche Ui, Uvi assumono valori molto bassi (Ui = 1-7% passando da
terreni sabbiosi ad argillosi) comunque dipendenti dall’umidità relativa dell’aria.
Per umidità atmosferica pari al 50%11 la tensione è sostanzialmente costante e corrisponde a un
pF = 6,5. Per togliere a un terreno l’acqua igroscopica occorrerebbero evidentemente dei mezzi
estremamente energici.
In ultima analisi ai vari punti caratteristici corrispondono, per qualunque terreno e qualunque pianta,
tensioni e pF praticamente costanti. Quello che varia, a seconda del terreno, sono le umidità
corrispondenti (Fig. 6). L’“acqua disponibile” per le piante è uguale alla differenza fra le umidità
corrispondenti alla capacità di campo e al punto di appassimento. Tale quantità è assai più grande
nei terreni argillosi (Fig.6).
Figura 6
10
Per alcune xerofite sono state registrate tensioni di assorbimento fino a 170 atm. Alcuni semi assorbono acqua a
tensioni oltre le 500 atm.
11
Per umidità assoluta si intende 11 peso di vapore d’acqua contenuto nell’unità di volume d’aria (unità più
frequentemente adottata g/m3). per umidità relativa si intende il rapporto percentuale fra il peso di vapore contenuto
nell’aria e il peso che vi sarebbe contenuto alla stessa temperatura se il vapore fosse saturo.
11
h) MOVIMENTO DELL’ACQUA NEL SUOLO
I diversi tipi di forze considerati nei paragrafi precedenti determinano il moviménto dell’acqua nel
suolo, movimento che si svolge con modalità diverse a seconda dell’importanza relativa di un tipo
di forze rispetto ad un altro (e quindi, per quanto noto, a seconda dell’umidità del suolo). La
distinzione
fondamentale consiste nel separare il movimento dell’acqua in terreno saturo (umidità = Umax) dal
movimento dell’acqua in terreno non saturo (umidità < Umax).
h) MOVIMENTO DELL’ACQUA IN SUOLO SATURO
L’argomento è stato già trattato in Idraulica generale e qui si rammentano soltanto i concetti
principali. Con riferimento alla Fig. 7, si è trovato sperimentalmente che, raggiunta la permanenza
del moto, la portata del filtro (di materiale omogeneo) è fornita dalla formula (legge di Darcy).
Q = Ks
ΩH
L
Figura 7
Figura 8
da cui risulta la “velocità di filtrazione”.
V =
Q
H
= Ks
= KsI
Ω
L
Q = portata del filtro; Ks = coefficiente di permeabilità o conducibilità idrica in saturazione;
Ω = sezione del filtro; H = dislivello fra i peli liberi nei due recipienti; L = lunghezza del filtro;
V = velocità di filtrazione; I = pendenza motrice.
In Idraulica generale sono state fatte anche numerose applicazioni (fosse parallele, trincea, pozzi,
ecc.). Qui ha piuttosto interesse considerare lo schema di Fig. 8 che è una modificazione di quello di
Fig.7 e che costituisce, come si vedrà, un caso particolare di infiltrazione. È evidente che si ha
ancora
V = Ks
H
L
e che, se il tirante d’acqua nel serbatoio alimentatore è modesto (H ≡ L)
V = Ks
12
ossia, con filtro verticale, la velocità di filtrazione praticamente coincide con il coefficiente di
permeabilità.
Il coefficiente Kg varia notevolmente da suolo a suolo: per qualche valore indicativo si esaminino i
dati della Tab. 3 (O’Neal).
Tabella 3
TERRENO
Argilloso
Limoso
Franco
Limoso-sabbioso
Sabbioso
Sabbioso grossolano
KS
(cm/ora)
0,1 - 0,5
0,5 – 2
2–6
6 - 12
12 – 25
25 - 100
i) MOVIMENTO DELL’ACQUA IN SUOLO NON SATURO
Il movimento dell’acqua, in terreno saturo ha notevoli riflessi pratici (bonìfiche idrauliche,
sistemazioni idraulico agrarie, drenaggi, dighe e argini in terra, pozzi, ecc.); tuttavia, nella pratica
irrigua, si ha il più delle volte a che fare con terreno non suturo, ossia con valori di umidità < Umax.
Lo studio del moto dell’acqua in terreno non saturo è notevolmente complicato sia per raggiunta,
alle fasi solida e liquida, della fase-aria, sia per l’influenza, sempre maggiore al diminuire U, delle
azioni esercitate sull’acqua dal terreno. Tali azioni sono ovviamente presenti anche quando il
terreno è saturo, ma I loro effetti sono trascurabili. Invece, quando U scende al di sotto di Umax, esse
incominciano ad influire apprezzabilmente. La gravità, comunque, ha ancora importanza fino a
U = Ur (moto di percolazione); ma al di sotto di questo valore le forze che si originano dal terreno
acquistano senz’altro il sopravvento (moto di diffusione capillare).
La legge di Darcy può essere considerata ancora formalmente valida, però la conducibilità idrica
non è più costante ma decresce rapidamente al diminuire dell’umidità e il moto risulta determinato
dalla differenza di potenziale totale fra le zone entro le quali si manifesta. Si può scrivere quindi:
V =K
Ψ1 − Ψ2
d
Con V velocità fra due punti 1 e 2; Ψ1 - Ψ2 differenza di potenziale totale; d = distanza fra i due
punti. La Fig.9 mostra l’andamento della conducibilità idrica, a partire dal valore Ks, in funzione
della tensione per un terreno sabbioso e per un terreno argilloso.
Figura 9
Figura 10
13
È importante notare il diverso comportamento dei due terreni: il terreno sabbioso, che presenta una
notevole conducibilità idrica in condizioni di saturazione, trasmette con difficoltà l’umidità non
appena questa si abbassa oltre certi limiti (dalla Fig.9 risulta che il terreno argilloso conduce meglio
già a partire da una tensione di - 0,1 atm, inferiore a quella corrispondente alla capacità di campo).
In base a questo comportamento si capisce come, in suoli sabbiosi, le piante debbano sviluppare un
apparato radicale atto a esplorare più diffusamente il terreno e come sia talvolta necessario irrigare
per mantenere un’umidità elevata anche se non lontano dalia zona attiva delle radici vi è umidità a
sufficienza (ad es., addirittura, una falda freatica). Per queste stesse ragioni nei terreni sabbiosi, ma
anche in quelli argillosi strutturati, partendo da condizioni di saturazione, si raggiungono abbastanza
presto valori così bassi di conducibilità idrica che le successive perdite in profondità diventano
trascurabili. Resta così definita con una certa precisione la capacità di campo. Invece in altri terreni,
per i quali la conducibilità idrica decresce molto più lentamente, è difficile determinare e, tutto
sommato, anche definire la capacità di campo, soprattutto per l’interferenza di altri fattori
(evaporazione, assorbimento da parte delle piante) che nel frattempo intervengono (Fig.10)12.
m) INFILTRAZIONE
Si denomina infiltrazione il fenomeno di penetrazione dell’acqua nel terreno a partire dalla
superficie. Uno studio rigoroso del processo è molto difficile e poco fecondo (fra l’altro si tratta di
un moto vario); pertanto è il caso di limitarsi a considerazioni qualitative e a formule di prima
approssimazione. Fra queste si riportano quelle di Philip che forniscono le espressioni deir’altezza
“infiltrata” Hi e della velocità di infiltrazione Vi; con riferimento a un terreno inizialmente a umidità
uniforme lungo tutto il profilo e a tensione nulla in superficie13:
H i = B t + Kit
Vi =
B
+ Ki
2 t
Figura 11
Figura 12
12
Da queste considerazioni deriva il carattere del tutto convenzionale delle misure di capacità di campo in laboratorio,
ma non ne sminuisce tuttavia l’importante significato pratico;
13
La tensione può essere considerata nulla in superficie nel caso di piogge abbastanza intense e di irrigazioni per
scorrimento e sommersione; non è nulla per precipitazioni,naturali o artificiali, di bassa intensità. L’umidità costante
lungo tutto il profilo in pratica non è mai realizzata. Inoltre il terreno è considerato per così dire omogeneo, non si tiene
cioè conto della stratificazione, della presenza di scheletro, delle suole di aratura.
14
Figura 13
Figura 14
t è il tempo contato a partire dall’inizio del fenomeno, B e Ki sono due costanti caratteristiche del
terreno (B dipende anche dall’umidità iniziale) che possono essere determinate con prove di
infiltrazione; Ki si chiama velocità di infiltrazione stabilizzata ed assume valori molto prossimi al Ks
dello strato superticiale (dopo un certo tempo, generalmente qualche ora, V ≡ Ki); B, che governa il
fenomeno nella fase iniziale è stata chiamata da qualche autore “bibacità”.
Il fatto fondamentale è che la velocità di infiltrazione decresce col tempo e tende ad un valore
grosso modo costante K. Questa diminuzione è assai più accentuata nei terreni argillosi (B grande,
Ki piccolo) in conformità con quanto detto nel paragrafo precedente (Fig.11).
Le Fig. 12 e13 mostrano, rispettivamente, l’evoluzione del profilo idrico nel tempo (indicato, in
secondi, su ciascuna curva) in un terreno con umidità iniziale Uv = 23,8% e umidità alla saturazione
Uvmax = 49,5% e l’influenza dell’umidità iniziale del terreno sull’evolversi del profilo idrico (sono
confrontati i profili che si raggiungono dopo uno stesso periodo con umidità iniziali diverse
indicate, in % in volume, su ciascuna curva). Come si vede, il fronte di avanzamento dell’acqua è
ben marcato nelle prime fasi dell’infiltrazione e ciò tanto più quanto minore è l’umidità iniziale. La
Fig.14 mostra l’influenza dell’umidità iniziale (in volume, segnata su ciascuna curva) sulle
variazioni nel tempo della velocità di infiltrazione.
Nella Tab. 4 sono riportati valori indicativi di velocità di infiltrazione stabilizzata (U.S. Department
of Agriculture).
Tabella 4
SUOLO
Argilloso, argilloso-sabbioso.argilloso-limoso
Franco argilloso, franco sabbioso-argilloso,
franco limoso-argilloso
Franco, franco limoso
Franco sabbioso
Sabbioso
Ki (cm/ora)
0,25-0,75
0,65-1,90
1,25-3,8
2,5-10
7,5
Ha ora interesse esaminare l’influenza delle variazioni di conducibilità idrica sull’infiltrazione. In
un terreno agrario si individuano facilmente strati a diversa conducibilità: orizzonti,suola di aratura
principale, suole di lavorazioni più superficiali, terreno lavorato di recente e così via14; in più,
spesso, anche se a profondità maggiori, si possono avere variazioni di granulometria: strati sabbiosi,
14
Variazioni di conducibilità idrica si determinano volutamente (arature, sarchiature,rullature) o accidentalmente
(passaggio di macchine agricole e di animali, azione battente della pioggia, impiego di acque torbide per l’irrigazione).
15
ciottolosi, argillosi, ecc. Tutti questi “strati” hanno diversa conducibilità idrica, anzi sono
caratterizzati da diverse curve di conducibilità15.
Si esamini prima il caso di conducibilità decrescente verso il basso, ad esempio l’effetto di una
suola d’aratura: non appena il fronte di bagnamento raggiunge la suola, il suo procedere diventa più
lento e l’acqua tende a immagazzinarsi negli strati superiori fino a formare, talvolta, una sottile
falda sospesa.
Più interessante, perché non intuitivo, è il caso opposto, ossia, ad esempio, il caso di un terreno al di
sopra di strati ghiaiosi grossolani. Al contatto con il- mezzo a forte conducibilità, l’acqua non può
entrare nei grossi spazi disponibili se non quando la sua tensione è scesa praticamente a zero. Anche
in questa circostanza si forma una falda, generalmente molto sottile, che “scarica” a tratti l’acqua
nella zona sottostante.
Un ultimo caso da considerare è quello di un terreno “omogeneo” che presenti tuttavia una
variazione di conducibilità lungo la verticale per effetto di una falda freatica poco profonda: in
questa situazione al fronte di bagnamento tende ad avanzare, in un primo momento con velocità
decrescente, ma, quando si fa sentire l’effetto dell’umidità di falda la velocità tende ad aumentare.
Lo schema conclusivo è quello di Fig.8 con velocità di infiltrazione stabilizzata praticamente uguale
a Ks.
15
In casi abbastanza eccezionali (terreni a struttura lamellare) si possono avere notevoli variazioni di conducibilità
idrica anche all’interno di uno stesso “strato” a seconda della direzione.
16
1.2 RAPPORTI ACQUA-PIANTA
a) ACQUA DI COSTITUZIONE E ACQUA DI VEGETAZIONE
È noto che l’acqua costituisce un elemento essenziale per le piante: essa è una delle materie prime
della fotosintesi, costituisce il vettore delle sostanze che entrano ed escono dalle cellule, interviene
in numerose reazioni biochimiche, è l’elemento indispensabile per la regolazione termica.
La quantità d’acqua usata da una pianta è enorme, assai superiore, ad esempio, a quella impiegata
da un animale di peso corrispondente. Di questa quantità, solo una piccola parte va a costituire una
forte percentuale dei tessuti vegetali (acqua di costituzione), mentre la maggior parte viene immessa
nell’atmosfera principalmente attraverso le foglie (acqua di vegetazione) con un processo
evaporativo denominato traspirazione.
b) ASSORBIMENTO DELL’ACQUA DA PARTE DELLE PIANTE
Le piante generalmente prelevano l’acqua dal terreno attraverso il sistema radicale, in prevalenza
attraverso le parti più giovani della radice, nelle zone al di sopra degli apici, ricche di peli radicali.
Questo assorbimento provoca nel terreno circostante una diminuzione di umidità che richiama altra
acqua. In
più il contatto radice-acqua viene agevolato dall’accr,escimento della prima, accrescimento talvolta
notevole, che può raggiungere anche l’ordine dei cm al giorno.
Dal punto di vista irriguo, è interessante riportare la Tab 5 (Stazione sperimentale di Scottbluff U.S.A.) ove sono indicate, per alcune piante (adulte), le percentuali dell’attività assorbente delle
radici alle varie profondità (terreni profondi e ben drenati).
Tabella 5
Coltura
Profondità (cm)
0 -30
30 -60
60 -90
90 -120
120 -180
Alfa alfa
Barbabietola
Mais
Agrumi
47
15
15
12
7
62
19
12
7
-
42
28
19
11
-
37
30
15
11
7
Nell’elenco seguente è invece ripotata (in cm) la massima profondità efficace:
-
cipolla, lattuga, mirtillo, ravanello…………………………………………………………. 30
arachide, banano, spinacio, cavolo…………………………………………………………. 50
soia, trifoglio, patata, carota………………………………………………………………... 60
fragola, sorgo, tabacco, fagiolo, pisello, sedano…………………………………………… 70
rapa, pomodoro, patata dolce, mais, carciofo, barbabietola, melone, grano, cocomero…… 90
cotone,agrumi,canna da zucchero, vite, lino……………………………………………….. 120
alfa alfa, asparagio, decidue, luppolo, zucca……………………………………………….. 150
I valori riportati sono necessariamente orientativi perché lo sviluppo radicale dipende, oltre che dai
fattori costituzionali, anche dal clima, dal suolo (profondità, umidità, temperatura, fertilità) e dalle
pratiche colturali. Per quanto riguarda il mecanismo dell’assorbimento e del movimento dell’acqua
nelle piante si rimanda senz’altro al corso di Botanica generale.
17
c) TRASPIRAZIONE
Le enormi quantità d’acqua traspirate dalle piante sono collegate con le necessità di nutrimento
minerale e col meccanismo della fotosintesi. È noto che affinché quest’ultima avvenga occorre
l’anidride carbonica presente, allo stato gassoso, nell’atmosfera. È anche noto che le pareti cellulari
sono quasi impermeabili all’anidride carbonica e che essa può penetrare nelle cellule soltanto in
soluzione. Occorre insomma un contatto con una superficie cellulare umida che, esposta all’aria,
comporta necessariamente una evaporazione.
Pertanto ogni riduzione di traspirazione conduce a una limitazione nell’apportodi anidride
carbonica; in altri termini, in una pianta verde fotosintesi e traspirazione sono intimamente legate.
Oltre il 90 % dell’acqua traspirata da una pianta superiore viene eliminata attraverso gli stomi,
piccole aperture dell’epidermide fogliare, regolate da turgore delle cellule di chiusura che le
delimitano. I movimenti stomatici, di apertura e di chiusura, sono variamente influenzati da fattori
ambientali: quantità d’acqua disponibile per la pianta, radiazione solare, temperatura concentrazione
di anidride carbonica. Una quantizzazione di queste influenze è quanto mai difficile anche per il
diverso comportamento delle varie specie. Ad esempio molte piante (cereali, leguminose, girasole,
ecc.), indipendentemente dall’acqua disponibile, chiudono gli stomi di notte e li aprono durante il
giorno; in molte specie un aumento della concentrazione di anidride carbonica ne provoca
l’apertura; con temperature superiori ai 30-35°C si ha generalmente la chiusura degli stomi, ma
questa può essere impedita da basse concentrazion, di anidride carbonica.
Per i motivi ora detti e per il fatto che la quantità di acqua traspirata dipende anche dall’umidità
relativa dell’aria e dalla ventilazione, solo a livello di ricerca è pensabile quantizzare che derivi da
un’analisi del fenomeno fatta su tempi brevi; si dovrà invece, e questo è quanto interessa
maggiormente dal punto di vista irriguo, fare riferimento a tempi lunghi (decade, mese).
Nel passato si ricercava la quantità di acqua traspirata durante il ciclo vegetativo necessaria per
formulare l’unità di peso di materia secca. La Tab. 6 ne fornisce un’esemplificazione piuttosto
ampia. Attualmente, anche per la la non proporzionalità fra resa e competenza, si è abbandonata
questa impostazione e si studia il fenomeno complessivo (evapotraspirazione), somma della
traspirazione e della avaporazione dal suolo e dal soprasuolo.
d) EVAPORAZIONE DA SPECCHIO LIQUIDO
L’avaporazione consiste nel cambiamento di stato fra liquido e vapore. Il fenomeno, riferito a una
superficie liquida, ha notevoli riflessi in campo irriguo, per le perdite che si possono avere al
momento della provvista (evaporazione dei laghi), per quelle che si possono determinare durante la
pratica irrigua e anche per le correlazioni con l’evapotraspirazione, suggerite da molti autori. Il
fenomeno dell’evaporazione viene studiato in molti corsi; qui basta rammentare che essa dipende
principalmente dalla radiazione, dalla temperatura dell’aria e dell’acqua, della ventilazione, della
pressione, della qualità dell’acqua e dalla forma e dimensione della superficie evaporante. Le
misure di evaporazione possono essere fatte con evaporimetri o con atmometri.
18
Tabella 6
PIANTA
Grano
Avena
Mais
Orzo
Segale
Barbabietola
Alfa alfa
Trifoglio
Grano
Avena
Mais
Orzo
Segale
Patata
Barbabietola
Alfa alfa
Trifoglio
Tommasi
(ITALIA)
300-392
311-351
154-241
Thom
(Washington)
432
352
249
320
167
262
446
484
Manzoni
(Italia)
270-360
170-190
270
250
245
400-480
500
Briggs
(Colorado)
520-660
597
320-420
534
685
636
397
831
797
Hellrigel
(Germania)
399
376
310
330
Conti
(Argentina)
343-760
1382
-
Risler
(Francia)
250
216
380
263
Leather
(India)
582
493
337
448
-
Toulaikoff
(Russia)
316-756
347-655
230-617
Ventskevich
(Russia)
450-600
200-400
500-600
500-600
300-600
400-700
500-700
e)EVAPORAZIONE DAL SUOLO E DAL SOPRASSUOLO
Tutte le condizioni ambientali che influiscono sull’evaporazione da specchio liquido intervengono
anche a determinare l’evaporazione dal suolo. Tuttavia in questo caso cambia la natura della
superficie evaporante nel senso che ora l’acqua, per vaporizzare, deve vincere anche le forze che la
trattengono al terreno. I parametri che governano il fenomeno risultano perciò più numerosi. Essi
possono essere raggruppati come segue:
-
-
variabili climatiche: l’evaporazione aumenta all’aumentare della temperatura, della
radiazione solare e della ventilazione, diminuisce all’aumentare dell’umidità
dell’aria e della pressione atmosferica; l’evaporazione dipende dall’entità e dalla
distribuzione delle precipitazioni, in particolare nel senso che piogge frequenti,
discontinue e di altezza ridotta, aumentano l’evaporazione dal suolo e dal
soprassuolo.
variabili pedologiche: l’evaporazione dipende dal calore specifico, dalla
conducibilità termica e dal colore del terreno, cresce all’aumentare dell’umidità del
suolo e al diminuire della profondità della falda freatica.
variabili agronomiche: la copertura vegetale riduce l’evaporazione dal terreno sia
perche l’ombreggia e riduce il movimento dell’aria, sia perché, con la traspirazione,
ne abbassa l’umidità; l’evaporazione si riduce notevolmente quando si ricorra a
pacciamature; forti riduzioni si riscontrano anche in seguito alle lavorazioni del
terreno.
f) EVAPOTRASPIRAZIONE
Le moderne ricerche sui fabbisogni idrici hanno abbandonato lo studio separato dell’evaporazione
dal suolo e del consumo’delle piante e hanno preso in esame il fenomeno globale, denominato
evapotraspirazione (ET).
L’evapotraspirazione è evidentemente condizionata da tutti i fattori fisici e biologici esaminati nei
tre paragrafi precedenti. In particolare esistono dei periodi critici dello sviluppo vegetativo nei quali
19
l’evapotraspirazione è molto intensa (a causa della sua componente traspirativa) e pertanto uno
stress idrico può essere molto dannoso:
-
per il grano, poco prima della formazione della spiga;
per il mais, prima e dopo l’apparizione delle infiorescenze maschili;
per il cotone, alla fioritura;
per l’alfa alfa, dopo il taglio;
per la soia, alla fioritura;
per il pomodoro, al momento dell’allegagione;
per il girasole, al momento della fioritura e della formazione dei semi;
per la barbabietola da zucchero, 3 o 4 settimane dopo l’emergenza;
per la patata, dalla formazione del tubero al raccolto;
per le arboree in genere, durante lo sviluppo più accentuato del frutto.
Certamente l’ET è un fenomeno assai complesso, fortemente variabile nel tempo, dipendente da una
vera galassia di parametri climatici, pedologici, agronomici e colturali. Nei paragrafi seguenti si
esamineranno i metodi di misura e i principali metodi di calcolo.
g) MISURA DELL’ET - LISIMETRI
Fra i metodi per la misura dell’evapotraspirazione vanno rammentati i lisimetri, serbatoi di varie
dimensioni riempiti di terreno “il più possibile indisturbato” sul quale si impianta la vegetazione.
Figura 15
La Fig.15 mostra un tipo di lisimetro a peso di grosse dimensioni che consente di ricavare l’ET
attraverso l’equazione del bilancio ideologico
ET = A - D - ∆V
dove gli afflussi si misurano con un pluviometro, i deflussi (superficiale e sotterraneo) attraverso i
serbatoi di raccolta e la variazione del volume d’acqua contenuto nella cassa tramite pesatura. È
ovvio che il lisimetro riproduce solo parzialmente le condizioni “di campo” poiché, a parte il
disturbo sul suolo, non vengono presi in considerazione gli scambi idrici laterali sotterranei,
l’afflusso superficiale e la risalita capillare.
Esistono lisimetri più semplici, non “a peso”, nei quali ∆V viene determinata attraverso misure di
umidità del terreno a varie profondità.
20
h) MISURA DELL’ET - METODO DI BOWEN
Il metodo di Bowen si basa sul bilancio energetico ed era riferito originariamente ad una massa
d’acqua allo scopo di trovarne l’evaporazione dalla superficie libera. Il bilancio energetico di una
massa d’acqua, ritenuti trascurabili gli scambi di calore per conduzione sul fondo e quelli connessi a
processi chimici e biologici, può essere espresso con la seguente equazione
Rn – C – λE + Qa = ∆Q
(Rn = radiazione netta16; C= perdita di energia sotto forma di calore sensibile; λE = energia utilizzata
per l’evaporazione; Qa= energia di advezione; ∆Q = variazione dell’energia immagazzinata nella
massa d’acqua).
Il rapporto β = C/λE viene denominato indice di Bowen. Si può scrivere
λE =
ρC p
∆e
KE
γ
∆Z
(λ = calore latente di vaporizzazione, in cal/g; E = evaporazione, in cm/s; ρ= densità dell’aria, in
g/cm3; Cp = calore specifico dell’aria, in cal/g°C; γ = CpP/λε = costante psicrometrica dove P è la
pressione atmosferica in mbar, ε è il rapporto fra i pesi molecolari dell’acqua e dell’aria;
KE = coefficiente di diffusività del vapor d’acqua in cm2/s; ∆e = variazione della tensione di vapore,
mbar; ∆Z = variazione di quota, in cm) e
C = ρC p K c
∆t
∆Z
(C = calore sensibile, in cal; Kc = coefficiente di trasmissione del calore sensibile, in cm2/s;
∆t = variazione di temperatura in °C).
Risulta:
β=
C
K ∆t
=γ c
λE
K E ∆e
Kc e KE variano di parecchi ordini di grandezza in funzione della velocità del vento; tuttavia si può
ammettere che mediamente Kc= KE, per cui
β =γ
∆t
∆e
con P = 1000 mbar e t = 20°C, Cp = 0,24 cal/g °C e λ = 585 cal/g, essendo ε = 0,62, risulta
γ = 0,66 mbar/°C17.
16
Si ricordi che la radiazione globale risulta dalla somma della radiazione diretta Rs della radiazione diffusa Rd e della
radiazione a onde lunghe RL emessa dall’atmosfera. Una frazione r (albedo) della somma Rs + Rd viene riflessa, mentre
solo una frazione a (coefficiente di assorbimento termico) di RL viene assorbita. In più la superficie emette radiazioni a
onde lunghe il cui ammontare è proporzionale alla 4a potenza della temperatura assoluta T con coefficiente di
proporzionalità eguale al prodotto della costante di Stefan-Boltzman δ per il coefficiente di emissività termica ξ. La
radiazione netta Rn risulta pertanto dalla seguente relazione:
Rn = (1 - r) (Rs + Rd) + aRL – ξδT4
(δ = 0,817 10-10 cal/cm2 min °K)
21
L’equazione del bilancio energetico, introducendo β, si può scrivere
Rn = βλE + λE – Qa + ∆Q
Da quest’ultima equazione si può ricavare l’evaporazione E. Il metodo di Bowen fu poi esteso dalia
misura dell’evaporazione da specchio liquido alla misura dell’evapotraspirazione. Il bilancio
energetico viene ora applicato alla superficie del suolo e del soprassuolo. Poiché una superficie non
ha capacità termica la radiazione netta Rp deve essere totalmente dissipata; ciò avviene o con un
aumento di temperatura del suolo e delle piante al di sotto della superficie prodotto da un flusso di
calore nel suolo e nel soprassuolo G, o con un aumento della temperatura dell’aria che produce un
flusso di calore sensibile, oppure infine tramite l’evaporazione che produce un flusso di calore
latente λET. Se si trascurano l’energia messa in gioco nella fotosintesi (1-2 % di Rp) e il calore di
advezione, si può scrivere
Rn = G + C+ λET
e ponendo C/λET = β
Rn - G = λET (1 + β)
ET =
Rn − G
λ (1 + β )
Rn può esse misurata con un radiometro netto, G con geotermometri e β = γ
∆t
tramite psicrometri
∆e
posti a varie altezze.
Il metodo di Bowen è poco usato nella pratica per vari motivi: difficoltà di ubicazione (superficie
orizzontale e senza ostacoli per almeno un centinaio di metri), strumenti piuttosto sofisticati,
inapplicabilità alle colture arboree. Specialmente in ambienti aridi il trascurare l’energia scambiata
per advezione può causare errori notevoli.
i) MISURA DELL’ET - EQUAZIONE DI PENMAN
Penman, attraverso un’elaborazione abbastanza lunga, giunge a un’equazione che tiene conto sia
della radiazione sia della ventilazione
λET =
I ( Rn − G ) + ρC p (es − e ) / ra
1+ λ
dove Rn, G, ρ, γ, Cp, hanno il solito significato; I = pendenza della curva che lega la tensione di
vapore es alla temperatura nel punto relativo alla misura, in mbar/°C; es = tensione di saturazione
alla temperatura di misurazione all’altezza Z, in mbar; e = tensione di vapore all’altezza Z, in mbar;
ra = resistenza aerodinamica, in s/cm, data da
  Z − d 

ln
Z
0


ra = 
2
KU
17
2
1 bar =106 dine/cm2 = 0,987 atm
22
con U = velocità del vento in cm/s; K = costante di von Karman = 0,42 (numero puro); Z = altezza
dell’anemometro in cm; Z0 = 0,13h, d ≡ 0,66h (h = altezza media delle piante).
l) CALCOLO DELL’ETp - IMPOSTAZIONE CLASSICA
I metodi di misura ora visti consentono di conoscere, con buona approssimazione, l’andamento nel
tempo dell’ET nelle più varie condizioni climatiche, pedologiche e colturali. Tuttavia, la necessità
di attrezzature relativamente sofisticate e costose e di personale specializzato hanno relegato questi
metodi ai settori della ricerca e dei controlli.
In sede progettuale quasi mai si hanno a disposizione serie temporali abbastanza estese di ET
misurate con i metodi in parola.
Questo fatto ha imposto la necessità di pervenire in qualche modo alla ET per via di calcolo.
A questo proposito esiste un’impostazione che potremmo ormai definire classica (anni ‘50 e ‘60),
caratterizzata dal fatto di trascurare o di mettere in netto subordine i parametri pedologici e colturali
rispetto ai parametri climatici.
Intanto, il parametro ricercato era l’Evapotraspirazione potenziale, definita come “l’ET di una
coltura coltivata in campi abbastanza grandi, in condizioni pedologiche ottimali, con umidità del
suolo ottimale, in perfette condizioni sanitarie, tale da raggiungere la massima produzione
nell’ambiente dato”18. Sostanzialmente si affermava poi che l’ETp, così definita, e considerata su
tempi abbastanza lunghi, era sostanzialmente indipendente dalla coltura e dal suo stadio di sviluppo.
In fondo, si diceva, “se una coltura copre di più il terreno si avrà più traspirazione e meno
evaporazione, e
viceversa, in modo che la somma risulterà presso a poco costante”. Questa impostazione ha indotto
molti autori a proporre delle formule empiriche, nate da semplici correlazioni a scatola chiusa,
mettendo in conto i soli fattori climatici e, in qualche caso, solo subordinatamente, quelli biologici
(formule di Blaney-Criddle, Hargreaves, Rycha, ecc.). Queste formule sono suscettibili di
classificazione in quattro categorie:
-
formule di Hedke, Lowry-Jonhson, Thornthwaite, Blaney-Criddle, Blaney-Morin,
Quijano, ecc. che correlano l’evapotraspirazione alla temperatura dell’aria;
formule di Hargreaves, Olivier, Bouchet, Rycha, ecc. che correlano
l’evapotraspirazione all’evaporazione da specchio liquido;
-formule di Haude, Papadakis, Halstead, Harnon, Olpatev, ecc. che correlano
l’evapotraspirazione al deficit di umidità dell’aria;
formule di Ture, Makkink, Jensen-Haine, Penman, ecc. che si basano sul bilancio
energetico.
Di queste formule riportiamo qui di seguito quelle di Thornthwaite e di Ture, ancora largamente
usate, mentre per quella di Blaney e Criddle, si fornirà nel paragrafo n) la versione modificata dalla
FAO.
18
In altri termini l’ETp sarebbe il valore massimo della cosiddetta evapotrasposizione effettiva. Sulla riduzione dell’ET
in funzione dell’umidità del suolo non si possono formulare regole di carattere generale.
23
Tabella 7: Formula di Thornthwaite – Indici termici mensili
°C
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
0.0
0,09
0,25
0,46
0,71
1,00
1,32
1,66
2,04
2,44
2,86
3,30
3,76
4,25
4,75
5,28
5,82
6,38
6,95
7,55
8,16
8,78
9,42
10,08
10,75
11,44
12,13
12,85
13,58
14,32
15,07
15,84
16,62
17,41
18,22
19,03
19,86
20,70
21,56
22,42
0,1
0,10
0,27
0,48
0,74
1,03
1,35
1,70
2,08
2,48
2,90
3,34
3,81
4,30
4,81
5,33
5,87
6,44
7,01
7,61
8,22
8,85
9,49
10,15
10,82
11,50
12,21
12,92
13,65
14,39
15,15
15,92
16,70
17,49
18,30
19,11
19,93
20,79
21,64
22,50
0,2
0,01
0,12
0,29
0,51
0,77
1,06
1,39
1,74
2,12
2,52
2,94
3,39
3,86
4,35
4,86
5,38
5,93
6,49
7,07
7,67
8,28
8,91
9,55
10,21
10,89
11,57
12,28
12,94
13,72
14,47
15,22
15,99
16,78
17,57
18,38
19,20
20,03
20,87
21,73
22,59
0,3
0,01
0,13
0,31
0,53
0,80
1,09
1,42
1,77
2,15
2,56
2,99
3,44
3,91
4,40
4,91
5,44
5,98
6,55
7,13
7,73
8,34
8,97
9,62
10,28
10,95
11.64
12,35
13,07
13,80
14,54
15,30
16,07
16,85
17,65
18,46
19,28
20,11
20,96
21,81
22,68
0,4
0,02
0,15
0,33
0,56
0,83
1,12
1,45
1,81
2,19
2,60
3,03
3,48
3,96
4,45
4,96
5,49
6,04
6,61
7,19
7,79
8,41
9,04
9,68
10,35
11,02
11,71
12,42
13,14
13,87
14,62
15,38
16,15
16,90
17,73
18,54
19,36
20,20
21,04
21,90
22,77
0,5
0,03
0,16
0,35
0,58
0,85
1,16
1,49
1,85
2,23
2,64
3,08
3,53
4,00
4,50
5,01
5,55
6,10
6,66
7,25
7,85
8,47
9,10
9,75
10,41
11,09
11,78
12,49
13,21
13,94
14,69
15,45
16,23
17,01
17,81
18,62
19,45
20,28
21,13
21,99
22,86
0,6
0,04
0,18
0,37
0,61
0,88
1,19
1,52
1,89
2,27
2,69
3,12
3,58
4,05
4,55
5,07
5,60
6,15
6,72
7,31
7,91
8,53
9,17
9,82
10,48
11,16
11,85
12,56
13,28
14,02
14,77
15,53
16,30
17.09
17,89
18,70
19,53
20,36
21,21
22,07
22,95
0,7
0,05
0,20
0,39
0,63
0,91
1,22
1,56
1,92
2,31
2,73
3,16
3,62
4,10
4,60
5,12
5,65
6,21
6,78
7,37
7,97
8,59
9,23
9,88
10,55
11,23
11,92
12,63
13,36
14,09
14,84
15,61
16,38
17,17
17,97
18,79
19,61
20,45
21,30
21,16
23,03
0,8
0,06
0,21
0,42
0,66
0,94
1,25
1,59
1,96
2,35
2,77
3,21
3,67
4,15
4,65
5,17
5,71
6,26
6,84
7,43
8,03
8,66
9,29
9,95
10,62
11,30
11,99
12,70
13,43
14,17
14,92
15,68
16,46
17,25
18,05
18,87
19,69
20,53
21,38
22,25
23,12
0,9
0,07
0,23
0,44
0,69
0,97
1,29
1,63
2,00
2,39
2,84
3,25
3,72
4,20
4,70
5,22
5,76
6,32
6,90
7,49
8,10
8,72
9,36
10,01
10,68
11,37
12,06
12,78
13,50
14,24
14,99
15,76
16,54
17,30
18,13
18,95
19,78
20,62
21,47
22,33
23,21
24
Tabella 8: Formula di Thornthwaite – Coefficienti di latitudine
Latitudine
Nord
0°
5°
10°
15°
20°
25°
30°
31°
32°
33°
34°
35°
36°
37°
38°
39°
40°
41°
42°
43°
44°
45°
46°
47°
48°
49°
50°
Gen.
Feb.
Mar.
Apr.
Mag.
Giu.
Lug.
Ago.
Set.
Ott.
Nov.
Dic.
1,04
1,02
1,00
0,97
0,94
0,93
0,91
0,91
1,04
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,02
1,02
1,02
1,02
1,02
1,02
1,02
1,02
1,04
1,02
1,03
1,04
1,05
10,6
1,08
1,08
1,08
1,09
1,09
1,09
1,10
1,10
1,10
1,11
1,11
1,11
1,12
1,12
1,13
1,13
1,13
1,14
1,14
1,14
1,15
1,04
1,06
1,08
1,11
1,13
1,15
1,18
1,18
1,19
1,19
1,20
1,21
1,21
1,22
1,23
1,23
1,24
1,25
1,26
1,26
1,27
1,28
1,29
1,30
1,31
1,32
1,33
1,01
1,03
1,06
1,08
1,11
1,14
1,17
1,18
1,19
1,20
1,20
1,21
1,22
1,23
1,24
1,24
1,25
1,26
1,27
1,27
1,28
1,29
1,31
1,32
1,33
1,34
1,36
1,04
10,6
10,8
1,12
1,24
1,17
1,20
1,20
1,21
1,22
1,22
1,23
1,24
1,25
1,25
1,26
1,27
1,27
1,28
1,29
1,30
1,31
1,32
1,33
1,34
1,35
1,37
1,04
1,05
1,07
1,08
1,11
1,12
1,14
1,14
1,15
1,15
1,16
1,16
1,16
1,17
1,17
1,18
1,18
1,19
1,19
1,20
1,20
1,21
1,22
1,22
1,23
1,24
1,25
1,01
1,01
1,02
1,02
1,02
1,02
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,03
1,04
1,04
1,04
1,04
1,04
1,04
1,04
1,04
1,04
1,04
1,05
1,05
10,6
1,04
1,03
1,02
1,01
1,01
0,99
0,98
0,95
1,04
1,02
0,99
0,97
Formula di Thornthwaite
Per una durata di 360 ore diurne mensili (12 giornaliere) l’ETp mensile (cm) è data dalla formula
 t
ETp = 1,610 
 I
a
con temperatura media del mese, in °C
12
I = ∑ i (indice termico annuale)
1
1, 514
t
i= 
5
(indice termico mensile)
a =675 @ 10-9 @ I3 -771 @ 10-7 I2+1792 @ 10-5 @ I + 0,4924
I coefficienti a e I dipendono soltanto dalla località e valgono per tutti i mesi. Gli indici termici
mensili sono riportati nella Tab. 7.
La formula di Thornthwaite è stata trovata per una durata di 360 ore diurne mensili; può essere però
corretta moltiplicando il risultato per il “coefficiente di latitudine”, rapporto fra le ore diurne del
mese e 360. I coefficienti di latitudine sono riportati in Tab. 8.
25
Formula di Turc
ETp = 0,4(i + 50 )
t
t + 15
ETp = evapotraspirazione potenziale mensile, in mm
I = radiazione globale del mese considerato su una superficie orizzontale, in cal/cm2 giorno
t = temperatura media mensile (°C)
I può essere calcolata con la formula:
n

I = I M  0,18 + 0,62 
N

IM= radiazione massima (trasparenza dell’atmosfera uguale a 1) (Tab. 9)
N = numero delle ore diurne nel mese (Tab. 10)
n = durata, in ore, dell’insolazione effettiva nel mese (eliofania assoluta)
La formula è stabilita per valori dell’umidità dell’aria superiori al 50%. Per valori inferiori si deve
moltiplicare l’ETp trovata per il fattore
 50 − U 
1 +

70 

U = umidità relativa dell’aria in %
Le due formule esposte, e le molte citate, sono ancora largamente in uso, specialmente su grandi
superfici, a scala di bacino o regionale, e su tempi lunghi (mese o, al minimo, decade). A parte la
grave manchevolezza del non tenere in nessun conto la coltura e il suo stadio di sviluppo,si tratta in
ogni caso di formule empiriche derivate da correlazioni a scatola chiusa, che non prendono in
considerazione i meccanismi del fenomeno, e che in più, assai spesso, mettono in conto addirittura
un solo parametro climatico.
Anche tenuto in ogni caso conto dell’importante direttiva di non estendere l’uso dei procedimenti al
di là degli ambienti per i quali sono stati stabilii, le formule riportate possono in definitiva costituire
soltanto una stima poco più che orientativa dell’ETp.
26
Tabella 9: Formula di Turc – Valori di IM (cal/cm2 giorno) latitudine Nord
Gen.
Feb.
Mar.
Apr.
Mag.
Giu.
Lug.
Ago.
Set.
Ott.
Nov.
Dic.
0°
858
888
890
862
816
790
804
833
875
880
860
842
2°
839
875
887
869
830
807
819
843
875
870
842
821
4°
819
862
884
876
844
824
834
853
874
860
824
800
6°
799
849
881
882
858
841
849
862
874
850
805
779
8°
779
835
877
888
872
857
864
871
873
840
786
757
10°
759
821
873
894
885
873
879
880
872
830
767
735
12°
736
804
866
896
894
886
890
885
867
815
645
710
14°
713
786
858
898
903
898
900
890
861
800
623
685
16°
690
768
850
900
912
910
910
894
855
785
601
660
18°
666
750
842
901
921
922
920
898
849
770
579
635
20°
642
732
834
902
930
934
930
902
843
755
656
610
22°
616
711
820
898
934
942
935
900
832
736
631
581
24°
589
890
806
894
938
950
940
898
821
717
606
553
Gen.
Feb.
Mar.
Apr.
Mag.
Giu.
Lug.
Ago.
Set.
Ott.
Nov.
Dic.
26°
562
668
792
890
942
958
945
896
810
698
580
525
28°
537
646
778
885
946
965
950
894
799
678
554
497
30°
508
624
764
880
950
972
955
891
788
658
528
469
32°
480
599
746
871
949
975
956
885
773
634
501
439
34°
451
573
728
862
948
976
957
879
758
610
474
410
36°
422
547
710
853
947
981
957
872
742
586
446
381
38°
393
521
692
743
948
983
958
865
726
561
418
382
40°
364
495
673
833
944
985
958
858
710
536
390
323
42°
335
468
651
820
940
985
954
847
690
510
362
294
44°
306
441
629
806
935
984
950
836
670
484
333
265
46°
250
287
585
778
925
983
942
812
628
431
275
208
48°
250
287
585
778
925
983
942
812
628
431
275
208
50°
222
360
562
764
920
983
938
800
607
404
246
180
m) CALCOLO DELL’ETp - STANDARDS FAO
La FAO (Crop water requirements, 1977) ha indicato per il calcolo dell’ETp delle procedure
standard che, considerata l’importanza dell’ente proponente e la vastità della sua area di intervento,
devono essere necessariamente tenute in considerazione. D’altra parte si tratta di metodologie
affatto moderne e, in più, l’attenersi a tali standards conduce al grosso vantaggio della
confrontabilità dei risultati ottenuti.
L’ipotesi classica della assoluta prevalenza dei fattori climatici viene abbandonata attraverso
l’introduzione dell’evapotraspirazione potenziale di riferimento ETpr e del coefficiente colturale Kc.
27
Tabella 10: Formula di Turc – Valori di N (ore) latitudine Nord
Gen.
Feb.
Mar.
Apr.
Mag.
Giu.
Lug.
Ago.
Set.
Ott.
Nov.
Dic.
0°
375
342
375
363
375
363
375
375
363
375
363
375
2°
372
341
375
364
378
366
378
377
363
374
361
372
4°
369
339
375
366
381
369
381
379
364
373
359
369
6°
366
337
374
367
384
373
384
381
364
372
357
365
8°
363
335
374
369
387
377
387
383
365
370
354
361
10°
360
333
374
370
390
381
391
386
365
369
351
357
12°
357
331
374
371
393
384
394
388
366
368
348
354
14°
354
330
374
373
396
388
398
390
366
367
345
350
16°
351
328
373
374
399
392
402
392
367
366
342
342
18°
348
327
373
376
402
296
406
394
367
364
339
342
20°
344
325
373
378
406
400
410
397
368
363
336
338
22°
340
323
373
379
410
408
413
399
368
361
333
334
24°
336
321
373
381
418
412
417
402
369
360
330
330
Gen.
Feb.
Mar.
Apr.
Mag.
Giu.
Lug.
Ago.
Set.
Ott.
Nov.
Dic.
26°
332
319
372
384
421
317
421
404
369
359
327
326
28°
328
316
372
385
421
417
425
407
370
357
324
322
30°
324
313
372
387
425
422
355
320
317
429
410
371
32°
320
311
372
389
429
427
434
413
371
354
316
312
34°
316
309
372
391
433
432
439
416
372
352
312
307
36°
311
307
371
395
441
443
449
422
373
348
304
297
38°
306
304
371
395
441
443
449
422
373
348
304
207
40°
301
301
371
398
446
449
455
425
374
346
300
291
42°
294
298
370
401
452
457
462
429
375
344
295
283
44°
287
295
370
404
458
465
469
434
376
342
290
276
46°
280
292
370
407
465
473
476
439
377
340
284
269
48°
273
288
369
410
472
481
484
444
378
337
278
261
50°
266
284
369
413
479
490
492
449
379
334
272
253
L’ETpr è definita come “l’ETp da una vasta superficie di erba verde, di uniforme altezza
(8 -15 cm), abbastanza fitta da ombreggiare completamente la superficie del suolo”. Per il calcolo
dell’ETpr vengono proposti quattro metodi risultanti da manipolazioni di “formule classiche”
-
formula di Blaney e Criddle (modificata)
metodo della radiazione (formula di Makkink modificata)
metodo di Penman (modificato)
metodo dell’evaporimetro (da Hargreaves)
Il primo e il quarto di tali metodi verranno illustrati rispettivamente nei paragrafi n) e o).
Moltiplicando l’ETpr per il competente coefficiente colturale Kc, è possibile trovare l’ETp per una
data coltura in una determinata fase del suo sviluppo. Le modalità di valutazione dei Kc saranno
illustrate nel paragrafo p).
n) STANDARDS FAO - FORMULA DI BLANEY e CRIDDLE MODIFICATA
La formula proposta è la seguente:
ETpr = cp (0,46t + 8)
dove:
-
ETpr = evapotraspirazione potenziale di riferimento, media del mese considerato, in
mm/giorno
t = temperatura media mensile, in °C
28
-
p = rapporto, in percentuale, fra le ore diurne del giorno medio del mese considerato
e il totale annuo delle ore diurne (Tab. 11).
e = coefficiente correttivo dipendente dall’umidità relativa minima (URmin), dalla
eliofania relativa (n/N) e dalla velocità del vento media diurna (U).
ETpr può essere reperita graficamente sui diagrammi di Fig.16, una volta calcolata l’espressione p
(0,46t + 8), riportata in ascisse. Nella Fig.16 sono riportati i tre livelli di URmin (umidità relativa
minima dell’aria durante il giorno, di solito registrata fra le 13 e le 16), tre livelli di rapporto n/N fra
le ore di sole e le ore diurne, tre livelli di velocità del vento media diurna.
Come tutti i metodi che mettono in conto un solo parametro climatico, e in particolare la
temperatura, la formula di Blaney e Criddle deve essere usata con molta prudenza nella fascia
equatoriale, (dove le temperature si mantengono quasi costanti, ma altri fattori del clima possono
cambiare), ad elevata altitudine (temperature medie basse a causa di notti fredde, ma forte
radiazione durante il giorno), in zone costiere (dove, per l’influenza del mare, è debole la
correlazione fra temperatura e radiazione), ad elevata latitudine (lunghezze del giorno elevate e
quindi p elevato, ma bassa radiazione).
o) STANDARDS FAO - METODO DELL’EVAPORIMETRO
Per periodi superiori alla decade, viene proposta la seguente formula:
ETpr = Kp Epan
dove:
- Kp è il cosiddetto coefficiente dell’evaporimetro, o coefficiente pan;
- Epan è l’evaporazione misurata all’evaporimetro.
La formula conduce a risultati soddisfacenti per la correlazione, tutto sommato piuttosto stretta, che
lega l’evaporazione da evaporimetro all’evaporazione potenziale di riferimento, anche se, ad
esempio, la riflessione della radiazione è completamente diversa e completamente diversi sono i
valori notturni (l’evaporazione immagazzina calore durante il giorno, la maggior parte delle colture
non traspira durante la notte).
Tabella 11
Nord
Gen.
Feb.
Mar.
Apr.
Mag.
Giu.
Lug.
Ago.
Set.
Ott.
Nov.
Dic.
Sud
Lug.
0,15
0,16
0,17
0,18
0,19
0,19
0,20
0,20
0,21
0,21
0,22
0,23
0,24
0,24
0,25
0,26
0,26
0,27
0,27
Ago.
0,20
0,21
0,21
0,22
0,22
0,23
0,23
0,23
0,24
0,24
0,24
0,25
0,25
0,26
0,26
0,26
0,27
0,27
0,27
Set.
0,26
0,26
0,26
0,26
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
0,27
Ott.
0,32
0,32
0,32
0,31
0,31
0,31
0,31
0,30
0,30
0,30
0,30
0,29
0,29
0,29
0,28
0,28
0,28
0,28
0,27
Nov.
0,38
0,37
0,36
0,36
0,35
0,34
0,34
0,34
0,33
0,33
0,32
0,31
0,31
0,30
0,29
0,29
0,28
0,28
0,27
Dic.
0,41
0,40
0,39
0,38
0,37
0,36
0,36
0,35
0,35
0,34
0,34
0,32
0,32
0,31
0,30
0,29
0,29
0,28
0,27
Gen.
0,40
0,39
0,38
0,37
0,36
0,35
0,35
0,34
0,34
0,33
0,33
0,32
0,31
0,31
0,30
0,29
0,29
0,28
0,27
Feb.
0,34
0,34
0,33
0,33
0,33
0,32
0,32
0,32
0,31
0,31
0,31
0,30
0,30
0,29
0,29
0,28
0,28
0,28
0,27
Mar.
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,28
0,27
Apr.
0,22
0,23
0,23
0,23
0,24
0,24
0,24
0,24
0,25
0,25
0,25
0,25
0,26
0,26
0,26
0,27
0,27
0,27
0,27
Mag.
0,17
0,18
0,18
0,19
0,20
0,20
0,21
0,21
0,22
0,22
0,22
0,23
0,24
0,25
0,25
0,26
0,26
0,27
0,27
Giu.
0,13
0,15
0,16
0,17
0,17
0,18
0,19
0,20
0,20
0,21
0,21
0,22
0,23
0,24
0,25
0,25
0,26
0,27
0,27
Latitudine
60°
58°
56°
54°
52°
50°
48°
46°
44°
42°
40°
35°
30°
25°
20°
15°
10°
5°
0°
29
Qui di seguito si farà riferimento al più diffuso degli evaporimetri, l’U.S.W.B. class A pan19, anche
se è possibile, con gli standards FAO, partire dai dati di un qualsiasi evaporimetro (Colorado
sunken pan, Australian pan ecc.).
Per il classe A i coefficienti Kp risultano dalla Tab. 12. Vengono innanzitutto distinti il caso A di
evaporimetro piazzato in zona con colture di bassa taglia dal caso B di evaporimetro piazzato su
terreno privo di vegetazione. Il Kp viene fatto dipendere dalla velocità media giornaliera del vento
(Km/g), dall’umidità media giornaliera dell’aria e dalla estensione d nel verso contrario al vento
dominante della zona a colture di bassa taglia (caso A) o della zona priva di vegetazione (caso B).
Tabella 12
Urm (%)
d (m)
Velocità del vento
175 Km/g | 2 m/sec
1
10
100
1000
175 – 425 Km/g | 2 – 5 m/sec
1
10
100
1000
425 – 700 Km/g | 5 – 8 m/sec
1
10
100
1000
>700 Km/g | >8 m/sec)
1
10
100
1000
<40
Caso A
40 - 70
>70
<40
Caso B
40 - 70
>70
0,55
0,65
0,70
0,75
0,50
0,60
0,65
0,70
0,45
0,55
0,60
0,65
0,40
0,45
0,50
0,55
0,65
0,75
0,80
0,85
0,60
0,70
0,75
0,80
0,50
0,60
0,65
0,70
0,45
0,55
0,60
0,6
0,75
0,85
0,85
0,85
0,65
0,75
0,80
0,80
0,60
0,65
0,70
0,80
0,50
0,60
0,65
0,65
0,70
0,60
0,55
0,50
0,65
0,55
0,50
0,45
0,60
0,50
0,45
0,40
0,50
0,45
0,40
0,35
0,80
0,70
0,65
0,60
0,75
0,65
0,60
0,55
0,65
0,55
0,50
0,45
0,60
0,50
0,45
0,40
0,85
0,80
0,75
0,70
0,80
0,70
0,65
0,60
0,70
0,65
0,55
0,55
0,65
0,55
0,50
0,45
L’evaporimetro deve essere di regola collocato in zona aperta. La vicinanza di una coltura alta può
provocare un aumento dei Kp indicati in Tab. 12 fino al 10% in zone umide poco ventose e fino al
30% in zone ventose e secche.
p) STANDARDS FAO - COEFFICIENTI COLTURALI
Per le colture annuali si utilizza per il calcolo dei Kc la metodologia che verrà ora illustrata, per le
colture poliennali si rimanda senz’altro, per ragioni di spazio, alla pubblicazione citata.
Il ciclo vegetativo viene diviso in quattro stadi:
I)
II)
III)
IV)
dalla nascita a un copertura del suolo pari a circa il 10%
fino a una copertura del 70 – 80%
fino all’inizio della maturazione
fino alla maturazione completa
Il Kc del periodo I si reperisce in funzione dell’ETpr e del turno medio di irrigazione nel diagramma
di Fig. 17.
19
L’evaporimetro classe A è un recipiente cilindrico (diam 121 cm, altezza 25,4 cm) in lamiera zincata (0,8 mm)
montato.su un telaio in legno, 15 cm al di sopra della superficie del suolo; il pelo libero deve essere compreso tra i 5 cm
e i 7,5 cm di distanza dal bordo superiore (distanze maggiori possono provocare notevoli variazioni).
30
Figura 17
Per il periodo III e per la fine del periodo IV i valori di Kc si reperiscono sulla Tab. 13, in funzione
dell’umidità relativa minima, della velocità del vento e della coltura.
Per i periodi II e IV i Kc si trovano tramite interpolazione lineare.
Tabella 13
Umidità relativa min. (%)
Velocità del vento (m/s)
Stadio di sviluppo
Specie:
Arachide
Avena
Barbabietola da zucchero
Carota
Cipolla
Cotone
Fagiolo
Frumento
Girasole
Lino
Mais
Patata
Peperone
Pisello
Pomodoro
Soia
Sorgo
Zucca
>70
<20
0-5
5-8
0-5
5-8
3
4
3
4
3
4
3
4
0,95
1,05
1,05
1,00
0,95
1,00
0,95
1,05
1,05
1,00
1,05
1,05
0,95
1,05
1,05
1,00
1,00
0,90
0,55
0,25
0,90
0,70
0,75
0,70
0,85
0,25
0,40
0,25
0,55
0,70
0,80
0,95
0,60
0,45
0,50
0,70
1,00
1,10
1,10
1,05
0,95
1,05
0,95
1,10
1,10
1,05
1,10
1,10
1,10
1,10
1,10
1,05
1,05
0,90
0,55
0,25
0,95
0,75
0,75
0,75
0,85
0,25
0,40
0,25
0,55
0,70
0,85
1,00
0,60
0,45
0,50
0,70
1,05
1,15
1,15
1,10
1,05
1,05
1,10
1,15
1,15
1,10
1,15
1,15
1,05
1,15
1,20
1,10
1,10
0,95
0,60
0,20
1,00
0,80
0,80
0,80
0,90
0,20
0,35
0,20
0,60
0,75
0,85
1,05
0,65
0,45
0,55
0,75
1,10
1,20
1,20
1,15
1,10
1,10
1,05
1,20
1,20
1,15
1,20
1,20
1,10
,20
1,25
1,15
1,15
1,00
0,50
0,20
1,00
0,85
0,85
0,85
0,90
0,20
0,35
0,20
0,60
0,75
0,90
1,10
0,65
0,45
0,45
0,80
31
1.3 PARAMETRI IRRIGUI
a) DEFICIT PLUVIOMETRICO - DEFICIT AGRICOLO
Il deficit pluviometrico (DP) relativo ad un intervallo di tempo (generalmente un mese) si definisce
come differenza fra l’ETp e altezza di precipitazione (P) relative allo stesso intervallo:
DP = ETp - P
Non è sempre necessario che l’acqua di irrigazione supplisca al DP, perché le piante possono
attingere alla “riserva utilizzabile” (o “acqua disponibile”) del suolo costituita durante i mesi affetti
da valori negativi del DP.
La riserva utilizzabile è pari al volume immagazzinato nello spessore di terreno esplorabile dalle
radici fra il punto di ritenzione e il punto di appassimento. È noto, d’altra parte, che in vicinanza del
punto di appassimento l’acqua può essere estratta dal suolo con difficoltà. Si definisce allora la
riserva “facilmente” utilizzabile (RFU), assumendo come limite inferiore di umidità la soglia di
intervento.
La RFU dipende essenzialmente dalla natura del suolo, dalla profondità del suolo, dalla profondità
delle radici, dalle eccedenze di precipitazioni invernali.
Si può adesso definire il deficit agricolo come differenza tra quello pluviometrico e la frazione K
della RFU attribuita al periodo preso in esame (di solito si ammette che P possa essere valutata per
intero, senza tener conto del suo possibile non immagazzinamento nel suolo e si trascurano gli
scambi idrici col sottosuolo, sia positivi -percolorazione- sia negativi- risalata capillare-)20.
DA = ETp - P - K (RFU)
Il deficit agricolo di un certo mese è evidentemente variabile da un anno all’altro. È quindi
necessaria una analisi frequenziale intesa a reperire non una semplice media, ma un valore di poco
inferiore al DA di punta.
b) EFFICIENZA DELL’IRRIGAZIONE
L’efficienza dell’irrigazione (η) tiene conto delle perdite che si possono avere per colatura,
percolazione in profondità, evaporazione e disuniformità di distribuzione. Indicata con Hu l’altezza
d’acqua immagazzinata nello strato utile del terreno21 e con H l’altezza somministrata alla parcella,
si ha:
η=
Hp
H
; η% =
Hu
100
H
Quella ora definita è l’efficienza “alla parcella”; se si vuoi tener conto anche delle perdite nei
conduttori, bisogna moltiplicare (η) per l’efficienza del trasporto, dipendente dal tipo di conduttore,
dal suo sviluppo e dalle modalità di
20
Ad esempio, nei nostri climi, per i mesi della tarda primavera, può aversi per effetto della RFU,un deficit
pluviometrico positivo con un deficit agricolo nullo.
21
Secondo un’altra definizione per Hu si dovrebbe intendere l’altezza utilizzata dalle piante il che conduce
evidentemente a considerare valori di η più piccoli.
32
distribuzione. Per comprensori medio-grandi si possono ritenere validi i seguenti valori indicativi:
canali in terra 0,3 - 0,6; canali rivestiti 0,8 - 0,95; tubi 0,95 - 0,98. A titolo di esempio, si
considerino i dati della Tab. 14 relativi ad alcuni sistemi irrigui statunitensi.
Tabella 14
Sistema
irriguo
YUMA
(Ariz. – Ca)
(20.800 ha)
FORT SHAW
(Montana)
(3.060)
TIETON
(Washington)
(11.040)
Lunghezza
canali (km)
in terra
rivestiti
538
Terreno
prevalente
158
400
136
Derivazione
Consegna
(mm/anno)
3220
900
Efficienza
trasporto
(%)
28
pesante
1210
460
38
leggero
1020
753
74
medio
impasto
È importante notare fin d’ora che nelle irrigazioni di superficie prevalgono e perdite per colatura e
percolazione profonda; in più, siccome, come si vedrà le dosi debbono essere abbondanti,
l’efficienza può essere bassissima quando siano minime le esigenze idriche delle piante (ad esempio
piante giovanissime).
Con l’irrigazione a pioggia invece, se ben dosata, prevalgono le perdite per evaporazione.
L’efficienza alla parcella raggiunge in genere valori molto elevati con l’irrigazione localizzata e la
subirrigazione.
c) COMPETENZE
Le considerazioni svolte finora consentono di valutare, in qualche modo, il deficit agricolo diun
assegnato intervallo di tempo. Questo parametro, tenuto conto dell’efficienza, dovrebbe identificarsi
con la competenza, cioè con il volume d’acqua irrigua da assegnare a una determinata superficie per
un determinato periodo di tempo.
Definito “campagna irrigatoria” il periodo che intercorre fra l’inizio e la fine dell’irrigazione, si
definisce “competenza annua” (m3/ha) il volume da assegnare all’ettaro durante tutta la campagna.
Secondo Rebour, per i paesi del bacino del Mediterraneo le competenze annue dovrebbero assumere
i valori esposti nella Tab. 15.
Tabella 15
Coltura
Agrumi
Vite
Carciofo
Patata
Pomodoro
Competenza
annua (m3/ha)
6000
1500
9400
3700
7500
Coltura
Cavolfiore
Barbab. zuc.
Alfa alfa
Mais
Riso
Competenza
annua (m3/ha)
8000
7500
11000
7000
20000
I valori consuetudinari, minimi e massimi di competenza annua per le diverse regioni italiane, sono
riportati nella Tab. 16 (da Cancellara). Si noti l’enorme influenza della disponibilità.
Si definisce “competenza continua” (l/s ha) il rapporto fra la competenza annua e la campagna
irrigatoria.
Non è però sufficiente considerare annua e continua, perché bisogna prendere in esame le
competenze mensili e le competenze continue mensili. Ad esempio, nelle regioni del bacino
Mediterraneo, secondo Poirée e Ollier, possono ammettersi valori come quelli in Tab. 17.
33
Tabella 16
Regione
Pianura Padana
Romagna-Marche
Liguria
Toscana
Umbria-Lazio
Campania
Abruzzo-Molise
Puglia
Calabria-Basilicata
Sicilia
Sardegna
Competenza annua (m3/ha)
Agrumi
Ortaggi
2.500-9.000
6.500-16.000
5.500-9.000
3.000-20.000
10.000
3.000-12.000
3.000-5.000
11.000-20.000
1.000-2.500
1.000-5.000
3.000-9.000
7.500-18.000
6.000-8.000
8.000-16.000
11.000-13.000
Prati
5.000-28.000
3.000-19.000
5.000-9.000
8.000-12.000
2.000-5.000
6.000-9.000
10.000-13.000
Tabella 17
Coltura
Aprile
Maggio
Giugno
Luglio
Agosto
Settembre
Grano
Avena
Mais
Riso
Barb. zuc.
Patata
Pomodoro
Prati
Fruttiferi
150
1.200
1.500
800
1.000
1.200
-
450
600
1.500
5.000
1.800
1.200
1.200
1.200
-
1.200
1.500
1.500
5.000
1.800
1.200
1.800
1.800
750
900
1.200
1.800
5.000
1.800
1.200
1.800
2.100
750
1.800
5.000
1.200
1.800
2.100
750
1.200
750
Competenza
annua
2.700
3.300
7.800
20.000
6.900
5.600
7.600
9.600
3000
Un parametro molto interessante è la competenza continua riferita al mese di maggior fabbisogno.
Ad esempio, per prati, secondo la Tab. 17, si avrebbe (mese di luglio e agosto):
qmax =
2.100 1.000
21
=
= 0,8 l/s ha
86.400 30
8,6 3
d) DOSE, ORARIO, TURNO22
Poiché il suolo gioca un ruolo di serbatoio, non sarebbe conveniente immettere con continuità nella
parcella irrigua la competenza continua (questo procedimento sarebbe fra l’altro impossibile, a
meno che non si adottassero tecniche irrigue particolari come un’irrigazione localizzata continua).
Si interverrà perciò saltuariamente dando l’acqua a intervalli e utilizzando evidentemente una
portata superiore alla competenza continua.
Si considerino le seguenti definizioni:
-
Dose o volume unitario di adacquatura (D) è il volume d’acqua fornito durante
un’adacquatura (m3/ha; mm).
Orario (O) è la durata dell’ adacquatura.
Turno (T), o ruota, è l’intervallo di tempo fra l’inizio di un’adcquatura e l’inizio della
successiva23.
22
In questo e nel successivo paragrafo si intende riferirsi principalmente alla consegna periodica (v. II.3).
La dose, l’orario e il turno possono essere riferiti ad una qualsiasi unità territoriale (se la dose è fornita in mm, però, è
pleonastico il riferimento alla superficie; se la superficie è abbastanza grande – vedi I. 3 e - non ha senso parlare di
orario e di turno). Qui il riferimento è normalmente fatto all’ettaro.
23
34
Per ridurre al minimo il numero di adacquature, occorre che la dose sia la massima possibile,
compatibilmente con la necessità di minimizzare le perdite d’acqua. Le piante hanno a disposizione,
nel suolo, l’acqua corrispondente alla differenza fra capacità di campo e umidità al punto di
appassimento. Se, ad esempio, un suolo è caratterizzato da:
capacità di campo = Uvr = 0,32
punto di appassimento = Uva = 0,17
Per ogni m3 il suolo “in posto” le piante avranno a disposizione
1 · (0,32- 0,17) = 0,15m3 = 150 l di acqua.
Se, per ipotesi, la pianta presentasse una profondità radicale utile di 60 cm la dose da assegnare a un
ettaro potrebbe essere:
10.000 · 0,6 · 0,15 = 900 m3/ha
Questo calcolo è tuttavia estremamente sommario e sostanzialmente errato. Una valutazione più
precisa dovrebbe tener conto che l’assunzione di acqua da parte delle radici è diversa a seconda
dell’umidità del terreno e della profondità e che il disseccamento del suolo non è uniforme. In più, e
questa è la considerazione più importante, l’umidità minima limite di intervento è di molto
superiore, per la maggior parte delle colture, ad Ua; in altri termini, non si può pensare neanche di
avvicinarsi al punto di appassimento.
A titolo indicativo vale il seguente elenco di intervalli di tensione (in atm.) relativi alla produzione
ottimale (cfr. Tab.2).
Canna da zucchero, fragola, sedano..............................................0,3 - 0,4
Tabacco, carota, cipolla, lattuga....................................................0,3 - 0,7
Limone, arancio ............................................................................0,3 - 1,0
Pompelmo......................................................................................0,3 - 1,2
Banana, pomodoro ........................................................................0,3 - 1,5
Barbabietola da zucchero, mais, medica........................................0,3 - 2,0
Ad ogni modo, a parte questi intervalli ottimali, esistono vari metodi per stabilire la tensione limite
di intervento: indicatori visivi, indicatori di crescita, misure dello stato idrico della pianta. Fra gli
indicatori visivi si ricordi: l’appassimento, applicabile senza troppi rischi a poche colture per le
quali sia pronta la risposta alla stress idrico (mais pomodoro, girasole, banana, papaia, che possono
funzionare quindi anche come piante spia); cambiamento di colore (ad es. le foglie di cotone,
arachide, fagiolo diventano scure in dipendenza dello stress idrico); movimenti (ad esempio le
foglie di sorgo, mais, arachide, fagiolo, tendono ad arricciarsi); essudazione (riscontrabile in molte
piante floreali). Gli indicatori di crescita sono meno impiegati; qualche successo ha avuto l’analisi
della crescita dei frutti (agrumi, meli) e della crescita dei fusti (canna da zucchero). Le misure dello
stato idrico della pianta si può dire che non abbiano finora avuto diffuse applicazioni pratiche; esse
si riferiscono principalmente alla misura del contenuto in acqua, del potenziale dell’acqua nella
pianta (bomba di pressione) e della resistenza stomatica.
Per tutti i motivi ora detti la dose è inferiore, e talvolta di molto, alla dose corrispondente all’acqua
disponibile.
Per uno strato di suolo abbastanza sottile perché si possa considerare per tutti i suoi punti uniforme
l’umidità si potrà scrivere:
35
D =γa/γ · (Ur-Us)s
con D in mm, γa/γ peso specifico apparente del suolo relativo all’acqua, Ur eUs rispettivamente
umidità alla capacità di campo e alla soglia di intervento, s spessore dello strato, in mm.
Indicato con N il numero dei turni in un mese si ha:
N=
competenza del mese
D
e si assume, per N, il numero intero immediatamente superiore al risultato del quoziente. Ad
esempio, la competenza del mese in questione sia 1150 m3/ha e D valga 300 m3/ha:
N=
1.150
= 3,84
300
Si assume allora N = 4, per cui la dose effettivamente impiegata risulta:
D=
1.150
= 287 m3/ha
4
Poiché la competenza mensile varia, deve variare, da mese a mese, anche il prodotto D N.
Generalmente si mantiene inalterata la dose e per i mesi di minor fabbisogno si diradano i turni.
e) CORPO D’ACQUA
Il corpo d’acqua o modulo (m) è la portata che si immette nella parcella da irrigare.
Esso è legato alla dose e all’orario dall’ovvia relazione
m=
D
O
(D = dose della parcella; O = orario della parcella).
Come gli altri parametri irrigui, il corpo d’acqua può essere riferito a un’unità territoriale qualsiasi .
In particolare ha interesse distinguere il “corpo d’acqua parcellare” ora definito e il corpo d’acqua
distributivo, portata di cui dispone l’utente (una grossa azienda può disporre anche di più corpi
d’acqua).
Il valore minimo del corpo d’acqua parcellare dipende dalla tecnica irrigua adottata. Nel caso di
irrigazioni “di superficie”, ossia quando l’acqua si muove sul terreno nella fase iniziale
dell’adacquamento (irrigazioni per sommersione, per scorrimento, per infiltrazione da solchi), il
corpo d’acqua parcellare dipende strettamente dalla velocità di infiltrazione e dall’area della
parcella irrigua.
Un esempio varrà a chiarire questa dipendenza. Si immagini un terreno con velocità di infiltrazione
stabilizzata Ki = 0,00001 m/s e si versi su questo una portata di 0,1 l/s: l’acqua si spande fino a
coprire una superficie A che verifichi la relazione:
KiA = 0,0001 m3/s
A=
0,0001
= 10 m2
0,00001
36
Pertanto la relazione fra corpo d’acqua parcellare, velocità d’infiltrazione stabilizzata e area della
parcella irrigua è la seguente
m = KiA
In pratica, per la sommersione sarà m > KiA perché una parte di acqua in una prima fase non deve
infiltrarsi e costituire appunto l’acqua di sommersione. Lo stesso sarà per lo scorrimento, poiché,
generalmente, si ammette di avere una portata di colatura non nulla. Nel caso dell’ infiltrazione da
solchi A è soltanto l’area della superficie relativa ai solchi. L’area della parcella irrigua sarà
A’ = αA
con α > 1 dipendente dalla dimensione trasversale dei solchi e dalla loro distanza. È importante
anche notare che nel caso di orari brevi K, va sostituita con la velocità di infiltrazione media.
Da quanto ora detto si capisce come, non potendosi normalmente fare parcelle irrigue di dimensioni
troppo piccole, il corpo d’acqua nelle irrigazioni di superficie non possa assumere valori troppo
bassi.
Nel caso dell’irrigazione a pioggia la nozione di corpo d’acqua parcellare è molto meno rigida: essa
può essere fatta anche con moduli modesti, corrispondenti, al limite, alla portata di un solo
irrigatore. Anche qui, ad ogni modo, deve essere rispettata una relazione fra velocità di infiltrazione,
portata dell’irrigatore e area della superficie irrigata in modo che l’intensità di aspersione non superi
quella di infiltrazione.
Il corpo d’acqua parcellare assume valori ancora più piccoli nel caso dell’irrigazione a goccia e
della subirrigazione, fino a coincidere, talvolta, con la competenza continua.
Il corpo d’acqua distributivo deve essere almeno eguale a quello parcellare (a meno che non vi sia
possibilità di immagazzinamento). Non è d’altra parte opportuno un valore troppo alto che
comporta conduttori di grosse dimensioni (e quindi costosi) e difficoltà di regolazione
(normalmente si desidera che il modulo possa essere “condotto” da una sola persona): il limite
superiore si aggira sui 100 l/s.
Il corpo d’acqua è legato al turno, all’orario e alla competenza continua dalla proporzione
(S = superficie).
qS σ
=
m T
Il rapporto
T
si chiama grado di libertà dell’utente.
σ
Se qS = m il grado di libertà è1 e l’utente deve irrigare tutto il tempo ossia il modulo gli deve venir
consegnato con continuità, 24 ore su 24 . In questo caso il modulo coincide, per l’azienda, con la
competenza continua e non ha più
senso parlare di orario e di turno.
Qualora la superficie dell’azienda superi il valore S ora detto, essa riceverà due moduli con
intermittenza, (oppure uno continuo e uno intermittente) oppure ancora, con continuità, un corpo
d’acqua e un “corpo d’acqua tagliato”.
Se invece la superficie vale 2S, l’azienda riceverà con continuità due moduli, e così via.
Ovviamente, se nel comprensorio in questione, per motivi vari (impossibilità di irrigazione o
immagazzinamenti notturni, problemi di mano d’opera ecc.), si dedica solo una parte della giornata
all’irrigazione (r = rendimento di utilizzazione = rapporto fra le ore di irrigazione giornaliere e le
24 ore), il grado di libertà presenta un valore minimo pari a 1/r > 1.
37
1.4 ESERCITAZIONI E COMPLEMENTI
a) RICHIAMI SU ALCUNE PROPRIETÀ FISICHE DEL SUOLO
- composizione granulometrica
Le particelle che compongono il suolo vengono classificate secondo le loro dimensioni in (Ass. int.
scienza del Suolo - 1926):
-
scheletro > 2mm
terra fine < 2mm
colloidi argillosi e humus < 2µ
limo fra 2µ. e 20µ.
sabbia fine fra 20µ. e 200µ.
sabbia grossa fra 200µ. e 2mm
La più importante variante a questa classificazione riguarda il considerare il limo compreso fra 2µ, e
50µ., la sabbia fine tra 50µ. e 200µ, il resto invariato. L’analisi granulometrica viene fatta in una
prima fase tramite setacciamento, in seguito tramite sedimentazione (Stokes) o levigazione
(Kopecky). La denominazione dei vari tipi di terreno, a seconda della granulometria, può essere
ricavata dalle due “scale” di Fig.18 (U.S. Department of Agriculture) e 19 (scala internazionale).
Figura 18
Figura 19
- Porosità (P)
La porosità è definita come rapporto, espresso spesso in percentuale, fra il volume dei pori e il
volume totale (in situ). Si distinguono anche una microporosità e una macroporosità.
- Peso specifico apparente (γa)
Il peso specifico apparente è il rapporto fra il peso del terreno e il volume totale (pieni e vuoti, in
situ). Valori indicativi di γa sono: per un suolo sabbioso 1,3 -1,6 kg/dm3, limoso 1,2-1,4 kg/dm3,
argilloso 1,0 -1,3 kg/dm3.
38
- Peso specifico reale (γr)
Il peso specifico reale è il rapporto fra il peso del terreno e il volume reale, cioè il volume dei soli
“pieni”. Valori indicativi di sono: 2,5 - 2,7 kg/dm3 per i suoli minerali, 2 - 2,4 kg/dm3 per i suoli
organici.
Fra porosità, peso specifico reale e peso specifico apparente sussiste la relazione
p=
γr −γa
γr
Infatti, indicati con V il volume del suolo “in situ” e con v il volume dei pori
v
= P , si ha
V
peso suolo
peso suolo
; γa =
V −v
V
γr =
dividendo γa per γr si ottiene
γa V −v
=
γr
V
γ a − γ r V − v −V
=
γr
V
ossia
γa −γr v
= =P
V
γr
- Umidità del suolo
Si devono tener presenti due definizioni. Si definisce “umidità” U il rapporto fra il peso dell’acqua
contenuta e il peso del suolo essiccato. Si definisce “umidità in volume” Uv il rapporto fra il volume
dell’acqua contenuta e il volume del suolo “in situ”. Uv può evidentemente variare da zero fino al
valore della porosità P.
Le due “umidità” danno luogo a valori evidentemente diversi. Si abbia, ad esempio, un suolo con
peso specifico reale γr = 2,6 g/cm3 e con peso specifico apparente γa = 1,4 g/cm3. La porosità risulta:
P=
2,6 − 1,4
= 0,46 = 46%
2,6
In laboratorio si sia trovato che il campione contiene 40 g di acqua ogni 100 g di suolo secco. Allora
risulta
U=
40
= 0,4 = 40%
100
Poiché 100 g di suolo secco occupano “in situ”
39
100
= 71,4 cm3
1,4
La relazione generale è pertanto
Up
U
=
γa
γ
γ = peso specifico dell’acqua.
b) MISURA DELL’UMIDITÀ DEL SUOLO
Qui di seguito si esaminano tre metodi di misura, il primo diretto e gli altri indiretti, con riferimento
soltanto ai principi di funzionamento e alle limitazioni d’impiego.
- Metodo gravimetrico
Il metodo consiste semplicemente nel pesare un campione di terreno “umido”, nell’essiccarlo in
stufa termostatica a 105°C fino a peso costante e nel pesarlo di nuovo. Dai risultati delle due pesate
può essere immediatamente ottenuta l’umidità U. Il metodo comporta degli errori sia perchè, con le
modalità di essiccamento indicate, alla fine della prova il campione contiene ancora una quantità
non trascurabile di acqua, sia perché una parte della materia organica, a quella temperatura, può
ossidarsi e decomporsi. In ogni caso il metodo e laborioso e costoso (necessità di prelevare molti
campioni, permanenza in stufa per 8-16 ore ecc.) ed è applicato normalmente a livello sperimentale.
- Apparecchi a resistenza elettrica
Si tratta, più propriamente, di misuratori di tensione dell’acqua nel suolo, ma vengono trattati qui
perché più spesso sono tarati in funzione dell’umidità. Essi consistono in due elettrodi immersi in
un blocchetto di gesso (Bouyoucos)
o di nylon o di fibra di vetro. I blocchetti porosi, infissi nel terreno alla profondità voluta, si
pongono “in equilibrio” con l’umidità del suolo e la loro resistenza elettrica, misurabile ad esempio
con uno strumento a ponte, può essere correlata al contenuto idrico del terreno. L’attendibilità del
metodo è limitata dalle seguenti circostanze:
-
la resistenza elettrica dei blocchetti dipende anche dalla concentrazione di sali nel
terreno, in maniera più accentuata col nylon e la fibra di vetro;
è generalmente notevole l’inerzia con la quale il blocchetto si adegua alle variazioni
di umidità del suolo;
la resistenza elettrica dei blocchetti dipende anche dalla temperatura;
i blocchetti di gesso si deteriorano facilmente (per questo vengono impregnati
talvolta con resine protettive).
Il campo di misura corrisponde all’acqua disponibile per i blocchetti di gesso (pF compreso fra 2,5
e 4,2), si spinge a valori di umidità maggiori per il nylon e la fibra di vetro.
- Apparecchio a neutroni
L’apparecchio a neutroni consiste in una sorgente di neutroni veloci costituita da materiali longevi
(miscela di radio e berillio oppure di americio e berillio) in modo che il flusso emesso presenti
caratteristiche costanti per un considerevole numero di anni. I neutroni veloci collidono con i vari
nuclei atomici riducendo mano a mano la loro energia cinetica. La perdita di velocità è massima
40
quando il neutrone collide con una particella di massa paragonabile, ad esempio con un nucleo di
idrogeno. In pratica l’attenuazione di velocità dei neutroni dipende dal contenuto di idrogeno, ossia,
in sostanza, dalla umidità del terreno. Una parte di questi neutroni “lenti” torna all’apparecchio
dove un apposito misuratore trasforma ciascun arrivo in un impulso elettrico che può essere
registrato. Il volume di terreno messo in conto dalla misura dipende dall’umidità; grosso modo si
tratta di una sfera con diametro di una diecina di cm in terreno umido e di 50 cm o più in terreno
relativamente asciutto. Questo fatto non consente l’impiego dell’apparecchio nei casi di umidità
fortemente variabile (ad es. lo studio di un fronte di bagnamento). L’apparecchio, dotato di inerzia
trascurabile, può dar luogo a errori apprezzabili in presenza di boro, doro, ferro e materia organica
(anch’essi rallentatori di neutroni) e, per la sua pericolosità, richiede che vengano seguite precise
norme di sicurezza.
- Altri metodi
È il caso di citare soltanto altri metodi come quelli ad alcool e a carburo di calcio e quelli che
correlano l’umidità con l’assorbimento di raggi gamma, con la capacità elettrica e con la
conducibilità termica.
c) MISURA DELLA TENSIONE DELL’ACQUA NEL SUOLO
Lo strumento più comunemente usato in campo è il tensiometro (Fig.20). Esso è costituito da un
tubo terminante con una coppa porosa, generalmente di materiale ceramico. Per la misura della
tensione il tubo viene riempito d’acqua
e infisso nel terreno in maniera che la coppa si trovi alla profondità desiderata. L’acqua nel tubo
tende a uscire dalla coppa e a equilibrarsi con l’acqua del suolo. La tensione viene rilevata da un
manometro a mercurio (Fig.20) o da un
semplice vacuometro metallico.
Il campo di misura del tensiometro è limitato superiormente a circa 0,8 atm sia perchè esiste il
limite teorico dell’atmosfera, sia perché a tensioni forti entra aria nello strumento ed essa tende a
ripristinarvi la pressione atmosferica, falsando le misure.
Figura 20
d) MISURA DELLE COSTANTI IDROLOGICHE
- Capacità di campo
Si è già detto della difficoltà della misura di Ur in situ. Comunque, per i terreni nei quali la misura è
possibile, occorre considerare i seguenti accorgimenti:
41
-
adacquare il terreno in maniera da fargli raggiungere, per una certa profondità,
un’umidità superiore alla capacità di campo;
assicurare un buon drenaggio del terreno (ad es. mediante tubi fessurati interrati);
ridurre al minimo le perdite per evaporazione (tramite coperture) e per traspirazione
(operare su terreno nudo);
operare con falda freatica non vicina alla superficie.
In laboratorio il valore (convenzionale) della capacità di campo può essere ricavato dalle curve di
ritenzione rilevate con la piastra di Richards (Fig.22) in corrispondenza della tensione di 1/3 di bar
(pF = 2,53). Sempre in laboratorio, si può risalire alla capacità di campo attraverso l’umidità
equivalente, misurabile su un campione di terreno precedentemente saturato e sottoposto per
mezz’ora in centrifuga a una forza pari a 1.000 volte la gravita (tensione = 0,5 atm; pF = 2,7). Per
trovare la capacità di campo ci si può servire, con relativa tranquillità, della curva di correlazione di
Botehlo da Kosta (Fig. 21).
Figura 21
- Punto di appassimento
Il punto di appassimento può essere approssimativamente individuato col metodo delle piante spia,
ossia con piante che rispondono prontamente all’insufficienza di umidità nel terreno (mais,
girasole, ecc.).
In laboratorio la misura può essere fatta tramite la “membrana a pressione” di Richards che
consente di operare con tensioni da 1 a un centinaio di atm. Lo schema di funzionamento, molto
semplice, è indicato in Fig. 22. È chiaro che l’apparecchio di Richards può essere usato per
determinare intere curve tensione-umidità. Per quanto riguarda il punto di appassimento esso viene
convenzionalmente individuato in corrispondenza della tensione di 15 bar (pF = 4,2).
Figura 22
42
e) MISURA DEL COEFFICIENTE DI PERMEABILITÀ
Le misure di laboratorio del coefficiente di permeabilità, o conducibilità idrica in terreno saturo, Ks,
si fanno su apparecchiature che costituiscono modificazioni non sostanziali dell’originario
dispositivo sperimentale di Darcy (cfr 1.1.i. e vedi Fig. 23 e 24).
Figura 23
VL
Ks =
D2
π
th
4
(V volume defluito nel tempo t)
Figura 24
d L h
K s = 2 ln 0
Dt
h
2
(abbassamento da h0 a h nel tempo t)
Le misure in situ si fondano sullo schema di Fig. 25 (pozzo cilindrico verticale in falda freatica). È
noto che, una volta raggiunta la permanenza del moto (portata estratta dal pozzo = portata affluente
al pozzo dal terreno), vale la relazione (approssimata)
Ks =
3Q
2∆ (2 H − ∆ )
(1)
(∆ = dislivello fra pelo libero nel pozzo e superficie indisturbata della falda; H = livello indisturbato
di falda rispetto allo strato impermeabile).
Figura 25
43
Figura 26
La formula (1) può essere usata anche nel caso che il pozzo non raggiunga lo strato impermeabile,
sostituendo ad H, H + r/2.
In ogni caso si tratta di disporre di una pompa e di raggiungere la permanenza del moto. In pratica
la misura presenta qualche difficoltà, appunto per il raggiungimento del moto permanente (portata
del pozzo eguale a quella estratta). Si può ricorrere allora a qualche accorgimento, come quello
proposto dal Porchet. Si costruisca un diagramma cartesiano riportando in ascisse i tempi e in
ordinate i dislivelli. Si indichi con ∆ il dislivello cui corrisponde la portata Q. Si pompi acqua con
una portata Q’ > Q, e si arresti il funzionamento della pompa quando viene raggiunto il dislivello ∆.
Si otterrà una curva come in Fig. 26. Si consideri la cuspide, ossia l’istante in cui si arresta il
pompaggio. La velocità di discesa dell’acqua, prima di questo istante, è data da tgα ed è
proporzionale a Q’ - Q; la velocità di risalita dell’acqua, immediatamente dopo l’arresto, è data da
tgβ ed è proporzionale a Q
Q '−Q ≡ tgα ; Q ≡ tgβ ;
Q'−Q tgα
=
Q
tgβ
Q = Q'
tgα
tgα − tgβ
Quindi, noto Q’, può essere ricavato Q.
Una variante del metodo ora detto è costituita dal cosiddetto metodo del foro di trivella (auger ale
method). Eseguito nel terreno un pozzetto più profondo della superficie di falda, lo si vuota e si
determina la portata media di “risalita”
r 2π (∆ 0 + ∆1 )
∆ + ∆1
Qm =
; ∆m = 0
t
2
poi si sostituiscono Qm e ∆m nella (1).
44
f) MISURA DELLA VELOCITÀ DI INFILTRAZIONE
L’apparecchio più semplice per la misura della velocità di infiltrazione è quello di Muntz il cui
funzionamento risulta chiaro dal semplice esame della Fig. 27 (le dimensioni dell’apparecchio, in
mm, e il carico d’acqua applicato sul terreno sono standardizzati).
La principale causa di errore conseguente all’impiego dell’infiltrometro di Muntz risiede
nell’effetto “ai bordi”, (particolarmente ingente nei terreni argillosi), indicato nella medesima
Fig. 27, che ovviamente altera la situazione rispetto a quella in cui tutto il terreno venga adacquato.
L’effetto ai bordi può essere attenuato adottando l’infiltrometro a doppio cilindro di Veihmeyer
(Fig.28). I due cilindri vengono infissi nel terreno e riempiti entrambi d’acqua. Le misurazioni di
livello si fanno ovviamente nel cilindro interno.
Una misura ancora migliore si può ottenere operando con un solo cilindro, circondato da una zona
sommersa (qualche m2), delimitata da arginelli. Le misure con gli infiltrometri sono particolarmente
utili per stabilire le relazioni fra i vari parametri irrigui nelle irrigazioni di superficie.
g) APPLICAZIONE DEL METODO DELL’INDICE DI BOWEN
Si voglia trovare l’evapotraspirazione da un campo di erba medica applicando il metodo del
bilancio energetico. Si siano eseguite le seguenti misurazioni:
-
Radiazione netta: Rn = 38 cal/cm2 ora
Flusso di calore nel suolo: G = 3 cal/cm2 ora
A 2 m di altezza: temperatura del bulbo bagnato 17,1 °C
temperatura del bulbo asciutto 25,6 °C
A 0,5 m di altezza: temperatura del bulbo bagnato 18,1 °C
temperatura del bulbo asciutto 26,6 °C
Si assumano γ = 0,66 mbar/°C e λ = 585 cal/g
L’equazione dello psicrometro è
es(t’) - e = γ (t - t’) da cui
e = es (t’) – γ (t – t’)
e = tensione di vapore, alla temperatura t del bulbo asciutto;
es (t’) = tensione di vapore saturo alla temperatura t’ del bulbo bagnato;
γ = costante psicrometrica
45
Figura 27
Figura 28
Pertanto (Fig. 29)
a 2 m : e = 20 – 0,66 (25,6 -17,1) = 14,4 mbar
a 0,5 m : e = 21,1 – 0,66 (26,6 – 18,1) = 15,5 mbar
quindi ∆ e 0 1,1 mbar e ∆t = 1°C, da cui
β = 0,66
λET =
ET =
1
= 0,6
1,1
Rn − G 38 − 3
=
= 22 cal/cm2 ora
1+ β
1,6
22
λ
=
22 10
= 0,37 cal/cm2 ora
585
h) APPLICAZIONE DEL METODO DI PENMAN
Si applichi l’equazione di Penman con i dati dell’esercizio precedentemente, sapendo inoltre che:
h = altezza delle piante = 50 cm
Z = altezza dell’anemometro = 2 m
I = pendenza della curva di saturazione a 25,6 °C = 1,25 mbar/°C
U = velocità del vento = 0,4 m/s
es –e = 33 -14,4 = 18,6 mbar
In approssimazione d = 0,66h = 33 cm; Z0 = 0,13h = 6,5 cm;
(ρ = 1,22 10-3 g/cm3; cρ = 0,24 cal/g °C)
2
 200 − 33 
2
ln 6,5 
(
ln 25,7 )
3,252


r=
=
=
= 1,51 s/cm = 0,00042 ore/cm
0,42 2 40
7
7
46
i) APPLICAZIONE DEL METODO DI THORNTHWAITE
Si calcoli, con metodo di Thornthwaite, l’evapotraspirazione potenziale (corretta) del mese di
Giugno in una zona a 44 gradi di latitudine nord. Le temperatura medie mensili siano: Gen. 6 °C;
Feb. 5 °C; Mar. 7 °C; Apr. 10 °C; Mag. 14 °C; Giu. 18 °C; Lug. 21 °C; Ago. 22 °C, Set. 18 °C; Ott.
12 °C; Nov. 9 °C; Dic. 7 °C.
Gli indici termici mensili risultano (Tab. 7)
Tabella 7
MESE
t
i
Gen.
6
1,32
Feb.
5
1,00
Mar.
7
1,66
Apr.
10
2,86
Mag.
14
4,75
Giu.
18
6,95
Lug.
21
8,78
Ago.
22
9,42
Set.
18
6,95
Ott.
12
3,76
Nov.
9
2,44
Dic.
7
1,66
l’indice termico annuale
I = ∑ i = 51,55
l’esponente risulta
a = 675 10-9|3 – 771 10-7|2 + 1592 10-5| + 0,04924 =
= 675 136.989 10-9 – 771 2.657 10-7 + 1.792 51,55 10-5 =
= 0,0925 – 0,2049 + 0,9238 + 0,4924 = 1,303
a
1, 303
18 

 t
ETp = 1,610  = 1,610

 I
 51,55 
= 8,15 cm
L’evapotraspirazione corretta risulta (Tab. 8)
1,28 81,5 = 105 mm
l) APPLICAZIONE DEL METODO DI TURC
Si debba calcolare, col metodo di Turc, l’ETp in una zona a 44 gradi di latitudine nord. Il calcolo
deve essere fatto per il mese di giugno, in cui compete una temperatura media di 18°C e una
insolazione media di 280 ore.
La radiazione globale I del mese considerato risulta
h

I = I m  0,18 + 0,62 
N

n = 280 ore
N = 465 ore (Tab. 10)
I M = 984
cal
(Tab. 9)
cm giorno
2
47
280 

2
I = 984 0,18 + 0,62
 = 984(0,18 + 0,37 ) = 984 0,55 = 544 cal/cm giorno
465


L’evapotraspirazione potenziale risulta
ETp = 0,4(l + 50 )
t
18
0,4 594 18
= 0,4(544 + 50 )
=
= 130 mm
t + 15
18 + 15
33
m) STANDARDS FAO – APPLICAZIONE DELLA FORMULA DI BLANEY E CRIDDLE
Si abbiano i seguenti dati:
-
località: Il Cairo – latitudine 30°N
mese di luglio
temperatura media mensile 28,5°C
URmin fra 20 e 50%
eliofania relativa n/N elevata ≡ 0,9
velocità del vento media diurna modesta, compresa fra 2 e 5 m/sec
-
della Tab. 11, in luglio alla latitudine di 30°N p = 0,3 1
p (0,46t + 8) = 0,31 (0,46 @ 28,5 + 8) = 6,6 mm/g
dal diagramma II di Fig. 16: ETpr = 8,5 mm/giorno
per l’intero mese ETpr = 8,5 • 31 = 263,5 mm
Risulta
n) CALCOLO DELL’ETpr CON IL METODO DELL’EVAPORIMENTO
Si abbiano i seguenti dati:
-
località: Il Cairo
mese di luglio
Epan da classe A = 11,1 mm/g
URm = 60
velocità media giornaliera del vento 250 km/g
evaporimento circondato da zona coltivata con colture di bassa taglia estesa circa
100 m.
Dalla Tab. 12 (caso A) si ottiene Kp = 0,75, pertanto
ETpr = Kp Epan = 0,75 @ 11,1= 8,3 mm/g
o) STANDARDS FAO - VALUTAZIONE DEI COEFFICIENTI COLTURALI
Siano dati
-
località Il Cairo
48
-
-
coltura: mais, seminato il 10 maggio - Periodo I di 20 gg (fino a fine di maggio);
Periodo 11 di 40 gg (tutto giugno e 1° decade di luglio); Periodo III di 40 gg
(seconde due decadi di luglio e prime due decadi di agosto); Periodo IV di 30 gg
(ultima decade di agosto e prime due decadi di settembre)
turno di irrigazione nel periodo I pari a 7 gg
in estate URmin = 25, vento moderato < 5 m/sec
andamento dell’ETpr: maggio (IIe III decade) 8,4 mm/g; giugno (I) 9,2 (II) 9,8 e
(III) 9,0 mm/g; luglio (I) 8,7 (II) 8,3 (III) 8 mm/g; agosto (I) 7,7 (II) 7,4 (III) 7,1
mm/g; settembre (I) 6,6 (II) 6,1 mm/g
Dal diagramma di Fig. 17, Kc per il primo periodo risulta uguale a 0,35; per il III periodo dalla
Tab. 13 risulta, interpolando in funzione di URmin, Kc = 1,14; per la fine del IV periodo, sempre
dalla Tab. 13, Kc = 0,6 (non è possibile in questo caso l’interpolazione, senza introdurre un’altra
cifra significativa). Si può ora disegnare il diagramma di Fig. 30, ricavando i Kc per tutte le decadi.
Nella tabella seguente è riportato il calcolo delle ETp.
Figura 30
Tabella
MESE
DECADE
Etpr (mm/g)
Kc
Etp (mm/g)
Mag.
II
8,4
0,35
2,9
Mag.
III
8,4
0,35
2,9
Giu.
I
9,2
0,41
3,8
Giu.
II
9,8
0,62
6,1
Giu.
III
9,0
0,83
7,5
Lug.
I
8,7
1,04
9,0
Lug.
II
8,3
1,14
9,5
Lug.
III
8,0
1,14
9,1
Ago.
I
7,7
1,14
8,8
Ago.
II
7,4
1,14
8,4
Ago.
III
7,1
1,05
7,5
Set.
I
6,6
0,87
5,7
Set.
II
6,1
0,69
4,2
p) CALCOLO DELLA DOSE
Si consideri una coltivazione di limoni su un grumusol argilloso con le seguenti caratteristiche:
-
Ur = 48%
Ua =31%
γa
=1,16 g/cm3 fra 0 e 30 cm
= 1,34 g/cm3 fra 30 e 60 cm
= 1,42 g/cm3 fra 60 e 90 cm
= 1,44 g/cm3 fra 90 e 120 cm
- caratteristica tensione - umidità di Fig. 31 (Hazorea); forze osmotiche trascurabili. Si calcoli, in
mm, per diversi strati, l’umidità contenuta a capacità di campo e al punto di appassimento, nonché
49
l’acqua disponibile. Supposto che per la coltura data, la perdita di acqua dai vari strati abbia la
seguente distribuzione percentuale (profondità in cm)
0 - 30 : 41%; 30 -60 : 35%; 60 - 90 : 19%; 90 - 120 : 5%
si determini la dose con l’ipotesi che la soglia di intervento corrisponda al raggiungimento della
tensione di 1 bar nello strato superiore e che l’intervento stesso comporti il ripristino della capacità
di campo su tutto il profilo.
Alla prima domanda si risponde molto semplicemente; ad esempio i millimetri contenuti a capacità
di campo nel primo stato sono:
0,48 · 300 1,16=167 mm
I risultati sono raccolti nella Tab. 19.
Dalla caratteristica tensione umidità si ricava che alla tensione di 1 bar corrisponde un’umidità in
peso del 41% e, sul primo strato, in volume del 41 · 1,16 = 45,7% pari a un contenuto di 143 mm
d’acqua sui 30 cm dello strato. Quindi si interviene quando il primo strato ha perso, rispetto alla
capacità di campo, 24 mm, ossia quando in totale si sono persi 24/0,41 = 59 mm. Pertanto la dose
netta è di 59 mm = 590 m3/ha ripartiti come in Tab. 20.
Tabella 19
Strato
0-30
30-60
60-90
90-120
0-120
Capacità di
Campo (mm)
167
193
204
207
771
Punto di
appassimento
108
125
132
134
499
Acqua
disponibile (mm)
59
68
72
73
272
Tabella 20
Strato
Dose (mm)
0-30
30-60
60-90
90-120
24
20,5
11,5
3
Umidità di intervento
mm
Us%
143
41
172,5
43
192,5
45
204
47
Tensione
(bar)
1
0,75
0,55
0,41
q) CALCOLO DELLA DOSE IN PRESENZA IN SALINITÀ
Si considerano 30 cm di spessore di un suolo Loess Sandy Loam, con le seguenti caratteristiche:
γa = 1,3 g/cm3
Umax = 35% (curva di ritenzione Gillat – Fig. 31)
Ur = 18,5%
ECe = 1 mmho/cm (estratto di saturazione a 25°C)
Considerati EC e OP indipendenti dalla temperatura e inversamente proporzionali all’umidità,
ritenuta costante la diminuzione di contenuto idrico su tutti i 30 cm di spessore, si calcoli la dose
con la condizione che il potenziale totale massimo sia uguale a 2 bar.
La pressione osmotica dell’estratto di saturazione è, in prima approssimazione,
OPe = 0,36 ECe = 0,36 · 1 = 0,36 bar
50
Ammessi OP e U inversamente proporzionali, indicate con OPi e Ui la pressione osmotica e
l’umidità al momento dell’intervento irriguo si ha:
OPe
U
U
35
= i OPi = OPe max = 0,36
OPi U max
Ui
Ui
Indicato con M il potenziale matriciale e con TWP il potenziale totale, deve essere rispettata la
condizione:
TWP = OPi + M = 0,36
35
+ M = 2 bar
Ui
Poiché in assenza di OP, dalla curva di ritenzione si ha, in corrispondenza di 2 bar, l’umidità 11%,
si fanno dei tentativi con umidità superiori.
Ad esempio:
con Ui = 12%
TWP = 0,36
35
+ 1,4 = 1,05 + 1,14 = 2,45 > 2 bar
12
con Ui = 13%
TWP = 0,36
35
+ 1,1 = 0,97 + 1,1 = 2,07 > 2
13
Pertanto ne risulta:
D = (0,185 − 0,13) 1,3 300 = 0,055 1,3 300 = 5,5 1,3 3 = 21,5 mm = 215 m3/ha
r) CALCOLO DI PARAMETRI IRRIGUI
Per una zona a 48° di latitudine Nord ( con eccedenze pluviometriche da ottobre a marzo compresi)
sono assegnati i valori medi delle altezze mensili di pioggia nonché i valori calcolati per l’ETp. La
dose e la RFU sono pari a 60 mm.
L’efficienza alla parcella è del 70%. Prevedere il calendario degli interventi irrigui (consegna
periodica con prenotazione).
Lo sviluppo dei.calcoli è illustrato nella tabella, nel seguente ordine:
- evapotraspirazione potenziale media mensile, in mm
- medie delle altezze di pioggia mensili, in mm;
- deficit pluviometrico medio mensile (mm) ottenuto facendo la differenza fra l’ETp e
l’altezza di pioggia;
- riserva facilmente utilizzabile, in mm. La RFU viene integralmente utilizzata nel
mese di aprile, l’irrigazione dovrà iniziare il 1° maggio.
- deficit agricolo, in mm, uguale al DP per tutti i mesi ad eccezione di aprile:
DA = ETp - P - RFU = 87 - 27 - 60 = 0
- competenze mensili, in mm, ottenute dividendo i deficit agricoli per l’efficienza;
- competenze mensili, in m3/ha; competenza annua 4.690 m3/ha;
- competenze medie giornaliere (m3/ha);
51
-
-
tempi necessari per l’utilizzazione della dose in giorni. Questi tempi si ottengono
dividendo la dose 600/η = 857 m3/ha per la competenza media giornaliera;
date degli adacquamenti. A cavallo fra i vari mesi si procede in questo modo. La
dose tornita il 1/v viene utilizzata in maggio per 31 giorni a 25 mm/giorno per un
totale di 775 m3/ha, i rimanenti 82 m3/ha coprono il fabbisogno per 82/34 ≈ 2 giorni
di giugno.
L’adacquamento successivo verrà quindi fatto il 3 giugno.
N° degli interventi irrigui (l’intervento di settembre viene fatto con una dose ridotta
di 275 m3/ha);
competenze mensili effettive, in m3/ha.
Apr.
Mag.
ETp mensile media (mm)
87
115
Altezze di pioggia medie mensili (mm)
27
60
Deficit pluviometrico medio mensile (mm)
60
55
Riserva facilmente utilizzabile (mm)
60
Deficit agricolo
55
Competenze mensili (mm)
78
Competenze mensili (m3/ha) (totale 4.690 m3/ha)
780
Competenza media giornaliera (m3/ha)
25
Tempo necessario per l’utilizzo della dose effettiva (turno teorico) (giorni)
34
Date di adacquamento
1/V
N° di interventi irrigui
1
Competenze mensili effettive
857
La previsione è stata fatta ipotizzando la dose fissa (salvo l’ultimo intervento) e il turno variabile.
Giu.
122
50
72
72
103
1030
34
25
3/VI
2
1714
Lug.
137
30
107
107
153
1530
50
17
16/VII
1
857
Ago.
122
60
62
62
89
890
29
30
3/VIII
1
857
Set.
94
70
24
24
34
340
11
78
5/IX
1
275
52
PARTE SECONDA
2. PROVVISTA CONDOTTA E DISTRIBUZIONE
DELL’ACQUA IRRIGUA
2.1
2.2
2.3
2.4
Provvista dell’acqua irrigua
Le reti irrigue
Distribuzione dell’acqua irrigua
Esercitazioni e complementi
53
2.1 PROVVISTA DELL’ACQUA DI IRRIGAZIONE
a) QUALITÀ DELLE ACQUE PER L’IRRIGAZIONE
La provenienza delle acque utilizzabili per l’irrigazione può essere la più diversa; da ciò deriva la
possibilità di differenze sensibili nelle proprietà fisiche e chimiche. Su tali qualità si possono
certamente dare delle regole di carattere generale, ma la regola più sicura resta la sperimentazione
diretta su parcelle campione. Dal punto di vista fisico interessano la temperatura e la torbidità, dal
punto di vista chimico occorre esaminare la salinità e l’eventuale presenza di sostanze tossiche.
Escludendo il caso delle irrigazioni termiche, è di regola opportuno, se si vogliono evitare squilibri
fisiologici particolarmente dannosi nei primi stadi dello sviluppo delle piante, che la temperatura
dell’acqua sia di poco diversa da quella del suolo nella zona di maggior sviluppo dell’apparato
radicale. A questo riguardo, in pratica, anche se nella valutazione dovrebbero entrare in gioco il tipo
di coltura, la fase del ciclo vegetativo e il metodo di somministrazione si considerano “fredde” le
acque con temperatura inferiore di almeno 5°C rispetto a quella dell’aria ambiente. Possono trovarsi
in questa situazione acque provenienti da corsi d’acqua a regime glaciale o nivoglaciale, da sorgenti
e da falde artesiane o, comunque, profonde. Il più delle volte un sufficiente riscaldamento avviene
durante il normale percorso dal luogo di provvista al campo; in caso contrario si può provocare un
andirivieni dell’acqua in canali o vasche di piccola profondità (caldane semplici o a serpentina).
Altre volte si ovvia all’inconveniente delle acque fredde irrigando di notte e adottando un opportuno
metodo irriguo (ad esempio l’infiltrazione laterale). Ad ogni modo è sempre bene impiegare, da
questo punto di vista, dosi modeste.
Meno frequente è il caso dell’utilizzazione irrigua di acque “calde”: esse provengono da fontanili
(irrigazione delle marcite), da fognature da falde profonde e, eccezionalmente, da sorgenti termali.
Le acque torbide, convogliami in sospensione particelle prevalentemente minerali, possono avere
effetti diversi a seconda dell’impiego e della qualità della torbida. E noto l’effetto ammendante
delle torbide argillose sui suoli sabbiosi (basta pensare alle sabbie desertiche dell’Egitto e ai suoli
sabbiosi delle valli del Salt River, dell’Amu Darla e del Danubio), ma il loro impiego è
generalmente sconsigliabile nei suoli fertili. In ogni caso è da evitare l’uso di acque torbide per
certe colture (accumulazione sulle foglie e sui frutti) e per certe tecniche irrigue (ad esempio
pluvirrigazione e irrigazione localizzata e qualora siano da temere forti riduzioni della velocità
d’infiltrazione provocate da sedimenti. In Italia è comunque raro il caso di avere a che fare con
acque molto torbide; infatti durante le normali campagne irrigatorie, i nostri corsi d’acqua
presentano poteri limimetrici (rapporto fra portata solida e portata liquida) generalmente modesti,
mentre, di regola, è quasi nulla la torbidità delle acque di provenienza lacuale e sotterranea.
Con riferimento ai gas disciolti, risultano spesso dannose le acque carenti di ossigeno (acque
riducenti), provenienti da sgrondo di terreni torbosi, da strati profondi di grandi serbatoi, da certe
sorgenti. Esse vengono rigenerate tramite ossigenazione con turbolenze e cadute.o41.uizione con
acque normali.
Fra le caratteristiche chimiche va citato il pH. A questo proposito si deve rammentare il pericolo di
ustioni con acque acide su terreni pure acidi e la notevole pericolosità di acque alcaline contenenti
sostanza organica. In linea di massima tuttavia il pH di un’acqua non è determinante ai fini del suo
impegno irriguo, anche se una reazione acida o alcalina è il più delle volte correlata ad altre
caratteristiche sicuramente negative.
Particolare considerazione richiede l’esame della “salinità” di un’acqua. È noto che un’eccessiva
concentrazione salina può giocare un ruolo negativo nei confronti del suolo e delle piante sotto tre
aspetti:
54
1. degradazione della struttura e diminuzione di permeabilità e di aerazione (in questo senso è
particolarmente nocivo lo ione Na perché le micelle argillose cariche con questi ioni,
idratandosi, si gonfiano fortemente);
2. difficoltà di rifornimento idrico da parte delle piante per l’aggiunta della componente
osmotica alla componente matriciale;
3. azione diretta di specifici ioni sullo sviluppo delle piante (diminuzione della traspirazione e
aumento della respirazione, ridotta produzione di ormoni radicali e della sintesi di alcune
proteine, danneggiamento dei cloroplasti e dei mitocondri delle foglie ecc.).
Per esprimere la salinità di un’acqua si usa talvolta indicarne il residuo salino e da parte di Autori
diversi sono stati proposte soglie oscillanti fra 1000 e 3000 ppm oltre le quali definire un’acqua
“salina” e sconsigliarne l’impiego irriguo.
Però il solo peso del residuo non è sufficiente perchè costituisce una valutazione del tutto
approssimativa dell’effetto osmotico che dipende dal numero di moli per unità di volume e dal
grado di dissociazione. Per questo ci si riferisce, per la valutazione della salinità totale, ad un altro
parametro, ossia alla conducibilità elettrica dell’acqua, espressa generalmente in mmho/cm e
misurata a 25°C (EC varia di circa il 2% ogni °C) Questa grandezza, a parità di valenza degli ioni,
dipende dalla concentrazione e’perciò, per soluti quasi totalmente dissociati,, fornisce una buona
stima della pressione osmotica. In prima approssimazione, nel campo di variazione che
normalmente interessa (v. Fig.32)
C (meq/l) = 10 EC (mmho/cm)
C (ppm) = 640 EC (mmho/cm)
Figura 32
55
Per tener conto della grande importanza che il rapporto fra i diversi ioni assume nei riguardi della
struttura del suolo e della sua stabilità, sono stati introdotti il “rapporto di assorbimento del Sodio”
Na +
SAR =
Ca ++ + Mg ++
2
e la “percentuale di Sodio”
SP =
Na ++
100
Ca ++ + Mg + + + K + + Na +
dove i simboli rappresentano le concentrazioni ioniche in milliequivalenti per litro (equivalente
chimico = rapporto fra il grammo-atomo e la valenza; grammo-atomo = numero di grammi
corrispondente al peso atomico).
I vari parametri introdotti possono essere utilizzati mediante i due diagrammi predisposti dall’U.S.
Salinity laboratory (Fig. 33, 34).
È anche interessante accennare all’anione bicarbonato per la sua tendenza a precipitare Ca e Mg
sotto forma di CaCO3 e MgCO3 con aumento della SP e del SAR. Si definisce “Residual sodium
carbonate”:
(
) (
RSC = CO3−− + HCO3− − Ca + + + Mg + +
)
Valori di RSC > di 2,5 meq/lt sono già pericolosi, specialmente in suoli alcalini.
Per avere un’idea della situazione che si può incontrare alla provvista si possono esaminare le
tabelle che seguono. Nella Tab. 21 (Yaalon) è mostrata l’influenza della distanza dal mare e della
salinità del mare sulla composizione chimica dell’acqua di pioggia, composizione di importanza
determinante in zone aride (EC in µmho/cm a 25°C).
Tabella 21
Località
Gerusalemme
Haifa
Eilat
Sedom
Mare
Mediterraneo
Mediterraneo
Rosso
Morto
Distanza dal mare (Km)
52
1
0
0
EC
170
200
232
467
56
Figura 33
Figura 34
Tabella 22: Composizione media delle acqua fluenti per i vari continenti (p.p.m.), (Livingstone)
CONTINENTE
Europa
Asia
Africa
Nord America
Sud America
Australia
95
79
43
68
31
31
HCO3
24
8
14
20
5
3
SO4
Cl
7
9
12
8
5
10
4
1
1
1
1
-
NO3
Ca
31
18
13
21
7
4
Mg
6
6
4
5
2
3
Na
6
9
11
9
4
3
K
2
1
2
1
La salinità delle acque fluenti (Tab. 22), come di quelle lacuali, è soggetta spesso a stagionalità.
Come esempio valga la Fig. 35 che mostra le fluttuazioni (medi) di salinità del fiume Shebeli ad
Afgoy e come esse siano in rapporto con le portate.
Figura 35
57
Un altro dato importante da prendere in esame nei riguardi dell’impiego di un’acqua salina per
l’irrigazione è la maggiore o minore resistenza delle varie specie. Sui vegetali gli effetti della
salinità sono simili a quelli determinati dallo stress idrico: piante piccole e in “ritardo” di
vegetazione, ridotto rapporto parte aerea/radici, foglie più piccole con colore tendente al verdeazzurro. Nell’elenco che segue la resistenza alla salinità viene quantificata con un primo numero
che indica, in mmho/cm, la soglia di salinità dell’estratto di saturazione (soluzione ottenuta da un
campione di suolo precedentemente saturato) oltre laquale inizia la diminuzione di produzione e un
secondo numero che indica la
diminuzione percentuale rispetto alla produzione ottimale per ogni mmho/cm in più oltre la soglia
(U.S. Salinity laboratory):
58
Albicocco (Prunus armeniaca)
Arachide (Arachis hypogaea)
Arancio (Citrus sinensis)
Barbabietola zucchero (Beta vulgaris)
Batata (Ipomoea batatas)
Broccolo (Brassica oleracea botrytis)
Canna zucchero (Saccharum officinarum)
Carota (Daucus carota)
Cetriolo (Cucumis sativus)
Cipolla (Allium cepa)
Coda di volpe (Alopecurus pratensis)
Cotone (Gossypium hirsutum)
Alfa alfa (Medicago sativa)
Fagiolo (Phaseolus vulgaris)
Falaride (Phalaris tuberosa)
Fava (Vicia faba)
Festuca arundinacea (Festuca elatior)
Fragola (Fragaria spp.)
Gramigna (Cynodon dactylon)
Grano (Triticum aestivum)
Lattuga (Lactuca sativa)
Lino (Linum usitatissimum)
Loietto (Lolium perenne)
Mais -foraggio (Zea mays)
Mais - granella (Zea mays)
Mandorlo (Prunus dulcis)
Orzo - foraggio (Hordeum vulgare)
Orzo - granella (Hordeum vulgare)
Palma dattero (Phoenix dactylifera)
Patata (Solanum tuberosum)
Peperone (Capsicum annuum)
Pesco (Prunus persica)
Pomodoro (Solanum lycopersicum)
Pompelmo (Citrus paradisi)
Riso (Oryza saliva)
Rovo (Rubus spp.)
Soia (Glycine max)
Spinacio (Spinacia oleracea)
Sudangrass (Sorghum sudanense)
Susino (Prunus domestica)
Trifoglio (Trifolium spp.)
Trifoglio alessandrino (Trifolium alexandrinum)
Veccia comune (Vicia sativa)
Vigna (Vigna unguiculata)
Vite (Vitis spp.)
1,6
3,2
1,7
7,0
1,5
2,8
1,7
1,0
2,5
1,2
1,5
7,7
2,0
1,0
4,6
1,6
3,9
1,0
6,9
6,0
1,3
1,7
5,6
1,8
1,7
1,5
6,0
8,0
4,0
1,7
1,5
1,7
2,5
1,8
3,0
1,5
5,0
2,0
2,8
1,5
1,5
1,5
3,0
1,3
1,8
24,0
29,0
16,0
5,9
11,0
9,2
5,9
14,0
13,0
16,0
9,6
5,2
7,3
19,0
7.6
9,6
5,3
33,0
6,4
7,1
13,0
12,0
7,6
7,4
12,0
19,0
7,1
5,0
3,6
12,0
14,0
21,0
9,9
16,0
12,0
22,0
20,0
7,6
4,3
18,0
12,0
5,7
11,0
14,0
16,0
59
Le tolleranze elevate sono in parte dovute a una sorta di aggiustamento osmotico da parte della
pianta, che si esplica con maggiore o minore inerzia a seconda dei casi. All’interno di ciascuna
specie, differenze, anche sensibili, di resistenza si riscontrano per le varie cultivar. In ogni caso la
riduzione di produzione dovuta alla salinità è abbastanza graduale, senza la presenza di valori
“critici”. Da non trascurare la considerazione della parte della pianta che si raccoglie: ad esempio il
grano e il cotone riducono, in presenza di salinità, la loro vigoria vegetativa, ma la produzione di
semi ne viene relativamente meno influenzata; viceversa accade per il riso.
Per quanto riguarda gli effetti di ioni specifici, i più importanti sono quelli dovuti al Cloro, al Sodio
e al Boro; meno comuni sono gli effetti dannosi provenienti dal Magnesio, dallo ione Solforico e
dallo ione Bicarbonato. Oltre al Boro sono da considerare, ma assai raramente, altri microelementi
come Litio, Selenio, metalli pesanti, ecc.
CLORO. Il sintomo tipico dell’eccesso di doro consiste in ustioni sulle foglie, inizianti dai bordi.
Molto sensibili sono i fruttiferi, in particolare gli agrumi, per i quali gli effetti del Cloro precedono
di gran lunga l’effetto osmotico. I “livelli di guardia” del Cloro, espressi in meq/lt di estratto di
saturazione sono i seguenti (Bernstein, 1965): Agrumi 10-25; Avocado 5-8; Vite 10-25; Fragola 58; Drupacee 7 - 25. Il campo di variazione, abbastanza ampio, è connesso, fra l’altro, alla diversa
sensibilità delle varie cultivar.
SODIO. Ione estremamente pericoloso, può risultare tossico, per certe piante, in minime quantità
(ad es. 0,05 sul peso secco), talvolta a livelli nettamente inferiori a quelli che possono provocare
danni nel suolo. Pearson (1960) considerò le seguenti categorie a seconda della sensibilità ai Sodio,
esprimendola con la percentuale di Na scambiabile. “Estremamente sensibile” (2- 10): agrumi,
avocado, drupacee; “Sensibile” (10 - 20): leguminose; “Moderatamente tolleranti” (20 - 40): riso,
trifoglio, avena; “Tolleranti” (40 - 60):grano, cotone, alfa alfa, orzo, pomodoro, barbabietola;
“Molto tolleranti” (> 60): rhodes grass.
BORO. Essenziale per la crescita delle piante, diventa tossico non appena si superi la quantità
strettamente necessaria. È quasi sempre presente nelle acque naturali ed è impossibile eliminarlo dal
suolo per lisciviazione. Wilcox (1960) classificò le piante in tre categorie, a seconda della
concentrazione massima ammissibile di boro nell’acqua irrigua. “Tolleranti” (2 - 4 p.p.m.):
asparagio, palme, barbabietola, medica, cipolla, carota, lattuga, cavoli, ecc.; “Semi-tolleranti” (1 - 2
p.p.m.): girasole, patata, cotone, pomodoro, peperone, olivo, orzo, grano, mais, avena ecc.;
“Sensibili” (0,3 - 1 p.p.m.): susino, pero, melo, vite, ciliegio, pesco, albicocco, arancio, fico, noce,
avocado, pompelmo, limone, carciofo, ecc.
Solfato. Eccezionalmente le acque irrigue contengono sufficiente SO4-- per raggiungere livelli di
tossicità. Un effetto indiretto abbastanza pericoloso, è collegato al fatto che SO4-- favorisce
l’assorbimento di Na+ e tende a impedire quello di Ca++.
Bicarbonato. Rarissimi i danni alle piante, i suoi effetti si riflettono sul suolo per la sua tendenza a
precipitare Ca++ e quindi ad aumentare la SP.
Magnesio. L’Mg++ può causare un deficit in Ca++ ma se un’alta concentrazione di Mg++ è
accompagnata da un’alta concentrazione di Ca++ non esiste un effetto specifico dell’Mg++.
La convenienza dell’impiego irriguo di un’acqua salina non è facile a stabilirsi. Infatti essa dipende,
oltre che, dall’“ammontare” e dal “tipo” della salinità, dal suolo, dal clima, dalla specie in coltura,
dalle modalità irrigue e dalla situazione economica nella quale si svolge l’esercizio agricolo. Il
problema principale consiste nell’impedire l’accumulo di sali; condizioni favorevoli, da questo
60
punto di vista, sono una buona permeabilità del terreno e buone condizioni di drenaggio, naturale o
artificiale.
Un capitolo a parte riguarda l’impiego irriguo di acque inquinate. Tuttavia si apre a questo punto
una casistica impressionante, che esce nettamente dai limiti di questo corso. Si può dire che occorre
fare molta attenzione sia alle acque di fogna, una volta ottime per la loro carica organica ma oggi
temibili per i detersivi, sia alle acque di scarico industriale, spesso con pH e potenziale di ossidoriduzione anomali e contenenti doro, solfiti, cianuri, soda, ecc. La prudenza è l’atteggiamento più
consigliabile anche per la poca sperimentazione nei riguardi degli impieghi irrigui.
b) CENNI DI PIANIFICAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE
L’uomo ha sempre cercato di influire in qualche modo sul ciclo idrologico per indurre variazioni, in
termini di tempo, spazio o qualità, nel bene-acqua. Infatti le risorse idriche sono spesso non
disponibili nel luogo o nel momento desiderato oppure con le desiderate caratteristiche qualitative.
Il problema è vecchio quanto il mondo: la prima cisterna per raccogliere l’acqua piovana è un
provvedimento di pianificazione delle risorse idriche, così come la prima difesa sommaria contro gli
straripamenti di un torrente che, in termini di pianificazione, può essere letta come l’eliminazione di
disponibilità idrica laddove non ce n’è domanda.
Il problema di adeguare la disponibilità alla domanda si fa via via più difficile e complesso, tanto
che oggi non ci si pone quasi più il problema di “far fronte a tutte le richieste” ma solo quello di
“come ripartire nel modo migliore le scarse risorse idriche a disposizione” È noto che questa
situazione è figlia di numerose circostanze: aumento della popolazione e del livello di vita, notevole
domanda d’acqua per uso industriale, impoverimento di fonti di provvista precedentemente
“rapinate”, degrado qualitativo dovuto agli inquinamenti.
La Tab. 23 mostra tuttavia come l’irrigazione sia ancora di gran lunga l’attività che da luogo ai
consumi più ingenti. La tabella si riferisce ai prelievi e ai consumi giornalieri pro-capite negli
U.S.A. nel 1977. I consumi complessivi crescono in quel paese di circa un miliardo di m3 all’anno.
Tabella 23
USO
Irrigazione
En. Elettrica
Industri
Domestico
Altri usi
TOTALE
PRELIEVI (P)
m3/giorno
%
3,22
50,6
1,64
25,8
0,91
14,2
0,39
6,2
0,21
3,2
6,37
CONSUMI (P)
m3/giorno
%
1,66
83,2
0,03
1,6
0,11
5,4
0,11
5,4
0,09
4,5
2,00
C/P
%
51,6
2,0
11,6
27,2
43,2
31,3
Gli scopi che si possono perseguire e i mezzi impiegati in un piano di sviluppo delle risorse idriche
sono numerosissimi. In genere in un progetto (progetto a scopi multipli) molte delle seguenti
finalità possono essere ricercate in varia misura:
-
Regimazione dei corsi d’acqua;
Irrigazione;
Produzione di energia elettrica;
Navigazione;
Produzione di acqua ad uso domestico e zootecnico;
Produzione di acqua ad uso industriale;
Difesa del suolo;
Uso ricreativo dell’acqua;
Acquicoltura;
61
-
Miglioramento dell’habitat per i pesci e gli animali selvatici;
Riduzione dei livelli di inquinamento idrico;
Protezione da alcune malattie connesse con l’acqua;
Drenaggio;
Controllo della portata solida;
Controllo o riduzione della salinità dei suoli;
Bonifiche per colmata;
Produzione di piogge artificiali;
Rimpinguamento delle falde;
Ripascimento dei litorali;
Scopi di natura sociale, politica e militare.
L’elenco ora delineato fa capire quanto numerose possono essere le discipline coinvolte nella
pianificazione delle risorse idriche. Certamente in prima linea si trovano le materie “idrauliche”
(Idrologia, Idrografia, Idrogeologia,
Idronomia, Impianti idraulici, Costruzioni idrauliche, Idraulica sanitaria), ma è chiaro che saranno
volta a volta interessate l’Agronomia, la Zootecnia, l’Elettrotecnica, l’Ingegneria Navale e dei
Trasporti, l’Urbanistica, la Sociologia, la Zoologia e la Pescicoltura, la Chimica, la Biologia, le
discipline Mediche, le Scienze Politiche, l’Economia ecc.
In ogni caso i provvedimenti e le attività connesse con gli scopi sopra riportati prevedono dei
“costi” e comportano dei “benefici”. Qualora siano state raccolte tutte le informazioni necessarie
per individuare e monetizzare i costi e i benefici su base annuale è di solito possibile tradurre e
risolvere matematicamente il problema. In termini molto generali si tratta di trovare il minimo o il
massimo di funzioni “obiettivo” che tengono appunto conto dei costi da sopportare e dei benefici
ottenibili e le cui variabili sono sottoposte a determinati vincoli, non di natura solo tecnica ma
anche finanziaria, sociale, legale e politica. Gli algoritmi impiegati per risolvere problemi di questo
tipo vanno a formare una moderna branca delle matematiche denominata “Ricerca operativa”. È
tuttavia chiaro che prima di giungere alle formulazioni matematiche, il piano debba subire tutto un
processo di formazione. Il primo gradino è costituito da uno studio atto a determinare la fattibilità e
l’estensione del piano e, attraverso un “Reconaissance Report”, dovrebbe segnalare l’opportunità
della prosecuzione o no degli studi. Una volta riconosciuta questa opportunità si passa a studi più
approfonditi: geologici, idrologici, strutturali, agronomici, socioeconomici, ecc. Questi ultimi
dovrebbero condurre alla selezione di un piano di tentativo o di più piani di tentativo in alternativa.
L’evoluzione verso il piano ottimale si fa attraverso l’analisi costi-benefici. Tenuto conto dei costi
di progetto, associati, indiretti e tangibili nonché dei benefici diretti, indiretti e tangibili, l’analisi si
fa attraverso la sottrazione o l’addizione di segmenti di obiettivo, di livelli di produzione, di
dimensione di strutture e nel valutare i relativi costi e benefici incrementali. Il piano ottimale è
quello che include tutti gli items che aumentano in rapporto benefici-costi e che esclude tutti quelli
che ne provocherebbero una diminuzione. Stabilito il piano ottimale, si passa alla redazione del
“Project Report” in generale composto da due parti: il “Generai Report”, completo, conciso, di
facile lettura e il “Technical Report”. Dopo l’approvazione si passa infine al “Definite-Plan Report”
ossia al progetto esecutivo.
Oggidì, tuttavia, l’approccio ai progetti tende a essere meno “tecnico-economico”, come ora
illustrato, ma più “integrato”, in modo da garantire la cosidetta “sostenibilità”. In tutte le fasi del
progetto (idea di progetto, identificazione o prefattibilità, fattibilità, formulazione del progetto
esecutivo, finanziamento, avviamento, esecuzione, valutazione in corso d’opera o monitoring,
valutazione ex posi) devono essere accuratamente studiati e messi in conto i seguenti elementi
fondamentali:
62
-
rispondenza del contesto politico;
rispetto dell’ambiente naturale;
scelta di un insieme tecnologico appropriato;
rispetto dei valori umani e sociali;
rispondenza delle istituzioni e degli organi esecutivi;
valutazione degli effetti di eventi imprevisti (il cosiddetto “risk assessment” che
conduce a una “flessibilità” del progetto);
valutazioni economiche e contesto finanziario.
c) APPROVVIGIONAMENTO DA CORSI D’ACQUA
La derivazione da un corso d’acqua, quando è possibile, è la soluzione economicamente preferibile.
Per quanto riguarda l’Italia si tratta della fonte di approvvigionamento irriguo di gran lunga più
importante (ca il 70% dell’acqua
derivata contro un 15% di provenienza da invasi e un altro 15% di provenienza sotterranea). Il caso
che si presenta più di frequente è quello della soggiacenza, del pelo libero del corso d’acqua rispetto
a una parte o a tutta la superficie da irrigare24. Non si può quindi aprire semplicemente una bocca di
presa, ma bisogna innalzare il pelo libero con uno sbarramento, in modo che l’acqua possa defluire
per gravita fino all’utenza. Talvolta, anche con questo accorgimento, non è possibile condurre
l’acqua naturalmente ed è necessario ricorrere a un impianto di sollevamento.
Figura 36
24
Si ricordino le definizioni di “perimetro (o superficie) dominato”, ossia soggiacente (eventualmente dopo il
sollevamento), a meno delle perdite di carico, rispetto al punto di provvista; di “perimetro irrigabile”, ottenuto dal
precedente escludendo le zone “non irrigabili” quali località abitate, strade, boschi, zone rocciose, ecc.; di “perimetro
irrigato” corrispondente alla superficie effettivamente irrigata durante una campagna.
63
Si possono distinguere i seguenti tipi di prese: prese dirette (frontali o laterali), prese con
sbarramento, prese da corsi d’acqua arginati, prese con sollevamento meccanico.
Le prese dirette vengono adottate qualora il corso d’acqua sia ben regimato e presenti una portata
nettamente superiore a quella che si intende derivare. Occorre infatti che la soglia, da impostare al
di sopra del fondo del corso d’acqua, sia comunque soggetta a un carico idraulico sufficiente.
Poiché queste condizioni sono raramente rispettate per tutta la campagna irrigatoria, occorre spesso
rassegnarsi a una variabilità di portate che possono in molti casi discendere al di sotto delle
richieste.
La presa va impostata in un tratto d’alveo stabile sia altimetricamente che .planimetricamente
(variazioni di letto possono rendere del tutto inutilizzabile la presa), preferibilmente in curva sulla
riva concava. Quest’ultima soluzione consente di derivare maggiori portate per l’avvicinarsi del
filone alla riva, di lavorare su fondali maggiori e di ridurre le possibilità di interrimento (Fig. 36).
La presa deve essere allineata sulla tangente al filone tracciata prima dell’accentuarsi della curva.
Per aumentare l’orientazione del filone verso la presa può essere costruito, in posizione adatta, un
pennello di invito. La presa deve essere, in ogni caso, munita di paratoia per la regolazione delle
portate prelevate ed eventualmente di una griglia per impedire l’ingresso a corpi galleggianti.
Nel caso di acque torbide si fa seguire alla presa un “canale moderatore” o “vasca di calma”,
abbastanza ampio e dotato di pendenza minima in modo che la corrispondente diminuzione di
velocità conduca al deposito delle torbide25. Al termine del moderatore viene creata una
comunicazione verso il corso d’acqua alimentatore tramite un canale di fuga, dotato di forte
pendenza e con il fondo depresso di qualche decina di cm ‘rispetto al moderatore; l’apertura della
paratoia (dissabbiatore) interposta fra moderatore e canale di fuga consente il rientro delle torbide
nel corso d’acqua.
Qualora si debbano temere piene impetuose si costruisce, in fregio al moderatore, uno “sfioratore di
piena” che conduca l’acqua in eccesso nel canale di fuga.
Quando la portata da derivare è modesta rispetto alla portata del corso d’acqua, si può costruire una
presa laterale (Fig. 37) che consente di ridurre fortemente gli inconvenienti della portata solida.
Figura 37
Nelle prese con sbarramento, oltre al vantaggio di innalzare il pelo libero e di mantenerlo costante,
“si può variare il rapporto fra portata del corso d’acqua e portata derivata (al limite fino a farlo
diventare uno); d’altra parte si hanno costi maggiori corrispondenti alla costruzione del manufatto
di sbarramento.
25
Nel caso di derivazione di portate elevate, la vasca di calma può assumere dimensioni ragguardevoli. Se, ad esempio,
si vogliono far depositare le particene fino alla sabbia fine occorre che la velocità non superi 0,1 m/s per almeno 5’. Nel
caso, ad esempio, di una portata di 1,5 m3/s, la sezione bagnata della vasca dovrebbe essere almeno 1,5/0,1 = 15 m2, la
sua lunghezza almeno 0,1- 5.60= 30 m e il suo volume, escluso il franco 450 m3 che, prudenzialmente, andrebbero
aumentati di circa il 20%. Ingenti possono poi essere le quantità di solidi che si depositano: ad esempio, per una torbida
depositata di 1 kg/m3 e una campagna irrigatoria, a portata costante, di 6 mesi si avrebbe
1 · 1,5 · 6 · 30.86400 = 23.328.000 kg. In altri termini, con le dimensioni della vasca che si sono calcolate, il
dissabbiatore dovrebbe essere azionato praticamente tutti i giorni.
64
La traversa andrà costruita in un tratto d’alveo piuttosto incassato, con sponde e fondo stabili e in
una sezione di media larghezza, poiché sezioni larghe comportano manufatti costosi e sezioni
ristrette gli inconvenienti del rigurgito.
Si possono costruire traverse fisse, traverse mobili (costituite, in sostanza, da grosse paratoie,
generalmente metalliche, a settore con contrappeso) e traverse semimobili (inferiormente fisse).
L’andamento planimetrico del manufatto è generalmente rettilineo con direziono normale alla
corrente oppure obliqua in modo da indurre l’acqua a imboccare la presa.
Le traverse fisse e semifisse sono munite di aperture con soglia al livello del fondo del corso
d’acqua in modo che l’apertura delle corrispondenti paratoie consenta l’allontanamento del
materiale solido accumulatesi a ridosso del
manufatto. Per il passaggio delle acque di piena possono servire queste aperture o uno sfioratore
laterale o uno scarico di superficie o il canale di fuga del moderatore.
Prese da corsi d’acqua arginati - Di solito l’opera di presa è costituita da una soglia poco elevata sul
fondo con una condotta (chiavica), a monte, che sottopassa l’argine. Altre volte si dispone un sifone
a cavallo dell’argine. In genere, in corsi d’acqua di questo tipo, non vi sono problemi di portata
solida.
Prese con sollevamento meccanico - Non presentano, in genere, particolari difficoltà. Il tubo di
presa, posto sulla riva, va protetto con una camera, di solito metallica, munita di griglie e facilmente
accessibile per le frequenti stasature. Talvolta il tubo di presa non è collegato direttamente
all’impianto di pompaggio ma l’acqua arriva per gravita a un serbatoio, anche abbastanza lontano
dal corso d’acqua, da dove viene aspirata dalle pompe.
d) PROVVISTA DA INVASI NATURALI E ARTIFICIALI
Qualora si possa disporre di un invaso naturale (lago, stagno, ecc.), il prelievo dell’acqua è molto
semplice e conveniente; a seconda della situazione altimetrica, si potrà aprire una semplice presa
sulla riva oppure predisporre un impianto per il sollevamento. Anche per i serbatoi artificiali la
provvista non presenta difficoltà; però, per quest’ultimi, restano ovviamente tutti i problemi e i costi
relativi alla creazione dell’invaso. La trattazione relativa ai grandi laghi artificiali, sbarrati da dighe
di notevoli dimensioni, esula dai limiti di questo corso. Ci si occuperà invece, in sede di
esercitazioni, dei laghetti collinari, piccoli serbatoi stagionali molto diffusi in Italia (nel 1970
esistevano circa 7500 laghetti per una capacità totale di circa 250 milioni di m3). Saranno trattati gli
aspetti idraulici e statici delle piccole dighe in terra, rimandando al corso di Geologia applicata per
gli aspetti geotecnici.
e) CAPTAZIONE DELLE ACQUE SOTTERRANEE
La diffusione delle motopompe e dell’elettrificazione rurale, consentendo costi di sollevamento
abbastanza contenuti, fa considerare con sempre maggior favore la possibilità di approvvigionarsi di
acque sotterranee anche per le necessità irrigue. Si considereranno brevemente le modalità di
captazione delle acque sotterranee nei seguenti casi:
-
falde freatiche
falde profonde e artesiane
correnti subalvee
sorgenti
65
Provvista da falde freatiche
Si tratta della prima falda che si incontra partendo dalla superficie del terreno (fatte salve le
cosiddette falde sospese); essa è costituita dall’accumulo sul primo strato impermeabile delle acque
provenienti dalla superficie. Generalmente si tratta di falde poco profonde, tuttavia con livelli
fortemente variabili stagionalmente (d’ordinario, in Italia, il massimo si registra in primavera e il
minimo in autunno). L’approvvigionamento può essere fatto tramite pozzi o gallerie filtranti.
I pozzi freatici sono usati da sempre per l’approvvigionamento di acqua potabile, il loro impiego per
l’irrigazione è limitato soltanto dalla non frequente possibilità di ottenere quantità d’acqua
sufficienti. Molto spesso si presenta la necessità di incrementare in qualche modo le portate: esclusa
a priori l’opportunità di aumentare il diametro del pozzo (la teoria mostra che gli aumenti di portata
sono minimi), si possono costruire più pozzi, a patto di distanziarli sufficientemente, oppure,
scavate fra un pozzo e l’altro delle gallerie orizzontali disposte ortogonalmente al moto di falda e
situate a un livello che appaia ricco di acqua. Per le modalità costruttive dei pozzi si rimanda alle
esercitazioni e, per la parte teorica, all’Idraulica generale.
La provvista tramite gallerie filtranti può essere fatta quando la falda è poco profonda e il terreno
presenta una sufficiente pendenza. L’apertura di una tale galleria richiede uno studio idrologico
abbastanza dettagliato che permetta di stabilire la profondità dello strato impermeabile e lo spessore
della falda, nonché una indicazione sulle possibili portate. La galleria (il lavoro può essere fatto a
cielo aperto a patto che la profondità non superi i 5 - 6 m) è orientata nella direzione del movimento
della falda (talvolta leggermente obliqua) e viene dotata di una pendenza minore di quella del
terreno in modo da portare a un certo punto in superficie l’acqua captata. Quando è possibile, il
fondo della galleria è bene che appoggi sullo strato impermeabile; dal punto in cui la galleria
abbandona la falda per dirigersi verso la superficie del terreno, le pareti vanno rivestite in maniera
da impermeabilizzarle. Le dimensioni delle gallerie filtranti sono le più varie: da poco di più
semplici dreni a opere colossali, lunghe molti chilometri; esse sono molto diffuse nelle zone aride
(oasi dell’Africa settentrionale, Arabia, Siria, Israele, Iran, Afghanistan, ecc.); in Italia, e in genere
in Europa, le applicazioni sono meno frequenti.
Provvista da falde profonde e artesiane
La differenza fra falda freatica, falda profonda e falda artesiana risulta evidente dall’esame dello
schema di Fig.38. I pozzi che attingono acqua da falde profonde o artesiane presentano portate
generalmente abbondanti e con modeste variazioni stagionali e quindi sono indicati per l’uso
irriguo.
Per contro, a causa della profondità dei pozzi (in generale si adottano pozzi trivellati), il costo
dell’approvvigionamento può essere elevato sia come impianto che come esercizio.
Figura 38
66
Provvista da correnti subalvee
Nei sedimenti alluvionali sui quali scorrono fiumi e torrenti si trova sempre una corrente subalvea
costituita da un vero e proprio corso d’acqua sotterraneo che si sposta con velocità dipendente dalla
pendenza e dalla permeabilità delle alluvioni (sono state misurate velocità da 0,3 a 16 metri al
giorno). Questo corso sotterraneo esiste anche quando il corso superficiale è scomparso (uèd
sahariani).
In pianura le correnti subalvee sono generalmente in contatto immediato con il corso d’acqua, in
montagna o in collina l’alternarsi di alluvioni e di tratti di letto impermeabili comporta correnti
subalvee spesso assai profonde e talvolta in pressione.
La cattura di queste correnti subalvee può imporsi quando si ha a che fare con un corso d’acqua che,
durante la campagna irrigatoria, presenti una portata nulla o comunque insufficiente.
La provvista può essere fatta attraverso una galleria filtrante oppure con uno sbarramento
sotterraneo.
In quest’ultimo caso occorre un profondo studio idrogeologico su natura e profondità dello strato
impermeabile, costituzione delle alluvioni, valutazione delle portate, scelta della sezione d’imposta
del manufatto.
Il manufatto, in terra impermeabile o in muratura, è perforato da una tubazione che raccoglie le
acque e che, dotata di una pendenza inferiore a quella del corso d’acqua, le porta a un certo punto
alla superficie. Altre volte, l’approvvigionamento viene fatto tramite pozzi in alveo, a monte del
manufatto. La cresta dello sbarramento va costruita a una profondità tale da non danneggiare il
deflusso nel corso d’acqua (è importante valutare se quest’ultimo
è in fase di scavo) ma da raccogliere quasi tutta la portata sotterranea.
Captazione delle sorgenti - Le sorgenti, uscite naturali di acqua sotterranea, vengono trattate nel
corso di Geologia applicata. La loro captazione presenta scarso interesse ai fini irrigui poiché le
acque sorgive vengono destinate quasi esclusivamente a uso potabile. Le opere di captazione che
consistono essenzialmente nella “messa a nudo” della sorgente (da effettuarsi con molta cautela e
con esclusione assoluta di esplosivi), nella costruzione di una camera di presa ed eventualmente di
una galleria per raccogliere più vene d’acqua, sono di tipo così vario da sfuggire a una trattazione
sistematica.
67
2.2 LE RETI IRRIGUE
a) SCHEMA DELL’ORGANIZZAZIONE TERRITORIALE DI UN ENTE DI IRRIGAZIONE
COLLETTIVO
In questo e nel seguente capitolo si farà quasi sempre riferimento all’irrigazione collettiva, ossia
agli aspetti costruttivi e organizzativi dei sistemi irrigui26 che interessano parecchie aziende. La
classificazione territoriale comprende innanzi tutto il comprensorio irriguo, talvolta suddiviso in
subcomprensorio; il comprensorio, o il subcomprensorio, è generalmente suddiviso in distretti o
reparti, che si denominano comizi qualora la consegna dell’acqua venga regolata da un consorzio
degli utenti interessati. Il reparto (o distretto o comizio) è l’ultima espressione territoriale collettiva:
nel suo perimetro sono comprese diverse aziende come, d’altra parte, un’azienda può essere talvolta
a cavallo di più reparti contigui.
L’azienda potrà poi essere suddivisa in poderi, appezzamenti, parcelle irrigue. Ciascuna categoria
territoriale viene servita da appositi conduttori, con caratteristiche e funzioni differenziate.
b) SCHEMI DI RETI IRRIGUE
Il trasporto e la distribuzione dell’acqua di irrigazione vengono fatti tramite canali o condotte. Nelle
reti più vecchie i primi sono ih netta prevalenza sulle seconde; anche nel caso dell’aspersione, della
subirrigazione e dell’irrigazione
localizzata, l’acqua viene talvolta messa in pressione e intubata solo nei tratti terminali della rete.
Se l’approvvigionamento avviene all’esterno della zona da irrigare, è necessario un “canale
derivatore” (o una condotta) che fa capo all’opera di presa e conduce l’acqua al confine del
comprensorio. Nel caso di provvista da un corso d’acqua questa derivazione può essere fatta con
criteri diversi, a seconda dell’importanza che si vuoi dare al sollevamento meccanico.
Figura 39
26
Per “sistema irriguo” intendiamo un insieme coordinato di opere e apparecchiature idoneo al trasferimento dell’acqua
dalla provvista alle singole parcelle, nelle quantità e nei tempi adatti a soddisfare i fabbisogni delle coltivazioni.
68
Se si fa riferimento allo schema della Fig. 39 si ravvisano due soluzioni limite:
-
presa dal fiume nel punto A; derivatore A; primario A. Con questa soluzione l’acqua
viene convogliata esclusivamente per gravità.
Presa dal fiume nel punto C; sollevamento e trasporto nel punto F con condotta
forzata; primario A. Con questa soluzione l’acqua deve essere sollevata dal punto C
al punto F.
Fra queste soluzioni estreme, ve ne sono infinite intermedie. Una di queste è indicata nella
medesima figura:
-
presa dal fiume nel punto B; derivatore B; nel punto E una parte dell’acqua prosegue
nel primario B, un’altra parte viene sollevata, condotta in F e da qui prosegue nel
primario A. Con questa soluzione si irriga per gravita la superficie EHLC e tramite
sollevamento meccanico la superficie FMHE.
La scelta fra le possibili soluzioni va fatta in genere su base economica: l’impiego del sollevamento
meccanico consente di risparmiare sulle spese di impianto e di esercizio della rete (che risulta,
talora, notevolmente ridotta), ma, d’altra parte, comporta dei costi per l’impianto e l’esercizio della
stazione di pompaggio.
Uno schema classico di condotta per gravita è indicato nella Fig. 40. Si tratta di uno schema
rigidamente “ortogonale”, talvolta però inattuabile su terreni ondulati o dove siano presenti molti
ostacoli (strade, confini di proprietà ecc.). Il derivatore AB conduce l’acqua dalla presa A sul fiume
al punto più alto del confine del comprensorio. Da questo punto parte il primario BCD che ha
andamento dominante rispetto alla superficie da servire, segue l’andamento delle linee di livello ed
è normalmente dotato di debole pendenza. Poiché durante il percorso, nei punti B,C,D si diramano i
canali secondari, il canale primario sarà costituito da tratti a sezione costante (a parità di pendenza),
ma successivamente sempre più ridotta. In corrispondenza di ciascuna diramazione viene di solito
costruito un manufatto destinato a regolare e a misurare la portata prelevata.
I canali secondari (BE,CF,DG) fanno capo al primario e avviano l’acqua ai terziari. Il loro tracciato,
salvo eccezioni, si allontana nettamente dall’andamento delle linee di livello; pertanto la pendenza
può essere relativamente elevata e può anche nascere la necessità di interporre dei salti. Poiché dai
secondari si diramano i terziari, valgono le stesse osservazioni per le sezioni e per i manufatti di
regolazione e di misura.
I canali terziari conducono l’acqua ai reparti. Il loro tracciato è spesso vincolato ai margini delle
strade e ai confini di proprietà allo scopo di ridurre al minimo gli attraversamenti.
Dai terziari si diparte la rete distributrice che conduce l’acqua alle diverse aziende e parcelle irrigue.
A partire da questo dopoguerra si sono fatte sempre più numerose le realizzazioni di reti irrigue in
pressione per l’aspersione, l’irrigazione localizzata e, talora, le irrigazioni di superficie. I vantaggi
di questo tipo di impianti sono evidenti per quanto concerne la libertà dei tracciati, sia altimetrica
che planimetrica. Nella loro predisposizione si adotteranno allora metodi di massima economia; ad
esempio, con tratte a eguale diametro, ci si baserà sulla circostanza che la somma delle distanze da
un punto P qualunque a tre punti A,B,C è minima se i tre angoli individuati nel punto P dai
segmenti PA, PB e PC sono pari a 120°; se invece, come d’ordinario, i diametri sono diversi, non
basta minimizzare lo sviluppo della rete e si deve ricorrere a metodologie un po’ più complesse,
come quella di Labye. In pratica poi i tracciati di massima economia devono essere adattati alla non
assoluta libertà planimetrica (attraversamenti di strade, canali, confini di proprietà ecc.).
69
Figura 40
70
Si possono costruire reti aperte (più comuni negli impianti irrigui) o ad anello (più comuni negli
acquedotti urbani) sempre sulla base della convenienza economica (Fig. 41). Nella pratica
progettuale la massima economia si persegue individuando una soluzione preliminare attraverso
un’analisi (sostanzialmente empirica) che si basa sul confronto fra tracciati, tipi di consegna, scelta
di materiali e opere d’arte ecc.. Nell’ambito di tale soluzione si applicano i cosiddetti metodi di
ottimizzazione che determinano tramite equazioni economiche le equazioni idrauliche a incognite
sovrabbondanti e conducono infine alla definizione ultima dei diametri (metodo degli operatori di
Lagrange, programmazione lineare e dinamica).
Quando la provvista avvenga da un laghetto collinare si ha generalmente una rete in pressione di
modesto sviluppo. La condotta avviene spesso per gravita; tuttavia è talvolta necessaria una piccola
stazione di pompaggio con un serbatoio di equilibrio in posizione dominante per poter disporre di
una pressione sufficiente.
Oltre alla rete di distribuzione è generalmente necessaria una rete di colatura (scoline, capofossi,
ecc.) affinché gli inevitabili surplus di acqua non si raccolgano nelle zone più depresse. Con
opportuni accorgimenti una rete di
prosciugamento può servire parzialmente come rete di dispensa durante la campagna irrigatoria (v.
corso di Tecnica della bonifica).
Figura 41
c) ELEMENTI DELLE RETI IRRIGUE - CONDOTTE
Questo argomento viene trattato esaurientemente in Idraulica generale. Per comodità si riportano
qui di seguito:
-
la Tab. 24 che fornisce la perdita di carico y (in m/km) in funzione della portata Q (in
l/s) e del diametro D (in mm) per tubi metallici “usati” (coefficiente K raddoppiato formula di Darcy)
il diagramma di Scimeni (Fig. 42) che fornisce le perdite di carico nei tubi di
cemento-amianto (tipo “Eternit”)
l’abaco di Tison, che fornisce le perdite di carico dei tubi di plastica (Fig. 43)
Numerose applicazioni verranno fatte in sede di esercitazioni.
Al momento della costruzione le principali avvertenze di cui tenere conto sono le seguenti:
71
-
i tubi debbono essere interrati a una profondità (0,8-1,2 m) che escluda danni da
carichi concentrati e non intralci le lavorazioni dei terreni;
particolare cura deve essere messa nell’esecuzione delle giunzioni delle barre:
saldature per i tubi d’acciaio, giunti (a manicotto, Gibault ecc.) per quelli in
fibrocemento e calcestruzzo armato, collanti speciali per quelli in plastica;
altrettanta cura serve per la predisposizione dei letti di posa, (generalmente in sabbia)
in particolare per i tubi in fibrocemento;
occorre di norma collocare degli sfiati, liberi o in pressione, nei punti più alti del
profilo;
nei punti più bassi occorre invece predisporre degli scarichi di fondo, preferibilmente
in vicinanza di canali di drenaggio;
di notevole importanza è la protezione dei tubi metallici dalla corrosione prodotta
dalle cosiddette correnti vaganti (particolarmente pericolose in vicinanza di ferrovie
a trazione elettrica). La protezione consiste nell’isolare il tubo con prodotti o resine
plastiche, oppure nel creare campi elettrici contrastanti (protezione catodica).
72
Tabella 24: I valori di perdita di carico y (m/Km) in funzione della portata Q (l/s) e diametro D (mm)
Q
D
0,05
0,1
0,2
0,3
0,4
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1
1,25
1,5
1,75
2
2,5
3
3,5
4
4,5
5
6
7
8
9
10
15
20
25
30
35
40
45
50
60
70
80
90
100
200
300
30
40
50
60
70
80
90
100
125
150
175
200
250
300
400
0,63
2,5
10,02
22,53
40,06
62,6
90,14
122,7
160,3
202,8
250,4
390,6
-
0,1
0,5
2,1
4,7
8,4
13,1
18,9
25,8
33,7
42,6
52,6
82
118,3
160,9
210,4
328,7
0,03
0,16
0,84
1,43
2,54
3,97
5,72
7,79
10,17
12,87
15,89
24,79
35,75
48,63
63,56
90,32
143
194,7
254,3
321,6
397,3
0,01
0,06
0,24
0,54
0,96
1,51
2,17
2,95
3,88
4,88
6,03
9,4
13,56
18,44
24,1
37,66
54,2
73,8
96,4
122
150,6
216,9
295,2
0,03
0,11
0,24
0,43
0,67
0,96
1,31
1,71
2,18
2,67
4,16
6
8,17
10,68
16,88
24
32,7
42,7
54
66,7
98,1
130,8
170,8
216,2
266,2
0,01
0,05
0,12
0,21
0,33
0,48
0,65
0,85
1,07
1,32
2,06
2,89
4,05
5,29
8,27
11,9
16,2
21,2
26,8
33,1
47,6
64,8
84,7
107,1
132,3
0,03
0,06
0,11
0,18
0,26
0,35
0,46
0,58
0,71
1,11
1,61
2,19
2,86
4,47
6,43
8,76
11,44
14,47
17,87
25,73
35,02
45,74
57,89
71,47
160,8
3,71
5,08
6,6
8,36
10,32
14,86
20,22
26,41
33,43
41,27
92,9
185,1
1,2
1,63
2,13
2,69
3,32
4,79
6,52
8,51
10,77
13,3
29,92
53,2
89,91
119,7
0,46
0,63
0,81
1,03
1,27
1,83
2,48
3,24
4,11
5,07
11,41
20,28
34,27
45,83
65,71
81,12
102,67
5,23
9,3
15,72
20,92
30,13
37,2
47,08
58,12
83,70
2,61
4,64
7,63
10,43
15,02
18,54
23,47
28,97
41,72
56,79
74,18
93,88
115,9
-
3,34
4,81
5,94
7,51
9,27
13,36
18,18
23,74
30,05
37,10
-
1,32
1,9
2,35
2,97
3,87
5,28
7,19
9,4
11,82
14,88
58,7
-
1,67
2,18
2,76
3,41
13,66
30,72
73
Figura 42
74
Figura 43
75
d) ELEMENTI DELLE RETI IRRIGUE - CANALI
I canali d’irrigazione hanno di solito forma trapezia (Fig. 44); solo per i canali rivestiti si impiega
talvolta la forma rettangolare e, per le “canalette”, le forme semicircolare e semiellittica. Come è
noto, il dimensionamento di un
canale si conduce, per tentativi, sulla base delle formule di Leonardo e Castelli, Chézy e Bazin:
Q = ΩV ; V = RI ; B =
87
1+ γ
R
(Q = portata, in m3/s; Ω = sezione bagnata, in m2; v = velocità media dell’acqua, in m/s; B =
coefficiente di Bazin; R = raggio idraulico = rapporto fra la sezione bagnata e il contorno bagnato,
in m; I = pendenza, numero puro; γ = coefficiente di scabrezza).
Nel progetto e nella costruzione di un canale in terra bisogna tener conto di una serie di avvertenze:
- nei canali trapezi, ad eccezione talvolta di quelli di piccole dimensioni, non si
adottano sezioni di minima resistenza che condurrebbero a larghezze del fondo
troppo ristrette;
- in ogni caso si deve tener conto di un “franco” (Fig. 44 ), da un massimo di 0,5 m
per i grossi canali a un minimo di 0,15 m per i più piccoli.
Figura 44
-
-
la pendenza delle sponde varia da 1:1 per terreni argillosi a 1:3 per terreni sabbiosi;
per canali di piccole dimensioni si tende tuttavia a fare sponde più ripide.
la velocità media dell’acqua deve essere contenuta, per evitare erosioni, entro 0,5
m/s per i terreni sabbiosi ed entro 1 m/s per i terreni argillosi; in caso di pendenze
elevate bisogna pertanto interporre dei salti; d’altra parte la velocità non deve
neppure essere troppo bassa per evitare depositi eccessivi in presenza di acque
torbide (orientativamente, se si vuole evitare i depositi dei limi e, a maggior ragione,
delle argille, la velocità deve superare gli 0,3-0,5 m/s passando da canali piccoli a
canali grandi).
la banchina deve essere abbastanza larga da consentire il passaggio delle macchine
per la manutenzione; è opportuno però che il traffico normale sia indirizzato su una
viabilità lungo i canali di drenaggio dove vi sono minori possibilità di danni.
la superficie delle banchine deve essere inclinata verso l’esterno (Fig. 44) per
l’evacuazione delle acque di pioggia.
la larghezza dell’argine alla base deve essere sufficiente a limitare l’affioramento di
acque infiltrate.
76
-
gli argini vengono costruiti utilizzando il terreno scavato per il canale; in caso di
elevate pensilità (allo scopo di mantenere un carico sufficiente) occorrerà altra terra
che va prelevata da una zona abbastanza ampia, in modo da evitare dannose
accentuate depressioni, o anche ottenuta dallo scavo dei canali di drenaggio; gli
argini vanno costruiti in strati sottili (15-20 cm) da compattare accuratamente in
modo da ridurre l’infiltrazione e una successiva subsidenza.
I canali in terra necessitano di una frequente manutenzione, consistente nel diserbo e nell’espurgo;
il primo per eliminare la vegetazione che riduce la capacità di trasporto del canale, il secondo per
eliminare i depositi solidi e
“rifilare” la sezione.
Abbastanza di frequente i canali di irrigazione, per ridurre le perdite per infiltrazione e l’importanza
della manutenzione, vengono rivestiti. Una soluzione molto economica consiste nel disporre uno
strato di terreno argilloso compattato, che ridurrà l’infiltrazione ma non la crescita della vegetazione
e quindi la manutenzione. A risultati analoghi si giunge con l’interramento, sotto il letto del canale,
di film di PVC o di gomme butiliche. Tutti e due gli scopi si conseguono invece con rivestimenti in
calcestruzzo, muratura di pietrame o conglomerato bituminoso. Il calcestruzzo può essere gettato in
opera, in spessori di 8-12 cm, ben compattato, oppure possono essere utilizzate lastre prefabbricate.
In entrambi i casi sono indispensabili dei giunti di dilatazione, impermeabilizzati con cartone
catramato e mastici bituminosi. I conglomerati bituminosi, come è noto, si ottengono miscelando
pietrisco di varie pezzature, sabbia, sfilacciati e bitume.
Anche per il progetto e la costruzione dei canali rivestiti bisogna tener conto di una serie di
avvertenze:
-
la sezione è spesso trapezia, ma talvolta per i rivestimenti in muratura, si usa la
sezione rettangolare, non di rado quella di minima resistenza (doppio quadrato). In
ogni caso le sezioni sono più ristrette e possono essere ridotte le tare di terreno;
i “franchi” possono essere ridotti, anche del 50 rispetto a quelli per i canali in terra;
la velocità media può anche raggiungere valori di 3-5 m/s; velocità modeste in
presenza di acque torbide sono del tutto sconsigliabili perché gli eventuali depositi
possono essere rimossi con difficoltà;
la larghezza della banchina deve essere minima e impedire così il traffico di
macchine che potrebbero danneggiare il rivestimento;
è molto importante che il terreno su cui poggia il rivestimento sia accuratamente
compattato per evitare successive subsidenze.
Specifiche del settore irriguo sono le “canalette”. piccoli canali in cemento armato autoportanti, a
sezione trapezia, rettangolare, semicircolare o semiellittica, costituiti da elementi successivi
sostenuti al di sopra del terreno con collari e supporti anch’essi murari. Le canalette presentano
diversi vantaggi: permettono una prefabbricazione in serie con l’impiego di moderne tecniche
costruttive; tramite l’impiego di supporti di varia altezza (fino a 3-4 m) consentono di svincolarsi da
piccole ondulazioni topografiche, di mantenere agevolmente una pendenza regolare e una posizione
dominante rispetto alle parcelle irrigue.
Per il tracciato delle canalizzazioni si cerca di attenersi, per ovvi motivi, al metodo ortogonale,
discostandosene talvolta per problemi di pendenze o di attraversamenti. Quest’ultimi, in
corrispondenza di strade, ferrovie, altri canali o ampie depressioni del terreno, possono essere fatti
con ponti-canale o con sifoni inversi.
Resta in ogni caso il fatto esiziale che deve essere mantenuto un carico sufficiente sulle superfici da
irrigare. A livello di canali distributori il carico può essere valutato semplicemente a seconda delle
situazioni: se ad esempio si deve fare una sommersione con un tirante di 10 cm e si fa
77
un’alimentazione con sifoni che richiedono un carico di 15 cm. occorre che il livello dell’acqua nel
canale sia di 25 cm al di sopra della superficie da irrigare. Un carico maggiore potrebbe provocare
infiltrazioni dannose dagli argini del canale; per questo, e per motivi di costo si cerca di non
esagerare con la pensilità anche se l’acqua che resta sul fondo del canale, al di sotto del piano di
campagna non può essere utilizzata per l’irrigazione e costituisce quindi una perdita. Esiste
comunque qualche caso di reti interamente scavate e quindi senza carico, come molte zone
dell’Egitto, dove l’acqua deve essere successivamente pompata nei campi.
e) ORGANI DI RIPARTIZIONE, REGOLAZIONE E MISURA NELLE RETI A PELO LIBERO.
Nelle reti irrigue si trovano numerosi manufatti (“opere d’arte”) e apparecchiature (partitori,
moduli, ecc.). I primi, destinati agli attraversamenti o a dissipare energia (ponti-canale, sifoni,
chiaviche, gallerie, salti ecc.), non sono specifici dei canali di irrigazione, ma comuni ad altri tipi di
canali (di bonifica, di navigazione, ecc.). La loro trattazione viene svolta nel corso di Tecnica della
bonifica. Le seconde, invece, sono esclusive delle reti irrigue e di esse ci si occuperà in dettaglio in
questo paragrafo.
Gli organi di ripartizione hanno lo scopo di dividere una portata in più arti, fra loro in rapporto
fisso, e ciò indipendentemente da eventuali variazioni della portata stessa. Si distinguono partitori
fissi e partitori mobili.
Un partitore fisso divide una portata in un rapporto costante. La Fig. 45 mostra uno schema, in
pianta, di un partitore che consente una divisione abbastanza precisa in due parti uguali; unica
condizione è che il canale alimentatore, per un tratto di almeno una ventina di metri a monte del
partitore, sia rettilineo e dotato di sezione e pendenza rigorosamente costanti. È ovvio che,
adottando più dispositivi in serie del tipo di quello di Fig. 45, si può dividere una portata assegnata
in 4, 8, 16, ecc. parti uguali. Il problema si fa più arduo quando si debba dividere una portata in un
numero di parti eguali diverso da 2, 4, 8, ecc., oppure quando la si debba dividere in parti diseguali.
Figura 45
Se, ad esempio, si vuoi fare una ripartizione in tre parti eguali non si può certamente pensare, stante
la distribuzione delle velocità indicate nella Fig. 45, di dividere longitudinalmente la corrente in 3
parti uguali. In questi casi bisogna ricorrere a partitori speciali, generalmente costruiti
sperimentando su modelli e comunque inseriti in corrispondenza di un risalto idraulico o dì una
bocca.
Un partitore mobile consente di dividere una portata in porzioni a rapporto variabile, ma sempre
indipendente dalle variazioni della portata stessa. Nella Fig. 46 è illustrato un “partitore
proporzionale” su un risalto che consente di dividere la portata in un rapporto qualsivoglia.
78
Figura 46
Quando si possa disporre di un dislivello di almeno qualche decina di centimetri, può essere usata,
come partitore, una bocca a stramazzo. Infatti è noto che la portata
Q = µLh 2 gh
è proporzionale alla larghezza della bocca. Pertanto tramite bocche a stramazzo si possono ottenere
ottimi partitori, fissi e mobili. In Fig. 47 è mostrato, in pianta, lo schema del “partitore a becco
mobile” di Elche (Spagna), di interesse quasi soltanto storico.
Figura 47
Figura 48
79
Partitori interessanti sono quelli a calice; essi sono costituiti da una specie di tombino a sifone il cui
pozzetto ascendente termina con due o più bocche a stramazzo eguali. Alle bocche fanno seguito i
canali destinati a ricevere le stabilite frazioni di portata (Fig. 48).
Gli organi di regolazione e di misura hanno lo scopo di mantenere i desiderati livelli idrici nei
canali, nonché di mantenere costanti e misurare le portate.
Esaminati (II.1.c) gli organi di regolazione e di misura alla provvista, si devono considerare gli
organi che esplicano queste funzioni all’incile di un qualsiasi canale su quello di ordine superiore.
E’ noto che generalmente nei canali di distribuzione bisogna derivare una portata fissa, pari a un
modulo o a un numero intero di moduli, e ciò indipendentemente dalle inevitabili variazioni del
livello dell’acqua nel canale di ordine superiore. La presa deve essere
perciò attrezzata perché sia conseguito questo scopo. In essa si possono distinguere tre elementi:
-
la presa propriamente detta, consistente in un taglio nella sponda del canale di ordine
superiore o in un tubo che la sottopassa, dì regola munita di un organo di chiusura.
un dispositivo regolatore che mantenga, a monte dell’apparecchio modulatore, un
livello costante.
un dispositivo modulatore (“modulo”) che, sottoposto tramite il regolatore a un
carico idraulico costante, lasci passare una portata ben definita e costante27.
Assai spesso (di regola negli impianti più vecchi) manca una regolazione automatica; la derivazione
deve essere allora sorvegliata da un acquaiolo che, leggendo un idrometro e manovrando la paratoia
di presa, regola il carico a monte del modulatore.
Disposizioni più moderne sono invece quelle delle Fig. 49, 50 e 51.
Nella Fig. 49 il regolatore è montato sul canale di ordine superiore, subito a valle della presa, ed è
costituito da uno sfioratore, cui si deve dare uno sviluppo maggiore possibile per sfiorare portate
diverse con piccole variazioni di carico. Lo sfioratore presenta l’inconveniente di richiedere un salto
(almeno qualche decina di cm) e di provocare formazione di depositi a monte. Nella Fig. 50 lo
sfioratore è sostituito da una paratoia automatica (tipo “Neyrpic”) a livello di monte costante. Essa è
costruita secondo lo schema di Fig. 52: un aumento di livello a monte provoca, tramite il
galleggiante, una maggiore apertura della paratoia che fa abbassare di nuovo il livello stesso;
viceversa, una diminuzione di livello a monte provoca una minore apertura della paratoia che fa
innalzare di nuovo il livello.
Nella Fig. 51 la disposizione è cambiata e l’organo regolatore è montato sul canale derivatore,
subito a monte del modulo. Si tratta di un organo che mantiene il livello di valle costante, che può
essere costituito da una paratoia automatica come in Fig. 53 (ancora tipo “Neyrpic”).
Figura 49
27
I “moduli” che verranno esaminati in sede di esercitazioni, modulo milanese e modulo di Ribera, sono in realtà dei
dispositivi che comprendono tutte e tre le funzioni.
80
Figura 50
Figura 51
Figura 52
Figura 53
Le disposizioni delle Fig. 50 e 51 sono mostrate, in assonometria, nelle Fig. 54 e 55 (il modulatore
“a maschera”).
Fra i modulatori si esaminano i più diffusi: le bocche, il venturimetro per canali, il modulatore a
risalto idraulico e il modulo a maschera.
Figura 54
Figura 55
81
-
Le bocche modulatrici possono essere sia a battente che a stramazzo con preferenza, in
generale, per le seconde il cui funzionamento richiede perdite di carico più modeste. In ogni
caso, le quelle in parete sottile, a contrazione completa, senza velocità di arrivo28, con vena
libera e areata, perché sono quelle che garantiscono una sicura individuazione e una buona
costanza del coefficiente di deflusso. Le bocche più usate sono: lo stramazzo Francis,
rettangolare, in parete sottile, a contrazione completa (Fig. 56); lo stramazzo Bazin,
anch’esso rettangolare, senza contrazione laterale, con lama areata tramite due pozzetti (Fig.
57); lo stramazzo Cipolletti, a contrazione completa, di forma trapezia con scarpa eguale a ¼
(Fig.58); lo stramazzo Thompson, di forma triangolare.
Figura 57
Difetti comuni a tutte le bocche sono la perdita di carico che ammonta almeno a qualche
decina di cm (non si possono fare bocche rigugitate per la dipendenza della portata dal
livello a valle), gli interramenti che si formano a monte del manufatto che possono alterare
la portata e le modificazioni subite dalla piastra metallica che costituisce la parete sottile
(usura, manomissioni).
-
Il venturimetro per canali non differisce sostanzialmente dal venturimetro per condotte
forzate. Il dispositivo viene costruito all’incile del canale derivatore alla maniera di una
bocca a sifone, in modo che l’acqua entri in pressione. Esso ha il notevole pregio di
richiedere una minima perdita di carico, ma è piuttosto costoso.
Figura 59
-
Il modulatore a risalto si basa sul cosiddetto “salto di Bidone”, fenomeno che si manifesta in
un canale ogni qualvolta una corrente “veloce” passa alla condizione di corrente “lenta”.
Questa situazione può essere creata, ad esempio, in un canale a modesta pendenza con una
strozzatura (ravvicinamento delle sponde o rialzo di fondo o entrambi): la corrente veloce
che si forma nel tratto ristretto, urtando con la corrente lenta a valle, da luogo a un risalto
28
Per questo le bocche modulatrici sono spesso precedute da una “vasca di calma” (che può essere evitata con lo
stramazzo Bazin), manufatto di grosse dimensioni che incide sensibilmente sul costo della derivazione
82
superficiale (Fig. 59). La portata può essere espressa con una formula analoga a quelle delle
bocche a stramazzo.
Q = µlh 2 gh
col coefficiente µ esprimibile con la formula approssimata del Gherardelli
µ = 0,385 + 0,108
lh
LH
che vale se sono soddisfatte le seguenti relazioni:
lh
< 0,7;
LH
D > 2h; l > h
Normalmente si fa a = (0,1 - 0,2) h e, abbastanza spesso, per assicurare la persistenza del risalto
entro limiti abbastanza ampi di portata, I = L/2.
Frequentemente si elimina la soglia, restringendo la sezione soltanto trasversalmente. Allora h = H
e se si assume I = L/2 si ottiene la formula
Q = 0,9 L H3/2
Qualora si voglia una precisione maggiore (per esempio > 5%) si deve rinunciare all’uso delle
formule e, operando su un modello o su un prototipo costruire la scala delle portate (Q in funzione
di h) e la scala dei limiti di sommergenza che lega i valori di portata con quelli del massimo livello
liquido a valle compatibile con la persistenza del risalto e quindi col funzionamento del modulatore
indipendente dalle condizioni a valle.
Il modulatore a risalto riunisce in sé molte delle qualità che si richiedono a questo tipo di
apparecchi: semplicità di costruzione, basso costo, assenza di organi mobili, indipendenza dal
livello di valle, modesta perdita di carico (per mantenere il risalto basta che sia b = h/5; la perdita di
carico quindi è assai minore che nel caso delle bocche).
Il modulo a maschera, ideato dalla Neyrpic e notevolmente diffuso in Francia e in Africa del Nord,
è costituito da (Fig. 60 e 61) una soglia in muratura, da una “maschera” metallica inclinata, fissata a
un’altezza ben determinata al di sopra della soglia, un po’ a valle della cresta, e da una portella di
chiusura. Molto spesso si riuniscono in parallelo, separandoli con delle “guance”, più apparecchi, in
modo da ottenere un’ampia gamma di portate.
La scala delle portate di un modulo a maschera è riportata nella Fig. 62. Essa mostra che nel
passaggio da bocca a stramazzo a bocca a battente la portata varia assai poco (contrazione). Quindi
il modulo funziona, in parte, esso stesso da regolatore.
Figura 60
Figura 61
83
Figura 62
Una volta regolato e misurato il modulo, per la distribuzione alle parcelle possono essere necessarie,
a volte, altre piccole strutture. Nella Fig. 63 è indicato un “deviatore”; nelle Fig. 64 e 65
rispettivamente un’alimentazione della parcella con sifoni e una con bocchette (in entrambe le
figure è indicata una piccola struttura trasversale, spesso mobile, necessaria per l’ottenimento del
carico desiderato). Talora si possono trovare altri misuratori, come piccoli risalti in metallo
(Parshall flume). Per il dimensionamento e il numero dei sifoncini o delle bocchette (circolari) può
servire la Tab. 25 che fornisce le portate in l/s in funzione del diametro e del carico.
Tabella 25
H (cm)
D (mm)
30
40
50
100
Figura 63
5
10
15
20
0,42
0,75
1,17
4,67
0,59
1,06
1,65
6,60
0,73
1,29
2,02
8,09
0,84
1,49
2,33
9,34
Figura 64
f) ORGANI DI RIPARTIZIONE, REGOLAZIONE E MISURA NELLE RETI IN PRESSIONE.
Nelle reti in pressione l’intercettazione e la regolazione vengono ottenute tramite saracinesche o
valvole, a farfalla o a sfera. Un gruppo di due o più valvole può evidentemente funzionare anche da
partitore.
84
La misura delle portate viene fatta con dispositivi tipo Venturi o con contatori volumetrici a
mulinello (Woltmann). Per la misura delle pressioni servono semplici manometri. Esistono poi
particolari dispositivi di regolazione, denominati “limitatori di portata” e “limitatori di pressione”.
La consegna agli utenti può avvenire attraverso “idranti” come quello in Fig. 66, oppure con
“gruppi di consegna” attrezzati (Fig. 67) che esplicano le seguenti funzioni: possibilità di
intercettazione dell’acqua, limitazione al modulo della portata massima erogabile, regolazione della
pressione, assorbimento delle sovrapressioni, misurazione dei volumi.
La Fig. 67 mostra la sezione di un tale gruppo. È possibile notare la valvola di chiusura (1), il
regolatore di pressione (2), il contatore (3) e il limitatore di portata (4).
In Fig. 68 sono infine mostrati due sfiati, a sinistra “libero” e a destra “in pressione”.
Figura 65
Figura 66
Figura 67
Figura 68
85
2.3 DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA IRRIGUA
a) CALCOLO DELLA PORTATA DI DERIVAZIONE
Date alcune indicazioni sui tracciati delle reti irrigue, occorre valutare le portate massime che
ciascun tratto della rete deve condurre allo scopo di poter dimensionare le sezioni. Un calcolo
abbastanza semplice riguarda la portata del canale derivatore; invece, per i canali dei successivi
ordini occorre specificare le modalità di consegna: continua, periodica o a domanda.
Il calcolo della portata massima di derivazione, da prelevare alla provvista e da immettere nei
primari, è semplicissimo nel caso di un comprensorio a monocoltura (consegna periodica e
continua): basta considerare la competenza continua del mese di maggior fabbisogno e moltiplicarla
per l’area servita (per la consegna periodica bisognerà arrotondare a un numero intero di moduli),
aggiungendo una certa percentuale per tener conto delle perdite nella rete. Per un comprensorio a
policoltura, il calcolo è un po’ più complicato (esercitazione 2.4.q).
b) CONSEGNA CONTINUA
Con questo tipo di distribuzione si tratta dì consegnare all’utente l’acqua con continuità
(24 ore su 24), ossia di consegnargli la competenza continua. Il calcolo delle portate nei canali dei
vari ordini è estremamente-semplice: basta conoscere le aree servite e le competenze continue dei
vari mesi e delle varie colture.
I vantaggi del metodo sono evidenti: tutti i conduttori sono continuamente in acqua e presentano
una sezione minima (in particolare le ultime ramificazioni della rete) che consente risparmi sulle
spese di impianto in special modo per la condotta tubata.
A parte la possibilità di maggiori perdite d’acqua, qualche problema può presentarsi per
l’irrigazione delle parcelle. Si possono distinguere tre casi:
-
la portata consegnata è uguale almeno al modulo parcellare; ciò vuoi dire che
l’azienda è relativamente vasta; l’utente organizzerà una distribuzione periodica alle
sue parcelle con i criteri del paragrafo seguente.
la portata è inferiore al modulo, ma abbastanza elevata; essa potrà essere utilizzata
direttamente riducendo la superficie delle particelle o ricorrendo a metodi irrigui che
consentano l’impiego di portate modeste.
la portata è molto piccola (piccola azienda) e non può essere utilizzata direttamente
(a meno di non ricorrere, ad esempio, alla irrigazione a goccia); il problema può
essere risolto o con la costruzione di un serbatoio o con un raggruppamento di utenti.
Esempi di consegna continua, in Italia, riguardano l’irrigazione delle risaie nella fase di
mantenimento e delle colture floreali (Liguria).
c) CONSEGNA PERIODICA
Con questo tipo di consegna l’acqua perviene a ciascun utente a intervalli regolari (turni) con
portata costante (corpo d’acqua distributivo). L’erogazione dura (orario) fintantoché non sia stato
consegnato il volume di adacquamento previsto.
86
La consegna periodica, concepita rigidamente e regolata “da monte” con dosi e turni fissi, può
essere adottata vantaggiosamente soltanto nel caso di monocolture e di fabbisogni idrici costanti
durante la campagna irrigatoria (zone
aride - v. eserc. 2.4.r ). Comunque, a prezzo di qualche complicazione a livello organizzativo, si
possono organizzare consegne a “prenotazione” con turno e/o dose variabili. In altri casi si rendono
flessibili, frazionandoli, anche l’orario e il corpo d’acqua. Questa elasticità si impone sia perché la
competenza mensile varia generalmente da un mese all’altro, sia perché, nell’ambito di uno stesso
mese, le dosi e i turni possono essere diversi per le varie colture e per i vari terreni. Nell’eserc. 2.4.s
è esemplificata una distribuzione a turno e dose entrambi variabili.
Il più delle volte, nelle distribuzioni a turno e/o dose variabili, il “quadro orario” viene formato anno
per anno, all’inizio della campagna, in base alle prenotazioni degli utenti. Specialmente quando vi
sono impianti di sollevamento, l’ente collettivo predispone anche un “diagramma delle portate” da
immettere in rete. L’inconveniente più serio della consegna “a richiesta d’acqua” consiste nella
tendenza degli utenti a prenotare turni più brevi del necessario, il che comporta frequenti salti di
turno e apre complessi problemi di tariffazione. Da questo punto di vista si parla di “efficienza della
rete” come rapporto fra i volumi disponibili alle bocchette e i volumi immessi in rete e di
“efficienza del programma di distribuzione” come rapporto fra i volumi “accettati” dagli utenti e i
volumi immessi. Non sono purtroppo rare situazioni paradossali con valori dell’efficienza del
programma di distribuzione dell’ordine del 30%.
La rotazione viene generalmente organizzata sui canali che portano l’acqua alle aziende, qualche
volta sui canali di ordine superiore. Per capire le differenze che ne derivano sul dimensionamento
della rete, si consideri l’esempio di Fig. 69.
Figura 69
Si abbiano 16 utenti, divisi in quattro gruppi, ciascuno servito da un quaternario. Ciascun utente
debba ricevere un corpo d’acqua di 50 l/s per un orario di 1 giorno con un turno di 4 giorni. Se si
organizza la rotazione sui quaternari, ossia, ogni giorno, si alimentano 4 aziende, una per gruppo, le
portate nei vari canali risultano quelle a sinistra è in basso. Se si organizza la rotazione sul terziario,
ossia si alimenta un gruppo al giorno, le portate nei vari canali sono quelle a destra e in alto.
87
d) CONSEGNA A DOMANDA
Con questo tipo di consegna l’utente può prelevare l’acqua in rate aperiodiche a sua libera scelta.
Accanto a questa libertà riguardo ai tempi (non si parla più, ovviamente, di turni e di orari) esiste
una libertà concernente le portate, nel senso che può essere attinta una portata qualsiasi, inferiore
però a un massimo prefissato (corpo d’acqua), regolato automaticamente. Viene spontanea
l’identificazione di questo tipo di consegna con quello praticato negli acquedotti urbani; esiste però
una grossa differenza: in campo irriguo il numero degli utenti è più limitato e le portate
singolarmente prelevate sono più ingenti.
Tuttavia come negli acquedotti urbani, il calcolo delle portate in base alle quali dimensionare i vari
tronchi della rete viene condotto con i metodi dell’analisi statistica E’ infatti impensabile basarsi
sulle portate “maximae maximarum , corrispondenti alla contemporanea alimentazione di tutti gli
utenti; si dovrà invece ricercare, per ciascuno elemento della rete, una portata di punta, affetta da un
prefissata probabilità, senza però dimenticare che i metodi dell’analisi statistica non sono applicabili
con piena sicurezza, sia perchè la “legge dei grandi numeri”, per quanto ora accennato, è, nel caso
specifico, meno approssimata del solito, sia perché non è garantita l’aleatorietà di tutte le variabili
che intervengono nel fenomeno29.
Il primo impianto “a domanda” fu quello progettato, negli anni 50, dal Clément a Gardanne, in
Provenza.
Per applicare il metodo di Clément occorre conoscere la superficie A che la condotta in esame è
destinata a servire, la competenza continua del mese di maggior fabbisogno q e il modulo m.
Bisogna poi fissare la “probabilità di funzionamento” F, ossia la probabilità di poter disporre,
all’apertura di una presa qualunque, della portata per la quale questa è stata costruita. Va fissato
inoltre il “grado di utilizzazione” r,ossia, dato un periodo di tempo t, il rapporto r=t’/t, dove t’ è la
parte di t durante la quale può essere utilizzata la condotta in esame.
La 1° formula di Clément è la seguente:
Q=
qA 
mr 1 
1 + U
− 

r 
qA n 
ove:
Q = portata della condotta in consegna a domanda
qA = portata nella condotta in consegna continua 24 ore su 24
m = modulo (le unità di m e qA devono essere le stesse)
n = numero di prese servite
r = grado di utilizzazione
U = coefficiente dipendente da F, come indicato nella Tab. 26
Tabella 26
F
U
0,7
0,525
0,8
0,842
0,9
1,282
0,95
1,645
0,99
2,324
0,999
3,09
Il valore ottenuto per Q va poi arrotondato per eccesso a un multiplo intero di moduli. I valori più
comuni per r sono16/24 = 0,667 oppure 18/24 = 0,75. Il valore più frequentemente adottato per
F è 0,95 (U = 1,645).
29
Ad esempio l’impianto di Gardanne presentò insufficienze molto gravi nelle ore comprese fra le 18 e le 20: si trattava
per lo più di piccoli utenti, contadini-operai, che tendevano ad irrigare soltanto in quel periodo del giorno. Fatti di
questo genere non possono essere certamente attribuiti al caso!
88
Nel 1966 lo stesso Clément perfezionò la formula ora illustrata, basandosi sulla teoria dei processi
stocastici. La 2° formula di Clément è formalmente identica alla prima solo che U ha un diverso
significato. Esso è funzione di un parametro U’ (Fig. 70) dato da
U '= P
qA rm 1
−
rm qA n
ove P è “l’ingombro di chiamata”, ossia la probabilità che una “chiamata” che arriva a un certo
istante trovi l’impianto “ingombro.
La 2° formula di Clément è valida per le piccole reti, per le grandi da risultati leggermente in
eccesso.
In Italia è stata talvolta adottata la formula di Marchetti, analoga alla 1° di irrigazione a domanda
suscitò agli inizi notevoli entusiasmi, sia perché si poteva dare l’acqua con tempestività, sia perché
si liberavano la da le imposizioni del quadro orario. Questi entusiasmi si sono andati via via
raffreddando soprattutto per gli oneri economici certamente non indifferenti. È un fatto che, salvo
gli impianti polivalenti, le distribuzioni a domanda sono tutt’altro che numerose; attualmente
piuttosto si tende a forme miste che, nel quadro della consegna periodica, attenuino la rigidezza dei
turni.
Ad ogni modo l’applicabilità della consegnarla domanda dovrà essere valutata alla luce delle
seguenti condizioni ottimali: vastità del comprensorio con la più ampia varietà di colture e di
terreni; diffusione di piccole aziende (n elevato); possibilità di poter disporre di invasi di accumulo
e di compenso; situazione sociale evoluta; buona “preparazione irrigua” degli utenti; assenza di ore
preferenziali (v. il precedente esempio di Gardanne); andamento climatico favorevole (zone non
ventose, assenza di punte accentuate nei consumi); possibilità di adottare piccoli corpi d’acqua e
quindi, di fatto, adattabilità alla sola irrigazione a pioggia.
89
Figura 70
90
2.4 ESERCIZI E COMPLEMENTI
a) INTERPRETAZIONE DELL’ANALISI CHIMICA DI UN’ACQUA PER GIUDICARE
L’OPPORTUNITÀ DELL’IMPIEGO IRRIGUO
L’acqua in esame abbia una conducibilità elettrica di 1140 mmho/cm e all’analisi chimica abbia
dato risultati nella Tab. 27
Tabella 27
Cationi
p.p.m.
Ca++
Mg++
Na+
K+
81,4
15,8
135,0
9,4
peso
atomico
40
24,4
23
39,1
Valenza
Peso-equivalente (g)
millieq./litro
2
2
1
1
20
12,2
23
39,1
4,07
1,30
5,87
0,24
Risulta:
Na% =
5,87 ⋅100
= 51%
4,07 + 1,30 + 5,87 + 0,24
Riportando sul diagramma di Fig. 33 in ascisse 1140 µmho/cm e in ordinate 51% risulta un’acqua
per l’irrigazione “da buona ad ammissibile”.
Il SAR risulta:
SAR =
5,87
4,07 + 1,30
=
2
5,87
= 3,6
2,68
Dalla Fig. 34 a fronte di una conducibilità alta, risulta un SAR basso.
b) PROBLEMI STATICI E IDRAULICI RELATIVI ALLE DIGHE IN TERRA PER LAGHETT1
COLLINARI
Secondo il regolamento sulle dighe (DPR del 1° novembre 1959 n. 1363) devono intendersi piccole
dighe quelle aventi altezza fino a 10 m e che danno origine a capacità d’invaso non superiori a
100.000 m2. La maggior parte delle opere di sbarramento dell’acqua, di regola in terra, che vengono
costruite per la creazione di laghetti collinari rientrano in tale categoria.
Si definisce altezza dello sbarramento (H) il dislivello fra la quota del piano di coronamento e
quella del piano più basso della superficie di fondazione (Fig. 71).
Si omettono le considerazioni di carattere geologico e geotecnico relative alla scelta della sezione
d’imposta ed alla costruzione della diga che sono materia del corso di Geologia applicata.
91
Figura 71
Le considerazioni sulla stabilità delle dighe in terra devono tenere conto degli aspetti idraulici
connessi al moto filtrante dell’acqua negli ammassi porosi e degli aspetti statici connessi alla
meccanica interna delle terre.
Un rilevato di terra presenta una certa permeabilità ed è quindi sede, quando sia destinato a sbarrare
l’acqua, di un deflusso filtrante di cui si deve tenere debitamente conto; il materiale terra impiegato
nella costruzione è privo di elasticità ma è in grado di sopportare azioni esterne in virtù della
coesione e dell’attrito fra le particelle terrose.
Linea di saturazione
Per il corpo della diga si deve individuare, in base alle caratteristiche della terra impiegata ed al
modo con cui questa viene posta in opera, la “linea di saturazione” che rappresenta la più alta linea
di flusso del moto filtrante. Al di sotto di tale linea la terra è satura e soggetta alla pressione
idrostatica.
Un metodo assai semplice anche se approssimato, per la ricerca della linea di saturazione in un
corpo di diga omogeneo è il seguente. Date le notazioni di Fig. 72 si segnano i punti C e B di cui il
primo e situato sul pelo libero al livello di massimo invaso a 0,3 b da A e il secondo sul paramento
a valle ad h/3 dal piano di fondazione. Si uniscono i due punti con una retta e poi la si raccorda a
sentimento con A:AB è la linea di saturazione.
Figura 72
La portata di filtrazione per metro di larghezza di diga è approssimativamente q = 0,5 K
h2
dove I è
I
la lunghezza media del percorso di filtrazione e Ks il coefficiente di permeabilità.
La costruzione della linea di saturazione mette in evidenza che da una porzione del paramento a
valle trapela l’acqua: questo è da evitare perché potrebbe compromettere la stabilità della diga. Per
mantenere quanto più possibile asciutta la parte di diga a valle (la più sollecitata da azioni
meccaniche), e quindi per deprimere la linea di saturazione, si può ricorrere alla creazione di un
92
nucleo centrale impermeabile (Fig. 73) oppure, dato che ragioni di economia fanno spesso preferire
la costruzione di un rilevato omogeneo, alla formazione di una platea drenante, alla base del corpo
diga. Le distanze y ed a (Fig. 72) si possono dedurre approssimativamente con le relazioni:
Y = h2 + d 2 − d ;
a=
y
2
Nel caso che il rilevato venga eseguito con un nucleo di materiale impermeabile (argilla) e due
contro nuclei di materiale molto permeabile (Fig. 73) la costruzione della linea di saturazione può
limitarsi al solo nucleo centrale.
Le formule e i procedimenti sopra esposti sono approssimati e basati su ipotesi non sempre
riscontrabili nella realtà, ma sono sufficienti e validi per i piccoli manufatti di cui si tratta.
Figura 73
Una particolare attenzione va posta alla permeabilità del terreno di fondazione su cui viene a
poggiare la diga: un’eccessiva velocità di infiltrazione potrebbe provocare la lenta asportazione del
materiale più fine e condurre al cosiddetto sifonamento che provoca, quasi sempre, la rovina della
diga. Per cautelarsi contro questo pericolo si usa costruire un taglione (Fig. 71), al di sotto del piano
di posa del rilevato, costituito da una trincea (spinta fino all’eventuale sottostante piano
impermeabile) riempita con materiale meno permeabile di quello in situ.
Calcoli statici
Il comportamento statico del rilevato è funzione delle caratteristiche fisiche delle terre impiegate,
caratteristiche da accertare preventivamente con apposite analisi di laboratorio con cui si
determinano la granulometria, la permeabilità, il peso specifico asciutto e saturo, la coesione,
l’angolo di attrito interno.
Tali caratteristiche ricavate per condizioni standard di compattazione e di umidità delle terre,
devono poi essere, evidentemente, realizzate con un’adeguata lavorazione in corso d’opera poiché,
sarebbe inutile svolgere calcoli e verifiche basate su ipotesi e su lavori corrispondenti a certe
condizioni di prova quando poi si realizzi un rilevato frettolosamente ammassato e costipato con
grado di’umidità inadeguato e che si discosti dalle caratteristiche di progetto assunte.
Le terre non devono essere messe in opera asciutte né con contenuto d’acqua elevato. In caso di
eccesso di umidità, durante la compattazione meccanica, l’acqua stessa entrerebbe in pressione
impedendo il miglior addensamento della terra, condizione questa indispensabile per ottenere alti
valori di resistenza e di impermeabilità.
Una miscela di terra, puramente ideale dovrebbe avvicinarsi alla seguente composizione: 20% di
argilla, 20% di limo, 20%di sabbia, 20% di ghiaia, 20% di ciottoli. Le argille e i limi conferiscono
prevalentemente l’impermeabilità, le sabbie e la ghiaia la stabilità.
Un giudizio globale sulle condizioni statiche può dedursi dal seguente procedimento approssimato.
93
Si supponga la diga divisa con un piano verticale MN in due parti, come indicato in Fig.74, da
esaminare separatamente e se ne consideri l’unità di spessore.
Figura 74
La parte a valle agisce come sostegno della parte a monte premuta dall’acqua. La forza si oppone
all’azione spingente della parte a monte è rappresentata dalla resistenza allo scorrimento della
sezione orizzontale di base NO. La linea di saturazione incontra quasi sempre la linea verticale MN
per cui una parte del nucleo di valle è saturo d’acqua . Il peso specifico del materiale al di sotto
della linea di saturazione è uguale a quello di galleggiamento γg=γa-γ ( con γ peso specifico
dell’acqua) mentre al di sopra della linea di saturazione è pari a quello del materiale asciutto γ. Con
media
ponderata , tenuto conto cioè delle varie porzioni bagnate e asciutte, si può assumere un peso
specifico medio γm per l’intero ammasso.
Chiamata Tv la spinta e supposto per sicurezza il livello dell’acqua alla quota del coronamento,
risulta:
Tv =
γ m H 2 tg 2  45 − ϕ 2 

2
 + γ hs
2
2
essendo φ l’angolo d’attrito interno della terra. Più precisamente si suppone che la terra si comporti
come un liquido di peso specifico ideale pari a γm tg2 (45- φ/2 ) agente contro la superficie MN. A
questa spinta deve aggiungersi quella idrostatica dovuta alla zona di altezza hs, che è in effetti
satura.
La resistenza allo scorrimento Rv che può opporre la superficie NO è dovuta all’attrito (pari al peso
Pv del materiale per il coefficiente di attrito tg (φ) e alla coesione (eguale al prodotto del
coefficiente di coesione e per l’area della superficie di appoggio Iv·1). In totale cioè:
Rv=Pv tg φ + cIv
Il rapporto Kv fra Rv e Tv che rappresenta il coefficiente di sicurezza medio della parte a valle della
diga, deve risultare normalmente pari o superiore a 1,4.
Per la parte di diga a monte di MN la situazione più pericolosa si presenterebbe in seguito ad un
rapido svuotamento del serbatoio: in tal caso verrebbe a mancare improvvisamente l’azione di
sostegno esercitata dall’acqua contro il paramento stesso ed il rilevato che, non avendo avuto tempo
di svuotarsi per filtrazione, resterebbe imbevuto d’acqua.
La spinta Tm esercitata dalla parte di diga a valle contro quella a monte è perciò data da :
94
Tm =
γ m H 2 tg 2  45 − ϕ 2 

2
 + γ hs
2
2
La resistenza Rm opposta dal corpo diga a monte è data da:
Rm=Pm tg φ + cIm
Dove Pm è il peso del rilevato.
Il coefficiente di sicurezza Km = Pm/Tm deve essere anch’esso pari superiore a1,4. Il calcolo
precedente deve essere riguardato come grossolano. Infatti si è supposto che le superfici di
scorrimento fossero orizzontali mentre esse sono in realtà sempre cilindriche a direttrice orizzontale
con concavità rivolta verso l’alto (su questa ipotesi si basano i metodi di calcolo di Fellenius, detto
anche metodo svedese, e quello di Courtney), inoltre le tensioni trasversali sono state supposte
uniformi su tutta la superficie di scorrimento mentre quelle reali non lo sono. Comunque il calcolo
svolto è sufficiente, nel caso di piccole dighe, per una valutazione globale di stabilità.
La scarpa minima che ordinariamente si assegna ai paramenti è di 2 su 1 per quello a monte e di 3
su 2 per quello a valle aumentabile, quest’ultima, con la creazione di banchine.
La larghezza del coronamento non deve mai scendere sotto i 3 metri.
Opere accessorie
Di notevole importanza sono alcune opere accessorie, indispensabili per il regolare funzionamento e
la sicurezza della diga.
In primo luogo si deve dotare la diga di un dispositivo di scarico che consenta il deflusso delle
portate in arrivo nel lago quando questo sia al livello di massimo invaso e che, in particolare
.permetta di convogliare la portata massima di piena e quindi garantisca dalla tracimazione il
rilevato di terra. Tale dispositivo chiamato sfioratore o scaricatore (Fig. 75) è costituito da una
bocca con soglia al livello del massimo invaso previsto, e da un canale, in genere a forte pendenza,
che deve convogliare l’acqua nuovamente al corso d’acqua a valle della diga.
Queste opere, normalmente in muratura, non di rado, nei piccoli invasi, sono realizzati con semplici
scavi al di fuori del corpo diga.
Particolare attenzione deve essere messa nella determinazione della portata massima che può
defluire dal bacino imbrifero sotteso dalla sezione di sbarramento.
Figura 75
Altri accessori sono lo scarico di fondo, per consentire lo svuotamento dell’invaso in caso di
necessità, l’opera di presa dell’acqua che può variare a seconda dell’uso cui è riservato l’invaso
stesso, ecc . Si usa spesso porre una scogliera frangionda a rivestimento della parte del paramento di
95
monte, a cavallo del livello di massimo invaso, per proteggere il paramento stesso dall’azione
erosiva dovuta al moto ondoso.
Anche il coronamento viene a volte consolidato con massicciatura.La scarpata arginale di valle deve
essere protetta dall’azione di ruscellamento delle acque piovane con copertura erbosa.
e) MODALITÀ COSTRUTTIVE DEI POZZI
I pozzi possono essere suddivisi in due categorie: pozzi ordinari (o “scavati”) e pozzi tubolari.
Il pozzo ordinario è costituito da uno scavo di sezione circolare, eseguito a mano, che viene spinto
verticalmente in basso fino a raggiungere la profondità voluta (di solito, almeno 3 metri al di sotto
del livello statico minimo di falda e comunque, di regola, non superiore a qualche decina di metri).
Il pozzo viene di regola rivestito con un manto in muratura. Il diametro interno è normalmente di 1
m o poco più, il rivestimento ha uno spessore di 10 - 20 cm. Nei punti dove si vuoi facilitare
l’ingresso dell’acqua si lasciano dei vani.
La costruzione del pozzo può essere fatta in due modi: mediante scavo e sottomurazione (pozzi
sottomurati) oppure con scavo e murazione dall’alto (pozzi affondati). Quando il terreno è
consistente, conviene procedere per sottomurazione. Si scava un tratto di pozzo della profondità di
circa 1,50 - 2 m, sul fondo dello scavo si dispone una corona circolare (rovatto) e sopra questa viene
eseguito il rivestimento fino alla bocca del pozzo. In seguito lo scavo viene proseguito per altri
1,50 -2 m, sostenendo la muratura al disopra mediante puntelli: si dispone sul fondo una seconda
corona, si costruisce il rivestimento del tratto compreso fra le due corone e così di seguito. Un altro
metodo talvolta più semplice del precedente, consiste nel procedere con lo scavo e la
sottomurazione “per settori”. Il rivestimento del pozzo viene spinto sotto il pelo dell’acqua fin sul
fondo; ovviamente bisogna provvedere mediante pompe all’aggottamento. In terreni poco
consistenti e per pozzi di maggiori dimensioni viene adottato il metodo di murazione dall’alto.
Eseguito il primo tratto di scavo si dispone la solita corona e sopra questa si costruisce il primo
tratto di manto fino a circa 1 m fuori terra; si dispone quindi nella parte superiore del rivestimento
una corona che viene collegata con la prima corona.
in modo da formare un tutto rigido. Si scava poi al di sotto della prima corona; il peso della
muratura provoca l’affondamento del manufatto. Per facilitare questo affondamento si può
intonacare la superficie esterna del rivestimento o appesantire il manufatto con pietre, blocchi di
ferro ecc. Si possono usare anche tubi di calcestruzzo prefabbricati che presentano un minore attrito
all’affondamento.
I pozzi tubolari vengono costruiti mediante affondamento nel terreno di tubi metallici. Il diametro è
sempre assai più piccolo di quello dei pozzi ordinari.
A seconda delle modalità di costruzione si distinguono pozzi battuti e pozzi Per i pozzi battuti
(diametro 5-6 cm; profondità max 30 m) si usano tubi di ferro della lunghezza di 2-3 m collegati tra
loro a vite (che, poi, costituiranno il rivestimento del pozzo). La parte inferiore è di acciaio, termina
a punta ed e provvista fino all’altezza di circa 1 m di piccoli fori (3-6 mm). L’infusione del tubo
avviene in un primo momento mediante avvitamento e in seguito mediante
percussione con martino a mano o a macchina. Un pozzo battuto può essere eseguito rapidamente,
con costi assai limitati (Fig. 76).
Quando il terreno è ricco di scheletro o lo strato acquifero da raggiungere è molto profondo non è
possibile la infissione di tubi mediante percussione; si ricorre allora ai pozzi trivellati che si possono
eseguire in qualunque terreno e spingere a profondità notevolissime.
Esistono comunque vari tipi di trivelle, a rotazione e a percussione, adatti per differenti tipi di
terreni e differenti profondità. La Fig. 77 mostra una trivella a rotazione per diametri fino a 30 cm e
profondità, in condizioni favorevoli, fino a 30 m. Per profondità superiori e terreni difficili
bisognerà ricorrere a sonde a percussione.
96
Figura 76
Figura 77
Per pozzi non eccessivamente profondi si monta un castello di legno munito di puleggia, nella gola
della quale scorre la fune di manovra, che da un capo viene avvolta sull’asse di un verricello e
dall’altro sostiene gli apparecchi di sonda. Se si presume che il pozzo debba avere una profondità
notevole, si adoperano con vantaggio macchine speciali, aventi un castello per l’attacco delle
pulegge e per la guida della fune che porta la sonda e munite di bilanciere che trasmette il
movimento alternativo alla sonda. Prima di iniziare la trivellazione viene collocato, perfettamente a
piombo, un tubo di direziono; si versa dell’acqua nel tubo e si comincia il lavoro facendo fare alla
sonda 30–50 colpi al minuto, secondo il diametro del foro e la natura del terreno. La sonda è
formata da scalpelli (lunghezza 1-2 m) in ferro con la parte inferiore (per circa un terzo) in acciaio
(Fig. 78). Gli scalpelli vengono avvitati ad una o più aste maestre (ciascuna di lunghezza fino a 15
m) attaccate, per mezzo di un pezzo speciale (snodo), al cavo di sonda. Dopo un periodo di lavoro
più o meno lungo, il foro deve essere ripulito per mezzo di una curetta. Generalmente la curetta
consiste in un cilindro, aperto dalla parte superiore e munito di valvola nella parte inferiore, dentro
il quale scorre uno stantuffo. Il moto alternativo dello stantuffo genera una depressione nel cilindro
e vi pompa insieme all’acqua e detriti di frantumazione.
97
Figura 78
Oltre al sistema a corda, sopra descritto, sono in uso i sistemi a asta rigida e ad asta cava, con
circolazione d’acqua (sistema Fauvelle). Con quest’ultimo metodo si evita l’interruzione del lavoro
in corrispondenza delle introduzioni della curetta: l’asportazione dei detriti di lavorazione viene
fatta iniettando nelle aste cave un getto d’acqua a forte pressione, che battendo contro il fondo del
foro e risalendo alla bocca, trascina con sé i detriti.
Ultimato il foro, nel caso di esito favorevole e quando già non sia stata fatta nel corso del lavoro, si
procede alla posa dei tubi. I tubi possono essere di ferro, di acciaio, di ghisa, di fibro-cemento, ecc..
L’estrazione dell’acqua dal pozzo si fa con pompe di tipo diverso a seconda della profondità: per
profondità fino a 5-6 m si usano pompe centrifughe aspiranti ad asse orizzontale, poste all’esterno
del pozzo. Nei gruppi ad asse verticale o “a linea d’asse” il motore è all’esterno e la pompa è
immersa; la necessità di un rigoroso allineamento dell’asse di trasmissione limita la profondità
d’impiego a una cinquantina di metri. Infine, per le “pompe sommerse”, (ossia con pompa e motore
immersi) non esistono praticamente limiti teorici di profondità.
d) PROGETTO DI UNA CONDOTTA A GRAVITÀ
Si consideri un acquedotto a solo servizio di estremità. I dati sono i seguenti: lunghezza L = 5 km;
carico disponibile ∆ = 120 m; carico residuo R = 20 m; portata Q = 60 l/min; tubi metallici. trovare
il diametro.
Figura 79
98
La perdita di carico vale:
Y = ∆ – R = 120 - 20= 100 m
Fissato un diametro di tentativo D’ = 40 mm = 0,04 m, si ha (coefficiente raddoppiato)
0,000042 
4,2 

−5 
K1 =  0,00164 +
 = 538 ⋅10 −5
 = 2 ⋅10 164 +
'
0
,
04
D




D' ' = 5
K1 Q 2 L 5 538 ⋅10 −5 ⋅ 0,0012 ⋅ 5000 5
=
= 27 ⋅10 −8 = 0,049 m
Y
100
Il primo tentativo è fallito perché D” ≠ D’. Tuttavia il calcolo fatto ci dà un’importante indicazione:
infatti il diametro necessario è senz’altro compreso 0,04 e 0,049 m, ossia è senz’altro compreso fra i
due diametri commerciali da 40 e da 50 mm )alla stessa conclusione si poteva arrivare
immediatamente tramite la Tab. 24)
Il problema può essere risolto ricorrendo a una condotta a due diametri: un tratto avrà diametro
D1 = 0,04 m, avrà diametro D2 = 0,05. Ora si tratta soltanto di trovare la lunghezza L1 del tratto a
diametro D1 e la lunghezza L2 del tratto a diametro D2. Le equazioni a disposizione sono:
 y1 L1 + y2 L2 = 100

 L1 + L2 = 5000
y1 L1 + y2 (5000 − L1 ) = 100
L1 =
100 − 5000 y2 100 − 5000 ⋅ 0,01589
20,55
=
=
≈ 560 m
y1 − y2
0,0526 − 0,1589
0,03671
L2 = 5000 − L1 = 4440 m
e) PROGETTO DI UNA CONDOTTA CON SOLLEVAMENTO
Si consideri l’acquedotto di Fig. 80. Sono assegnati: L = 500 m, H = 50 m, Q = 0,005 m3/s. Si
determini il diametro della condotta, nonché la potenza e la prevalenza della pompa.
Figura 80
99
Supponendo di usare tubi metallici, la formula di Bresse fornisce
D = 1,15 Q = 1,15 0,005 = 0,0805 = 80,5 mm
Assumiamo senz’altro il diametro commerciale D = 80 mm. La perdita di carico è data da:
0,000042  0,0052
Q2

Y = K 5 L = 2  0,00164 +
⋅ 500 = 2 ⋅ 0,002165 ⋅ 7,6 ⋅ 500 = 16,5 m

D
0,08  0,085

La prevalenza della pompa è allora
H + Y = 50 + 16,5 = 66,5 m
La potenza della pompa è data dalla formula
P=
1000 Q (H + Y )
η
Ipotizzando un rendimento η = 0,6 si ottiene:
P=
1000 ⋅ 0,005 ⋅ 66,5
= 550 W = 5,5 KW
0,6
f) PERDITE DI CARICO IN UNA CONDOTTA AD ANELLO
Con l’anello di figura si alimentano, uno alla volta, con una portata di 20 l/s, i quattro idranti
1,2,3,4. Sapendo che l’anello è costituito da un tubo da 100 mm e che gli idranti si trovano alla
stessa quota del nodo 0 in cui esiste una pressione di 5 Kg/cm2, si calcolino le pressioni nei punti di
erogazione 1,2,3,4 (tubi metallici usati, coefficiente K raddoppiato). Si calcolino poi le pressioni
agli idranti supponendo di eliminare il ramo 2 – 3.
Figura 81
PUNTI 1 e 4
Si consideri l’erogazione dal punto 1. L’acqua perviene a 1 da 0 direttamente e attraverso il
percorso 04321. Le perdite di carico in senso orario e antiorario devono essere eguali.
100
K
Q12
Q22
=
L
K
L2
1
D5
D5
Q12 L1 = Q22 L2 ;
Q1 = Q2 11
Q12 = Q22
550
50
(1)
Poiché
Q1 + Q2 = Q = 0,02 m3/s; Q2 = 0,02 –Q1
Sostituendo nella (1)
Q1 = 11 ⋅ (0,02 − Q1 );
Q1 =
(
)
Q1 1 + 11 = 0,02 11
0,02 11
= 0,0154 m3/s
1 + 11
Q2 = Q − Q1 = 0,02 − 0,0154 = 0,0046 m3/s
Q12
Y1 = K 5 L = 4,80 m
D
per verifica:
Y2 = K
Q22
= 4,88 m
D5 L
Arrotondati i risultati precedenti a 5 m, la pressione di erogazione in 1 e 4 risulta 4,5 Kg/cm2.
PUNTI 2 e 3
Q12 L1 = Q22 L2 ;
Q1 = Q2
Q1 =
7
;
5
0,02 7 5
1+ 7 5
Q12 ⋅ 250 = Q22 ⋅ 350
Q2 = 9,02 − Q1
= 0,0108 m3/s
Q2 = Q – Q1 = 9,92 –0,0108 = 0,0092 m3/s
Y1 = K
Q12
L1 = 12,01 m
D5
101
Y2 = K
Q12
L2 = 12,20 m
D5
Arrotondati i risultati precedenti a 12 m, la pressione di erogazione nei punti 2 e 3 di 3,8 kg/cm2.
Eliminando il tratto 2 –3, si ha (dalla Tab. 24)
PUNTI 1 e 4
PUNTI 2 e 3
Y = 185,1 @ 0,05 = 9,25 m
Y = 185,1 @ 0,25 = 46,3 m
le pressioni risultano rispettivamente (arrotondando) di 4,1 e 0,4 kg/cm2.
g) PROGETTO DI UNA CONDOTTA AD ANELLO
Data la condotta ad anello fi Fig. 82, che deve alimentare uno alla volta con 20 l/s i quattro idranti
A, B, C, F trovare il diametro (costante) che consente di avere nei punti di erogazione alimeno il
carico in 0.
Figura 82
Idrante A
Indicato con l’indice 1 il ramo a sinistra
Q12 = Q22
L2
900
= Q22
= 9 Q22
L1
100
Q1 = 3 Q2
Q1 = 15 l/s; Q2 = 5 l/s
Della Tab. 24 con 15 l/s un D = 125 mm dà 3,32 m/km e quindi la perdita di carico su 900 m è
minore di 5 m (con D = 100 mm; y = 10,32 m/km).
Con D = 125 mm il carico in F sarà certamente superiore a quello in 0 (perdita di carico ammessa
6 m).
Idrante B
Indicato sempre con l’indice 1 il ramo a sinistra
Q12 = Q22
L2
400 2 2
= Q22
= Q2
L1
600 3
102
2
;
3
Q1 = Q2
20 − Q2 = Q2
Q2 =
Q1 = 20 − Q2
2
3
20
20
=
= 1,11 l/s
1 + 2 3 1,81
Dalla Tab. 24 con 15 l/s e un D = 125 mm si ha y = 29,92 m/Km e su 600 m circa Y = 18 m. Poiché
la massima perdita di carico ammessa è di 20,5 m, il D = 125 mm va senz’altro bene per ottenere in
B un carico almeno eguale a quello in =. Se D = 125 mm, va bene per B, a maggior ragione va bene
per C (perdita di carico ammessa 21 m). L’anello può essere interamente costruito col diametro da
125 mm.
h) VALUTAZIONE DELLA PORTATA DI UN CANALE ASSEGNATO
Si consideri un canale in terra in mediocri condizioni di manutenzione (γ = 1,3). Fra due sezioni,
distanti 400 m, è stato misurato un dislivello di fondo di 30 cm e la pendenza p stata verificata
costante. La sezione bagnata è trapezia con pendenza delle sponde 2 : 3, altezza 1,5 m e larghezza al
fondo 0,5 m (Fig. 83).
Calcolare la portata convogliarle.
Figura 83
Ω=
0,5 + (0,5 + 2 ⋅ 2,25)
⋅1,5 = 4,125 m2
2
C = 0,5 + 2 ⋅ 2,252 + 1,52 = 0,5 + 5,4 = 5,9 m
R = 4,125 / 5,9 = 0,7 m
B=
I=
87
1+ γ
=
R
87
1
,
1+ 3
=
0,7
87
= 34
2,55
0,3
= 7,5 ⋅10 −4 = 0,075%
400
103
V = B ⋅ RI = 0,7 ⋅ 7,5 ⋅10 −4 = 34 ⋅10 −2 ⋅ 5,25 = 0,78 m/s
Q = 4,125 @ 0,78 = 3,2 m3/s
i) PENDENZA DA ASSEGNARE A UNA CANALETTA PERCHE’ CONVOGLI UNA
PORTATA ASSEGNATA
Assegnata una canaletta in calcestruzzo (γ = 0,16), di sezione semicircolare (raggio 25 cm),
determinare la pendenza sulla quale deve essere montata pechè convogli una portata di 200 l/s.
Soluzione
Ω=
π r2
2
=
3,14 ⋅ 252
= 980 cm2
2
C = π r = 3,14 ⋅ 25 = 78,5 cm
R=
Ω 980
=
= 12,5 cm
C 78,5
V =
Q 200
=
= 29,41 dm/s
Ω 9,8
I=
V2
(
R +γ
87 2 R 2
)
2
(
20,4 2 0,125 + 0,16
=
87 2 ⋅ 0,1252
)
2
2,04 2 ⋅ 0,26
=
= 0,0053 = 5,3 ‰
118,27
l) PROGETTO DI UN CANALE
Dimensionare la sezione di un canale in muratura che debba condurre
una portata di 1 m3/s con una pendenza dell’1‰.
La conoscenza del tipo di canale (in muratura) consente di scegliere:
-
la forma della sezione: rettangolare
il coefficiente di scabrezza ( pietrame ordinario non profilato): g = 0,85.
Per il proporzionamento della sezione ci si riferisca senz’altro alla sezione di minima resistenza
(base doppia dell’altezza ).
Si procede, come è noto, per tentativi:
Si fissa un valore di V a piacere, ad es.: V1 = 1 m/s
Ω1 =
Q 1
= = 1 m2
V1 1
104
Indicata con a la base del rettangolo, si avrà
Ω1 = a1
a1 a12
= ; a1 = 2Ω1 = 2 = 1,41 m
2
2
C1 = a1 + 2
B1 =
a1
= 2a1 = 2,82 m
2
R1 =
Ω1
1
=
= 0,35 m
C1 2,82
87
87
87
=
=
= 35,7
0,85
0,85 2,44
1+
1+
0,59
0,35
V2 = B1 R1 I = 35,7
0,35
= 0,67 m/s
1.000
Il primo tentativo è fallito; infatti è considerevole la differenza fra il valore di tentativo V1 = 1 m/s e
il valore calcolato V2= 0,67 m/s.
Si deve iterare il procedimento scegliendo un valore di tentativo intermedio fra V1 e V2, più vicino a
V2. Si scelga V3 = 0,75 m/s:
Ω1 =
Q
1
=
= 1,33 m2
V3 0,75
a3 = 2 ⋅1,33 = 1,63;
R3 =
B3 =
C3 = 2a3 = 3,26 m
1,33
= 0,41 m
3,26
87
87
87
=
=
= 37,4
0,85
0,85 2,33
1+
1+
0,64
0,41
V4 = 37,4
0,41
= 37,4 ⋅ 0,02024 = 0,76 m/s
1.000
Essendo dunque V3 ≈ V4 , il dimensionamento da adottare è : base 1,63 m, altezza 0,815 m (più
naturalmente, un certo franco ), da arrotondare convenientemente.
105
m) PERDITE D’ACQUA DAI CANALI
Le perdite d’acqua dai canali sono essenzialmente dovute all’evaporazione e all’infiltrazione. Le
perdite per evaporazione, a differenza di quanto avviene negli invasi, sono generalmente
trascurabili30.
Invece, in assenza di rivestimenti, le perdite per infiltrazione possono essere ingenti. Esse
dipendono dalla natura dell’alveo e del terreno contermine, dal contorno bagnato, dal tirante e dai
livelli della falda.
Le valutazioni presentano sempre ampi margini di incertezza.
Una formula abbastanza accreditata è quella di Davis e Wilson
Q p = 0,45K
CL 3 T
4 ⋅106 + 365 V
(Qp = portata perduta, in m3/s; C = contorno bagnato, in m; L= lunghezza del canale, in m; T =
tirante d’acqua, in m; V= velocità media in m/s). Il valore del coefficiente K si ricava dalla tabella
seguente:
rivestimento in calcestruzzo
rivestimento bituminoso di piccolo spessore
terreno argilloso
terreno limoso-argilloso
terreno limoso-sabbioso
terreno sabbioso
terreno sabbioso ghiaioso
1
5
12
15
30
40
70
In ogni caso le perdite possono essere misurate disponendo di due misuratori di portata (ad es. due
stramazzi) in testa ed alla fine del canale oppure sbarrando il canale agli estremi,sommergendolo e
misurando i tempi di prosciugamento.
n) VALUTAZIONE APPROSSIMATA DI UNA CURVA DI RIGURGITO
Quando si costruisce uno sbarramento su un corso d’acqua può avere interesse conoscere come si
ripercuote a monte l’innalzamento del pelo libero. In altri terminisi tratta di disegnare il cosiddetto
profilo di rigurgito. Il problema, impostato rigorosamente, presenta qualche difficoltà. Qui di
seguito viene illustrato un procedimento approssimato (valevole per piccole pendenze) che, d’altra
parte, fornisce valori in eccesso, cioè a vantaggio della sicurezza.
Con riferimento alla Fig. 84, sia tga = I la pendenza dell’alveo, BF il pelo libero ( parallelo al
fondo) che si avrebbe in assenza della traversa, DA l’altezza della lama stramazzante.
Numerose osservazioni consentono di affermare che il rigurgito non si sente oltre il punto F,
intersezione fra il pelo libero (in assenza di traversa) e l’orizzontale per E (DE = DB). Il profilo di
rigurgito approssimato si ottiene costruendo la parabola passante per D e per F, tangente in questi
punti, alla DG e alla BF rispettivamente. Indicati con Z0 il segmento BD e con Z il dislivello
variabile fra i profili DF e BF, con i procedimenti della geometria analitica si trova:
30
Ad esempio in un canale lungo 10 Km con larghezza dello specchio liquido di 10 m e portata di 15 m3/s dal quale
evaporasse, in un giorno d’estate, una (eccezionale) altezza d’acqua di 20 mm si avrebbe una perdita pari a a circa
l’1,5% del totale volume condotto.
106
2
(
Ix − 2 Z 0 )
Z=
4Z 0
Come è evidente, risulta Z = 0 per
x = xmax =
2Z 0
I
Si consideri, ad esempio, un corso d’acqua con sezione assimilabile a un trapezio (Fig. 85)
pendenza I = 0,005 e coefficiente di scabrezza γ = 2,3.
La portata per la quale si vuol disegnare il profilo di rigurgito, determinato da uno sbarramento alto
2 m, vale Q = m3/s.
Applicando le note formule, si ottiene
BC = 1,06 m
DA = 3
Q2
100
=3
= 3 1,275 = 1,09 m
2 2
µ 5 2g
0,16 ⋅ 25 ⋅19,6
Figura 84
Figura 85
Z 0 = AC − BC + AD = 2 − 1,06 + 1,09 = 2,03 m
xmax =
2Z 0
4,06
=
= 812 m
I
0,005
107
Con l’espressione
2
(
0,005 x − 2 ⋅ 2,03)
Z=
4 ⋅ 2,03
Si è costruita la Tab. 28, con la quale è possibile costruire per punti il profilo di rigurgito.
Tabella 28
x (m)
Z (m)
x
Z
0
2,03
300
0,81
20
1,93
400
0,52
40
1,83
500
0,30
60
1,74
600
0,10
80
1,65
700
0,04
100
1,56
800
0
200
1,15
812
0
o) MODULO MILANESE
Nella distribuzione dell’acqua irrigua si pone spesso il problema di derivare da un canale a portata
variabile una portata il più possibile costante. Allo scopo può servire il classico modulo milanese o
“edificio magistrale milanese”, ideato da Soldati alla fine del ‘500 per il Naviglio Grande e usato
diffusamente negli impianti padani fino al XIX secolo. Esso consta di una bocca in parete sottile
che mette in comunicazione il canale adduttore con un serbatoio (denominato “tromba”) il quale, a
sua volta, comunica, tramite una bocca in parete sottile, con il canale ricevente. La prima bocca è
munita di saracinesca (v. lo schema di Fig. 86).
Raggiunta la permanenza del moto, le portate attraverso le due bocche devono essere identiche,
cioè, con i simboli di figura 86 ( supposti uguali ai coefficienti di efflusso):
µΩ 2 g (h − h1 ) = µΩ1 2 gh1
Ω 2 (h − h1 ) = Ω12 h1;
h1 = h
Ω 2 h = Ω 2 h1 + Ω12 h1
Ω2
Ω 2 + Ω12
Figura 86
Allora, se nel canale adduttore si ha una variazione di livello ∆h, nel serbatoio si ha una variazione
Ah1 data da:
108
∆h1 = ∆h
Ω2
= ∆h
Ω 2 + Ω12
1
Ω12
1+ 2
Ω
Ad esempio, se:
Ω1
= 2;
Ω
∆h1 =
∆h
;
5
Ω1 1
= ;
Ω 2
∆h1 =
4∆h
;
5
Ω1
= 1;
Ω
∆h1 =
Ω1 1
= ;
Ω 4
∆h
2
∆h1 =
16∆h
ecc.
17
In sostanza quanto maggiore Ω rispetto a Ω1, tanto maggiore è l’azione attenuatrice del modulo;
infatti diminuisce la differenza fra le sopraelevazioni del pelo nel canale adduttore e nel serbatoio,
cioè h- h1 varia di poco e di poco varia quindi la portata attraverso Ω.
Corrispondentemente se Ω1 è piccola anche a sua variazione di portata, in conseguenza
dell’innalzamento ∆h1 è piccola.
Ad ogni modo si consideri ora un esempio numerico, ponendo a confronto una bocca libera e una
bocca con regolatore. La portata si Q = 80 l/s = 0,08 m3/s. Con le dimensioni indicate in Fig. 87 il
carico della bocca libera è fornito da:
Q = µΩ 2 gH
H=
Q2
0,082
=
= 0,24 m
µ 2 Ω 2 2 g 0,622 ⋅ 0,06 2 ⋅ 2 ⋅ 9,8
Il carico h1 sulla bocca del regolatore è dato da:
Q = µΩ1 2gh1
h1 =
Q2
0,082
=
= 2,13 m
µ 2Ω12 2 g 0,62 2 ⋅ 0,02 2 ⋅ 2 ⋅ 9,8
Infine:
h = h1 + H = 2,13 + 0,24 = 2,37 m
Si supponga ora che il livello del canale adduttore si innalzi di 10 cm. Nel caso della bocca libera la
portata diventa:
Q* = µΩ 2 g (H + 0,10 ) = 0,62 ⋅ 0,06 2 ⋅ 9,8 ⋅ 0,34 = 0,096 m3/s
Con una variazione di portata di 0,016 m3/s pari al 20%.
Invece, nel caso della bocca con regolatore, si ha
109
∆h1 = ∆h
1
1
= 0,10
= 0,09 m
2
Ω1
0,022
1+
1+ 2
Ω
0,062
Quindi la portata uscente del regolatore è:
Q * * = µΩ1 2 g (h1 + 0,09 ) = 0,0818 m3/s
con una variazione di portata di soli 0,0018 m3/s pari al 2,2%.
Con il modulo milanese, le cui dimensioni erano esattamente codificate, si riteneva di poter derivare
portate definite e costanti, multiple della cosiddetta “oncia magistrale milanese”, definita come il
volume d’acqua al secondo “che sorte da una bocca modulare larga once 3 milanesi (1 oncia
milanese = 5 cm), alta once 4, grossa once 3 e col battente di once 2”. Aumentando la larghezza
della luce modulare si arrivò a costruire “edifici” derivanti fino a 8 once (larghezza di 24 once). Di
fatto il modulo milanese da un’oncia derivava un valore di portata variabile da 35 l/s fino a 41,5 l/s
con battente all’incile variabile da 0 a 0,5 m.
Figura 87
p) MODULO DI RIBERA
Da un modulo di Ribera si vuole ottenere una portata costante Q = 60 l/s con un carico variabile da
0,4 m a 1 m. Assegnato D = 30cm, disegnare la sezione meridiana della campana.
Figura 88
110
Indicato con d il diametro (variabile) della campana, si può scrivere:
 π D2 µ d 2 
 2 gH
−
Q = µ 
4 
 4
da cui, risolvendo rispetto a d:
Q=µ
µ
π D2
π d2
4
4
2 gH −
2 gH = µπ
d 2 = D2 −
π d2
4
2 gH
D2
2 gH
4
4Q
;
µπ 2 gH
d = D2 −
4Q
µπ 2 gH
Sostituendo µ = 0,6, si ottiene:
d = D2 −
4Q
0,46Q
= D2 −
H
0,6 ⋅ 3,14 19,6 H
Nel nostro caso è: D = 0,3 m, Q = 0,06 m3/s
d = 0,32 −
0,46 ⋅ 0,06
0,0276
2,76
= 0,09 −
= 0,1 9 −
H
H
H
Impiegando questa formula è statacostruita la Teb. 29 con la quale è possibile disegnare la sezione
meridiana della campana.
Tabella 29
H (m)
d (cm)
0,4
21,5
0,45
22,1
0,5
22,6
0,55
23
0,6
23,3
0,65
23,6
0,70
23,9
0,75
24,1
0,80
24,3
0,85
24,5
0,90
24,7
0,95
24,8
1
24,9
q) CALCOLO DELLA PORTATA DI DERIVAZIONE PER UN COMPRENSORIO A
POLICOLTURA (consegna periodica o continua)
Siano da irrigare 6.500 ha, ripartiti fra le colture indicate in Tab. 30. La dose è costante e pari a 800
m3/ha, il numero degli interventi irrigui è indicato nella stessa tabella. La consegna è continua o
perdiodica 24 ore su 24.
111
Tabella 30
COLTURE
Cereali
Cotone
Mais
Sarchiate
Alfa alfa
Ortive
Ciliegi, Cotogni
Meli, Peri
SUPERFICIE
(ha)
N° adacquatura
Mar.
1
1
1
4
-
1.500
1.000
500
1.000
1.200
800
250
250
Apr.
1
2
2
1
4
-
Mag.
1
2
1
2
2
4
-
Giu.
2
2
2
2
4
1
1
Lug.
2
2
2
2
4
1
1
Ago.
2
2
2
2
4
1
1
Set.
2
1
2
2
4
1
1
Ott.
2
1
2
4
1
Si calcolino i volumi da derivare per i vari mesi
Tabella 31
COLTURE
Cereali
Cotone
Mais
Sarchiate
Alfa alfa
Ortive
Ciliegi
Meli
VOLUME
TOTALE
Mar.
1.200
800
960
2.560
-
Apr.
1.200
1.600
1.600
960
2.560
-
Volume Mensili (x 1000 m3)
Mag.
Giu.
Lug.
Ago.
1.200
1.600 1.600 1.600 1.600
400
800
800
800
1.600 1.600 1.600 1.600
1.920 1.920 1.920 1.920
2.560 2.560 2.560 2.560
200
200
200
200
200
200
Set.
1.600
400
1.600
1.920
2.560
200
200
Ott.
1.600
800
1.920
2.560
200
5520
7.920
9.280
8480
7.080
8880
8880
8880
Volume mensile massimo in maggio 9.280.000 m3 cui corrisponde una portata continua per il
comprensorio
9.280.000
= 3,56 m3/s
86.400 ⋅ 30
r) CONSEGNA PERIODICA CON TURNO E DOSE COSTANTI
Per i cinque utenti indicati nello schema di Fig. 89 si organizzi una consegna periodica 24 ore su 24
sapendo che nel terziario viene immesso con continuità un corpo d’acqua di 40 l/s, che il turno è di
10 giorni e che la dose è costante.
112
Figura 89
orario per un ettaro =
turno
10 ⋅ 24
=
= 4 h 48’
sup erficie
50
Il quadro risulta:
Tabella 32
Utente
D
E
C
A
B
Superf.
(ha)
13
20
6
4
7
Orario
x 1 ha x 1 utente
4h 48’ 62 h 24’
4h 48’ 96 h 00’
4h 48’ 28 h 48’
4h 48’ 19 h 12’
4h 48’ 14 h 24’
Inizio
Fine
LUN. 0 h
MER. 14 h 24’
DOM 14 h 24’
LUN 19 h 12’
MAR 14 h 24’
MER. 14 h 24’
DOM 14 h 24’
LUN 19 h 12’
MAR 14 h 24’
MER 24 h
Paratoie
chiuse
1,3,5,7
1,3,5,8
1,3,6
1,4
2
Paratoie aperte
10,2,4,6,8,9
10,2,4,6,7
10,2,4,5
10,2,3
10,1
Paratoie aperte
o chiuse
9
7,8,9
5,6,7,8,9
3,4,5,6,7,8,9
s) CONSEGNA PERIODICA CON TURNO E DOSE VARIABILI
Con riferimento al distretto di Figura 90 servito da un corpo d’acqua di 40 l/s per 20 ore su 24 (dalle
4 alle 24), si organizzi una consegna periodica con i rurni e le dosi indicati nella 2° e nella 3°
colonna della Tab. 33.
Tabella 33
COLTURA
Orto
Agrumeto
Medicaio
Erbaio
Meloneto
Carciofaia
Vigneto A
Vigneto B
Oliveto
Turno
(gg)
6
9
15
9
9
9
9
15
15
Dose
(m3 ha)
400
400
700
600
300
450
450
700
700
Orario per un ettaro
(ore e min)
2 h 48’
2h 48’
4 h 51’
4 h 09’
2 h 05’
3 h 07’
3 h 07’
4 h 51’
4 h 51’
Orario per un ettaro
(arrotondato)
3h
3h
5h
4 h 20’
2 h 15’
3 h 20’
3 h 20’
5h
5h
113
Figura 90
114
I vari utenti con la specificazione delle superfici, delle colture, delle parcelle e delle bocchette sono
indicati nelle prime 5 colonne della Tab. 34
-
Si calcolano gli orari per le varie colture (dose/ modulo): 4° colonna Tab. 33 (gli
arrotondamenti tengono conto dei tempi necessari per la manovra delle paratoie, per
il riempimento dei canali ecc.).
Si calcolano gli orari per le varie aziende: 6° colonna Tab. 34.
Si imposta un possibile quadro orario (Tab. 35) per un certo mese (ad esempio
Luglio): prima e dopo questo mese le cose si ripetono identicamente; per i mesi
estremi della campagna irrigatoria si potrà studiare una riduzione dei turni e/o dosi
con riduzione delle ore dedicate giornalmente all’irrigazione o con un frazionamento
del modulo.
Col nostro quadro orario si avrà un’utilizzazione del modulo per 605 h 40’ con un volume derivato
di 87.215 m3 a fronte di una possibile utilizzazione di 20 @ 31 = 620 ore con un volume derivabile
di 89.280 m3
la competenza continua vale
per l’intero distretto pari a
-
87.215.000
= 42,5 l/s
31⋅ 87.400
32,5
= 0,66 l/s ha
49,05
I turni previsti non vengono rigorosamente rispettati nei seguenti casi:
UTENTI 7,12,21 (Medicaio) con turni alterni di 12 e 19 (o 18) giorni anziché il turno fisso di 15gg.
UTENTE 27 (Oliveto) idem.
115
Tabella 34
N° Utente
Coltura
Superficie da N° parcelle N° bocchette
Orario
irrig.* (ha)
ore e min.
1
Orto
1,00
191
2-4-6
3,00
2
Orto
0,80
192
7-9-11
2,20
3
Agrumeto
1,50
36-37
10-12-38
4,30
4
Orto
1,40
110
8
4,20
5
Agrumeto
1,50
30
32-35-37
4,30
6
Orto
0,70
142
33
2,10
7
Medicaio
1,00
141
34-36
5,00
8
Orto
2,00
69
39-41-43
6,00
9
Orto
0,50
48
44
1,30
10
Orto
1,50
118-119
40-42-45-46
4,30
11
Orto
1,90
65
14-17-19
5,40
12
Medicaio
2,00
19-193
1-3-5
10,00
13
Orto
0,95
3-23
16-18
2,50
14
Orto
1,00
24-25
13-15
3,00
15
Agrumeto
2,00
1
20-22-24
6,00
16
Meloneto
1,80
26-28-30
4,00
17
Carciofaia
2,70
181
21-23-25
9,15
18
Agrumeto
3,00
27-29-31
9,00
19
Agrumeto
1,80
183
48-50-52
5,20
20
Agrumeto
1,00
185
47-49
3,00
21
Medicaio
1,00
185
51-53-55
5,00
22
Erbaio
2,70
83-169-82
59-60-61
11,40
23
Vigneto A
3,00
71
64-66-68-69
10,00
24
Vigneto A
3,00
187
71-73-75-77
10,00
25
Oliveto
2,00
2-38
78-80
10,00
26
Vigneto B
3,00
39-40-45
70-72-74-76
15,00
27
Oliveto
2,00
50-117
63-65-67
10,00
28
Vigneto B
1,00
187
79-81
5,00
29
Orto
1,30
81
62
4,00
(*) La superficie da irrigare non corrisponde necessariamente all’intera superficie
delle parcelle.
116
Tabella 35
gg
m
1
3
2
1
2
3
11
10
20,20
23,20
4
6,20
18,00
21,00
21,00
23,20
6,20
10,40
4
8,20
4
8,30
13
12
10,40
12,50
17
16
9
11
14
8,20
10,30
4
6,10
10,30
16,30
16,30
18,00
6,10
12,10
12,10
13,40
13,50
18,20
18,20
24
4
6,50
6,50
9,50
16,50
21,10
10,50
15,10
4
8,30
8,30
11
21,10
23,20
15,10
17,20
4
10
10
11,30
17,20
23,20
4
5,30
4
8,30
8,30
14,10
21,10
24
4
7
18,10
21
21
24
14,10
17
17
20
17
23
4
8
13
19
19
23
13
22,15
4
13
18,40
24
4
7
4
13,15
13,15
22,15
15,40
21
21
24
14
19
4
9,20
9,20
12,0
18,40
24
4
7
12,20
214
7
18,40
4
9
7
18,40
22
5,30
8,30
8,30
10,50
8
12,30
12,30
18,10
4
13,15
13,15
22,15
21
11,30
14,30
14,30
16,50
4
15,40
14
24
4
14
23
24
4
14
14
24
14
24
4
14
14
24
25
4
14
9
24
26
4
19
4
14
27
14
24
4
9
28
19
24
15,30
19,30
29
19
18
1/4
19
20/60
20
20
31
30
14
24
13
22,15
4
13
20
29
28
11
15,30
15,30
21,10
4
10
10
14
19
27
26
9
14
8,30
14,30
14,30
18,30
18
25
24
12,30
17
9,40
12,30
12,30
15,30
13
23
22
8
12,30
4
14
12
21
20
19
23,20
19,30
24
4
9,40
10
17
19
18
13,40
16,40
16,40
19
19
24
12,50
18,50
18,50
20,20
8
Ore
15
14
18,30
23
7
16
9
8
14
18,30
6
15
7
6
18,30
23
4
5
5
4
20
9,50
13,50
20
20
19
20/60
19
18
1/4
20
7
11
20
20
19
20/60
20
20
20
5
8
19
18
1/4
19
20/60
20
20
20
20
24
20
20
19
20/60
19
18
1/4
20
20
t) CONFRONTO FRA LA 1° E LA 2° FORMULA DI CLEMENT
Si consideri una rete che serve n = 21 utenti per una superficie compessiva di 36 ha. La competenza
continua sia q = 0,56 l/s ha,il modulo m = 5 l/s, il rendimento di utilizzazione r = 16/24 = 0,0667. Si
calcoli la portata da immettere nella rete con la prima (probabilità di funzionamento F = 99%) e con
la seconda (ingombro di chiamata P = 1%) formula di Clément.
1° Formula
per F = 99% risulta U = 2,324. Pertanto
Q=
qA 
m r 1  0,56 ⋅ 36 
5 ⋅ 0,667 1 
1 + U
=
1 + 2,324
−
−  = 30,2 (1 + 2,324 ⋅ 0,343) = 54,3
r 
qA n 
0,667 
0,56 ⋅ 36 21 
l/s
2° Formula
U '= P
qA r m 1
0,56 ⋅ 36
− = 0,01 ⋅
⋅ 0,343 = 0,020
r m qA n
5 ⋅ 0,667
dal grafico di Fig. 70 risulta U = 2,45 quindi
Q = 30,2 (1 + 2,45 @ 0,343) = 55,6 l/s
u) CONFRONTO FRA CONSEGNA CONTINUA, PERIODICA E A DOMANDA
Si consideri un comprensorio di 1.000 ha dove si vuol praticare un’irrigazione con le seguenti
caratteristiche:
-
Competenza continua
Corpo d’acqua
Numero delle prese
q = 0,75 l/s ha
m = 8 l/s
n = 1.000 (una presa per ettaro)
Si calcoli la portata delle condotte che servono 1.000, 100, 20, 5, 2 ha nei casi di:
-
Consegna continua.
Consegna periodica 24 ore su 24.
Consegna a domanda con F = 95% e r = 0,667
Consegna continua
La portata di ciascuna condotta si ottiene semplicemente moltiplicando la competenza continua per
l’area servita. I risultati sono riportati nella seconda colonna della Tab. 36.
118
Consegna periodica
La portata è ancora data dal prodotto qA; occorre però arrotondare per eccesso a un numero intero
di moduli. I risultati sono riportati nell’ultima colonna di Tab. 36.
Tabella 36
Condotta
1
2
3
4
5
A
(ha)
1.000
100
20
5
2
Portata c.cont.
(l/s)
7500
75
15
3,75
1,5
N° moduli
(Aq/m)
93,7
9,4
1,87
0,47
0,19
N° moduli
effetttivo
94
10
2
1
1
Portata c.periodica
(l/s)
752
80
16
8
8
Consegna a domanda
Si tratta di applicare la 1° formula di Clément. Per la condotta 1 si ha, ad esempio:
Q=
qA 
rm 1 
750 
8 ⋅ 0,667 1 
1 + U
1 + 1,645
=
−  =
⋅


r 
qA n  0,667 
750 1.000 
= 1.125 (1 + 0,1645 @ 0,78) = 1.125 @ 1,128 = 1.270 l/s
Nella Tab. 37 sono compendiati e messi a confronto i risultati per i vari tipi di consegna
Tabella 37
Condotta
1
2
3
4
5
Portata
Portata
Portata
c.continua c.periodica
c.domanda
(l/s)
(l/s)
(calcolata) (l/s)
750
752
1.270
75
80
158
15
16
43
3,75
8
15,85
1,5
8
8,7
N° corpi
d’acqua
159
20
6
2
2
Portata effettiva
c.domanda
(l/s)
1.272
160
48
16
16
Maggiorazione
portata rispetto alla
c.periodica
69%
100%
200%
100%
100%
v) REGOLAMENTO-TIPO PER UNA CONSEGNA PERIODICA (COMPRENSOR1 IRRIGUI
DELL’ENTE PER LO SVILUPPO DELL’IRRIGAZIONE E LA TRASFORMAZIONE
FONDIARIA IN PUGLIA E IN BASIFICATA)
Art. 1
La distribuzione dell’acqua nel comprensorio viene praticata normalmente dal 1° aprile al 31
ottobre.
Art. 2
La consegna dell’acqua all’utente viene effettuata in turni di gg. 3-6-9-12 e 18 mediante il corpo
dell’acqua stabilito per ciascun distretto. In ciascun turno il corpo d’acqua di consegna misurato al
rispettivo modulatore verrà messo a disposizione di ciascun utente per la durata dell’orano
sottoscritto, consegnandolo alla bocchetta indicata nella richiesta dell’acqua.
Art. 3
Per soddisfare particolari esigenze colturali, a richiesta degli interessati, l’Ente a suo insindacabile
giudizio, potrà disporre che l’acqua sia consegnata ad uno o più utenti in turno diverso da quelli
vigenti per il comprensorio, applicando, in relazione al turno ed al periodo, il corrispondente
contributo.
119
Art. 4
L’Ente ha facoltà insindacabile di variare il turno, il corpo d’acqua e la durata giornaliera
dell’esercizio irriguo, dandone comunicazione agli utenti.
Art. 5
La richiesta dell’acqua deve essere sottoscritta dal proprietario o dal conduttore dei terreni
(affittuario, usufruttuario, enfiteuta, ecc.). Con la sottoscrizione della richiesta d’acqua, l’utente
assume l’obbligo di non arrecare qualsiasi nocumento al regolare stato di funzionamento della rete
irrigua e manufatti connessi, ubicata nei terreni ai quali, la sottoscrizione si riferisce. L’acqua
sottoscritta ed assegnata, se non utilizzata in tutto o in parte per fatto non imputabile all’Ente, deve
essere dall’utente pagata all’Ente per la quantità sottoscritta.
Art. 6
L’importo del contributo deve essere corrisposto all’amministrazione dell’Ente per un terzo all’atto
della sottoscrizione ed il saldo entro e non oltre il 1 ° luglio successivo. In caso di rinnovo tacito del
presente contratto il contributo degli anni successivi potrà essere riscosso in sei rate bimestrali a
mezzo degli esattori comunali.
Art. 7
Qualora si verificassero casi di insolvenza l’Ente ha facoltà di sospendere l’erogazione dell’acqua
imputando a carico dell’utente moroso oltre il canone d’irrigazione dovuto, gli interessi del 7 annuo,
a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del pagamento delle spese.
Art. 8
I terreni appartenenti ad un medesimo conduttore, ma che costituiscono separati corpi, vanno
considerati agli effetti della richiesta e distribuzione, come se appartenenti a distinti conduttori.
Art. 9
È vietata la cessione anche parziale dell’uso dell’acqua assegnata.
Tutte le acque residue e le colature provenienti dall’impianto che si raccolgono nel comprensorio
irriguo spettano sempre ed esclusivamente all’Ente.
Art. 10
È in facoltà dell’Ente di sospendere le consegne di acqua, salvo ogni altra azione legale, a quegli
utenti nei cui terreni si dovessero riscontrare prelievi abusivi d’acqua, immissione nella rete di corpi
estranei ovvero qualunque manomissione od alterazione della rete irrigua, relative fasce laterali di
rispetto, paratoie ed ogni altro manufatto dell’impianto.
Art. 11
Ciascun proprietario è tenuto ad eseguire nei propri terreni i canali colatori necessari allo
smaltimento delle acque esuberanti. La cura e l’onere per la costruzione e la manutenzione di detti
colatori sono a carico del proprietario.
Art. 12
I proprietari sono tenuti a dare passaggio attraverso i propri terreni ai canali d’irrigazione e colatori
occorrenti alle altre proprietà del comprensorio irriguo salvo la corresponsione, da parte di queste,
di giusta indennità.
Art. 13
120
L’Ente può ridurre o sospendere la distribuzione dell’acqua, in una parte del comprensorio, quando,
a suo giudizio insindacabile, le esigenze funzionali lo rendano necessario.
Gli utenti non avranno diritto ad indennizzo.
Art. 14
Gli utenti non hanno diritto ad indennizzo per i disperdimenti che si dovessero verificare a valle dei
misuratori.
Art. 15
Le manovre di apertura e chiusura delle bocchette sui canali sono eseguite, a cura dell’Ente, a
mezzo di acquaioli.
Art. 16
Nessun utente può ostacolare l’acquaiolo durante il disimpegno del suo mandato e ciò anche quando
fosse ritenuto in colpa. L’utente può solo reclamare alla direziono generale dell’Ente.
Art. 17
Qualunque reclamo non esime l’utente dalla adempienza dei suoi obblighi.
Art. 18
Per la custodia e la tutela delle opere irrigue di interesse collettivo e di quelle comunque in uso
dell’Ente sono applicabili le vigenti disposizioni di polizia in materia di opere idrauliche e di
bonifica.
Art. 19
Il personale dell’Ente, adibito alla sorveglianza e custodia delle opere, è autorizzato ad elevare
verbale di contravvenzione alle norme in materia di polizia idraulica, ai sensi dell’articolo 70 del
R.D. 13 febbraio 1933 n. 215.
z) REGOLAMENTO-TIPO PER UNA CONSEGNA A DOMANDA (“ASSOCIATIONS
SYNDACALES” DI AIX EN PROVENCE)
Art. 1
La stagione irrigua è compresa nel periodo 15 marzo - 15 ottobre; tuttavia per soddisfare le
necessità delle colture, il Consorzio può anticipare o ritardare l’inizio o la fine della stagione
irrigua, o accordare delle distribuzioni di acqua fuori di detto periodo, nella misura in cui vi sarà
autorizzato dal contratto che lo lega al concessionario.
Art. 2
In detto periodo le acque di irrigazione sono fornite a domanda alle prese munite di contatori, di cui
dispone ogni “irrigante”, senza limiti di durata salvo casi di insufficienza d’acqua previsti
dall’art. 8.
Art. 3
Le persone aderenti al Consorzio sono “irriganti” di diritto.
Art. 4
Inoltre i conduttori o affittuari dei proprietari non aderenti, esclusi i proprietari stessi, possono
chiedere al Consorzio la distribuzione dell’acqua sia per una durata di cinque anni, rinnovabile per
tacita riconferma, sia per la durata del loro contratto di affitto.
121
Questi irriganti non aderenti sono denominati utenti. Per quanto concerne gli utenti di acqua di
irrigazione, le domande devono essere presentate ogni anno prima del 1° novembre, presso la sede
del Consorzio, indicando la superficie e i dati catastali del fondo che si desidera irrigare. Il
Consorzio decide sull’ammissione della richiesta prima del 1° febbraio successivo, ed assegna una
presa al servizio di detto utente. Le decisioni del Consorzio concernenti la ammissione od il rifiuto
di queste domande sono inappellabili. La ammissione può essere revocata ogni anno. In ogni caso,
l’utente non potrà essere ammesso che sotto la cauzione solidale di due mèmbri del Consorzio.
Art. 5
Le persone che hanno in uso terreni che sono stati oggetto di una sottoscrizione (affittuari,
mezzadri, ecc.) godono degli stessi diritti di acqua del proprietario. Tuttavia il proprietario aderente
rimane responsabile della totalità dei canoni dovuti per l’utilizzazione dell’acqua dei suoi terreni.
Art. 6
Ad ogni titolare di diritto dell’acqua saranno assegnati uno o più idranti con indicazione delle
particelle o delle frazioni delle particelle servite da ogni idrante. Un apposito elenco sarà
predisposto al momento della entrata in
servizio di ogni rete; tale elenco indicherà per ogni idrante:
1.
2.
3.
4.
le particelle o frazioni di particelle servite;
l’identità del o dei proprietari aderenti, relativi alle particelle servite;
l’identità del conduttore autorizzato ad utilizzare l’idrante;
l’identità dell’eventuale utente non aderente.
Il Consorzio si riserva di aprire una sola presa per “settore” di terreni contigui coltivati da uno
stesso conduttore anche nel caso in cui le differenti particelle costituenti il “settore” appartengano a
differenti proprietari.
L’elenco sarà aggiornato ogni anno tenendo conto:
1) delle variazioni catastali,
2) dei cambiamenti di conduttori,
3) delle modifiche che potessero essere apportate alla ripartizione delle prese sulla rete.
I proprietari aderenti sono tenuti a notificare l’identità del conduttore di ogni particella sottoscritta
ed a segnalare, prima del 1° gennaio di ogni anno, le modificazioni avvenute l’anno precedente.
Art. 7
La portata degli idranti sarà limitata secondo le superfici servite o gli abbonamenti sottoscritti. Si
disporrà a questo fine di 10 tipi di idranti.
Essi potranno essere equipaggiati in maniera differente:
Tipo 10: idrante che distribuisce uno o più abbonamenti di acqua per uso domestico;
Tipo 0: che serve una superficie compresa fra 1.500 e 2.999 m2 inclusi;
Tipo 1: che serve una superficie compresa fra 3.000 e 3.999 m2 inclusi;
Tipo 2: che serve una superficie compresa fra 4.000 e 5.999 m2 inclusi;
Tipo 3: che serve una superficie compresa fra 6.000 e 9.999 m2 inclusi;
Tipo 4: che serve una superficie compresa fra 10.000 e 14.999 m2 inclusi;
Tipo 5: che serve una superficie compresa fra 15.000 e 19.999 m2 inclusi;
Tipo 6: che serve una superficie compresa fra 20.000 e 29.999 m2 inclusi;
Tipo 7: che serve una superficie compresa fra 30.000 e 39.999 m2 inclusi;
Tipo 8: ‘ che serve una superficie di 40.000 m2 ed oltre.
122
Le superfici inferiori a 1.500 m2 non potranno essere oggetto di distribuzione di acqua di
irrigazione; potranno, invece, essere fornite di acqua per uso domestico anche se non vi sono case di
abitazione (tipo 10).
Art. 8
Nel caso di insufficienza di acqua o di caduta di pressione nella rete, il Consorzio si riserva di
imporre un turno assegnando ad ogni presa (dal tipo 0 al tipo 8) una durata di irrigazione uguale,
per periodi di 10 giorni.
Art. 9
I casi di forza maggiore liberano il Consorzio da ogni responsabilità. Le interruzioni dovute a
manutenzione della rete saranno in tutte le misure del possibile segnalate agli utenti a mezzo
stampa.
Art. 10
Le diramazioni particolari saranno a carico dell’aderente ad eccezione dell’allacciamento al canale
principale che sarà realizzato dal Consorzio. Esse saranno realizzate da una impresa fiduciaria del
Consorzio o direttamente dal personale del Consorzio.
Art. 11
L’ ammontare dei canoni è riferito ad un parametro A il cui valore è fissato ogni anno nel corso del
mese di gennaio dal Consiglio dei Sindaci.
Art. 12
I canoni sono costituiti da una prima quota fissa in relazione al tipo di idrante.
Art. 13
Essi comportano inoltre una tassa proporzionale al consumo di acqua secondo 5 distinte tariffe.
Art. 14
Il consumo annuale sarà determinato in base a rilievi effettuati durante un periodo compreso tra il
15 ottobre e il 15 dicembre.
Ogni utente pagherà per ogni idrante un contributo annuo complementare uguale alla tassa fissa, per
idrante, oltre alle tasse di cui fosse debitore in qualità di aderente o di avente diritto di un aderente.
Art. 15
I ruoli di irrigazione saranno stabiliti dal Consorzio nel corso del mese di gennaio e messi
immediatamente in riscossione.
Tre mesi dopo la messa in riscossione le somme dovute saranno maggiorate da una penale del 10%.
Essi comprendono la quota fissa dell’anno a cui si riferiscono e la tassa di consumo dell’anno
precedente. Il ruolo sarà intestato a nome del conduttore, ma in tutti i casi l’aderente (proprietario o
garante) resterà responsabile per il pagamento del conduttore o utente.
Art. 16
La rete, compresi gli idranti, le spese, i contatori e tutti gli accessori messi in opera dal Consorzio,
appartengono a quest’ultimo. Gli aderenti al Consorzio sono personalmente responsabili delle
installazioni poste sui loro terreni e sono corresponsabili delle installazioni intermedie. Devono
astenersi dal portare qualsiasi modifica a dette installazioni. Gli irriganti sono tenuti, a richiesta del
Consorzio, ad eseguire i lavori necessari per proteggere gli idranti e le prese contro gli urti e contro
le gelate.
123
Ogni eventuale danno delle installazioni ed ogni irregolarità dei contatori devono essere
immediatamente segnalati al Consorzio dall’irrigante che è responsabile delle installazioni.
Art. 17
E’ espressamente proibito deviare le acque, in qualsiasi modo, alterare in modo fraudolento i
contatori, utilizzare l’acqua di irrigazione per bisogni diversi dall’irrigazione delle colture e/o fuori
la stagione irrigua.
Ogni infrazione al regolamento sarà punita con sanzioni amministrative indipendentemente da
procedimenti civili o penali.
Inoltre, i danni dovuti a cattiva sorveglianza, il mancato pagamento dei canoni entro l’anno
successivo alla messa in riscossione del ruolo, o recidive concernenti le altre infrazioni, potranno
comportare, a giudizio del Consorzio, chiusura temporanea o definitiva dell’idrante.
I tentativi di infrazione saranno puniti come le infrazioni stesse.
124
PARTE TERZA
3. TECNICA IRRIGUA
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
3.7
3.8
3.9
Generalità. Irrigazione per sommersione
Irrigazione per scorrimento
Irrigazione per infiltrazione laterale
Irrigazione a pioggia
Meccanizzazione dell’irrigazione a pioggia
Irrigazione localizzata
Subirrigazione
Irrigazioni improprie
Esercitazioni e complementi
125
GENERALITÀ. IRRIGAZIONE PER SOMMERSIONE.
a) GENERALITÀ SUI METODI IRRIGUI
In questa parte saranno esaminati i sei principali metodi irrigui: sommersione, scorrimento,
irrigazione da solchi, aspersione, irrigazione localizzata, subirrigazione. Questi metodi sono
sufficientemente caratterizzati e possono essere trattati separatamente; tuttavia i confini sono spesso
non ben definiti ed esistono metodi intermedi che difficilmente si possono inserire in uno di quelli
principali (ad es. l’irrigazione per corrugazione è una forma mista fra sommersione ed infiltrazione
laterale e così via). Certamente si può fare una distinzione molto importante fra irrigazioni “di
superficie” e “non di superficie”. Nelle prime, che comprendono sommersione, scorrimento e
infiltrazione da solchi, nella fase iniziale della distribuzione alla parcella l’acqua scorre sulla
superficie del suolo; nelle seconde, che comprendono gli altri tre metodi, l’acqua viene condotta
intubata agli irrigatori, ai gocciolatori, ai subadacquatori ecc. Nelle irrigazioni di superficie i
parametri della distribuzioni (corpo d’acqua, dose, orario, ecc.) sono fortemente condizionati dalle
caratteristiche del terreno. Gli altri metodi, invece, non presentano tali condizionamenti, almeno in
misura così decisa, e sono pertanto più versatili.
La diffusione in Italia dei vari metodi irrigui risulta dai seguenti dati (purtroppo abbastanza
vecchi: 1970):
Tabella 38
METODO IRRIGUO
Scorrimento, Infiltrazione laterale
Sommersione
Aspersione
Altri metodi e forme miste
ITALIA
46,7
5,4
24,0
23,9
Nord
48,8
2,6
21,3
27,3
Centro
25,8
0,5
54,3
19,4
Sud
57,1
2,8
24,0
16,1
Isole
34,0
40,8
9,8
15,4
Queste percentuali si sono certamente spostate a vantaggio dell’irrigazione a pioggia. La
subirrigazione e l’irrigazione localizzata non hanno ancora, almeno in Italia, un peso apprezzabile
anche se la seconda va diffondendosi con una certa rapidità. A livello mondiale si può dire che i
metodi di superficie, quasi esclusivi nei paesi in via di sviluppo, superano
abbondantemente il 90% del totale.
b) IRRIGAZIONE PER SOMMERSIONE A SCOMPARTI.
Il metodo consiste nel ricoprire tutta la superficie del suolo con uno strato idrico di modesta altezza
(5 - 20 cm), in modo che l’acqua soggiorni fino a infiltrazione completa (si fanno, tuttavia, anche
irrigazioni per sommersione con scolo e rinnovo continui oppure degli svuotamenti - “asciutte”
nelle risaie -). A tal fine il terreno viene diviso, mediante arginelli in terra, in “scomparti” o “bacini”
che devono essere necessariamente orizzontali. Il metodo si applica quindi con vantaggio in terreni
che siano già orizzontali, o dotati di pendenze minime o comunque privi di sensibili irregolarità
superficiali; in caso contrario la sistemazione può essere inopportuna in terreni poco profondi e, in
ogni caso,eccessivamente costosa31. Gli scomparti, di forma quadrata e più spesso rettangolare,
presentano aree estremamente variabili, da qualche m2 (irrigazione ad aiole) a qualche ettaro.
L’area è determinata dal modulo e dalla velocità di infiltrazione secondo la relazione
31
Per quanto riguarda i piani di sistemazione e le macchine necessarie si rimanda senz’auro ai
corsi di Topografia e di Meccanica agraria.
126
m > Ki A
ove la disuguaglianza” è giustificata dal fatto che, anche prescindendo dall’evaporazione, una parte
di acqua non deve inizialmente infiltrare per immagazzinarsi nello scomparto e dall’ulteriore
circostanza che una portata maggiore provoca un ricoprimento più rapido della parcella,
consentendo una maggiore uniformità di distribuzione (di solito si ritiene accettabile la cosiddetta
“regola del quarto”, ossia che il tempo necessario per ricoprire totalmente lo scomparto non superi
1/4 del “tempo di contatto” minimo acqua-terreno).
Al di là dei calcoli che verranno fatti in sede di esercitazioni e comunque della necessità di una
sperimentazione “sul posto” può servire da guida la Tab. 39, dove vengono “suggerite” le aree
massime degli scomparti (in ha) per sommersioni temporanee.
Tabella 39
m (l/s)
15
30
60
90
120
SUOLO
Sabbioso
0,01
0,02
0,04
0,06
0,08
Franco Sabbioso
0,03
0,06
0,12
0,18
0,24
Franco Argilloso
0,06
0,12
0,24
0,36
0,48
Argilloso
0,15
0,3
0,6
0,9
1,2
L’ampiezza delle parcelle irrigue può essere anche limitata dalla pendenza del terreno, sia perché si
cerca di contenere il dislivello fra gli scomparti entro un massimo di 20-30 cm (per evitare problemi
di infiltrazione fra uno scomparto e l’altro e problemi di erosione), sia per limitare scavi troppo
profondi e costosi, che possono, fra l’altro, mettere a nudo sottosuoli non adatti alle colture.
Si è già detto che gli scomparti hanno di regola forma rettangolare, la più vantaggiosa per la
meccanizzazione e perché consente, disponendo i canali adacquatori e i dreni lungo i lati corti, di
ridurre lo sviluppo delle reti irrigua e di drenaggio. Tuttavia la forma rettangolare è possibile
soltanto quando il terreno sia piatto o regolarmente pendente. In terreni ondulati è necessario
disporre i lati lunghi su linee di livello, cosicché ne risultano parcelle di forma irregolare; tale
variante è tuttavia molto diffusa in tutto il sud asiatico.
Poiché, come si è accennato, i tiranti d’acqua variano, a seconda delle dosi somministrate, da 5 a 20
cm, l’altezza degli arginelli di delimitazione degli scomparti ammonta di solito a 15 - 30 cm, quindi
con un piccolo franco che tuttavia deve essere un po’ aumentato per parcelle di grosse dimensioni,
in zone ventose, per far fronte al moto ondoso. Per evitare l’infiltrazione da uno scomparto all’altro
è di solito sufficiente una larghezza degli arginelli alla base di 0,6-1,2 m. Nelle risaie, dove la
sistemazione di solito ha carattere permanente, si costituiscono arginelli di maggiori dimensioni
(Fig. 91). Nelle aziende meccanizzate, gli arginelli assumono spesso la forma di Fig. 92 e per la loro
formazione si possono utilizzare telai ad “A” come quello rappresentato in Fig. 93.
Figura 91
127
Figura 92
L’alimentazione degli scomparti viene fatta con tubi che sottopassano gli arginelli o con sifoncini
che li scavalcano o, semplicemente, per moduli non elevati, aprendo varchi negli arginelli da
rinchiudere con terra o con piccole paratoie infisse nel terreno.
L’alimentazione può essere fatta “in cascata” (l’acqua passa da uno scomparto al successivo)
oppure “indipendentemente” (ciascuno scomparto viene alimentato da un proprio adacquatore).
D’ordinario deve essere scelta la distribuzione indipendente perché quella in cascata comporta una
disuniformità a vantaggio degli scomparti “a monte”. Soltanto nel caso di sommersioni prolungate,
come nelle riaie, viene adottata la distribuzione in cascata perché le disuniformità diventano
irrilevanti. E’ anzi una pratica comune nelle risaie sommerse immettere all’inizio della cascata la
piccola portata continua necessaria per supplire alle perdite per infiltrazione ed evapotraspirazione.
Si può inoltre controllare che tale portata sia sufficiente verificando che sussista sempre una piccola
quantità di drenaggio a fine cascata.
Quando, come nelle risaie, si debbano fare delle “asciutte” o, semplicemente, per far fronte a piogge
intense fuori campagna irrigatoria, gli scomparti possono essere muniti di affossature poco
profonde, ad esempio secondo lo schema di Fig. 94.
Figura 94
L’irrigazione per scomparti, ben progettata e ben condotta in condizioni appropriate, potrebbe
raggiungere efficienze elevate. In pratica ciò di solito non si verifica, per una serie di motivi.
128
Innanzi tutto il metodo presuppone forti dosi, mai inferiori a 600-700 m3/ha. Dosi più piccole,
infatti, condurrebbero necessariamente a scarsa uniformità di distribuzione perché è impensabile
ottenere un’orizzontalità perfetta della superficie della parcella. Pertanto, quando ci sia necessità di
piccole dosi, o perché il terreno è sabbioso o perché la pianta ha scarse necessità idriche per ragioni
climatiche o per il suo ridotto sviluppo, la sommersione risulta in sicure perdite per percolazione.
Se poi il terreno è mal sistemato, l’uniformità e l’efficienza peggiorano ancora, senza contare che si
rischia, nello stesso scompaio, di avere piante sottoposte ad eccesso idrico e piante non
sufficientemente rifornite . A titolo di esempio, se uno scomparto lungo 100 m , invece di essere
orizzontale, fosse assimilabile ad un piano inclinato con una pendenza dell’1% questo solo fatto
condurrebbe ad una perdita di efficienza del 33% per una dose di 100 mm e del 66 % per una dose
di 50 mm.
Altre cause di scarsa uniformità, e quindi di ridotta efficienza, riguardano l’inadeguatezza del
modulo che porta a non rispettare nemmeno la regola del quarto, nonché le variazioni di velocità di
infiltrazione che possono intervenire da una zona all’altra di uno stesso scomparto.
Per tutti questi motivi nell’irrigazione a scomparti l’efficienza alla parcella scende spesso al di sotto
del 50%. A questo si accompagnano talora altri inconvenienti: alcuni terreni subiscono un
peggioramento della struttura e una diminuzione di permeabilità oppure un’eccessiva disareazione;
alcune piante vanno soggette a marciumi radicali o del colletto; danni possono aversi anche alla
fauna “utile” del suolo. Idraulicamente negativi sono gli elevati valori del corpo d’acqua e della
dose; in certi ambienti si sono anche riscontrati pericolosi innalzamenti delle falde freatiche.
D’altro canto il metodo presenta anche indiscutibili vantaggi: scarso impiego di mano d’opera,
effetto riscaldante o comunque di volano termico (risaie), eliminazione di animali nocivi, eccellente
dilavamento dei sali, deacidificazione dei terreni (baragge piemontesi, brughiere lombarde).
Di fatto, la sommersione è un metodo largamente impiegato per il riso, i prati, gli erbai, il mais, il
sorgo, il frumento, il cotone, la canna da zucchero, l’arachide, i fruttiferi ecc. In Italia è
relativamente meno diffusa, essendo per lo più riservata alle risaie e ai prati.
c) IRRIGAZIONE AD AIOLE
Per irrigazione “ad aiole” o “a rasole” si intende semplicemente un’irrigazione per sommersione a
scomparti molto piccoli, da qualche m2 a un centinaio. In Italia è talora usata per le colture arboree
(“giardini” siciliani); in altri ambienti, come ad esempio nelle oasi del Nord Africa, è invece molto
diffusa, oltre che per le arboree, anche per le ortive e le foraggiere.
Le aiole consentono ovviamente di ridurre fortemente i moduli e, in qualche misura, le dosi32
rendendo possibile la sommersione anche di suoli sabbiosi.
La sistemazione del terreno è meno impegnativa e può essere eseguita anche manualmente. Per
contro, molto elevato risulta l’impiego di mano d’opera per l’esercizio irriguo.
Per colture che non tollerano neppure brevi sommersioni esiste un tipo di irrigazione, ancora
definito “ad aiole”, che tuttavia non è una sommersione. Le aiole, invece di essere circondate da
arginelli e sommerse, vengono circondate
da solchi, relativamente ampi, e solo quest’ultimi vengono sommersi. Si tratta, insomma, di una
vera e propria irrigazione per infiltrazione laterale.
L’irrigazione a conche, specifica delle colture arboree, è invece da considerare un metodo di
transizione fra la sommersione e l’infiltrazione laterale. Essa verrà trattata al punto III. 3.
32
Infatti si possono ridurre i tempi di contatto, pur rispettando facilmente la regola del quarto. In più le differenze di
quota all’interno di una aiuola possono essere facilmente rese in pratica nulle.
129
d) IRRIGAZIONE PER ESPANSIONE DI ACQUE DI PIENA
Si tratta della cosiddetta irrigazione per sommersione “non controllata”, ottenuta, spesso senza
alcun intervento umano, attraverso l’esondazione di un fiume sui terreni contermini. L’esempio più
famoso è quello della valle del Nilo dove, in passato, l’irrigazione avveniva per naturale
esondazione su ampie casse di espansione (anche parecchie migliaia di ettari) durante le piene del
fiume, ricorrenti sistematicamente da metà agosto a metà ottobre. Altri esempi riguardano la
cosiddetta irrigazione Sailab in India (Gange), l’irrigazione della Pampas argentine (Paranà), dei
Descek somali (Giuba), della valle del Niger ecc. Si tratta, in ogni caso, di fiumi con bacino di
formazione in zona monsonica, che vanno in piena in corrispondenza della stagione delle piogge e
quindi in un ben definito periodo dell’anno. Anche per la notevole ampiezza dei bacini imbriferi tali
piene non hanno alcun aspetto parossistico e si prolungano notevolmente nel tempo, tanto è vero
che si parla più propriamente di periodi di “acque alte”.
Un tale regime idrografico consente di sommergere a lungo e in periodi ben determinati vaste aree
di terreni vicini che si trovano al di sotto dei livelli di piena. Poiché il terreno non è sistemato, si
avranno anche zone sommerse con tiranti elevati, dell’ordine dei metri; l’irrigazione avviene quindi
su un terreno nudo; la semina avverrà subito dopo il ritiro delle acque, alla fine del periodo di piena,
e le piante avranno a disposizione l’acqua immagazzinata in ampi strati
di terreno. Ovviamente non si fanno altri interventi irrigui e la coltura, a parte le riserve del terreno,
si configura per il resto del ciclo vegetativo come “pluviale”.
In molte situazioni (in Egitto fin dal periodo faraonico) si sono messi in atto provvedimenti per
regolare in qualche modo le esondazioni naturali:
-
arginature del fiume e immissione delle acque da prese munite di paratoie che
consentono la regolazione delle portate entranti nella cassa di espansione;
sommarie canalizzazioni per condurre l’acqua più rapidamente anche nelle zone più
lontane dalla presa;
arginature per delimitare la cassa;
una sommaria canalizzazione di drenaggio e un canale di fuga per consentire un
ritiro delle acque più rapido e regolare.
Provvedimenti di questo tipo, che consentono di regolare nel tempo le altezze d’acqua nelle casse,
hanno consentito l’irrigazione su colture in atto, come il caso del “riz flottant” nella valle del Niger.
130
3.2 IRRIGAZIONE PER SCORRIMENTO
a) GENERALITÀ - IRRIGAZIONE A SPIANATA
Con questo metodo l’acqua viene immessa su una superficie inclinata in modo che vi si spanda
scorrendo in lama più o meno spessa. Adatto per le colture di pieno campo indicate per gli
scomparti, il metodo è abbastanza versatile, adottabile nella maggior parte dei terreni, anche con
pendenze relativamente elevate (fino al 20% nella variante “a fossatelli orizzontali”). Il metodo però
richiede corpi d’acqua elevati, piante resistenti ai marciumi radicali e del colletto, terreno e piante
resistenti all’azione dell’acqua fluente e molta mano d’opera piuttosto specializzata. L’efficienza,
sia per le dosi elevate, sia per la disuniforme distribuzione, è spesso modesta.
La variante più classica è la “spianata” (Fig. 95), costituita da parcelle rettangolari disposte lungo la
massima pendenza e prive di pendenza trasversale.
Figura 95
L’acqua riempie un canale adacquatore che costruito col ciglio a valle orizzontale, consente un
uniforme sversamento. Più spesso, però, l’introduzione dell’acqua avviene attraverso una serie di
bocchette o di sifoncini, con immissione tanto più uniforme quanto maggiore è il loro numero.
Talora, per avere un più regolare spandimento sulla larghezza della spianata, il primo tratto, di
qualche metro, viene sistemato orizzontalmente.
L’acqua .comunque, entra nella parcella, scorre verso il basso e via via si infiltra nel terreno; degli
arginelli longitudinali le impediscono di espandersi lateralmente.
Si debbono, di solito, adottare pendenze comprese fra lo 0,1 e l’1,5% per i terreni sabbiosi e fra lo
0,1 e il 3% per i terreni argillosi. Il limite inferiore consente ancora una buona operatività del
metodo, nonché un sufficiente drenaggio anche fuori campagna irrigatoria; il limite superiore
traduce la necessità di evitare erosioni.
L’area della parcella irrigua A = B · L, il corpo d’acqua m e la velocità di infiltrazione Ki Sono
legati dalla relazione (si prescinde dalle variazioni di V, nel tempo):
m = KiA
Quando questa è soddisfatta, l’acqua viene totalmente assorbita dal terreno e la portata nel fosso di
scolo è nulla. Se A < m/Ki, l’infiltrazione è insufficiente ad assorbire tutta l’acqua immessa e una
parte di questa si riversa nella scolina. Se infine l’area della parcella supera il rapporto m/K, il corpo
d’acqua viene assorbito da una parte del terreno e la porzione inferiore non viene bagnata.
131
Il più delle volte, nella pratica, si adottano moduli maggiori di KiA, da una parte per ridurre gli orari,
dall’altra per aumentare, come si vedrà, l’uniformità di distribuzione.
Tuttavia, quando si possano fare scorrimenti prolungati, con tempi di contatto elevati rispetto al
tempo impiegato dalla lama d’acqua a percorrere l’intera spianata (tempo di avanzamento), la
relazione m = KiA può essere rispettata e la teoria di Crevat, che qui di seguito viene esposta, può
servire al reperimento delle dimensioni B e L.
b) TEORIA DI CREVAT
Ci si riferisce allo schema a “regime” di Fig.96, dove L è la lunghezza in pianta della spianata, i è la
pendenza del terreno ≡ alla pendenza della lama d’acqua. Se vale la relazione m = KiA, la lama
d’acqua, spessa H all’inizio, riduce il suo spessore a 0 alla fine della parcella.
Figura 96
La velocità dell’acqua dipende dalla pendenza, dallo spessore della lama e dalla scabrezza della
superficie sulla quale avviene lo scorrimento. Crevat propose una formula strutturalmente simile a
quella di Chézy:
V = nh i
con n = 20 per un prato appena falciato, n = 10 per un prato “poussé” n = 5 per un prato in pieno
sviluppo. Con i costante, V risulta proporzionale ad h
V = αh con α = n i
Figura 97
Si isoli un elemento di lama come in Fig. 97. In permanenza di moto, la portata entrante
nell’elemento deve essere uguale a quella uscente. Si ha:
- portata che entra dalla faccia ABDC: h · 1 · V
132
-
portata che esce dalla faccia A’B’D’C’: (h + dh) · 1 · (V +dV)
portata che si infiltra dalla faccia ADD’A’: Vi · 1 · dx
Quindi:
hV = (h + dh) (V + dV) + Kidx
hV = hV + Vdh + hdV + dh dV + Kidx
Semplificando e eliminando l’infinitesimo di ordine superiore:
Vdh + hdV + Kidx = 0
Poiché V = αh e dV = αdh; si ha:
αh dh + hαdh + Kidx = 0
2αh dh = - Kidx
e integrando:
2α
h2
= − K i x + COST
2
La costante di integrazione si determina considerando che per x = L risulta h = 0:
0 = KiL + COST; COST = KiL
Quindi:
αh 2 = K i (L − x ); h =
K i (L − x )
α
Quest’ultima fornisce l’altezza h della lama in funzione di x e mostra che il pelo libero è costituito
da un arco di parabola. L’altezza iniziale si ottiene ponendo x = 0.
H=
Ki L
α
L’espressione della velocità di scorrimento in funzione di x si ottiene ricordando che h = V/α
α
V2
α2
= K i (L − x )
V 2 = αK i (L − x ); V = αK i (L − x )
È anche facile esprimere il “tempo di scorrimento”. Infatti:
V = dx / dt; dt = dx / V ; dx = −2αh dh / Vi ; dt = −2αh dh / ViV
133
Poiché:
V = αh
dt = −
2αh dh
2dh
=−
Viαh
Vi
Integrando fra i limiti H e h:
t=−
2h h 2h
(H − h )
h =
Vi H Vi
Ponendo h = 0 si trova il tempo necessario all’acqua per percorrere tutta la parcella
T=
2
2
H=
Ki
Ki
Ki L
α
=2
L
αK i
Per determinare le dimensioni della parcella da irrigare basta fissare il rapporto fra l’orario e il
tempo di scorrimento.
L’orario è dato:
o=
volume di adacquatur a volume di adacquatur a D
=
=
corpo d ' acqua
Ki A
Ki
Il tempo di scorrimento è stato ora trovato
T=
2
Ki
Ki L
α
Posto allora o = fT, si ha:
D 2f
=
Ki Ki
L=
Ki L
α
αD 2
4 f 2 Ki
Non si deve attribuire troppo valore alla teoria di Crévat. Ai fini pratici essa fornisce solo qualche
dato orientativo, da verificare in ogni caso con l’esperienza. La teoria stessa non è esente da
critiche. La stessa formula di base v = nh i può essere discutibile come struttura e per l’incertezza
del valore da attribuire al coefficiente n.
In ogni caso la teoria si riferisce a una situazione di moto permanente, che si verifica solo dopo che
l’acqua ha raggiunto la fine della parcella. Il tempo di avanzamento, impiegato dall’inizio
dell’intervento irriguo al raggiungimento della fine della spianata e quindi allo stabilirsi del moto
permanente, non e evidentemente lo stesso calcolato nella teoria, anche se si e condotti a
identificarli sul piano pratico. La condizione o = T(f = 1) è (con m = KiA) sostanzialmente
134
inapplicabile perché conduce a un’inaccettabile disuniformità a favore della parte a monte
(v. paragrafo seguente). Dovendo quindi essere f > 1 la teoria come si è già detto, è valida soltanto
per scorrimenti prolungati come nell’esempio, un po’ arcaico, delle marcite su ali semplici o
doppie.
c) UNIFORMITÀ DI DISTRIBUZIONE
Il grado di uniformità si valuta misurando i tempi di avanzamento lungo la spianata e i tempi di
recessione. Disposti lungo la parcella dei traguardi si misurano i tempi necessari all’acqua per
raggiungere ciascun riferimento, quindi dal momento in cui si interrompe l’erogazione, si misurano
i tempi che l’acqua impiega per “recedere” dai vari traguardi. Si possono allora disegnare le curve
“di avanzamento” e “di recessione”, disponendole come in Fig. 98, dove sono indicati con ta il
tempo di avanzamento e con il tempo di recessione ossia l’intervallo che intercorre fra la
sospensione dell’erogazione (in questo caso alla fine dell’avanzamento) e la scomparsa dell’acqua
nelle parti più basse della spianata. I segmenti verticali compresi fra le due curve rappresentano
evidentemente i tempi di contatto o IOT (Intake Opportunità Time).
Figura 98
Casi del tipo di fig. 98, con disuniformità intollerabile a svantaggio della parte a valle, si presentano
invariabilmente su spianate allungate, debolmente pendenti e quando si adotti la relazione m = KiA.
In queste condizioni i tempi di avanzamento sono infatti assai lunghi e un miglioramento della
distribuzione può avvenire soltanto se è possibile introdurre, compatibilmente col valore della dose,
un tempo di mantenimento (tm), ovviamente uniformizzante (Fig. 99).
Se invece uno scorrimento prolungato è improponibile, occorre adottare una portata di “lancio”
maggiore di KiA che, per limitare le colature, va ridotta al valore KiA, o interrotta (Fig. 100), prima
della fase dell’avanzamento.
135
Figura 99
Figura 100
Quando si adotti quest’ultima tecnica, può essere utilizzata, come guida preliminare, la Tab. 40
dove le dimensioni B e L della spianata sono messe in funzione della dose D, della pendenza I e
della portata per unità di larghezza m/B, tenuta a livelli che non conducano a erosioni.
I valori di dose riportati in tabella, salve le varianti per il franco-argilloso e l’argilloso, si riferiscono
evidentemente a colture con apparato radicale profondo. Gli orari che si possono ricavare dal
rapporto D/m conducono a interrompere l’erogazione assai prima della fine dell’avanzamento, e ciò
tanto più quanto più è argilloso il terreno.
Tabella 40
SUOLO
Sabbioso
Ki (mm/ora)
> 25
Sabbioso Franco
18 - 25
Franco Sabbioso
12 – 18
Franco Argilloso
6–8
I (%)
0,4 – 0,6
0,6 – 1
0,4 – 0,6
0,6 – 1
0,2 – 0,4
0,4 – 0,6
0,6 – 1
0,2 – 0,6
0,6 – 1
Argilloso
2-6
0,2 -0,6
0,6 - 1
D (mm)
100
100
125
125
150
160
160
175
50
175
50
200
100
100
L (m)
70 – 100
60 – 90
80 – 150
60 – 90
90 – 250
90 – 180
90 – 100
180 – 300
90 – 180
90 – 100
90 - 100
> 350
180 – 300
160 -180
B (m)
9 -12
6–9
0 -12
6–9
12 -15
6 – 12
5–6
12 -15
5 -12
6–9
5–6
12 -15
5 – 12
5-6
m/B (l/s m)
7–9
5–7
5–7
3–5
5–7
4–6
2–4
3–4
6–8
1-2
2–4
2–4
3–5
2-3
La tecnica in parola (o < ta) è forse l’unica adottabile, anche se con difficoltà, sui terreni sabbiosi in
forza dei valori relativamente bassi che si ottengono per i tempi di contatto (Fig. 100). Nei terreni a
bassa velocità di infiltrazione, i valori più alti delle portate possono condurre a distribuire dosi
insufficienti; per questo sono consigliabili spianate molto lunghe in modo da aumentare i tempi di
avanzamento e così gli IOT.
Un’altra tecnica per migliorare l’uniformità consiste nella sistemazione orizzontale dell’ultima parte
della spianata che viene altresì chiusa con un arginello trasversale. La sommersione che si crea in
questa zona recupera la disuniformità durante l’avanzamento (Fig. 101).
136
Figura 101
Le varie soluzioni prospettate possono essere senza difficoltà verificate su campo e il grado di
uniformità raggiunto può essere valutato con l’indice di Rawitz:

I − m2
C R = 1001 −

m





dove m è la media degli IOT e I la media dei quadrati degli stessi IOT. È da ritenersi accettabile una
soluzionecon Cr > 80 e colature limitate entro il 10. L’indice di Rawitz ha ovviamente senso solo
quando la velocità di infiltrazione sia costante in tutti i punti della spianata e quando non esistano
pendenze trasversali, ancorché minime, che porterebbero ad un’irregolarità di avanzamento e ad una
disuniformità nel senso della larghezza. L’indice si applica identicamente anche nell’irrigazione per
scorrimento lungo solchi.
d) ALTRE VARIANTI DELL’IRRIGAZIONE PER SCORRIMENTO
Irrigazione “a fossatelli orizzontali”
Questa sistemazione è tradizionale nelle zone di montagna, con particolare riferimento
all’irrigazione dei prati (Fig. 102).
Figura 102
137
Concettualmente è molto semplice: un canale adduttore da cui si dipartono lungo linee di massima
pendenza (normalmente lungo i displuvi, ma talora, e in questo caso la rete di irrigazione serve
anche come rete di scolo, anche lungo i compluvi) altri canaletti e da questi, lungo le linee di
livello, i fossatelli adacquatori. Quest’ultimi hanno una lunghezza che può variare dai 20 ai 50 m e
un interasse compreso fra i 5 e i 10 m, a seconda del corpo d’acqua, della pendenza e della velocità
di infiltrazione del terreno; in generale non sono rivestiti, hanno sezione trapezia o triangolare con
profondità 10 - 30 cm e larghezza in sommità 20 - 30 cm; la sezione va man mano restringendosi
nel senso del moto. Ciascun adacquatore serve il campo soggiacente; l’acqua eventualmente in
eccesso passa a irrigare il campo a valle. Certamente, se il terreno è molto pendente si devono
adottare piccoli moduli per evitare erosioni. Per avere buone uniformità si fanno allora parcelle
corte.
Il metodo richiede una minima sistemazione del terreno, consistente in una regolarizzazione
superficiale fatta “campo per campo”; è l’unico, insieme ai metodi non di superficie, adattabile a
pendenze elevate (fino al 20%) e a terreni relativamente accidentati; consente l’impiego di corpi
d’acqua relativamente modesti. Per contro il metodo comporta campi di forma irregolare, esige
molta mano d’opera, può presentare qualche inconveniente in presenza di acque torbide per la
facilità di interramento dei fossatelli.
Irrigazione “a spina”
Differisce dalla precedente per il fatto che i fossatelli adacquatori non sono orizzontali ma disposti,
più o meno paralleli fra loro, obliquamente alle linee di livello. Rispetto al sistema “a fossatelli
orizzontali” si può dire che:
-
i campi hanno forma abbastanza regolare
‘e pendenze ammissibili non possono superare il 5 – 7%
il pericolo di interramento degli adacquatori è assai ridotto
la sistemazione del terreno può essere piuttosto onerosa
l’adozione di adacquatori in pendenza impone spesso la costruzione di canaletti di
scolo nei compluvi e quindi la costruzione dei distributori sui displuvi (Fig. 103).
Anche la sistemazione a spina è tipica delle aree montane.
Figura 103
138
Irrigazione “a campoletto”
Lo schema dell’irrigazione “a campoletto” è riportato nella Fig. 104.
Si tratta, tutto sommato, di una variante della spianata con l’aggiunta di uno scorrimento trasversale
tramite adacquatori laterali e il conferimento al campo di pendenze trasversali. Il metodo, rispetto a
quello a spianata, richiede una sistemazione più onerosa, consente l’irrigazione su campi più lunghi
e più larghi e con valori di velocità di infiltrazione relativamente alti. I massimi valori di pendenza
per i quali viene adottato si aggirano sul 2%.
Figura 104
Irrigazione ad “ala semplice”
Questa sistemazione e la successiva “ad ala doppia” vengono adottate quando il terreno non ha una
pendenza naturale sufficiente. Nel metodo ad ala semplice il terreno viene sistemato in una
successione di piani inclinati rettangolari; i lati lunghi sono occupati “a monte” dal canaletto
adacquatore e “a valle” dal canaletto di scolo; essi sono orientali lungo la massima di pendenza in
modo che il fosso di colatura possa alimentare l’adacquatore dell’ala a fianco. La lunghezza dei lati
corti non supera ordinariamente una decina di metri, la pendenza si aggira sullo 0,1 – 1%. Le spese
di impianto sono generalmente ingenti.
Figura 105
Irrigazione ad “ala doppia”
Lo schema della sistemazione del terreno è riportato in Fig. 106. Il metodo si adatta bene a terreni
dotati di piccola pendenza (su cui si dispongono i lati lunghi).
139
La dimensione delle parcelle nel senso di scorrimento dell’acqua si aggira sui 10m con pendenze
dello 0,1-1. I canaletti adacquatori sono predisposti in modo da sversare su entrambi i lati. Il metodo
ad “ala doppia” costituisce anche un’ottima sistemazione del terreno dal punto di vista dello scolo
di acqua in eccesso. La sistemazione va generalmente eseguita con precisione e impone costi
elevati.
140
3. IRRIGAZIONE INFILTRAZIONE LATERALE
a) GENERALITÀ
A differenza della sommersione e dello scorrimento, in questo metodo l’acqua non copre l’intera
superficie da irrigare, ma viene confinata entro solchi praticati fra le file delle piante33. In questi
piccoli canali l’acqua scorre (solchi in pendenza, aperti inferiormente) o soggiorna (solchi
orizzontali, chiusi agli estremi), infiltrandosi verticalmente e “lateralmente” in modo da raggiungere
la zona di insediamento delle radici (Fig. 107).
Figura 107
Rispetto agli altri due metodi di superficie, l’infiltrazione da solchi consente di irrigare anche con
moduli relativamente piccoli (1.3.e.), esclude i pericoli connessi con la saturazione del terreno e con
il bagnamento della parte aerea delle piante, è meno esigente in fatto di qualità delle acque, lascia il
terreno sempre accessibile.
L’impiego di mano d’opera, di regola elevato, si riduce fortemente con solchi lunghi e se si ha la
possibilità di mettere in acqua molti solchi contemporaneamente.
b) MODALITÀ DI IMPIANTO E DI ESERCIZIO
Sezione trasversale dei solchi
I solchi hanno, di regola, forma triangolare (solo raramente trapezia), con larghezza, in bocca,
variabile fra 20 e 40 cm e profondità fra 15 e 30 cm. Le dimensioni, trattandosi in ultima analisi di
piccoli canali, devono essere comunque sufficienti a contenere la portata prevista senza produrre
tracimazioni. In linea di massima, i solchi a piccola portata, stretti e poco profondi, si adattano a
piante con apparato radicale superficiale; i solchi a forte portata a piante con radici profonde.
La disuniformità di distribuzione, oltre ai noti fattori già esposti per l’irrigazione e scorrimento
(3.2.c.), qui è anche collegata al fatto che, procedendo verso valle, diminuisce il contorno bagnato e
quindi la superficie attraverso la quale avviene l’infiltrazione.
Per questo si sono talora affermati solchi larghi (60 - 120 cm) e poco profondi (5-10 cm) per i quali
si hanno piccole variazioni di tirante e di perimetro bagnato (Fig.108). D’altra parte bisogna anche
tener conto che i tempi di avanzamento tendono ad aumentare per l’eccessivo ridursi del raggio
idraulico (R ≡ h) e che ciò porta, in genere, a disuniformizzare gli IOT. Solchi del tipo ora illustrato
sono peraltro consigliabili sui terreni argillosi per la possibilità di distribuire dosi elevate con orari
ragionevolmente limitati.
33
È del tutto ovvio come il metodo si applichi soltanto a colture in file “abbastanza” distanziate, in modo che siano
escluse situazioni inaccettabili in cui il solco rappresenterebbe una tara.
141
Figura108
Qualche volta si fanno solchi non “isosceli” per consentire più rapidi riscaldamenti su colture
primaverili. (Fig. 109)
Distanza tra i solchi
Si tratta di un elemento molto importante che può essere determinato, ad esempio, con misure
tensiometriche post-irrigazione lungo la bisettrice di due solchi disposti “a ventaglio” come in Fig.
110. Le misure condurranno a determinare un interasse “massimo” che potrà essere eventualmente
ridotto per conformarsi alla disposizione delle colture e alle esigenze della meccanizzazione.
Figura 109
Figura 110
Ad ogni modo la maggior capillarità nei territori argillosi fa sì che in questi si possano adottare le
distanze maggiori. Si esamini, per questo, a titolo di esempio, la Fig. 111 che mostra il diverso
avanzare dei fronti di bagnamento su due suoli a differente tessitura. Valori correnti dell’interasse
142
sono compresi fra 0,5 e 2 m con qualche caso, abbastanza raro, di valori superiori. A parità di altre
condizioni, per solchi larghi gli interassi possono ovviamente essere aumentati.
Nelle coltivazioni arboree il solco deve in genere servire solo una fila e quindi l’interasse
corrisponde senz’altro alla distanza fra le file, indipendentemente dalla natura del terreno. Lo stesso
discorso vale per il caso di piante coltivate nei solchi, situazione in cui non si può più parlare, fra
l’altro, di “infiltrazione laterale” e il metodo si connota come un vero e proprio scorrimento, o
sommersione, parziale.
Figura 111
Portata per solco, lunghezza e pendenza dei solchi
La portata minima da immettere in un solco per coprirlo interamente è data, al solito, dal prodotto
AVi, dove per A può essere assunta la proiezione in pianta dell’area bagnata del solco. Anche qui
soltanto con dosi relativamente elevate, che consentano scorrimenti prolungati, con elevati tempi di
mantenimento, è possibile ottenere sufficienti livelli di uniformità con l’immissione del valore
minimo di portata34. Di fatto, il più delle volte, per accelerare la messa in acqua, si adotta, almeno
all’inizio, una portata > ViA, limitata comunque dalla necessità di non provocare erosioni, fra
l’altro più probabili in uno scorrimento incanalato. La portata “di lancio” massima, secondo
Criddle, dipenderebbe dalla pendenza tramite la seguente relazione empirica (che non tiene conto
dell’erodibilità del terreno):
QM =
38
(Q in l/min, l in %)
I
A sua volta la pendenza è normalmente compresa fra lo 0,1 e il 2 e comunque, è da escludere che
superi il 5%. Su terreni con pendenze naturali maggiori occorre disporre i solchi sempre più
trasversalmente rispetto alla massima pendenza, fino a seguire, talvolta, l’andamento delle linee di
livello e a dover adottare solchi non rettilinei35.
Per quanto riguarda la lunghezza massima dei solchi compatibile con una buona uniformità, quanto
già illustrato a proposito dell’irrigazione per scorrimento consente di affermare che i solchi possono
essere tanto più lunghi quanto più il terreno è argilloso e quanto più è elevata la portata di lancio.
Con pendenze elevate quest’ultima deve però essere ridotta e quindi i solchi saranno più corti. Dosi
elevate, a parità di altre condizioni, permettono invece maggiori lunghezze perché consentono di
introdurre tempi di mantenimento con portata ridotta al valore ViA. La Tab. 41 può costituire
un’indicazione di massima delle lunghezze adottabili (in m) in funzione della tessitura del terreno.
della dose, della pendenza e della portata di lancio. Quest’ultima, per le pendenze più piccole, è
34
Si tenga comunque conto che i tempi di contatto nell’irrigazione da solchi, a parità di dose, devono essere molto più
grandi di quelli degli altri due metodi di superficie.
35
L’irrigazione in queste condizioni va eseguita comunque sotto attenta sorveglianza, soprattutto in ordine alla
necessità di evitare tracinazioni dai solchi.
143
stata assunta inferiore a quanto risulterebbe dalla formula di Criddle, perché portate superiori ai 3 l/s
darebbero luogo, appunto su pendenze assai modeste, a solchi di dimensioni trasversali
improponibili.
È ovvio poi che le lunghezze “massime” vanno rese compatibili con le esigenze della
meccanizzazione e delle altre pratiche colturali.
Tabella 41
TERRENO
I
QM
(%)
(l/s)
0,1
3
0,2
2,5
0,5
1,2
1
0,6
2
0,3
5
0,12
SABBIOSO
DOSE
50
100
90
150
120
200
100
150
70
120
50
90
30
50
FRANCO
50
180
220
170
110
90
60
100
340
370
300
200
140
80
ARGILLOSO
150
440
470
380
250
200
100
100
350
400
340
250
180
110
150
450
500
430
350
230
130
Alimentazione dei solchi
L’alimentazione dei solchi può essere fatta dal canale adacquatore tramite apertura e chiusura di
dighette in terra, tramite paratoie/tavole o tramite sifoncini che scavalcano gli arginelli. Di solito,
compatibilmente col corpo d’acqua a disposizione, vengono messi in acqua più solchi
contemporaneamente. In questo caso, per un’equa distribuzione fra i solchi, talvolta si sommerge
una striscia di terreno orizzontale appositamente sistemata in testa e successivamente si aprono,
nello stesso momento, le paratoiette di comunicazione vasca/solchi. Una variante, abbastanza
sofisticata, consiste nel condurre l’acqua ai solchi tramite condotte a bassa pressione (metodo
californiano) metalliche o in plastica, talora anche floscia36. Quando l’alimentazione venga fatta da
una canaletta prefabbricata, viene talora innestato su questa, tramite un gomito ruotabile, un tubo
munito di fori distanziati come i solchi; il tubo, tenuto in posizione verticale, al momento
dell’irrigazione viene ruotato di 90° in posizione orizzontale e, attraverso i fori, alimenta i solchi.
Come si è detto, in ogni solco deve essere immessa la prevista portata di lancio, da interrompere
prima della fine dell’avanzamento o, a seconda della dose, da ridurre al valore ViA. Quest’ultima
pratica (cut back method), comunque abbastanza brigosa (riduzione del numero dei sifoncini o
parziale chiusura in testa solco), è semplificata soltanto quando l’alimentazione avvenga con tubi i
cui fori siano muniti di piccole valvole scorrevoli.
In altri casi l’alimentazione viene fatta non in testa solco ma lungo tutto il suo sviluppo. Ad
esempio, col metodo Linguadoca, il solco viene alimentato da un tubo forato disposto dentro il
solco per tutta la sua lunghezza. Esistono addirittura delle ali a spostamento traversale continuo
(5.3.e) che tramite tubicini pendenti verticalmente dall’ala alimentano i solchi. In queste situazioni,
ovviamente, i problemi di uniformità sono implicitamente risolti.
c) VARIANTI DELL’ IRRIGAZIONE A SOLCHI
Per le colture arboree, la necessità di dover fornire forti dosi porta spesso ad utilizzare più solchi per
fila oppure a ricorrere a solchi “a greca” come in Fig. 112. Altre volte si possono adottare le
disposizioni di Fig. 113 (irrigazione a conche), di Fig. 114 (con fossetta anulare), di Fig. 115
(irrigazione a buche), di Fig. 116 (con fossetta a semiluna).
36
Del resto un’alimentazione di questo genere non Q certamente esclusa anche se abbastanza rara, per le irrigazioni a
sommersione e a scorrimento.
144
Figura 112
In presenza di acque saline, le piante vengono spesso disposte sui bordi dei solco anziché
nell’intersolco (sloping bed, Fig. 117), se non addirittura all’interno del solco (Fig. 118).
Le varianti nell’esercizio irriguo riguardano l’irrigazione a solchi alterni e l’irrigazione pulsante.
Alla prima variante si ricorre quando i quantitativi d’acqua a disposizione siano limitati e i turni
irrigui siano molto dilatati. Si preferisce allora irrigare metà dei solchi (uno sì e uno no) con. turno
dimezzato. L’irrigazione pulsante consiste invece nel frazionare l’adacquamento in interventi brevi
che, successivamente al primo, principalmente per la diminuzione della velocità di infiltrazione,
distribuiscono l’acqua più uniformemente.
Figura 113
Figura 114
Figura 115
Figura 116
145
Una forma intermedia fra scorrimento e infiltrazione da solchi è l’irrigazione per corrugazione. Si
tratta di uno scorrimento su una superficie solcata (nel senso del movimento dell’acqua) che ha lo
scopo di uniformare lo scorrimento stesso in presenza di pendenze trasversali.
Figura 117
Figura 118
146
3.4 IRRIGAZIONE A PIOGGIA
a) GENERALITÀ
L’irrigazione per aspersione consiste nel distribuire l’acqua al terreno sotto forma di pioggia,
riproducendo, tramite apparecchiature di vario tipo, condizioni analoghe a quelle delle
precipitazioni atmosferiche. Il metodo si è ormai largamente affermato e si va diffondendo sempre
più a causa dei suoi numerosi vantaggi, soprattutto nei riguardi delle irrigazioni di superficie:
-
non richiede una sistemazione del terreno specifica per l’irrigazione e può essere
impiegato vantaggiosamente su appczzamenti di qualsiasi forma, dimensione e
pendenza;
può essere impiegato su terreni di qualsiasi permeabilità, anche molto grande;
consente un dosaggio preciso, con dosi piccole quanto si vuole;
è applicabile anche con piccoli corpi d’acqua;
per l’uniforme ripartizione e per l’irrilevanza delle perdite per colatura e
percolazione, da luogo in genere a ottime efficienze al campo (70 – 90%);
può essere reso polivalente (irrigazione fertilizzante, antigelo, antiparassitaria,
erbicida);
richiede, per l’esercizio, una preparazione minima con conseguenti presumibili buoni
risultati, a livello umano, nelle nuove irrigazioni; consentendo anche consegne
“chiavi in mano”;
poiché non prevede conduttori a pelo libero, annulla le tare, gli ostacoli e le perdite
d’acqua che essi comportano;
provoca una forte ossigenazione dell’acqua, evita i danni della saturazione idrica del
terreno e non comporta pericoli di erosione.
D’altro canto, vanno anche citati numerosi svantaggi: costi d’impianto e talora di esercizio elevati;
necessità di dover disporre di acqua in pressione e quindi consumo di energia; effetto battente sul
suolo e sul soprassuolo; soggezione al vento (riduzione di uniformità e quindi di efficienza); per
alcune colture, segnatamente floreali e ortive, maggiore predisposizione alle malattie, dovuta al
bagnamento della parte aerea; perdite per evaporazione dal getto, dal suolo e dal soprassuolo;
necessità di ricambi, officine e mano d’opera qualificata per le riparazioni; forti limitazioni
all’impiego di acque fredde, torbide e salse.
Per quanto riguarda i parametri irrigui, rispetto alle irrigazioni di superficie, perdono in un certo
senso la loro rigidità le nozioni di modulo, che ora corrisponde alla portata dell’apparecchio
prescelto o della batteria di apparecchi funzionanti contemporaneamente, e di parcella irrigua, che
corrisponde all’area irrigata dall’apparecchio o dal gruppo. Importante è invece considerare
l’intensità di aspersione il cui valore ragguagliato, ossia mediato sulla superficie irrigata, è dato
evidentemente da:
I = m/A
L’unica condizione che deve essere verificata, allo scopo di evitare ristagni o ruscellamenti, è che
I≤V
In pratica l’intensità di aspersione varia fra 3 mm/ora (pioggia lenta o leggera) e 20 mm/ora
(pioggia pesante) con punte, eccezionali, fino a 50 mm/ora. L’estremo inferiore indica come il
metodo possa applicarsi a terreni pochissimo permeabili e come consenta l’irrigazione anche con
modesti corpi di acqua (ad esempio, con un’intensità di 3 mm/ora ragguagliati, si irriga
147
simultaneamente un ettaro con un corpo d’acqua di poco più di 8 l/s). È ovvio come, per terreni in
pendenza e irrigatori rotanti, nella relazione ora scritta si debba tener conto dell’intensità di pioggia
in corrispondenza del getto e quindi debba essere I < Vi, con rapporto corrispondente a quello fra
l’area irrigata e l’area proiezione del getto.
L’orario è poi legato all’intensità di aspersione e alla dose dalla relazione
o = D/l
Le parti principali di un impianto-tipo sono:
-
stazione di pompaggio per mettere l’acqua in pressione;
rete di condotte per condurre l’acqua ai distributori;
apparecchi distributori (irrigatori, tubi aspersori).
Si possono distinguere:
1) Impianti fissi: la rete irrigua è fissa, la stazione di pompaggio e di regola fissa, gli irrigatori
possono essere fissi o mobili;
2) Impianti semifissi: le condotte principali sono fisse e interrate, le condotte secondarie sono
mobili, il gruppo motore-pompa è di regola fisso, gli irrigatori sono evidentemente mobili;
3) Impianti mobili: la rete irrigua e gli irrigatori sono spostabili a piacimento, il gruppo motore
pompa è di regola carrellato (spesso la pompa è alimentata da una trattrice).
Prescindendo dagli impianti mobili, per i quali risultano esaltati i pregi e i difetti dei semifissi, ma il
cui impiego, anche se abbastanza diffuso, e comunque limitato all’irrigazione di soccorso di piccole
superfici, il confronto più interessante è quello fra impianti fissi e semifissi, con i secondi
nettamente più diffusi ma con una tendenza alla sostituzione con i primi ovunque la mano d’opera
sia carente e costosa. L’impianto semifisso consente di sfruttare meglio i materiali, riducendo
fortemente le spese di installazione, ma richiede un notevole impiego di mano d’opera per lo
smontaggio, lo spostamento e l’assemblaggio delle condotte mobili, mano d’opera che, fra l’altro, è
costretta a lavorare in condizioni quanto meno disagiate, aggravate nel caso di colture alte (30-50
ore per uomo/campagna per ettaro). L’impianto fisso comporta invece notevoli costi di istallazione
(lo sviluppo delle tubazioni è di 3 - 4 volte maggiore rispetto ai semifissi), ma consente un esercizio
semplicissimo che si limita alla manovra delle saracinesche (1 - 2 ore uomo/campagna ettaro). Altri
pregi degli impianti fissi sono la polivalenza, facile automatizzazione, la perfetta adattabilità a
colture poliennali (ostacolo dei tubi ascendenti) e il minor degrado dei materiali: come si è
detto,esistono impianti fissi con irrigatori mobili che vengono spostati da una zona all’altra o da
un’ala all’altra. Altre volte, per risparmiare nel diametro delle ali, si spostano uno o due irrigatori
all’interno di ciascuna ala -La trasformazione, anche graduale, da impianto semifisso a fisso può
essere ottenuta semplicemente aumentando la dotazione di ali mobili (impianti stanziali).
Un tipo di impianto da considerare a parte è quello “meccanizzato”. Di essi si parlerà nel
capitolo III.5.
b) IMPIANTI DI POMPAGGIO
Le pompe più comunemente usate negli impianti di irrigazione a pioggia sono quelle centrifughe
che presentano prestazioni adeguate in termini di pressione e di portata, semplicità di costruzione e
di esercizio, nonché bassi costi. L’organo lavorante è costituito da una o più giranti a pale curve, in
genere del tipo chiuso (Fig. 119)37 allocate in un involucro detto “chiocciola”. Gli organi di tenuta
37
Le giranti aperte sono destinate al sollevamento di acque contenenti detriti.
148
sono llubrificati con olio o con acqua (nel secondo caso, evidentemente, la pompa non deve mai
essere avviata a vuoto).
Esistono gruppi di pompaggio fissi e mobili. Nei primi, normalmente impiegati nelle reti fisse o
semifisse, la pompa è trascinata da un motore elettrico o a combustione interna ed entrambi sono
montati, perfettamente livellati, su un solido basamento. Quando pompa e motore vengono forniti
separatamente, è assai importante curarne anche l’allineamento. Il tutto viene poi protetto da un
edificio o, almeno, da una tettoia.
Le pompe mobili possono essere carrellate, o supportate sull’attacco a tre punti e alimentate dalla
presa di forza della trattrice. Esistono poi anche gruppi motore (endotermico) - pompa direttamente
accoppiati e carrellati.
Pur non escludendo qualche caso di pompa funzionante sotto battente, il più delle volte è necessario
un funzionamento in aspirazione che richiede una serie di componenti38.
Figura 119
Innanzi tutto il tubo di aspirazione, che funziona in depressione, deve essere abbastanza robusto da
non implodere e, se sono necessarie delle giunzioni, queste devono essere eseguite con pezzi
speciali che impediscano l’ingresso dell’aria (Fig. 120). All’inizio del tubo vengono poi piazzate
una succhierola per impedire l’ingresso dei detriti e una valvola di non ritorno che chiudendosi
all’interrompersi del funzionamento, mantiene pieni d’acqua il tubo di aspirazione e la pompa
rendendo più facile il riavvio della pompa stessa (Fig.120). In ogni caso l’adescamento della pompa
può essere compiuto riempiendola d’acqua dall’esterno o con una pompetta a membrane
generalmente manuale, (Fig.120) che estragga l’aria dalla pompa e dal tubo e aspirazione
provocando la risalita dell’acqua (durante l’adescamento la valvola
di mandata deve essere ovviamente chiusa).
Sulla tubazione di mandata vengono montate una saracinesca per la regolazione della pressione e
della portata in rete e, di seguito, una valvola di non ritorno per impedire sovrapressioni sulla
pompa alla fine del funzionamento.
38
Come è noto, l’aspirazione massima teorica ammonta a 10,33 m che, in pratica, si riducono a un limite massimo di
circa 7 m.
149
Figura 120
Per controllare l’avvenuto adescamento e la pressione in rete, fra la pompa e la valvola di mandata
viene montato un manometro. All’avviamento la pompa impiega un po’ tempo per raggiungere la
sua normale velocità di rotazione. Il fatto che la valvola di mandata sia chiusa produce un aumento
di pressione all’interno della chiocciola che dipende esclusivamente dal numero di giri. Quando si
apre la valvola di mandata, entra in rete una certa portata che dipende dalla prevalenza necessaria
(v. curve caratteristiche di Fig. 121).
Come è noto, la prevalenza H che la pompa deve fornire è la somma algebrica di tre elementi:
differenza di livello fra il punto di utilizzazione e la pompa (positiva o negativa), perdite di carico
distribuite e localizzate, carico residuo corrispondente alla pressione necessaria per il buon
funzionamento degli irrigatori.
La potenza che la pompa richiede al motore è data da
p=
QH
mettere in KW
75η
(Q in l/s, H in m, p in Cv, η = rendimento della pompa = 0,3 – 0,8 a seconda della potenza della
pompa e del punto di funzionamento, Fig 121).
150
Figura 121
c) CONDOTTE, GIUNTI, PEZZI SPECIALI
Per quanto riguarda le tubazioni fisse niente c’è da aggiungere a quanto viene svolto in Idraulica
generale.
Le tubazioni mobili devono presentare caratteristiche di robustezza e, insieme, essere leggere e
facili da maneggiare. Viene di regola impiegato l’alluminio o l’acciaio galvanizzato per costruire
barre di 6 - 9 m con diametri di 50 - 125 mm. Questi tubi, in particolare quelli più leggeri di
alluminio, sono abbastanza delicati e richiedono una serie di attenzioni quando vengono maneggiati,
trasportati e immagazzinati. Del tutto particolari sono i giunti “rapidi” che vengono utilizzati.
Esistono giunti “a pressione” e giunti “meccanici” il cui funzionamento è compiutamente illustrato,
rispettivamente, nelle figure 122 e 123.
Figura 122
151
Figura 123
Le ali sono collegate alle tubazioni principali mobili (Fig. 124) o fisse (Fig 125) tramite “idranti”
costituiti da un gomito e da una valvola accoppiati alla tubazione principale con giuto speciale e con
un normale giunto rapido all’ala. Talvolta l’idrante è attrezzato con un manometro e, quando è il
caso, con un filtro (Fig. 126).
Figura 124
152
Figura 125
Figura 126
Gli irrigatori possono essere connessi direttamente sull’ala o, nel caso di colture alte, su un apposito
“montante”. La Fig 127 mostra una normale connessione ala/montante/irrigatore; la Fig. 128 si
riferisce a una disposizione che consente l’inserzione del montante anche quando l’ala è in
pressione; la Fig. 129, infine, mostra un modo di stabilizzare” montanti particolarmente alti.
Figura 127
153
Figura 128
Figura 129
Su terreni accidentati, dove possono esserci inevitabili differenze di pressione fra una postazione e
l’altra, può essere necessario inserire all’interno del montante un riduttore di pressione come in Fig.
130: se la pressione P1 cresce anche P2 cresce e ciò spinge in basso la chiusura finché si crea una P2.
Figura 130
Ali mobili in tubi di PVC, ancorché caricato, con sostanze antiinfragilimento, interessanti per la
notevole leggerezza, hanno dato risultati non buoni. Una variante da considerare con attenzione è
invece quella dei tubi flessibili o flosci in polietilene che consentono interessanti disposizioni
(Fig. 131) e un pratico riavvolgimento su aspi.
154
Figura 131
d) TUBI ASPERSORI
I tubi aspersori, metallici o in plastica, possono essere statici o rotanti. Il tipo statico è costituito da
un tubo (50-100 mm) con fori ripartiti su tutta la lunghezza e distribuiti, nella parte superiore, su
varie generatrici in modo da determinare per i vari getti diversi angoli di uscita e diverse gittate. La
pressione di esercizio è generalmente bassa (1 - 2,5 kg/cm2), le gittate sono brevi (si irriga una
striscia rettangolare larga 10 – 15 m), l’intensità di aspersione elevata (20-50 mm/ora).
I tubi aspersori rotanti (25 - 50 mm), in genere metallici, sono montati, a differenza di quanto di
solito avviene per i precedenti, su dei cavalletti metallici a un’altezza di 0,5 - 1 m e sono animati da
un moto di rotazione intorno al proprio asse, limitato al settore superiore (circa 100°).
I tubi sono forati lungo una sola generatrice (diametro dei fori 1-2mm, interdistanza 0,3 - 1 m); i
fori sono in genere muniti di un piccolo boccaglio che garantisce una maggiore uniformità della
sezione di uscita. Gli impianti, a differenza dei precedenti, sono spesso fissi; gittata, pressione e
intensità presentano valori paragonabili a quelli riportati poco sopra. L’oscillazione del tubo può
essere ottenuta con un motorino idraulico alimentato dallo stesso flusso irriguo: l’acqua viene
immessa attraverso una speciale valvola (v.III.5.h) alternativamente sui due lati di un pistone, il cui
movimento viene trasmesso al tubo. Lo stesso risultato si può ottenere con un piccolo serbatoio (10
-15 l) rigidamente collegato al tubo tramite un telaio e una grossa molla. L’acqua del tubo riempie
lentamente il serbatoio il cui peso crescente provoca la rotazione del tubo stesso (Fig. 132);
l’alimentazione avviene attraverso una valvola a due vie caricata con un peso e la rotazione di
questo, al momento in cui il serbatoio ha raggiunto il punto più basso, provoca un lento
svuotamento e una rotazione del tubo nell’altro senso. L’oscillatore “a serbatoio” impiega qualche
decina di minuti per un ciclo completo, quello “a pistone” può invece compierlo anche in meno di
un minuto.
155
Figura 132
I difetti dei tubi aspersori sono molteplici: intensità elevata con tendenza alla concentrazione dei
singoli getti, necessità di filtrazione dell’acqua per evitare l’intasamento dei fori e, limitatamente al
secondo tipo, ostacolo e costo notevoli. Spiccata è anche la soggezione al vento cui si cerca di porre
rimedio, col tipo oscillante, disponendo il tubo ortogonalmente al vento ed ampliando il settore di
rotazione contro vento.
Tali difetti rendono poco frequente l’impiego agricolo dei tubi aspersori, sostanzialmente limitato a
un’orticoltura su piccola scala, semenzai e vivai.
e) IRRIGATORI
Un irrigatore rotante (gli irrigatori statici e oscillanti per le loro piccole gittate la forte intensità e la
scarsa uniformità, si riferiscono il più delle volte a applicazioni non agricole è costituito (Fig.133)
da un supporto per il collegamento con la tubazione alimentatrice e da una parte mobile nella qua e
si possono distinguere una canna di lancio un boccaglio (o ugello) applicato di seguito alla canna un
raccordo a gomito per collegare la canna al supporto e conferirle un certo alzo rispetto all’orizzonte.
L’frangitore è inoltre spesso dotato di un rompigetto e comunque, di un dispositivo per conferire
alla canna di lancio un movimento di rotazione intorno a l’asse verticale del supporto; qualche volta
esiste un meccanismo di inversione per limitare l’area irrigata a un settore.
Un primo gruppo di parametri caratteristici di un irrigatore e costituito da.
-
-velocità di uscita del getto,
-pressione all’ugello;
-sezione dell’ugello;
-portata;
La velocità iniziale del getto (m/s) è data da (principio di Torricelli):
V = m 2 gH
con H = pressione in metri d’acqua, g = accelerazione di gravita, m = coefficiente riduttore della
velocità.
Indicati con Ω la sezione dell’ugello, Ωc la sezione contratta e con u = Ωc/ Ω il coefficiente di
contrazione, si ha:
Q = ΩcV = uΩV = uΩm 2 gH = µΩ 2 gH
156
con Q = portata in m2/s, Ω in m2, µ = um = coefficiente di efflusso = 0,88 - ,98 a seconda a seconda
del tipo di ugello. Di frequente si usa la formula semplificata (µ=0,95)
Q = 0,0033d 2 H
con Q in l/s, d = diametro dell’ugello in mm, H in m.
La gittata dipende dalla velocità iniziale del getto, dall’alzo dell’irrigatore e dal grado di
polverizzazione (dimensione delle gocce). Per un grave lanciato nel vuoto (v. corso di Fisica) la
gittata è data da:
R=
V 2 sin 2α
g
(R in m, V in m/s, g = 9,8 m/s2) dalla quale risulta, fra l’altro, che la gittata massima si ottiene per un
alzo α = 45°. In realtà la resistenza dell’aria modifica il fenomeno per cui la gittata massima si
ottiene per un alzo = 30° - 32°. Si possono utilizzare queste formule pratiche:
-
in prima approssimazione: R = 1,35 dH
-
in seconda approssimazione: R = n 3 d 0, 6 H 0, 4 (d in mm, H in m, n rapporto fra le
gittate del getto fisso e di quello rotante variabile da 1 a 0,7 a seconda delle
dimensioni dell’irrigatore e della sua velocità di rotazione).
157
Figura 133
158
Altri parametri importanti sono l’intensità di aspersione, il grado di uniformità e il grado di
polverizzazione.
L’intensità di aspersione (ragguagliata) è uguale al rapporto fra la portata e l’area della superficie
bagnata39
I=
Q
A
(I in m/s; Q in m3/s e A in m2), o, con unità di misura più comode, (I in mm/ora; Q in l/s e A in m2),
I=
3600Q
A
L’intensità non è comunque costante nei vari punti della superficie irrigata è allora utile analizzare
la distribuzione con una cartina a isoiete o con un diagramma pluviometrico (in Fig. 134 sono
indicati due pluviogrammi assai comuni: a “graffa” e triangolare). La maggiore o minore
uniformità, a parte la visualizzazione tramite pluviogrammi, può essere quantizzata tramite un
coefficiente di uniformità valutabile secondo diversi criteri (Christiansen, Puppini, Valducci,
Stefanelli, Zucchini, Bournas ecc.). Ad esempio, secondo Christiansen, disposti dei pluviometri
(semplici bacinelle) su un reticolo e fatti funzionare gli irrigatori, nella disposizione di campo, per
un tempo sufficientemente lungo, si rilevano le altezze di pioggia h; accumulatesi e sé ne fa la
media aritmetica.
Figura 134
Si considerano poi, in valore assoluto, gli scarti Yi rispetto alla media e si calcola il coefficiente di
uniformità con la formula

Y 
C = 1001 − ∑ i 
 ∑h 
i 

C = 100 corrisponde alla perfetta uniformità, con C = 60 si può parlare, salvo casi particolari, di
disuniformità non accettabile.
Un altro parametro piuttosto interessante è la cosiddetta altezza di aspersione per giro, che si ottiene
semplicemente dividendo l’intensità (mm/ora) per il numero di giri compiuto dall’irrigatore in
39
In campo, poiché sussiste una sovrapposizione fra getti contigui, andrà considerata l’area “utile” irrigata.
159
un’ora. Grosso modo, passando dagli irrigatori ad alta pressione a quelli a bassa pressione, con
frequenze orarie di rotazione che variano da 10 a 80 giri/ora il parametro può variare da 2 a 0,2
mm/giro.
Un’ultima importante caratteristica è il grado di polverizzazione che mette in conto le dimensioni
delle gocce. Una buona polverizzazione, in genere collegata a una bassa intensità, è indispensabile
qualora si tema l’effetto battente sul terreno o sulle colture e in molti casi di irrigazione polivalente.
D’altra parte una polverizzazione spinta comporta riduzioni di gittata (a parità di altre condizioni, le
gocce più grosse percorrono traiettorie più lunghe), maggiore soggezione al vento e più elevate
perdite per evaporazione dal getto. Per valutare il grado di polverizzazione fu inizialmente proposto
il rapporto fra gittata e pressione, entrambi espressi in m. R/H è spesso compreso fra 0,7 e 0,9
(valori corrispondenti a buone polverizzazioni), ma scende fino a 0,3 per gli irrigatori a pioggia
lenta e supera l’unità (fino a 1,3) per grossi irrigatori. Attualmente invece si preferisce esprimere il
grado di polverizzazione tramite il rapporto H/d (H in m; d in mm - a parità di ugello, aumentando
H, aumenta V e quindi la polverizzazione) normalmente compreso fra 2 e 5. ma con valori fino a
10 - 12 per gli irrigatori a pioggia lenta e fino a 1,4 per grossi irrigatori. Nella Tab. 42 sono riportati
valori corrispondenti di R/H, H/d e dell’indice di Tanda = H/Q0,4.
La Tab. 42 da anche un’indicazione sul campo di funzionamento di un irrigatore. Ad esempio, se si
ammettono variazioni di R/H fra 0,9 e 1,1, a parità di boccaglio, si potranno avere variazioni di
pressione nel rapporto 3:2 e variazioni di portata nel rapporto 3 : 2 .
Tabella 42
GOCCE
Piccole
Medie
Semigrosse
Grosse
R/H
0,7 – 1
1 - 1,1
1,1 – 1,2
1,2 – 1,3
TANDA
26 – 24
24 – 22
22 - 18
18 - 14
H/d
5 – 2,5
2,5 – 2
2 – 1,8
1,8 – 1,4
È ovvio che il grado di polverizzazione dipende, oltre che dai parametri indicati, dalle modalità
costruttive dell’irrigatore; in particolare, a parte il dispositivo frangi-getto, da come è costruito il
boccaglio. Si può dire che esistono due modelli estremi: l’ugello diffusore e l’ugello di lancio
(Fig. 135). Nel primo si ottiene una forte turbolenza e polverizzazione tramite una brusca variazione
di sezione e con una relativamente forte perdita di carico, nel secondo, le lente e raccordate
variazioni di sezione inibiscono la turbolenza e producono l’uscita di un getto ben delimitato. Nella
pratica agricola, a parte i nebulizzatori, largamente usati in serra, gli ugelli si avvicinano di più al
secondo schema. Sempre nei riguardi della polverizzazione, può essere interessante l’esame delle
Fig. 136 e 137.
Figura 135
160
Figura 136
Figura 137
Gli irrigatori vengono generalmente classificati, con riferimento alla pressione, in tre categorie cui
si aggiunge quella degli irrigatori a pioggia lenta, per i quali si fa riferimento all’intensità (Tab. 43).
Tabella 43
Irrigatori
a bassa pressione
a media pressione
ad alta pressione
a pioggia lenta
Pressione
normale
1 – 2,5
2,5 – 5
5–8
2,5 - 5
Portata
(l/s)
0,2 – 1
2 – 10
10 - 50
0,4 - 2
Gittata
(m)
6 – 15
15 – 35
35 – 80
15 - 20
Intensità
(mm/ora)
8 – 15
7 – 10
10 - 30
2-6
Giri/ora
60 – 90
15 – 30
10 -15
40 - 60
Boccaglio
(mm)40
4–6
10 -20
20 -40
4-8
Gli irrigatori a bassa pressione sono caratterizzati da pluviogrammi pressoché triangolari che
comportano una sovrapposizione completa, o quasi, dei getti (distanza fra gli irrigatori = R). Se
disposti a quadrato si possono avere mutue distanze da 6 m, ad es. per irrigatori sottochioma a getto
teso (α = 4 - 14°), a 15 m. Di solito esiste un solo getto e l’uniformità di distribuzione è scarsa.
Gli irrigatori a media e alta pressione sono spesso costruttivamente identici. Entrambi forniscono
pluviogrammi a “graffa” con massimo compreso fra i 2/3 e i 3/4 della gittata a partire dall’irrigatore
(il massimo più vicino all’irrigatore si presta meglio per la disposizione a quadrato “classica” con
lato = R 2 . I grossi irrigatori, le cosiddette “lance” o “cannoni”, presentano tutti i vantaggi
connessi con la forte gittata, ma il loro impiego è limitato dalla forte intensità. I dall’effetto battente
e dal forte carico richiesto. Si cerca comunque di diffonderli il più possibile nelle irrigazioni di
soccorso, ove dosi e competenze sono limitate.
Gli irrigatori a media pressione sono spesso dotati di un secondo ugello, contrapposto al principale,
di portata più modesta con funzioni integrative per le zone vicine all’irrigatore. Esiste quasi sempre
la possibilità di funzionamento a settore.
Gli irrigatori a pioggia lenta sono irrigatori a media pressione con pluviogramma triangolare, ma
con portata, gittata e intensità ridotte e notevole polverizzazione derivate dall’impiego di un solo
boccaglio a piccolo diametro. Essi presentano tutti i vantaggi conseguenti alla bassa intensità e allo
scarso effetto battente; a differenza degli irrigatori a medio-alta pressione si prestano bene
all’irrigazione notturna per gli elevati orari richiesti.
40
Per ottenere gocce di giuste dimensioni (0,5Π 3mm) variando la pressione il diametro del boccaglio deve variare,
altrimenti o si ottengono gocce troppo grosse o vere e proprie nebbie.
161
È ovvio che la classificazione degli irrigatori può essere fatta anche sulla base di altri parametri:
intensità di aspersione, gittata, mezzo usato per imprimere all’irrigatore il moto di rotazione. A
proposito di quest’ultimo può essere fatto, per concludere, qualche cenno.
Il moto di rotazione può essere realizzato utilizzando l’energia cinetica del getto oppure la reazione
che il getto stesso esercita sulla canna di lancio. Nei dispositivi del primo tipo si può ottenere un
movimento rotatorio continuo tramite una piccola turbina (interna o esterna) alimentata dal getto (o
da un getto ausiliario) e seguita da un riduttore, oppure, con minori perdite di energia, un
movimento rotatorio discontinuo, “a scatti”, montando il rompigetto (deflettore) su un braccio
oscillante ad asse verticale o orizzontale che tende a ritornare, a causa di una molla o di un
contrappeso, verso l’irrigatore; la serie di impulsi sul braccio oscillante viene trasformata in un
moto di rotazione, la cui velocità può essere variata variando la tensione della molla (Fig. 133). Nei
dispositivi che utilizzano la reazione del getto (generalmente a rotazione veloce - piccola gittata)
basta montare l’ugello con l’asse un po’ inclinato rispetto alla canna di lancio: il momento R.b
provoca la rotazione (Fig. 138). L’effetto della reazione può essere sfruttato anche montando un
deviatore (Fig. 139 – il momento T.b provoca la rotazione).
Deve essere anche citato un dispositivo funzionante a “depressione”: una membrana da un lato
viene mantenuta in depressione a causa dell’aspirazione provocata dall’acqua in movimento,
dall’altro viene messa alternativamente in contatto con la pressione atmosferica e con l’ambiente in
depressione. Il moto della membrana che ne risulta, opportunamente trasformato, pone in rotazione
la canna.
Figura 138
Figura 139
f) MODI DI DISPORRE GLI IRRIGATORI
Si considerino, per il momento, gli apparecchi che irrigano una superficie circolare. E’ evidente che
se non si vogliono avere zone non irrigate occorre che la distanza fra due irrigatori sia inferiore al
diametro del cerchio irrigato (fra l’altro, con questa avvertenza si compensano le eventuali basse
162
intensità al bordo esterno della rosa irrigando queste zone due volte). Le disposizioni più comuni
sono quelle “a quadrato” e “a triangolo”; in casi particolari si adotta la disposizione “a rettangolo”.
Disposizione a quadrato (Fig. 140)
-
La gittata R deve essere almeno uguale a metà diagonale
La distanza massima fra gli irrigatori è uguale al lato del quadrato.
Poiché
2R = L 2
risulta
L=
2R
= 2 R = 1,41R
2
-
L2 =
(
2R
)
2
L’area lorda irrigata vale πR2
L’area utile irrigata massima (tenendo, cioè, conto delle zone irrigate due volte) vale:
= 2R2
È ovvio che in molti casi potrà essere L < 2 R , fino a giungere a L = R per irrigatori con
diagramma pluviometrico triangolare.
Disposizione a triangolo (equilatero, Fig 141)
- La gittata R deve essere almeno uguale alla distanza fra il baricentro e un vertice.
- La distanza massima L fra gli irrigatori vale
L = 2R
3
= 3R = 1,73R
2
-
2⋅
L’area lorda irrigata vale πR2
L’area utile irrigata massima, che corrisponde all’area di due triangoli (base
altezza 1,5 R) vale:
3 R,
1
3 R ⋅1,5 R = 2,6 R 2
2
La disposizione a triangolo richiede, rispetto alla precedente, un minor numero di stazioni ma dà
luogo a qualche difficoltà negli spostamenti, talché viene adottata praticamente soltanto negli
impianti fissi.
163
Figura 140
Figura 141
Disposizione a rettangolo (Fig. 142)
Questa disposizione, poco frequente, viene talora impiegata quando si sia in presenza di venti
dominanti. Il lato maggiore del rettangolo viene posto nella direziono del vento dominante- le
gittate laterali, deformate e ridotte dal vento, vengono compensate da un distanza più piccola. Le
lunghezze più comunemente adottate per i due lati del rettangolo sono riportate in Fig. 142 (R e la
gittata).
Figura 142
Gli irrigatori a settore, ottenuti da quelli a cerchio completo con meccanismi di inversione, trovano
il loro impiego per coprire particolari superfici o ai confini di un appezzamento. Tuttavia esistono
anche disposizioni che prevedono tutti irrigatori a settore, perché essi consentono spostamenti “in
arretramento” su terreno asciutto, con ovvi vantaggi per gli operatori. La Fig. 143 mostra la
164
disposizione per irrigatori a settore di 240° (area lorda 2,1 R2; area netta = 1,7 R2); la Fig.144 è
relativa a irrigatori a settore di 120° (area lorda 1,05 R2; area netta = 0,85 R2).
Figura 143
Figura 144
165
3.5 MECCANIZZAZIONE DELL’IRRIGAZIONE A
PIOGGIA
a) GENERALITÀ
Riservata in un primo momento alle colture specializzate ad alto reddito (orticoltura, arboricoltura),
l’irrigazione a pioggia si è presto diffusa anche a colture erbacee di pieno campo. Da qui
l’interesse,specialmente nei paesi sviluppati, a una sempre più spinta meccanizzazione intesa a
ridurre l’impiego di mano d’opera e a migliorare le condizioni del lavoro. Dalla meccanizzazione
del trasporto dei materiali negli impianti tradizionali, mobili e semifissi, si è passati a costruire
“macchine per aspersione” di dimensioni sempre crescenti.
Questi metodi, in generale, rispetto all’aspersione tradizionale, consentono un minor impiego di
mano d’opera (fatti salvi gli “impianti fissi”) e spese di impianto per ettaro inferiori (in particolare
nei riguardi degli “impianti fissi”).
Per converso comportano:
-
unità colturali ampie, prive di ostacoli, di regola con colture erbacee di pieno campo;
qualche difficoltà, per certi casi insormontabili, su terreni in pendenza o comunque
accidentati;
consumi di energia elevati;
una polivalenza solo parziale
Nei paragrafi b), e), d), e), f), si esamineranno i metodi che si fondano sul movimento di un’intera
ala porta-irrigatori; nei paragrafi h), i), i metodi che si riferiscono al movimento di un irrigatore
singolo.
b) ALI A SPOSTAMENTO INTERMITTENTE ASSIALE.
Un’ala porta-irrigatori, montata su carrellini a ruote, su slittini o anche su supporti fissi con rulli,
viene trainata assialmente da un trattore (su terreno non irrigato) da una postazione alla successiva,
secondo lo schema di figura 145.
Nel caso dei carrellini su ruote e con colture sufficientemente basse, l’ala può essere anche spostata
diagonalmente e quindi, in due tempi, in una posizione parallela (ad es. da EF a GH nella Fig. 145).
In tutti gli altri casi gli spostamenti in senso ortogonale prevedono uno svuotamento, trasporto e
assemblaggio dell’ala nella nuova postazione.
Rispetto all’impianto semifisso classico (smontaggio, trasporto e assemblaggio fatti manualmente)
la spesa di impianto si incrementa impercettibilmente mentre il risparmio di mano d’opera può
raggiungere il 60%, specialmente quando sono limitati gli spostamenti ortogonali all’ala.
166
Figura 145
c) ALI A SPOSTAMENTO INTERMITTENTE FRONTALE.
Si tratta di un’ala portairrigatori (lunghezza max 300m) che costituisce l’asse di rotazione di un
sistema di ruote a grande diametro (1 – 3 m distanti 9 – 12 m ). Il tubo deve essere sufficientemente
robusto e giuntato opportunamente per sopportare gli sforzi di torsione. Un motore montato su un
carrello a ruote conduce l’ala da una postazione alla successiva (Fig. 146). Gli automatismi e gli
ancoraggi, che dovrebbero garantire il raggiungimento e il mantenimento della corretta posizione
verticale degli irrigatori, (ad esempio tramite contrappesi), non sempre funzionano in maniera
soddisfacente e richiedono spesso un aggiustamento manuale. Questo fatto, insieme alla ovvia non
rispondenza per le colture alte e al fatto di dover avanzare su terreno bagnato, ha impedito una
consistente diffusione del metodo.
Ali a spostamento frontale intermittente, non ruotanti intorno al proprio asse . ma traslanti su telai e
carrelli (sistema Dnjepr ed altri) hanno ormai lasciato il posto ai corrispondenti modelli a
spostamento continuo (III.5.e).
Scarsa diffusione hanno avuto anche ali montate su telaio supportato da una trattrice disposta
centralmente (modelli sovietici DDA 52, DDA 58, DDA 45 - Fig.147); il motivo è da ricercarsi
soprattutto nella scarsa lunghezza che si può dare all’ala (max 60 – 70 m).
Figura 146
Figura 147
167
d) MULINELLI GIGANTI (BOME) A SPOSTAMENTO INTERMITTENTE
Una boma è costituita da un’ala porta-irrigatori imperniata al centro su un telaio, a sua volta
supportato da una trattrice o da un carrello (Fig. 148).
La rotazione intorno all’asse verticale è provocata dalla reazione dei getti degli irrigatori statici
sistemati su uno solo o su entrambi i bracci dell’ala.
Gli irrigatori, se montati equidistanti , devono presentare boccagli di diametro crescente (ad
esempio da 4 a 8 mm) dall’asse verso l’esterno per ovvi motivi di uniformità di aspersione. Per
equilibrare le forze di reazione sull’ala i getti vengono orientali con angolazioni decrescenti rispetto
all’asse del tubo, ad esempio 45° per l’irrigatore più vicino all’asse di rotazione e 10° per il più
lontano. Quest’ultimo contribuisce in tal modo ad aumentare apprezzabilmente l’area irrigata: con
le bome più grosse, lunghe fino a 80 m; si possono così ottenere cerchi irrigati con un diametro di
130m.
I mulinelli giganti operano con pressioni di 5 - 6 atmosfere con portate di 12-20 l/s e corrispondenti
intensità di 6-10mm/ora. La velocità di rotazione è normalmente compresa fra 30 e 60 giri/ora.
Le postazioni si succedono di solito a quadrato secondo lo schema e le indicazioni di figura 149.
Il trasporto da un punto all’altro va fatto con cura, con la boma tenuta allineata, tramite una fune
(Fig. 148), al senso del movimento. L’alimentazione può avvenire tramite normali tubazioni rigide
portatili o tramite tubi flessibili.
Figura 148
168
Figura 149
Le bome presentano in genere un’eccellente uniformità di aspersione e modesto effetto battente.
Difetti notevoli sono: soggezione al vento (deformazione dei getti, rotazione disordinata,
rovesciamento della macchina); movimento su terreno bagnato; mobilità difficoltosa nell’ambito
aziendale, mitigata nei modelli a bracci pieghevoli.
e) ALI A SPOSTAMENTO CONTINUO FRONTALE.
Si tratta di un metodo di recente applicazione (dal 1970), del tutto simile all’ala imperniata (III.5.g.)
tranne la direzione del movimento. La figura 150 mostra chiaramente il modo in cui la macchina
opera . Per i dettagli riguardanti l’ala, il suo movimento (ottenuto, di regola, con motori idraulici), la
regolazione del moto ecc. si rimanda al III.5.g. Certamente rispetto all’ala imperniata esistono dei
“tempi morti”: giunti alla posizione AB occorre spostare l’alimentazione dall’idrante C all’idrante
D e trovare un altro ancoraggio; compiuta poi l’irrigazione in un senso, occorre spostare
lateralmente l’ala. Una situazione più favorevole si ha quando l’ala può pescare in un canale che le
corre ortogonalmente, al centro o da un lato.
Ridotta diffusione ha avuto la versione semovente o trainata delle ali a doppia mensola (cfr.III.5.c)
(Fig.151).
169
Figura 150
Figura 151
f) MULINELLI GIGANTI A SPOSTAMENTO CONTINUO
La struttura è analoga a quella descritta in 3.5.d. Tuttavia il funzionamento, anziché a postazione
fissa, è continuo, con trazione funicolare (Fig. 152) o con motore proprio. Per l’alimentazione è
naturalmente necessario un tubo flessibile innestato all’idrante della rete fissa. In altri casi il
170
mulinello corre a cavallo di un canale da cui si alimenta tramite pompa. Altre volte la trazione viene
esercitata dallo stesso tubo di alimentazione (3.5.h)
Figura 152
g) ALI IMPERNIATE (PIVOT)
Sono costituite da un tubo in acciaio di grosso diametro (≥ 150 mm) portato ad un’altezza di 2,5 - 3
m dal suolo da un insieme di telai ad A con ruote (torrini) distanti fra loro 30-40m. L’alimentazione
avviene, tramite uno speciale giunto, da un’estremità fissa che costituisce l’asse di rotazione della
macchina e quindi il centro del cerchio irrigato che, per i modelli più grandi, raggiunge un diametro
di 1500 m e pertanto un’area irrigata di oltre 170 ha.
Il tubo porta, sulla generatrice superiore, degli irrigatori rotanti a corta-media gettata, in un numero
di solito compreso fra 20 e 60. Una variante prevede l’istallazione di irroratori statici rivolti verso il
basso, col che si ottiene una riduzione dell’effetto battente. Ad ogni modo, se si adottano irrigatori
dello stesso tipo, al fine di ottenere una uniforme distribuzione lungo il raggio occorre, procedendo
verso l’esterno, o diminuire la distanza fra gli irrigatori (Fig. 153), o aumentare via via le
dimensioni degli stessi. All’estremità dell’ala di solito si installa un irrigatore a settore a forte
gittata. Ovviamente l’intensità di aspersione e crescente verso l’esterno, con un rapporto di 6-8 fra i
due estremi.
Figura 153
171
L’avanzamento della macchina può essere ottenuto con motori idraulici piazzati sui torrini e
azionati direttamente dall’acqua di irrigazione oppure più di frequente, con motori elettrici. In ogni
caso la velocità periferica dei carrelli deve crescere proporzionalmente alla distanza dal centro di
rotazione e la sua regolazione deve essere molto accurata per evitare disallineamenti dell’ala. I
motori idraulici (potenza da 0,2 a 0,7 KW), simili a quelli descritti in III.5.h sfruttano la stessa
pressione dell’acqua irrigua e la loro velocità viene mantenuta attraverso la regolazione della
portata di ingresso: se un torrino tende ad avanzare più del dovuto, entra in tensione un cavo,
opportunamente predisposto, che agisce sulla valvola di alimentazione del motore riducendone la
velocità; se avviene il viceversa, un altro cavo provvede ad aprire ulteriormente la valvola e ad
aumentare la velocità del torrino. Per il caso dei motori elettrici il controllo automatico della
velocità avviene tramite sensori elettrici (ad esempio del tipo “a corna”) che provvedono, a seconda
di velocità eccessive o troppo basse, a diseccitare o ad aumentare l’eccitazione, (Fig. 154)
Figura 154
Ad ogni modo i vari tratti di tubo sono collegati con giunti che possono ammettere piccoli
disallineamenti e anche un adattamento a terreni in pendenza (per certi modelli fino al 10%). Il
periodo di rotazione varia, a seconda dei tipi, da 5 a 250 ore ed è normalmente regolabile, in un
campo di variazione più limitato, per una stessa macchina. Ovviamente, variando il periodo, si
ottiene una variazione della dose per giro.
La pressione d’esercizio all’imbocco è compresa fra 4 e 8 atm, a seconda dell’ampiezza del cerchio
irrigato. Le portate necessarie, in genere ricavate da un pozzo centrale o da una tubazione interrata
che vi giunge, sono quasi sempre ingenti (spesso oltre i 100 1/s).
Esistono macchine con un dispositivo che consente di irrigare a (quasi) quadrato (Fig. 155)
giungendo a coprire oltre il 95% della superficie, anziché il 79%. In altri casi è possibile un
adattamento anche a perimetri relativamente irregolari attraverso la programmazione di aperture e
chiusure di irrigatori insieme a variazioni di velocità.
L’ala imperniata è di regola a postazione fissa e, in queste condizioni, altamente automatizzata,
come funzionamento e sicurezze, riduce drasticamente l’impiego di mano d’opera, fino a 0,5 ore
uomo/ha campagna, anche se, certamente, non si può tacere come debba trattarsi di personale
altamente specializzato.
172
Figura 155
Esistono comunque, per lunghezze non eccedenti i 200m, anche versioni “mobili”. Per lo
spostamento, si ruotano di 90° le ruote si solleva la macchina in corrispondenza del pivot e la si
traina nella nuova postazione . Le macchine di questo tipo presentano in genere alte intensità e brevi
periodi di rotazione in maniera da poter servire, durante il turno, il maggior numero possibile di
postazioni.
L’impiego dell’ala imperniata presenta innegabilmente due grossi vantaggi: il bassissimo onere di
mano d’opera e la limitata spesa d’impianto, dell’ordine di 600 €/ha (prezzi 1984). Tuttavia la
“vocazione” monoculturale , l’esigenza di un reticolo fondiario tutto particolare, ampio e a maglia
quadrata, senza ostacoli di alcun genere, la presenza di “ritagli” non irrigati, l’elevato consumo
energetico, la scarsa adattabilità all’avanzamento su terreni argillosi, sono tutti svantaggi che per
certi ambienti agricoli, come ad esempio quello italiano, fanno intravedere prospettive tutt’altro che
favorevoli.
h) IRRIGATORI TRAINATI
Si tratta di macchine che hanno avuto, a partire dagli anni ‘70 e specialmente in Europa, una
larghissima diffusione. Esse prevedono l’impiego di un irrigatore ad alta pressione, funzionante a
settore (circa 270° - per consentire il ovimento sul terreno asciutto), montato su un carrello o su una
slitta e trainato lungo un determinato percorso da un cavo o dallo stesso tubo di alimentazione.
Caratteristiche comuni sono gli elevati valori di pressione (5-8 atm), di portata (10 - 30 l/s), di
gittata e di intensità di aspersione (10 – 40 mm/ora); l’effetto battente è spesso notevole, anche a
causa del basso grado di polverizzazione. La superficie coperta, per ogni postazione, può
raggiungere i 4ha (100m di larghezza per 400m di lunghezza). La diffusione degli irrigatori trainati,
senz’altro notevole, può essere spiegata dai costi di impianto per ettaro relativamente bassi e dallo
scarso impiego di mano d’opera (circa 0,3-0,5 ore uomo/ha adacquatura). Piena è la rispondenza
riguardo alle irrigazioni di soccorso per gli orari ridotti e la facilità di trasporto che consentono
tempestività negli interventi.
La figura 156 mostra un modello trainato da un cavo e alimentato da un tubo flessibile o floscio
(diam. 50 - 100 mm) trascinato dal carrello.
173
Figura 156
Figura 157
174
In Fig. 157 è indicato il modo di operare della macchina: con una trattrice si porta il carrello nella
posizione iniziale (A), si stende il tubo flessibile come in figura nonché il cavo di guida che viene
ancorato a fine corsa (B). Il movimento trasmesso come in Fig. 156, viene di solito prodotto da un
motore a pistone a doppio effetto alimentato dallo stesso flusso irriguo secondo lo schema di Fig.
158 con una valvola del tipo di quella di Fig. 159.
Il carrello retrocede così verso l’ancoraggio con velocità che possono essere regolate entro
un’ampia gamma (da 10 a 80 m/ora) consentendo la distribuzione di dosi più o meno grandi. A fine
corsa il movimento si interrompe automaticamente e per certi modelli, ancora automaticamente, si
interrompe il flusso irriguo.
Figura 158
Figura 159
In Fig. 160 è invece mostrato un irrigatore trainato dallo stesso tubo di alimentazione. Il modo di
operare è indicato nella successiva Fig. 161: il carrello viene posizionato tramite una trattrice nel
punto più lontano (A), con il tubo srotolato dall’aspo, a sua volta posizionato vicino alla linea di
alimentazione da cui preleva l’acqua tramite un idrante. L’irrigatore viene messo in funzione e
contemporaneamente “richiamato” verso l’aspo (B) che, ruotando, arrotola di nuovo il tubo. Giunti
in B, il complesso viene ruotato di 180° e si irriga, con le stesse modalità, la striscia opposta. Il
175
movimento, a velocità paragonabili a quelle prima indicate, avviene attraverso la rotazione
dell’aspo prodotta da una turbina funzionante secondo lo schema di Fig. 162.
li tubo alimentatóre-trainatore è montato, in certi modelli, sullo stesso carrello dell’irrigatore e il
tutto si autotraina verso un punto fisso ancorato all’alimentazione. In ogni caso il tubo è soggetto a
sforzi notevoli poiché viene arrotolato quando è in pressione e costituisce l’elemento più delicato e
costoso della macchina.
A fronte degli indubbi pregi, i limiti degli irrigatori trainati riguardano fondamentalmente l’effetto
battente e l’alta intensità, subordinatamente il grado di uniformità non sempre soddisfacente.
Figura 160
Figura 161
Figura 162
Trattandosi di macchine non soggette a sorveglianza continua, un inconveniente piuttosto grave
consiste nel pericolo di ribaltamento del carrello porta-irrigatore provocato dalla reazione del getto.
Il pericolo è tanto più ricorrente quanto più il terreno è argilloso, bagnato e non ben livellato, quanto
più il carrello è stretto e leggero, più alto l’irrigatore, più elevata la pressione al boccaglio.
i) IRRIGATORI ROBOT
L’irrigatore robot è stato introdotto per la prima volta in Francia nel 1973.
Un irrigatore ad alta pressione è montato su un telaio portato da ruote ed è guidato lungo un tubo
disposto ad anello, come in Fig. 163.
176
Il robot è mosso da un motore idraulico o elettrico da un idrante all’altro con una connessione e
sconnessione automatiche secondo una sequenza programmata.
La superficie irrigata dipende ovviamente dalla portata dell’irrigatore e dalla competenza continua.
Figura 163
177
3.6 IRRIGAZIONE LOCALIZZATA
a) GENERALITÀ
L’irrigazione localizzata consiste nel condurre l’acqua intubata in una fitta rete di punti del terreno
nei quali avviene lo sversamento di gocce o di sottili vene oppure la fuoriuscita di spruzzi o di
piccoli getti.
Il metodo rappresenta una risposta ideale alle esigenze irrigue di terreni a coltura intensiva in cui
l’economia dell’acqua sia un fattore essenziale. Nato in questo dopoguerra, esso è in genere più
diffuso in paesi sviluppati, in particolare in Israele (70 delle colture arboree), in Australia, in USA,
in Sudafrica. In Italia, introdotto da Celestre e superate ormai le prime fasi sperimentali, si è diffuso
con discreto successo.
Altre caratteristiche peculiari del metodo, oltre appunto alla localizzazione, sono:
-
una continuità o quasi-continuità dell’intervento irriguo, da cui l’altra denominazione
di “irrigazione continua”; la quasi-continuità consiste in interventi ad accentuata
frequenza (per es. giornaliera), prolungati e, comunque, a piccole dosi;
mantenimento nella zona bagnata di alti e costanti livelli di umidità, tramite il
frequente reintegro di quanto sottratto dall’ET;
valori di portata molto bassi che comportano una miniaturizzazione della rete
adacquatrice41 (da cui l’ulteriore denominazione di “microirrigazione” o “irrigazione
a microportate”).
L’irrigazione localizzata si applica con il massimo vantaggio, in termini di costo d’impianto e di
efficienza, alle colture arboree; la localizzazione è meno spinta per erbacee coltivate a file
abbastanza larghe nelle quali bisogna provocare il contatto fra le zone bagnate lungo la fila; il
concetto stesso di localizzazione, oltre che l’opportunità economica, si attenuano fortemente per
colture erbacee piantate a file ravvicinate perché, in questo caso, tutto il terreno deve essere
bagnato.
La classificazione più comunemente accettata distingue irrigazione a goccia e irrigazione a sorsi.
L’irrigazione a goccia è l’archetipo delle irrigazioni localizzate più spiccate le caratteristiche di
continuità e di microportata (fino 2 l/ora e anche meno) La relativa facilità di ostruzione degli
erogatori (goccio latori) è stato il motivo che ha condotto successivamente alla messa a punto delle
diverse varianti a sorsi. Fra queste si devono considerare la micropioggia, che risulta da una
miniaturizzazione degli impianti per aspersione sottochioma, e la microsommersione. Quest’ultima,
applicabile solo a colture arboree, consiste nell’alimentazione di conche tramite tubazioni
ascendenti, sostenute dalle piante o dalle armature, con uscite poste ad altezza appropriata per
essere assoggettate alla stessa pressione. Alcuni Autori, estendendo il concetto di localizzazione da
punti a linee, fanno rientrare nell’irrigazione localizzata la subirrigazione, l’irrigazione con tubi
essudanti, l’irrigazione con manichetta di plastica floscia sotto pacciamatura.
41
L’irrigazione localizzata è stata profondamente condizionata dallo sviluppo delle materie plastiche che ha permesso
di ottenere tubi di piccolo diametro, raccorderie ed erogatori a costi relativamente bassi.
178
b) VANTAGGI E SVANTAGGI
I vantaggi dell’irrigazione localizzata sono certamente numerosi e importanti:
- Favorevole regime idrico del suolo.
La somministrazione dell’acqua ad intervalli molto ravvicina i tonde mantenere nel suolo un
potenziale idrico ridotto e pressoché costane e quindi un’umidità costante ed elevata. Questo si
traduce, se, come sempre, a curva di risposta produttiva della pianta all’acqua è convessa verso
l’alto, in più alte produzioni.
La produzione infatti si può esprimere come funzione del potenziale medio dell’acqua nel suolo e
della sua variazione nel tempo
(
)
Y (Φ ) = Y Φ, Φ (t )
dove Φ è il potenziale totale, Φ è il potenziale medio nel tempo e Φ (t) è deviazione di Φ rispetto a
Φ.
Sviluppando in serie di Taylor Y (Φ) nell’intorno Φ = Φ fino al terzo termine e integrando rispetto
al tempo si ottiene
( )
Y = Y0 Φ +
σ 2 ∂ 2Y
2 ∂Φ 2
con Y0 ( Φ ) produzione con Φ costante e
σ=
1 T
2
Φ (t ) dt
∫
0
T
Il termine
σ 2 ∂ 2Y
2 ∂Φ 2
tiene conto delle variazioni di Y a causa delle fluttuazioni del potenziale dell’acqua. Se la curva Y
(Φ) è convessa, la derivata seconda è negativa e quindi il secondo termine va in sottrazione. Questo
significa che la produzione sarà massima quando saranno minimi gli scostamenti della tensione dal
suo valore medio (minimo valore di σ2), e quindi quanto maggiore sarà la frequenza
dell’irrigazione.
Tali conclusioni teoriche sembrano confermate sul piano sperimentale, poiché i confronti fra
irrigazioni turnate e irrigazioni continue si risolvono in genere a netto vantaggio delle seconde.
Non mancano tuttavia indicazioni opposte per alcuni fruttiferi (agrumi, avocado), per il cotone, per
il pomodoro, per le saccarifere (canna, barbabietola). In genere questi risultati negativi, soprattutto a
livello qualitativo (contenuto zuccherino, resistenza della fibra), sono connessi alla necessità di
interrompere l’irrigazione qualche decade prima della raccolta, operazione sostanzialmente
impossibile in “irrigazione continua”.
- Alta efficienza
Il fatto che l’acqua arrivi intubata all’erogazione, la ridotta e spesso ombreggiata superficie
evaporante, la notevole uniformità di distribuzione, la possibilità di dare precise e piccole dosi, la
179
facilità di evitare deflussi superficiali e profondi, fanno dell’irrigazione localizzata uno dei metodi
più efficienti. Tale efficienza è ovviamente tanto più elevata quanto maggiori sono i sesti
d’impianto. Specialmente nel caso di giovani alberi, la stessa ETp, con l’irrigazione localizzata,
risulta diminuita dalla ridotta evaporazione dal terreno per gran parte asciutto. Ammesso che la
zona bagnata si trovi comunque compresa entro la proiezione della chioma si possono applicare
all’ETp, ad esempio calcolata con uno dei metodi FAO, i coefficienti riduttori (Kr) della Tab. 44 in
funzione delle percentuali di copertura del suolo (CS) da parte delle piante. I coefficienti risultano
da medie di valori, peraltro poco dissimili, suggeriti da vari Autori (Keller, Karmeli, Freeman,
Decroix)
Tabella 44
CS (%)
Kr
10
0,15
20
0,25
30
0,35
40
0,45
50
0,65
60
0,75
70
0,85
80
0,95
80
1
100
1
- Ridotto impiego di mano d’opera e di energia.
Un impianto “localizzato” è normalmente fisso o stanziale e richiede quindi un basso impiego di
mano d’opera, senza contare la possibilità di facile automatizzazione. L’accesso al campo è sempre
possibile, anche durante l’intervento irriguo. Inoltre, dati i piccoli valori di portata e le basse
pressioni richieste, il metodo rappresenta spesso un’eccellente soluzione in termini di energia e di
potenza.
-
Possibilità, per la natura stessa del metodo, di utilizzare moduli piccolissimi.
-
Nessuna necessità di una sistemazione del terreno specifica per l’irrigazione. Nessun
pericolo di erosioni. Applicabilità a terreni di qualsiasi tessitura, anche con capacità
di drenaggio ridotta.
-
Flessibilità nelle operazioni di fertilizzazione. La somministrazione continua di
acqua permette, con operazioni semplici,una fertirrigazione che può seguire con
precisione le esigenze specifiche della coltura nelle diverse fase vegetative.
-
Riduzione delle malerbe e del relativo consumo idrico, con possibilità di diserbo
chimico attraverso l’acqua irrigua.
-
Riduzione del pericolo della salinità.
Questo effetto è dovuto all’abbassamento della concentrazione salina in forza del
mantenimento di un elevato contenuto di umidità e allo spostamento dei sali oltre la
zona di maggiore attività radicale verso il confine fra terreno umido e asciutto.
-
Facile automatizzazione
La rete fissa e le piccole portate consentono una facile automatizzazione (v. 3.6.h).
-
- Possibilità di impiego di acque fredde (piccole dosi).
180
A fronte di tutte queste caratteristiche positive esistono tuttavia alcuni problemi
relativi all’impiego del metodo:
-
Otturazione degli erogatori (v. 3. 6. g.)
-
Poiché l’apparato radicale tenderà a concentrarsi nella zona bagnata, se questa è
troppo piccola potrà aversi uno sviluppo inadeguato con conseguenze negative sul
piano produttivo e per la stessa “statica” della pianta. Fra l’altro apparati radicali
“abnormi”, insieme alle scarse riserve idriche nel terreno possono portare a
immediati e gravi danni da stress in caso di interruzioni a, erogazione, dovute, ad
esempio, a guasti nella rete. Pertanto si può affermare che, in irrigazione localizzata,
il rifornimento idrico, ancorché più modesto, deve essere assolutamente affidabile.
-
Problemi connessi alla salinità
Si è già detto che, qualora venga usata acqua salina, si ha accumulo di sali ai confini
della zona bagnata; questi sali possono essere spostati dalle piogge entro le zone di
sviluppo radicale e provocare uno shock osmotico: inoltre, in caso di
avvicendamento, le piante seminate successivamente, si trovano in ambiente con alta
e disuniforme concentrazione salina.
-
- Per taluni suoli, problemi di insufficiente areazione, tanto meno temibili quanto
meno “continuo” è l’intervento.
-
- Come per tutti gli impianti fissi è difficile eliminare gli ostacoli alle altre pratiche
colturali e al movimento delle macchine; ostacoli peraltro irrilevanti nel caso di
colture arboree.
-
- Costo abbastanza elevato. Nonostante l’elevato grado di utilizzazione degli
impianti, i costi di investimento si mantengono relativamente alti, senza contare il
più rapido degrado dei materiali. I costi si riducono però sensibilmente con
l’aumento dei sesti e, nelle colture arboree, ad esempio, risulta una netta convenienza
rispetto all’irrigazione a pioggia, anche con impianti semifissi.
e) INFILTRAZIONE LOCALIZZATA.
Per tutte le varianti di microirrigazione, ad eccezione della micropioggia (in cui l’ampiezza della
zona bagnata è “imposta” dalla gittata del microirrigatore), ha molto interesse lo studio
dell’infiltrazione che deriva da un’emissione puntuale (infiltrazione localizzata) e la valutazione dei
volumi di terreno bagnati che ne risultano. L’ampiezza e la forma del volume bagnato dipendono da
numerosi fattori: la velocità di infiltrazione, le forze capillari, la conducibilità idrica, l’umidità
iniziale del terreno, l’evapotraspirazione, la portata dell’erogatore, la dose distribuita, le variazioni
di tessitura lungo il profilo del suolo. I tentativi di impostare e risolvere matematicamente il
problema in funzione dei parametri ora detti hanno condotto a metodologie complesse e brigose e,
tutto sommato poco utili sul piano pratico. Ne è solo derivato qualche criterio-guida, ossia che:
-
il volume bagnato è più o meno proporzionale direttamente alla dose somministrata e
inversamente all’umidità iniziale del suolo;
il “raggio” della zona bagnata (R) è tanto maggiore quanto più grande e la portata
dell’emettitore e quanto più argilloso è il terreno. Anche qui, ovviamente, vale la
relaziona q= Vi A che determina l’area A necessaria per l’infiltrazione, area che però
181
-
si espande verso il terreno asciutto circostante per effetto della capillarità. Quindi nei
suoli argillosi R e più grande per un doppio motivo: perché A è maggiore e perché è
più ingente il sue estendersi per la più elevata capillarità. Gli effetti di un aumento di
q si riflettono sull’area bagnata in maniera pressoché direttamente proporzionale
(q = ViA) sui terreni sabbiosi, in maniera meno accentuata su. terreni argillosi.
Infine poiché Vi decresce nel tempo, si può dire che R è, almeno in una prima fase,
approssimativamente proporzionale a t .
la profondità di penetrazione (y) del fonte di bagnamento è strettamente correlata ad
R perchè il prodotto R2 y deve essere all’incirca proporzionale
In base a quanto ora detto, a parità di portata e dose risultano le situazioni illustrate in Fig. 164 (si
noti l’allargamento della zona bagnata al di sotto della superficie del suolo, dovuto ad una maggior
“compattezza” del medesimo - tale
allargamento è particolarmente accentuato nel terzo disegno).
Figura 164
Istruttive sono anche le figure 165 e166. Nella prima è illustrato l’andamento nel tempo del
“raggio” della zona bagnata per due tipi terreno e due valori di portata. La seconda permette di
osservare l’andamento dei fronti di bagnamento per due tipi di terreno, due portate e diversi valori
di volume d’acqua distribuito. Ovviamente il fronte di bagnamento cessa di avanzare quando si
interrompa l’erogazione oppure, proseguendo l’erogazione, quando la portata immessa eguagli la
portata evapotraspirata, il che può avvenire soltanto quando la prima sia molto piccola (irrigazione
continua).
Tutto quanto è stato esposto in questo paragrafo è finalizzato a stabilire il corretto numero di
erogatori per pianta nelle arboree e l’interdistanza degli erogatori sulla fila nelle colture erbacee.
182
Figura 165
Figura 166
183
Nel primo caso si tratta di fornire acqua alla parte più attiva dell’apparato radicale che si colloca
grosso modo (e non senza qualche eccezione) lungo la proiezione della chioma e ciò può essere
ottenuto con uno (la regola nell’irrigazione a sorsi), due, tre o quattro erogatori (Fig. 167). Nel
secondo caso si tratta di ottenere almeno una “tangenza” delle zone bagnate lungo la fila (Fig. 167).
Senza dimenticare l’opportunità di una sperimentazione diretta, peraltro estremamente semplice,
può servire come guida preliminare, oltre a quanto detto finora, la tabella 45, che fornisce i
“diametri” (D) delle zone bagnate per tre tipi di suolo e tre valori di portata in corrispondenza
all’erogazione di una dose di 40 mm sulla zona bagnata. In tabella sono anche riportate le dosi per
erogatore e gli orari. La profondità raggiunta dal fronte di bagnamento potrà essere calcolata in base
alla dose e alla differenza delle umidità (in volume) fra la capacità di campo e quella al momento
dell’intervento. I turni poi potranno essere facilmente stimati una volta nota l’ET.
Figura 167
Tabella 45
SUOLO
PORTATA
(l/ora)
2
4
8
SABBIOSO
D (m)
0,3
0,45
0,6
Dose (l)
2,8
6,4
11,3
FRANCO
o (ore)
1,4
1,6
1,4
D (m)
0,8
1,1
1,4
ARGILLOSO
Dose (l)
20
38
61,5
o (ore)
10
9,5
7,6
D (m)
1,1
1,4
1,8
Dose (l)
38
61,5
102
o (ore)
19
15,3
12,7
Un allargamento della zona bagnata, e quindi una modifica nei valori dei diversi parametri, è
ottenibile tramite la cosiddetta “pulse irrigation” in cui l’intervento, ad esempio giornaliero, è
suddiviso in alcuni brevi periodi di erogazione, intervallati da periodi di sosta.
184
d) RETE IRRIGUA
La progettazione di un impianto a microirrigazione è articolata nelle seguenti fasi:
-
determinazione dei vari parametri irrigui: orario, turno, dose, portata degli erogatori,
numero e loro disposizione;
disposizione delle linee addutrici e portaerogatori;
dimensionamento della rete nei suoi vari ordini;
disposizione degli accessori (filtri, fertilizzatori, riduttori di pressione ecc.);
eventuale automatizzazione dell’impianto (paragrafo h).
-
Il turno di irrigazione è normalmente giornaliero per la goccia, generalmente più lungo per le
varianti a sorsi; l’orario è invece subordinato al consumo idrico della pianta durante il turno (dose)
ed alla portata del gocciolatore (v. paragrafo precedente).
Il tracciato della rete generalmente non comporta grosse difficoltà, essendo spesso obbligato da
condizioni topografiche e colturali, nonché dalla posizione della fonte di approvvigionamento.
Il dimensionamento della rete è invece molto semplice. L’esigenza primaria per il buon
funzionamento di un impianto è quella di fornire ai singoli erogatori una pressione pressoché
costante e di valore pari a quello nominale. Per assicurare questa condizione è necessario conoscere
l’andamento altimetrico, la portata degli erogatori, il tipo di materiale che costituisce la tubazione (
coefficiente di scabrezza), la distanza fra gli erogatori, la lunghezza della linea, la presenza di pezzi
speciali (filtri, fertilizzatori, ecc.).
Quando all’interno della linea si verifichi moto laminare, le perdite di carico si possono calcolare
con una formula del tipo:
Y=L
Q
1356 D 1 + 0,034t + 0,0002t 2
4
(
)
con Y = perdita di carico, in m; L= lunghezza, in m; Q = portata, in cm3/s; D =diametro, in cm; t =
temperatura, in °C.
Si ricordi che si ha moto laminare quando il numero di Reynoids
Re =
V ρD
η
< 2000
(V = velocità media, D = diametro, ρ = densità del liquido, η = coefficiente di viscosità), oppure più
semplicemente, quando la velocità media V è:
V<
0,32
m/sec
D(cm )
(per acqua a 10°C). Così, a esempio, in linee porta-erogatori in PEBD (polietilene bassa densità)
PN4 (pressione nominale 4 atm) con diametro esterno di 16 mm e diametro interno di 12,8 mm, si
avrà moto laminare quando la velocità dell’acqua sarà inferiore a:
0,32
= 0,25 m/sec
1,28
185
Ancora se nel tubo da 1,8 cm la velocità media dell’acqua è di 0,25 m/sec, si avrà una portata
Q=Ω@V=
=
1,282 3,14
⋅ 25 = 32 cm3/s ≈ 116 litri/ora
4
questa portata corrisponde, ad esempio, a quella di:
 116 

 = 29
 4 
gocciolatori di portata unitaria 4 l/orae ciò vuol dire che se l’intedistanza è costante e pari ad
esempio a 2 m, Lmax, per avere moto laminare su tutta la linea, sarà di 29 @ 2 = 58 m.
Quando non si verifichi la condizione di moto laminare si dovranno usare le formule del moto
turbolento (di sicura applicazione quando Re > 4000). Fra queste quella di hazen – Williams è
preferibile a quella di Darcy:
Y = 12 ⋅109 ⋅ C −1,85 ⋅ q1,85 ⋅ d −4,87 ⋅ L
con Y = perdita di carico, in m; C = coefficiente di scabrezza ( per le tubazioni in PE, PVC e
polipropilene
C = 130 – 150); q = portata, in l/s; d = diametro interno, in mm; L = lunghezza della condotta, in m.
Nel caso di linee con diametro costante lungo le quali sono inserite ad intervalli regolari derivazioni
affette dallo stesso valore di portata , per calcolare le perdite di carico, si introduce un coefficiente F
che tiene conto della riduzione
di portata fra due derivazioni e del numero di derivazioni, la formula precedente diventa così:
Y = 12 ⋅109 ⋅ C −1,85 ⋅ q1,85 ⋅ d −4,87 ⋅ L ⋅ F
con F ricavabile dalla Tab. 46
Tabella 46
# Deriv.
F
1
1,000
2
0,639
5
0,457
10
0,402
20
0,376
30
0,368
40
0,364
50
0,361
100
0,356
Anche per le tubazioni di ordine superiore la principale esigenza da soddisfare nel
dimensionamento è quella di mantenere il più possibile costante la pressione agli imbocchi delle ali
e, via via, nelle diramazioni a monte. Poiché ora i valori di portata sono più elevati e le perdite di
carico più ingenti, è spesso necessario inserire organi idraulici (regolatori di pressione) che siano in
grado di assicurare in uscita una pressione costante.
Sono ovviamente da mettere in conto tutte le perdite di carico localizzate in corrispondenza di
diramazioni, innesti, derivazioni,organi di intercettazione (elettrovalvole, idrovalvole, saracinesche,
valvole di ritegno ecc.). La rispondenza della rete al progetto può essere verificata con manometri
inseriti in vari punti o tramite controlli periodici sugli erogatori.
186
Le condotte di una rete per microirrigazione possono essere interrate, appoggiate su terreno o, nelle
colture arboree, sospese sulle armature o sulle piante stesse. Affinché l’impianto irriguo costituisca
il minimo intralcio alle altre operazioni colturali, si può, caso per caso, scegliere una delle seguenti
soluzioni:
-
rete stanziale,completamente fuori terra, con ali porta-erogatori appoggiate sul
terreno o sospese alle piante o alle armature;
rete parzialmente sotterranea: condotte primarie, secondarie e terziarie interrate, ali
porta-erogatori appoggiate sulla superficie o sospese;
rete completamente interrata.
La rete stanziale,anche se spostabile (il lavoro può essere facilitato con bobinatrici), costituisce un
maggior intralcio e presenta un ammortamento più rapido, anche perché è più sottoposta a
danneggiamenti (ad es. per le ali sospese, durante la potatura e la raccolta). D’altro canto è meno
costosa e di più facile manutenzione.i e raccordi in plastica. I materiali più frequentemente usati
sono, per i tubi, il PVC e il Polietilene ad alta e a bassa densità, per i raccordi il PVC, il PEAD, il
Polipropilene, le resine acetaliche. Le loro caratteristiche fondamentali sono la facilità d’impiego
(per eseguire innesti, diramazioni, tagli ecc.), la notevole adattabilità all’andamento dei terreno o
lungo le linee aeree, la leggerezza, i bassi valori di scabrezza. In commercio è disponibile una.
gamma vastissima di diametri e classi di pressione completati dai relativi prezzi speciali e raccordi
di facile e sicura utilizzazione (curve, diramazioni, tappi, saracinesche, riduzioni, prese a staffa
ecc.).
Tutti i materiali impiegati vengono trattati con stabilizzanti e antiossidanti. Particolare attenzione
deve essere posta ai tubi destinati a funzionare fuori terra, soggetti a degradazione (infragilimento)
sotto l’azione degli agenti atmosferici, in particolare dei raggi ultravioletti. Per questo impiego, il
materiale più idoneo è ii Polietilene caricato con carbon black (concentrazione dal 2 al 3), estruso
con tensioni interne pressoché nulle e dotato di indice di fluidità (“melt index”) molto basso. La
colorazione nera impartita dal carbon black ostacola, fra l’altro,io sviluppo di alghe. Quantunque la
durata dei tubi esterni dipenda anche dalle sollecitazioni meccaniche subite (piegature,
bobinature.trazioni) e dai possibili.danneggiamenti, la vita media è stimabile nell’intorno di 10 anni.
Per tubazioni interrate, per le quali si presta ottimamente anche il PVC, si può indicare una vita
media di 20 -25 anni.
e)EROGATORI
Si distinguono gocciolatori (irrigazione a goccia), sversatori (irrigazione a sorsi), microirrigatori
(micropioggia).
Sul mercato sono disponibili parecchie decine di modelli di emettitori che si differenziano
essenzialmente per il tipo di percorso che l’acqua deve seguire all’interno, per il valore della portata
e l’ammontare delle sue variazioni in funzione del carico o, infine, per la presenza di dispositivi
particolari (gocciolatori autoregolanti, autopulenti,con possibilità di inserimento di convogliatori
ecc.). Le pressioni nominali sono in genere comprese fra 0,5 e 1,5 atm. (la scelta della pressione è
evidentemente collegata all’uniformità poiché in bassa pressione le perdite di carico possono essere
percentualmente elevate). Ogni erogatore è caratterizzato da una portata nominale, ottenibile col
carico prescritto dal costruttore. Tuttavia tale portata è garantita costante soltanto entro certi limiti,
poiché è impensabile un’assoluta uniformità tecnologica degli erogatori. La disomogeneità deriva
da molte cause:materia prima (PE, polipropilene, resine acetaliche) non appropriata al particolare
tipo di erogatore, piccoli difetti nello stampo, variazioni di pressione e di temperatura all’interno
dello stesso,formazione di sbavature ecc.. In fabbrica, su campioni
187
ottenuti tramite i procedimenti di randomizzazione del “Controllo di qualità”, si compiono misure di
portata a carico nominale e si calcola il coefficiente di uniformità tecnologica (Technological
Uniformity Coefficient)
 σ 
TUC = 1 −  100
 qm 
(σ = scarto quadratico medio; qm= portata media)
In sede di progetto si valuta l’EUC = emission uniformity coefficient:
EUC = (TUC )
qmin
qm
ove qmin è la portata teorica dell’erogatore più sfavorito e qm la portata media teorica, entrambe
reperibili sulla curva caratteristica q = f(h) della portata in funzione del carico che dovrebbe essere
fornita dal costruttore.
In campo le cose cambiano ancora, sia per la non perfetta rispondenza delle pressioni a quelle di
progetto, sia per le variazioni di temperatura (viscosità, tensione superficiale). In sede di collaudo e
di funzionamento, benché non esistano standardizzazioni, si opera generalmente su quattro ali (con
riferimento alla pressione, due estreme e due intermedie) e su cinque erogatori per ala (all’inizio, a
1/4, a 1/2, a 3/4 e alla fine). Con misure di portata sui 20 erogatori indicati si valuta il coefficiente di
uniformità con la stessa formula del TUC. Valori superiori al 90% sono in genere considerati
soddisfacenti.
L’uniformità di distribuzione dipende in larga misura anche dalla sensibilità dell’erogatore alle
variazioni di carico, sensibilità che si qualifica con la curva caratteristica q = K hn. Negli erogatori
autoregolanti n è teoricamente
zero, in quelli in regime turbolento n ≡ 1/2, in quelli in regime laminare n = 1. In regime laminare vi
può essere, come è noto, una dipendenza dalla temperatura.
Un gocciolatore deve in ogni caso assolvere alla funzione di erogare una piccola e costante portata
sotto l’azione di un carico relativamente elevato. Ciò può essere ottenuto con un lungo percorso di
piccola sezione (microtubi, gocciolatori a spirale e a labirinto) o con piccoli orifizi o dissipando la
pressione attraverso un’azione di vortice (gocciolatori a turbolenza). I tipi più diffusi sono i
seguenti.
-
Microtubi: si tratta di tubicini flessibili di plastica (diam. interno 0,5 - 1,5mm),
talvolta arrotolati
(pre-coiled) sull’ala. Con un semplice riferimento alla formula di Hazen - Williams
si capisce che, per un dato diametro, la portata del microtubo può essere mantenuta
costante, per vari valori di pressione, semplicemente aggiustando la sua lunghezza (e
ciò vale anche se il regime, come spesso accade, è laminare).
188
Figura 168
I manuali riportano diagrammi come quello di Fig. 168 che semplificano il lavoro progettuale. I
microtubi, che costituiscono senza dubbio una soluzione semplice ed economica, sono
frequentemente usati in serra e per colture arboree, specialmente su morfologie ondulate; per le
colture erbacee, ove le ali vanno rimosse al momento della raccolta, non costituiscono certamente la
soluzione più appropriata. I TUC dei microtubi si aggirano sul 95%, con una
tendenza a decrescere per i diametri più piccoli La dipendenza della portata dalla temperatura è
evidenziata dai coefficienti maggiorativi di Tab. 47.
Tabella 47
t (°C)
D (mm)
0,5
0,6
0,7
0,8
0,9
1,0
1,1
-
20
30
40
50
100
100
100
100
100
100
100
110
108
106
105
104
104
104
120
115
112
110
108
107
107
125
122
117
115
112
111
110
Gocciolatori a spirale (interna) e a labirinto: si tratta ancora di gocciolatori “a lungo
percorso” in cui la perdita di pressione è garantita appunto da una lunga sottile
spirale o da un labirinto ottenuti su un cilindro (Fig. 169, Fig 170, Fig. 171), su un
cono o su un piano (Fig. 172).
189
Figura 169
Figura 170
Figura 171
Figura 172
Il labirinto è comunque preferibile alla spirale per le maggiori sezioni più
difficilmente ostruibili. Le caratteristiche principali sono: pressione 0,5 - 1,5 atm,
portata 2-10 l/ora, TUC 91 - 97, esponente n della curva caratteristica 0,6 - 0,8. Per i
modelli lungolinea vengono fornite anche ali con i gocciolatori già predisposti alla
distanza desiderata. Esistono varianti “a inserzione” differenziata (schema di Fig.
173) che consentono di mantenere costante la portata su un ampio spettro di pressioni
e varianti autoregolanti/autopulenti.
L’autoregolazione (n, in pratica, fino a 0,1) viene ottenuta (Fig. 174) con la maggiore
o minore aderenza di un disco flessibile in funzione di una maggiore o minore
pressione dell’acqua; l’autopulizia si verifica con le portate più elevate che si
ottengono all’avvio dell’impianto e a fine irrigazione quando la pressione è più
modesta. In alcuni modelli, come quello di Fig. 174, un flusso pulente può essere
ottenuto durante l’irrigazione semplicemente premendo l’alberino indicato in figura.
Figura 173
190
Figura 174
-
Orifizi. La soluzione più semplice potrebbe apparire quella di impiegare tubi
forati,però l’uniformità di distribuzione risculta il più delle volte inaccettabile per la
difficoltà di ottenere fori esattamente uguali e di mantenere la pressione nel tubo
entro variazioni ragionevoli. Si preferisce allora ricorrere all’inserzione di piccoli
boccagli che comunque conducono a portate piuttosto alte. Infatti, se si volesse
ottenere una portata “di gocciolamento”, ad esempio di 2 l/ora, con una pressione di
un’atmosfera (q = 0,5 - 0,7 SIMBOLO) si dovrebbe impiegare un diametro del
boccaglio di 0,1 mm, sostanzialmente irrealizzabile con accuratezza e uniformità. I
boccaglini si riferiscono quindi, di regola, all’irrigazione a sorsi. Essi sono spesso
muniti di un piccolo schermo per annullare l’energia cinetica del getto.
-
Gocciolatori a turbolenza. L’acqua entra tangenzialmente in una camera cilindrica
(Fig. 175) ed è costretta ad un’intensa turbolenza; si hanno così le perdite di carico
desiderate con portate piccole, malgrado le dimensioni ragguardevoli dell’ingresso e
dell’uscita della camera e quindi la ridotta tendenza alle ostruzioni (a parità di
portata e di pressione queste dimensioni sono quasi doppie di quelle di un semplice
orifizio). Portate piccolissime sono comunque difficilmente ottenibili
(min.4 l/ora), i TUC sono compresi fra il 93% e il 98%, n fra 0,35 e 0,40.
L’influenza delle variazioni di temperatura è ovviamente nulla.
Figura 175
191
-
Tubi a doppia camera. Il sistema, illustrato in Fig. 176, consiste in due tubi di
plastica, uno per il trasporto dell’acqua e l’altro per la distribuzione. Sul tubo interno
sono praticati fori relativamente ampi (0,5 - 0,8 mm), piuttosto distanziati (1 - 3,5
m); la pressione è compresa fra 5 e 15 m. Nel tubo esterno i fori, simili ai precedenti,
sono in numero da 5 a 10 volte superiore; la pressione si riduce a poche decine di cm
e le portate risultano adeguatamente ridotte. Analiticamente, con riferimento alla Fig.
176, si ha (fori interni ed esterni eguali, in rapporto di 1 a N, di area Ω; µ- =
coefficiente di efflusso):
Q = µΩ 2 g (H − H 0 );
q = µΩ 2 gH 0 ; Q = Nq
2 g (H − H 0 ) = N 2 gH 0 ; 2 g (H − H 0 ) = N 2 2 gH 0 ;
H0 =
H
2 gH
; q = µΩ
2
N +1
N 2 +1
(
)
Figura 176
f) FILTRAGGIO
Fra i principali inconvenienti dell’irrigazione localizzata è stato già citato il problema
dell’intasamento degli erogatori. Questo fenomeno da una parte comporta gravi diminuzioni di
uniformità, dall’altra determina un aumento dei costi di esercizio per il controllo, la pulitura e,
talvolta, la sostituzione degli erogatori.
Gli agenti che possono provocare l’intasamento degli erogatori, sono di natura fisica, chimica e
biologica.
Gli agenti fisici sono rappresentati dalle particene minerali convogliate in sospensione dall’acqua
(torbide) e da altri materiali come residui di insetti morti, frammenti vegetali, metallici e plastici
ecc.
Gli agenti chimici sono costituiti da sostanze diluite in acqua che, in particolari condizioni, possono
dar luogo a precipitati. Il caso più frequente deriva da un alterato equilibrio carbonati-bicarbonati
(variazioni di pH, variazioni di pressione, variazioni di temperatura, aggiunta di fertilizzanti) che
genera precipitati calcarei o magnesiaci. Altre volte si possono formare sedimenti ferrici associati,
ad esempio, alla corrosione di elementi metallici della rete irrigua, oppure sedimenti generati dalla
flocculazione di sostanze colloidali presenti nell’acqua.
Gli agenti biologici sono rappresentati da microrganismi, prevalentemente alghe, che in particolari
condizioni si sviluppano all’interno delle reti, o, talora, da piccoli insetti che, penetrando, alla
ricerca di acqua, nell’erogatore ne
determinano l’ostruzione.
Abbastanza di frequente l’intasamento è provocato da un’interazione chimico-biologica. Ad
esempio, in presenza di solfuri, si può avere la formazione di una sostanza biancastra e gelatinosa
192
costituita da un complesso organico solfo-batterico derivante dall’ossidazione H2S in presenza di
tio-batteri ossidanti (Thiotrix nivea o beggiatoa). Un altro esempio è costituito da melme
filamentose derivanti da ossidazione di ione ferroso solubile in ione ferrico insolubile associata alla
presenza di ferrobatteri (Gallionella ferruginea, Leptohrix ochracea, Toxothrix tricogenes).
Una volta nota la qualità dell’acqua impiegata e scelto oculatamente il tipo di erogatore, i mezzi
tecnici, variamente combinati, per prevenire gli intasamenti sono costituiti da:
-
vasche di decantazione
dissabbiatori centrifughi
filtri a rete
valvole di scarico
gocciolatori autopulenti
Le comuni vasche di decantazione, abbastanza costose e ingombranti, tornano utili per far
sedimentare le torbide e per produrre, tramite l’aerazione, precipitazione di carbonati, composti
ferrici, solfuri. Per le vasche, specialmente
se scoperte, è spesso necessario il controllo della formazione delle alghe.
I dissabbiatori (idrocicloni) sfruttano la forza centrifuga per separare i materiali più pesanti
dell’acqua, risultando pertanto inefficaci verso la maggior parte dei solidi organici. Le massime
prestazioni garantiscono l’espulsione del
98% del materiale >35 µ.
I filtri a rete metallica o in nylon sono efficaci verso le particelle minerali fino a un limite di 50 µ
corrispondente a una rete da 270 mesh (1 mesh = 1 maglia per pollice lineare). La rete metallica
(acciaio inossidabile) ha il pregio di essere più robusta, quella di nylon è più inalterabile e essendo
meno rigida, durante le fasi di controlavaggio, vibra più intensamente e si libera più facilmente dei
materiali che la ostruiscono. I filtri a rete, negli impianti di filtraggio centralizzati, accompagnano
sempre gli idrocicloni e i filtri a graniglia e anche, eventualmente, i fertilizzatori. Esistono tuttavia,
e talvolta risultano assai utili, modelli di piccole dimensioni da porre in testa alle ali. La pulitura dei
filtri a rete si fa in genere per inversione di flusso, con valvola di spurgo e by-pass (Fig. 177).
Figura 177
I filtri a graniglia sono costituiti da grossi contenitori riempiti di graniglia disposta a strati a tessitura
decrescente nel senso del moto dell’ acqua. Tali filtri “antialghe” sono efficaci contro gli agenti
biologici, purché il loro sviluppo, ovviamente, si verifichi a monte del filtro. La necessità di
controlavaggio è tuttavia assai frequente.
Valvole di scarico oculatamente dislocate nei punti più bassi e terminali delle reti sono
estremamente efficaci contro le particelle minerali inferiori a 50 µ. , che sfuggono ai normali gruppi
di filtraggio. Tali particelle, finché l’impianto è in funzione, non creano problemi, ma, durante le
soste, esse sedimentano formando pellicole di concrezioni. Non appena si rimette in funzione
rimpianto le pellicole, che non aderiscono bene alla plastica, si frantumano in scagliette assai
pericolose se non si provvede, appunto, a eliminarle con valvole di scarico.
193
Infine i già visti gocciolatori autopulenti, di solito abbastanza efficienti, potranno essere impiegati
tutte le volte che ve ne sia convenienza economica.
I trattamenti chimici contro i precipitati e i microrganismi, sempre costosi, non sempre danno
risultati soddisfacenti. Qualche successo si è conseguito con iniezioni di HCL (~3000 ppm) per
disincrostare dai carbonati; contro l’azione dei tiobatteri ha del pari dato buona prova il doro (~ 10
ppm), contro le concrezioni ferriche ha dato risultati alterni l’H2SO4.
Trattamenti periodici con acqua o aria a forte pressione (8-10 atm) possono disintasare
efficacemente gli erogatori, ma non sempre gli impianti stessi possono sopportare tali pressioni.
g) FERTIRRIGAZIONE
La fertirrigazione è la tecnica di concimazione che utilizza l’acqua di irrigazione come veicolo per
il trasporto degli elementi nutritivi previo dosaggio con particolari apparecchiature.
I vantaggi che derivano dall’uso di questa tecnica sono di ordine sia agronomico che economico; fra
i primi si ha:
-
assenza di costipamento del terreno;
possibilità di intervenire in qualunque periodo dell’anno;
frazionamento degli apporti in rapporto alle esigenze momentanee della pianta;
migliore utilizzazione dei concimi presenti sotto forma acquosa, quindi più
facilmente assimilabili;
migliore ripartizione dell’azoto sul profilo esplorato dalle radici;
diminuzione delle perdite di azoto per lisciviazione;
fra i secondi:
-
-economia di mano d’opera e migliore utilizzazione dell’impianto irriguo;
-possibilità di dosare il concime con grande precisione;
-migliore utilizzazione dell’unità fertilizzante (per ottenere lo stesso effetto con la
concimazione tradizionale occorrono più unità).
Gli svantaggi che possono derivare da questa tecnica possono essere (a parte il costo delle
attrezzature per l’immissione del concime):
-
-
problemi di intasamento degli erogatori dovuti alla formazione di precipitati
insolubili in presenza di acque ricche di sali di calcio e magnesio e con l’uso di
alcuni fertilizzanti (nitrato ammonico, nitrato di calcio, fosfato ammonico, sali di
potassio);
problemi legati alla variazione del pH della soluzione causata principalmente da un
eccessivo dosaggio degli elementi fertilizzanti.
Riguardo alla tecnica di fertirrigazione occorre precisare innanzitutto il metodo di iniezione dei
concimi. I dispositivi di immissione possono essere suddivisi in due classi: quelli che utilizzano per
il proprio funzionamento una parte dell’energia posseduta dal liquido e quelli che richiedono
un’altra fonte di energia.
I primi comprendono:
194
-
Dispositivi a canale di Venturi. In questo tipo il passaggio dell’acqua in un Venturi
crea una depressione locale che provoca l’aspirazione di una certa quantità di
concime presente in un serbatoio di miscelazione.
Dispositivi piazzati all’aspirazione di una pompa. La vasca contenente la soluzione
concimante è collegata con un tubo all’aspirazione della pompa che alimenta
l’impianto, la regolazione si ottiene mediante una valvola inserita nel tubo di
collegamento. (Fig. 178).
Figura 178
-
-
Dispositivi a diaframma. In questo sistema l’inserimento di un diaframma provoca
una perdita di carico localizzata che permette la circolazione in un circuito esterno,
comprendente il serbatoio del fertilizzante a tenuta stagna, gli organi di regolazione e
le tubazioni di collegamento, (Fig. 179).
Dispositivi a pistone idraulico. In questo caso si utilizza una frazione di portata per
azionare un motore a pistone a doppio effetto collegato, a sua volta, con una pompa a
pistone.
Figura 179
Nella seconda classe rientrano vari tipi di apparecchi a iniezione azionati normalmente da motori
elettrici. Si impiegano in genere pompe a pistone, più raramente pompe rotative.
La portata di iniezione della soluzione fertilizzante può essere calcolata con la seguente formula di
Keller-Karmeli:
Qi = F A / C T t
195
In cui:
Qi = portata di iniezione della soluzione liquida nel sistema in l/h.
F= quantità di fertilizzanti per ogni ciclo di irrigazione in kg/ha.
A = area irrigata durante t, in ettari.
C= concentrazione di sostanze nutritive nel fertilizzante liquido in kg/l.
t = durata dell’irrigazione in ore.
T= rapporto tra il tempo di fertilizzazione e la durata dell’irrigazione (di solito si adotta
il valore 0,8).
In definitiva la portata di iniezione è strettamente collegata alla concentrazione del fertilizzante
liquido e alla quantità di elementi nutritivi da distribuire durante l’iniezione. Durante le operazioni è
necessario attenersi ad alcune regole fondamentali per il buon funzionamento dell’impianto e per
una maggiore efficacia:
-
interrompere la fertilizzazione prima che termini l’irrigazione in modo da permettere
il lavaggio della rete;
non superare la concentrazione di 2-4000 ppm per non provocare danni all’apparato
radicale; le concentrazioni raccomandate non superano normalmente le 1000ppm.
Occorre ora precisare altri aspetti relativi alla fertirrigazione e quali siano i concimi raccomandabili
in riferimento alla microirrigazione.
La somministrazione di azoto può avvenire sotto forma nitrica o ammoniacale. L’azoto
ammoniacale viene rapidamente immobilizzato nel complesso di scambio, per cui non sono da
temere perdite per lisciviazione. Bisogna però sottolineare alcuni aspetti negativi derivanti
dall’assorbimento diretto di ioni ammonio da parte della pianta, quali un abbassamento del pH nel
terreno a seguito dell’emissione di ioni idrogeno dalle radici, che può portare a sua volta alla
liberazione di alluminio. L’azoto nitrico invece è molto mobile nel terreno consentendo una
distribuzione rapida e uniforme di tale sostanza nella zona delle radici. L’inconveniente maggiore in
tal caso può essere rappresentato dalle perdite per lisciviazione, ma l’irrigazione localizzata è
capace di minimizzare tale svantaggio, come pure quello relativo alla denitrificazione dovuta a un
ambiente altamente anaerobico.
Dal puntò di vista fisiologico l’assorbimento di nitrati favorisce a sua volta l’assunzione di cationi,
come ad esempio il potassio. A prescindere dalla forma di somministrazione, i fertilizzanti azotati
non determinano generalmente problemi tecnici connessi con la formazione di precipitati lungo le
condutture, e in prossimità dei gocciolatori, mentre bisogna porre attenzione nel caso che ad essi
vengano associati composti a base di fosforo. La somministrazione del fosforo tramite l’irrigazione
localizzata viene spesso sconsigliata poiché i suoi composti tendono a formare precipitati stabili con
il calcio, magnesio e ferro contenuti nell’acqua, compromettendo la funzionalità dell’impianto.
Qualora la qualità dell’acqua ne consentisse l’impiego bisognerà stare attenti, come già detto, che
non si verifichino reazioni di insolubilizzazioni con gli altri fertilizzanti presenti. D’altra parte il
fosforo è un elemento poco mobile e una volta arrivato nel terreno è soggetto a rapida
insolubilizzazione conseguente a reazioni con il calcio, per cui rimarrebbe limitato allo stato
superficiale del terreno. Da queste considerazioni deriva come, sopratutto in terreni ricchi di calcio,
sia consigliabile insistere con concimazione di fondo per avere una dotazione sufficiente nel terreno
di tale elemento.
Riguardo al potassio, la somministrazione tramite l’acqua irrigua non presenta in genere problemi
tecnici connessi alla solubilità dei suoi sali. Anche il potassio, come l’azoto ammoniacale, viene
rapidamente bloccato nel terreno dal complesso di scambio, venendosi così a creare una situazione
di equilibrio dinamico con il potassio presente nella soluzione circolante e immediatamente
disponibile per le radici.
196
Per quanto concerne i microelementi, in genere viene sconsigliata la loro somministrazione con il
metodo a goccia. Infatti tali composti reagiscono con le impurità presenti e poiché sono
estremamente diluiti nell’acqua di irrigazione le quantità di microelementi disponibili per le piante
divengono molto esigue.
La somministrazione di elementi nutritivi può essere effettuata tramite fertilizzanti semplici o
complessi. In ogni caso la prerogativa essenziale per il loro impiego è che siano altamente solubili
in acqua. Tra i fertilizzanti azotati si ricorda innanzitutto il nitrato ammonico, composto molto
solubile, particolarmente indicato per gli impianti a goccia. Anche il nitrato di calcio è indicato per
la sua solubilità e specialmente per i terreni acidi, ma è sconsigliato nel caso si proceda
contemporaneamente alla somministrazione di fertilizzanti fosfatici. L’urea è una buona fonte di
azoto, ma il suo impiego viene talvolta sconsigliato nei sistemi a goccia poiché può provocare
acidificazione nel suolo; inoltre sciogliendosi nell’acqua irrigua può determinare la precipitazione
di sali di calcio e magnesio. L’uso dell’ammoniaca anidra o della soluzione acquosa “acqua
ammoniaca” (24-0-0) è abbastanza diffuso nella fertilizzazione, ma non è molto consigliato nella
fertirrigazione localizzata a causa delle perdite per volatilizzazione e dei problemi connessi alla
precipitazione di Ca e Mg nell’acqua d’irrigazione a causa di variazioni dei pH. Altre fonti di azoto
sono poi costituite dal solfato di ammonio, fortemente solubile e raccomandato in ambienti alcalini
e dal nitrato di potassio che, pur avendo una solubilità limitata, costituisce anche un’importante
fonte di potassio.
Tra i fertilizzanti potassici si può impiegare oltre al nitrato anche il solfato di potassio. Per quanto
concerne i fertilizzanti fosfatici sono sconsigliabili il perfosfato e il superfosfato triplo data la
loro:bassa solubilità; più solubili sono invece i diversi tipi di fosfato di ammonio (monoammonio e
biammonio) con i quali, però, si somministra l’azoto soltanto in forma ammoniacale. Un composto
cui occorrerebbe prestare attenzione è il bifosfato di potassio che sembra
essere una fonte soddisfacente di potassio e fosforo. Vi è poi la possibilità di impiegare miscele di
fertilizzanti liquido o in polvere. Quando si usano quest’ultime bisogna fare attenzione che siano
adatte all’irrigazione a goccia: si deve trattare cioè di composti molto solubili che producono
soluzioni tanto stabili da non creare problemi di intasamento nelle condutture e nei gocciolatori. I
complessi liquidi sono in genere adatti agli impianti a goccia e possono essere reperiti in diversi
rapporti N-P-K.
Una delle raccomandazioni più importanti è quella di intervenire mediante una fertilizzazione
continua. La somministrazione continua degli elementi fertilizzanti, intesa come apporto del
fabbisogno annuo della pianta somministrato in dosi costanti durante tutta la campagna irrigatoria,
non presenta particolari difficoltà operative, tranne nel caso di forti fabbisogni uniti a una corta
campagna irrigatoria. In questo caso, per non aumentare eccessivamente la concentrazione degli
elementi nell’acqua di irrigazione (danni all’apparato radicale), è necessario provvedere alla
somministrazione di un parte di essi con metodi tradizionali (in particolare per il P e il K). Questi
problemi sono, d’altra parte, maggiormente sentiti quando si somministrano gli elementi secondo i
ritmi di assorbimento della pianta, in quanto esistono delle richieste elevate in certi periodi che
comporterebbero concentrazioni eccessive.
h) AUTOMATIZZAZIONE
L’automatizzazione di un impianto di distribuzione idrica consiste nell’esecuzione automatica delle
operazioni che altrimenti avrebbe fatto l’uomo; questo in pratica si traduce in una riduzione del
carico di mano d’opera.
Le possibilità di operare sono moltissime; il grado di automatizzazione che si vuole raggiungere è
strettamente legato al costo dell’impianto, alla sua utilizzazione ed alla preparazione dell’operatore
(è da tener presente che il costo dei vari elementi che compongono l’impianto di automatizzazione
197
aumenta notevolmente con le portate di erogazione e quindi, in questo senso, sono favoriti
notevolmente gli impianti a microportate).
Il caso più semplice è costituito dall’uso di valvole automatiche a funzionamento idraulico o
elettrico che interrompono il flusso d’acqua un volta che è passato o un certo tempo o un certo
volume d’acqua (elettro o idrovalvole a tempo o a volume ); l’interruzione del flusso può
comandare, tramite un pressostato, l’esclusione del motore. Questo schema può essere applicato ai
diversi settori in cui è stato diviso l’impianto e quindi il funzionamento può essere continuo o
periodico (giornaliero, settimanale ecc.) con comando manuale o mediante timer. Gli stadi
successivi prevedono l’uso dei sensori (possono essere applicati ai contatori volumetrici, ai
tensiometri, alle vasche evaporimetriche, a psicrometri, anemometri ecc.) che inviano le
informazioni a una centrale di comando dove tramite l’elaborazione si provvede
alla compilazione di un bilancio idrologico e quindi, con l’erogazione, all’annullamento del deficit.
Le apparecchiature necessario per l’automatizzazione sono ormai disponibili e sufficientemente
messe a punto, comunque la tecnica ha .dei limiti imposti dalla complessità dei fenomeni che
intervengono nei processi evapotraspirativi e quindi nella difficoltà di trovare delle relazioni che
leghino le decisioni sull’intervento irriguo ad una o poche grandezze fisiche facilmente misurabili;
inoltre un impianto di questo tipo ha ancora dei costi di impianto e manutenzione molto elevati e
richiede personale altamente qualificato.
198
3. 7 SUBIRRIGAZIONE
a) SUBIRRIGAZIONE FREATICA.
La subirrigazione freatica consiste nell’invertire la funzione dei dreni (fosse aperte o condotte
interrate) da emungitrice d’acqua ad adacquatrice .
In terreni di pianura, le reti superficiali di drenaggio (scoline, capofossi, collettori di bonifica dei
vari ordini), stanti le limitatissime pendenze, sono frequentemente utilizzate sia per trattenere
l’acqua nelle ultime fasi della stagione piovosa (con sistemi di paratoie), sia per condurre senz’altro
l’acqua irrigua, invertendo il moto rispetto alla situazione di drenaggio.
La subirrigazione freatica si ottiene pertanto mantenendo piene d’acqua le scoline (o i dreni
sotterranei) in modo da rifornire la falda freatica e da conservare il suolo per gran parte saturo
d’acqua. Questo regime si può mantenere ovviamente solo se si possono effettivamente pilotare i
livelli della falda freatica, situazione che si verifica ad esempio nei polder olandesi, nelle pianure
intorno ai grandi laghi nordamericani e in altri pochi casi.
Ci si può riferire allo schema di Fig. 180, che in sostanza ribalta il caso delle “fosse parallele”
studiate in idraulica generale.
Figura 180
Si abbia un terreno perfettamente orizzontale sottoposto ad un’evapotraspirazione ET. Si indichi
con Y la profondità dello strato impermeabile (anch’esso orizzontale), con d la profondità massima
ammessa per la falda e con L la metà della distanza fra le fosse. Fissati due assi cartesiani come in
figura si consideri una generica sezione AB alta y , di ascissa x. A regime, la portata che passa
attraverso AB si può pensare eguale a quella che evapotraspira da A’C; in simboli (dimensione
normale al disegno unitaria).
ET ⋅ x ⋅ 1 = y ⋅ 1 ⋅ K s
dy
dx
(ipotesi Dupuit)
ET ⋅ x ⋅ dx = K s y ⋅ dy
x2
ET
2
L
0
y2
= Ks
2
Y
Y −d
199
(
( )
ET L2 = K s Y 2 − (Y − d )
2
(
ET ⋅ L2 = K s − d 2 + 2Yd
L2 =
(
Ks
2Yd − d 2
ET
)
)
)
La formula mostra immediatamente come sia più facile subirrigare terreni permeabili (L grande),
allo stesso modo di quanto avviene per il drenaggio. D’altra parte, i movimenti nella zona non
satura sono difficili nei terreni permeabili e occorre tenere d relativamente piccolo. La formula
trovata è di immediata applicazione. Sia ad esempio
Y = 5 m, d = 1 m, ET = 3 mm/giorno, Ks = 10 mm/ora
L2 =
(
)
Ks
240
(10 − 1) = 80 ⋅ 9 = 720 m2; L = 720 ≅ 27 m
2Yd − d 2 =
ET
3
b) SUBIRRIGAZIONE CAPILLARE
Diversa è la situazione nel caso di subirrigazione “capillare”. Qui si opera in terreno non saturo e si
confida sui movimenti capillari perché l’acqua che fuoriesce da una fitta rete di tubi sotterranei (da
fessure, fori, giunti, porosità ecc…) raggiunga le radici delle piante. In un certo senso si potrebbe
parlare di “infiltrazione” laterale, anziché da solchi, da tubi subadacquatori. D’altra parte qualora
non si tenda ad umettare uniformemente il terreno ma, come nel caso
delle colture arboree, si concentri l’erogazione del subadacquatore in corrispondenza delle piante, si
può parlare di una irrigazione localizzata sotterranea.
Nel recente passato sono stati sperimentati (Tournon) tubi di plastica deformabili, di piccolo
diametro (10 -20mm), muniti di tagli ottenuti senza asportazione di truciolo.Queste fenditure
funzionano come piccole valvole, aperte quando il tubo è in pressione, chiuse quando l’impianto è a
riposo.
Molto interessanti sono i tubi porosi (“essudanti”) tradizionalmente di terracotta (“pitcher”
irrigation), oggi più frequentemente di plastica porosa (polietilene, PVC o ABS porosi), per la loro
possibilità di autoregolazione. Infatti la loro portata è governata , oltre che dal carico idraulico cui
sono eventualmente sottoposti, anche dalle “necessità” del terreno che si esprimono attraverso la
sua tensione. Il limite principale dei tubi porosi sta nel difficile “controllo” della porosità che si
traduce in una variabilità, talora inaccettabile, della portata nonché in una spiccata tendenza
all’intasamento.
Le caratteristiche di un impianto subadacquatore sono indicativamente le seguenti:
-
intervento continuo o quasi:, corpi d’acqua spesso coincidenti con le competenze
continue;
profondità dei tubi subadacquatori minima possibile, compatibilmente con le
lavorazioni (30- 50 cm);
interassi fra gli adacquatori compresi fra 1 e 3 m, a seconda del terreno e delle
colture (l’indicazione non vale per le arboree);
alimentazione a bassa pressione (fino a 3- 4m) alle due estremità tramite tortini di
carico.
200
La subirrigazione presenta certamente tutti i vantaggi degli impianti fissi, comporta l’assenza di
ostacoli e tare superficiali e consente l’impiego di piccolissime portate a bassa pressione. Tuttavia
gli svantaggi abbastanza gravi (alto costo, necessità di disintasamenti, ostruzioni da parte delle
radici) ne hanno limitato fortemente l’impiego.
201
3.8 IRRIGAZIONI IMPROPRIE
a) IRRIGAZIONE ANTIGELO
La gelata è un fenomeno meteorologico che può manifestarsi in diversi periodi e per diverse cause.
A seconda del periodo si possono considerare:
-
gelate precoci (durante la fine del ciclo vegetativo);
gelate invernali (durante il riposo vegetativo);
gelate tardive (durante la ripresa vegetativa);
La causa può essere l’irraggiamento notturno o una perturbazione meteorologica.
Nei nostri ambienti acquistano particolare importanza, dato l’estendersi di colture arboree
caratterizzate da una precoce ripresa vegetativa, le gelate tardive per irraggiamento notturno
concomitanti, a volte, con perturbazioni .meteorologiche.
L’irraggiamento notturno da parte della superficie suolo-soprasuolo verso lo spazio causa il
raffreddamento della superficie stessa, dell’aria che è a contatto delle piante e, per ultimo e più
lentamente, del terreno.
La perturbazione meteorologica causa un flusso di aria fredda nella zona con conseguente
raffreddamento degli elementi con cui viene a contatto.
I danni che le gelate provocano sulla vegetazione possono essere di diversa natura ed entità e
interessare i diversi organi delle piante. Nel periodo di riposo vegetativo i danni interessano
principalmente le gemme, gli assi legnosi, le radici con imbrunimenti, necrosi, desquamazioni,
screpolature, spaccature ecc., durante la fase vegetativa interessano organi erbacei, fiori, frutticini,
assi legnosi, con clorosi, caduta delle foglie, dei fiori, dei frutticini e striature, zebrature, cinghiature
ecc. Inoltre le gelate causano danni indiretti fra cui rigidezza e fragilità dei rami con possibilità di
fratture, sollevamento del terreno con sradicamento delle piantine, insufficiente disponibilità idrica,
prefioritura (in alcune piante), possibilità di infezioni fungigne che penetrano dalle spaccature.
I rimedi contro le gelate possono essere preventivi, protettivi e curativi; fra i primi rientrano la
scelta dell’appezzamento, la scelta di varietà resistenti, l’esecuzione di particolari cure colturali; nei
secondi rientrano quei sistemi che agiscono o attenuando le perdite di calore o apportando calore
oppure combinando i due (coperture, nebbie artificiali, ventilatori, stufe, irrigazione antigelo,
sommersione); i terzi comprendono cure specifiche alle piante atte a favorire la cicatrizzazione delle
ferite e a impedire la penetrazione di agenti patogeni.
Fra questi rimedi ha acquistato notevole importanza l’irrigazione antigelo attuata con impianti
irrigui polivalenti, capaci cioè di consentire vari interventi colturali come irrigazione, trattamenti
antiparassitari, fertirrigazione ecc.
La pioggia antigelo agisce apportando calore all’ambiente con vari meccanismi:
-
sviluppa l’energia interna dell’acqua (1 kcal/kg °C);
svolge il calore latente di congelamento (ca. 80 kcal/kg);
rimescola verticalmente l’aria;
-aumenta la conducibilità termica del terreno ed il suo potere di assorbimentoemissione;
aumenta l’umidità relativa dell’aria con possibilità di nebbia con conseguente
aumento della radiazione da essa proveniente.
202
Contemporaneamente avvengono alcuni fenomeni dannosi:
-
aumentano l’evaporazione e la traspirazione (quando cessa la pioggia) che
sottraggono notevoli quantità di calore (ca 590 kcal/kg);
fa cessare lo stato di indurimento delle piante;
interrompe lo stato di soprafusione dei tessuti;
può provocare ristagni di acqua con conseguente danno agli apparati radicali;
può provocare un ritardo vegetativo.
Il meccanismo nettamente prevalente è quello dello svolgimento del calore latente di congelamento;
la solidificazione avviene a 0 °C e tale temperatura si mantiene pressoché costante fino a quando
c’è acqua da congelare; quindi l’acqua che cade sulle piante con un certo intervallo e che man mano
congela funziona come accumulatore di calore.
Il ghiaccio riceverà il calore anticipato quando il bilancio termico è tornato attivo e cessa la pioggia;
tale calore non viene fornito dalla vegetazione, ma dall’ambiente circostante.
L’efficacia protettiva di una pioggia antigelo è tanto maggiore quanto:
-
maggiore è l’intensità della pioggia,
minore è l’intervallo tra due bagnature successive;
maggiore è la superficie della vegetazione esposta per ogni m2 di terreno;
minore è la velocità del vento.
Su tutti questi aspetti quelli che predominano sono l’intensità della pioggia e la sua distribuzione
che dipendono: dalle caratteristiche degli irrigatori,dalla disposizione degli stessi, dalla velocità del
vento.
È indispensabile che l’intensità minima sia superiore a quella necessaria per proteggere la coltura; il
calcolo del volume d’acqua necessario per la protezione è abbastanza facile se si valutano
approssimativamente il calore fornito dall’acqua e le perdite di energia per irraggiamento, per
l’effetto ai bordi e per evaporazione. Il calore fornito dall’acqua può essere valutato in 80 kcal/kg, le
perdite variano notevolmente e possono raggiungere 1 milione di kcal/ora ha per l’irraggiamento,
300.000 - 2 milioni di kcal /ora ha per l’effetto ai bordi e per evaporazione 5 - 600.000 kcal/ora ha
con aria secca.
L’effetto ai bordi si manifesta quando una zona ben delimitata viene mantenuta ad una temperatura
superiore a quella delle zone circostanti, questa situazione provoca, specialmente in assenza di
vento, un richiamo di aria fredda verso la zona calda. Quando l’umidità dell’aria è molto bassa una
parte dell’acqua evapora con sottrazione di calore (595 kcal/kg a 0 °C).
Il volume d’acqua necessario sarà dato, in via approssimativa, dal rapporto fra la perdita globale di
calore ed il calore fornito dall’acqua:
V =
2.000.000 kcal / ora ⋅ ha
= 25.000 kg/ora · ha
80 kcal / kg
che equivalgono a 2,5 mm/ora di pioggia, quantità che va poi moltiplicata per l’efficienza
dell’irrigazione stessa.
Gii irrigatori impiegati in questo tipo di irrigazione ruotano intorno al proprio asse con una velocità
di 0,5 -1 giri al minuto. La velocità di rotazione è di notevole importanza perché è necessario che
durante l’intervallo fra due bagnature non awenga un raffreddamento eccessivo del ghiaccio causato
dalla mancanza di acqua da congelare.
203
L’intervento irriguo è subordinato al superamento della temperatura critica (temperatura al di sotto
della quale iniziano a verificarsi danni alla vegetazione) che varia in funzione sia della specie che
del diverso stadio di sviluppo.
Per intervenire in modo efficace e senza provocare danni alla coltura è necessario prevedere sia
l’andamento della temperatura durante la notte che, con qualche ora di anticipo, il superamento
della temperatura critica; nelle nostre zone non esiste un servizio di previsione di questo tipo e
quindi dovrà essere il singolo agricoltore a valutare, tramite una piccola strumentazione aziendale,
l’inizio dell’intervento. Durante lo stesso può rendersi necessaria una modulazione della pioggia a
causa del raggiungimento di temperature più basse di quella prevista oppure di un aumento della
velocità del vento.
Il problema più importante, assieme a quello dell’inizio, è quello della scelta del momento d’arresto
dell’erogazione dell’acqua; l’arresto deve avvenire comunque quando il bilancio energetico si è
fatto positivo. Alcuni autoriconsigliano di attendere che tutto il ghiaccio sia fuso, altri che il
termometro a bulbo umido segni 0°C ed ancora con criterio visivo quando le piante ricoperte di
ghiacchio acquistano un colorazione argentea il che significa che si sta staccando la crosta di
ghiaccio.
Tabella 49: Temperature controllate (0°C)
Pluvionometria oraria
(mm)
1,5
3
4,5
6
Periodo di rotazione (minuti)
1
2
3
4
-4,5
-4
-3
-2,5
-6
-5,5
-5
-4,5
-7,5
-6,5
-5,5
-5
-9,3
-8,5
-7,9
-6
Tabella 49: Temperature limite (°C)
Fruttiferi
Meli
Peschi
Ciliegi
Peri
Susini
Albicocchi
Mandorli
Viti
Noci
Bottoni rosa
-4,9
-4,9
-3,2
-4,9
-4,9
-4,9
-4,3
-2,1
-2,0
STADIO DI SVILUPPO
Piena fioritura
Frutticini appena allegati
-3,2
-2,7
-3,8
-2,1
-3,2
-2,1
-3,2
-2,1
-3,2
-2,1
-3,2
-1,6
-3,8
-2,1
-1,6
-1,6
-2,0
-2,0
204
Figura 181
b) IRRIGAZIONE CON ACQUE SAUNE
Il problema dei suoli salini e dell’irrigazione con acque saline riguarda molte zone del globo: dal
Nord Europa (Olanda, Svezia, Russia), al Medio Oriente, all’India, agli States sud-occidentali.
Tuttavia la sua diffusione e la sua importanza risultano ingigantite in zone aride e semiaride dove,
se non si vogliono provocare danni alle colture e al suolo, la pratica irrigua non può assolutamente
prescindere dal controllo della salinità. In questi ambienti i parametri irrigui sono condizionati dalla
necessità di impedire l’accumulazione di sali nella zona radicale, il che viene normalmente ottenuto
aumentando le dotazioni d’acqua rispetto al semplice consumo idrico delle piante. Tale aumento,
che, se non esistono le condizioni naturali, deve essere drenato artificialmente, viene denominato
“leaching requirement” e viene di solito
espresso in percentuale.
Per un efficiente controllo del regime salino bisogna mettere in conto quantità e qualità dell’acqua
irrigua, caratteristiche idrologiche del suolo (segnatamente permeabilità, capacità di drenaggio e
acqua disponibile), andamento pluviometrico, evapotraspirazione. I mezzi d’intervento riguardano
la quantità d’acqua, il drenaggio, la scelta delle colture e delle varietà, l’eventuale adozione di
ammendamenti. Con questi provvedimenti è possibile il controllo salino della zona radicale, al
limite fino a identificare la salinità della soluzione circolante in condizioni di capacità di campo con
la salinità dell’acqua irrigua.
Il metodo più semplice per calcolare il leaching requirement consiste nell’applicazione del bilancio
salino. Per lo spessore di suolo che interessa e per un determinato intervallo di tempo si scrive il
bilancio idrologico.
Hi + Hp + Hs - ET - Hd = ∆H
205
[Hi = altezza dell’acqua irrigua; Hp= altezza efficace di pioggia; Hs = acqua entrante per via
sotterranea; ET = altezza evapotraspirata; Hd = altezza di acqua drenata; ∆H = variazione
dell’altezza d’acqua contenuta nel suolo] e, introducendo le rispettive concentrazioni saline,
l’equazione del bilancio salino (dal bilancio sono escluse l’eventuale precipitazione di sali e la
soluzione di sali provenienti dal terreno):
Hi Ci - Hp Cp + Hs Cs - ET CET - Hd Cd = ∆(HC)
In ambiente arido si può ammettere Hp = 0 e, se la zona è isolata idraulicamente, Hs = 0; in più si
può porre CET = 0.
Si ottiene allora:
Hi Ci - Hd Cd = ∆(HC)
Ammesso di fare il bilancio fra due istanti a eguale contenuto idrico (∆H = 0), se si vuoi mantenere
costante la salinità della soluzione circolante (∆C = 0) deve essere:
Hi Ci = Hd Cd
pertanto l’altezza d’acqua da drenare, ossia il surplus irriguo e dato da:
Hd
Ci
H i con Hi = Hd + ET (bilancio idrologico nelle medesime condizioni)
Cd
Cd è evidentemente la concentrazione limite della soluzione circolante per la coltura in atto, in
condizioni molto prossime alla saturazione.
Si abbia, ad esempio, durante un certo periodo:
ET = 90 mm; Ci = 20 meq/l; Cd 70 meq/l. Risulta
Hd =
Ci
(H d + ET ); H d − 2 H d = 2 90;
Cd
7
7
5
2
2
H d = 90; H d = 90 = 36 mm H i = 90 + 36 = 126 126 mm
7
7
5
Se durante lo stesso periodo si ha una pioggia efficace di 50 mm con Cp = 1 meq/l, si ottiene:
 H i Ci + H p C p = H d Cd

 H i + H p − ET = H d
ricavando Hi dalla 2° e sostituendo nella 1°
(Hd – Hp + ET) Ci + HpCp = Hd Cd
HdCi – HdCd = HpCi – ETCi – HpCp
Hd =
50 ⋅ 20 − 90 ⋅ 20 − 50 ⋅1 40 ⋅ 20 − 50
=
= 17 mm
20 − 70
50
206
Hi =Hd – Hp + ET = 17 – 50 + 90 = 57 mm
Secondo Bernstein si deve porre Cd ≈ Ce ove quest’ultima è la concentrazione dell’estratto di
saturazione che provoca un calo di produzione del 50%. Ammessa poi la proporzionalità fra EC e
C, si ha
Ci
ECi
=
Cd ECe
È però più opportuno procedere secondo lo schema seguente:
ECe (10% ) =
ECd + ECi
2
ECd = 2 ECe (10%) - ECi
Quanto esposto finora conduce a valutazioni di prima approssimazione:
esistono modelli più elaborati, come quello di Bresler, che consentono di affinare i risultati.
Per l’utilizzazione di un’acqua salina la scelta dei metodo irriguo ha una rilevanza notevole.
Sommersione, scorrimento e pioggia mantengono una uniformità del contenuto salino nel suolo;
solchi e goccia inducono delle disuniformità di cui è importante tener conto.
Per il primo gruppo si può dire che la lisciviazione è più rapida con sommersione e scorrimento, ma
è più efficiente con la pioggia. Per l’aspersione è importante tener conto che agrumi, alcune decidue
e molte piante floreali assorbono ioni attraverso le foglie: il bagnamento con acqua salina,
specialmente se intermittente, può risolversi in ustioni e defoliazione.
L’irrigazione da solchi induce disuniformità nel contenuto salino: nella Fig. 182 è posto eguale a 10
il valore massimo di salinità. Una tale distribuzione può avere effetti sensibili specialmente in fase
di germinazione. Il problema potrebbe essere risolto con lo “sploping bed” di Fig. 183.
Figura 182
Figura 183
207
L’irrigazione localizzata consente di fatto l’impiego di acque anche fortemente saline. L’umidità del
terreno viene mantenuta costantemente alta e quindi bassi risultano la concentrazione e il potenziale
osmotico. I sali lisciviati dalla zona umida si accumulano sul fronte di bagnamento. Le Figg. 184 e
185 mostrano (fatto eguale a 10 il valore massimo) la distribuzione della concentrazione salina
rispettivamente nel caso di incontro dei fronti di bagnamento e nel caso di mancanza di contatto fra
i fronti di bagnamento.
Figura 184
Figura 185
Dopo il raccolto di una coltura irrigata a goccia con acque saline è indispensabile, in mancanza di
piogge adeguate, una irrigazione (a pioggia, a scorrimento o a sommersione) che elimini l’alta
concentrazione dei sali nei vecchi fronti di bagnamento (a meno che non si riesca a piantare la
nuova coltura nelle stesse posizioni).
Quando non basti mantenere i livelli di salinità, ma si debba dissalare un terreno, il bilancio salino
va evidentemente modificato e i leaching requirements aumentano corrispondentemente.
208
3.9 ESERCITAZIONI E COMPLEMENTI
a ) IRRIGAZIONE PER SOMMERSIONE
I) Si voglia irrigare per sommersione uno scomparto di 1 ha, avendo a disposizione un corpo
d’acqua di 90 l/s. Si vuol ottenere un’altezza (media) d’acqua di 10 cm. Conoscendo il valore della
velocità di infiltrazione stabilizzata Ki = 1 cm/ora la velocità di evaporazione (supposta costante)
E = 1 mm/h, determinare l’orario necessario senza tener conto delle variazioni della Vi col tempo e
supponendo una messa in acqua estremamente rapida dell’intera parcella. Determinare inoltre la
portata che si dovrebbe immettere successivamente nel campo per mantenere costante l’altezza
d’acqua.
Il problema può essere schematizzato nel modo seguente. Indicato con o l’orario e con m il corpo
d’acqua, il volume d’acqua che si immette nel campo è dato da:
V1 = o · m
Il volume che durante l’orario si infiltra è (A = area dello scomparto)
V2 = Ki · o
Il volume che evapora nello stesso tempo è:
V3 = E · A · o
Il volume che deve risultare immagazzinato sullo scomparto alla fine dell’orario deve essere
(h = altezza della lama d’acqua)
V4 = h · A
Evidentemente:
V4=V1 - V2 - V3
h A = mo – Ki A o – E A o
o=
hA
m − AK i − AE
Essendo: h = 0,1 m; A = 10.000 m2; m = 90 l/s = 324 m3/ora; Ki = 0,01 m/ora; E = 0,001 m/ora:
o=
0,1 ⋅ 10.000
= 4,67 ore
324 − 10.000 (0,01 + 0,001)
Per mantenere costante l’altezza d’acqua bisogna immettere con continuità una portata
Q’ = Ki A + E A = 100 + 10 = 110 m3/ora = 30,5 l/s
209
Se invece dopo l’orario non si immette altra acqua, l’altezza h si annulla (l’acqua scompare dalla
superficie) in un tempo.
t=
h
0,1
=
= 9,1 ore
K i + E 0,01 + 0,001
Il bilancio finale è il seguente:
volume dato: V1 = m.o. = 324 @ 4,67 = 1514 m3
volume infiltrato = Ki A (o + t) = 0,01 @ 10.000 (4,67 + 9,1) = 1.377 m3
voulme evaporato = E A (o + t) = 0,001 @ 10.000 (4,67 + 9,1) = 137 m3
II) In uno scomparto perfettamente orizzontale, di area 0,8 ha, si immette per un orario di 9 ore un
modulo di 50 l/s. Da prove di infiltrazione si è accertata la validità della formula di Philip con
bibacità B = 2 cm ora-1/2 e velocità di infiltrazione stabilizzata Ki = 0,5 cm/ora. Trascurando le
quantità di acqua evaporate e supponendo una messa in acqua estremamente rapida dell’intera
parcella, si determini l’altezza raggiunta dall’acqua nello scomparto alla fine dell’orario.
Poiché l’altezza d’acqua infiltrata è data dalla formula di Philip
H i = B t + Kit
ponendo t = o, il volume infiltrato durante l’erogazione è dato da
(
)
V1 = B o + K i o A
il volume immesso è dato da:
V2 = m · o
Il volume immaggazzinato alla fine dell’orario è dato da (h = tirante)
V3 = h · A
Poiché si deve avere:
V2 = V1 + V3
Si ottiene:
(
)
m ⋅ o = B o + Ki o A + hA
da cui:
h=
m⋅o
180 ⋅ 9
− B o − Kio =
− 0,02 9 − 0,005 ⋅ 9 ≡ 10 cm
A
8.000
210
III) Si voglia irrigare per sommersione uno scomparto di 1.000 m2 con un modulo di 20 l/s. È stata
rilevata la curva delle altezze infiltrate (Fig. 186) e si può considerare costante un valore E = 0,8
mm/h. Si vuol conoscere l’orario necessario ad ottenere un tirante finale di 10 cm. Al solito si
supponga pressocchè istantanea la messa in acqua di tutto lo scomparto.
Se non vi fossero infiltrazione ed evaporazione, la velocità d’innalzamento dell’acqua nello
scomparto sarebbe:
V = m/ A =
72 m3 / ora
= 72 mm/ora
1.000 m 2
In termini di altezze:
V o – E o – Hi = h; Hi = V o – E o – h; Hi = 71,2 o – 100
Disegnata la retta rappresentata da quest’ultima equazione (per o = 2 risulta Hi = 42,4; per o = 3
risulta Hi = 113,6), il suo punto d’incontro con la curva delle altezze infiltrate fornisce la soluzione,
ossia un orario di circa 2 ore e 20 minuti.
IV) In terreni sciolti, con dosi e orari modesti, l’ipotesi dell’istantaneità della messa in acqua degli
scomparti deve essere il più delle volte abbandonata. Si supponga, ad esempio, di considerare uno
scomparto di 40 @ 30 = 0,12 ha, di avervi immesso con corpo d’acqua di 30 l/s da un lato corto e di
aver misurato i tempi di avenzamento indicati in Tab. 50. Volendo distribuire, nei punti più
sfavoriti, una dose di 70 mm, si calcolino le perdite in profondità, l’orario e l’altezza della lama
d’acqua a fine orario.
L’andamento della Hi nel tempo è riportato in Fig. 187.
Figura 186
211
Tabella 50
Distanza Tempo
(m)
Avanzamento
(sec)
0
10
20
30
40
0
6
15
27
44
Tempo
contatto a fine
avanzamento
(sec)
44
38
29
17
0
Infiltrazione a
fine
avanzamento
(4 mm)
43
38
29
17
0
Tempo
contatto
Totale
(sec)
134
128
119
107
90
Infiltrazione
Totale
(mm)
97
93
87
80
70
85,5
Tempo
contatto fine
orario
(sec)
57
51
42
30
13
Infiltrazione
a fine orario
(mm)
50
47
42
33
18
38
Figura 187
Alla fine del tempo di avanzamento (44’) si hanno le altezze infiltrate ricavate dalla curva e indicate
in Tab. 49. Siccome su una parcella orizzontale l’acqua scompare contemporaneamente, ossia il
tempo di recessione è nullo, per fornire 70 mm all’estremità opposta rispetto all’alimentazione,
occorre un tempo di contatto (dalla curva) di 90’. Ne risultano quindi i tempi di contatto
complessivi della quinta colonna e, sempre dalla curva, le altezze infiltrate della 6a colonna.
Ne risulta un’altezza infiltrata media di 85,5 mm, pertanto 15,5mm sono da considerarsi perduti in
profondità. Per distribuire gli 85,5 mm è occorso un orario:
o=
85,5 ⋅ A 0,885 ⋅120.000
=
= 3.420 s = 57’
m
30
L’erogazione deve essere quindi sospesa 13’ dopo la fine dell’avanzamento. I tempi di contatto a
fine orario si ottengono sommando 13’ a quelli a fine avanzamento. Le altezze infiltrate a fine
orario derivano dalla curva. Sottraendo la loro media (38) dagli 85,5 mm somministrati, si ottiene
un tirante a fine orario di 47,4 mm.
212
b) APPLICAZIONE DELLA TEORIA DI CREVAT
Per un’irrigazione a scorrimento si abbiano a disposizione i seguenti dati:
-
pendenza del terreno: i = 0,25 = 0,0025
coefficiente di Crevat: n = 10
velocità di infiltrazione stabilizzata: ki = 18mm/ora= 5.10-6 m/s
D = 1500 m3/ha= 0,15m
M = 8 l/s=0,008 m3/s
Trovare le dimensioni della parcella e l’orario.
Risulta:
A=
m 8 ⋅10 −3
=
= 1.600 m2 = 0,16 ha
−6
K i 5 ⋅10
o=
0,15
D
=
= 8,3 ore
K i 5 ⋅10−6
La soluzione f = 1 è manifestamente impraticabile perché un tempo di avanzamento di 8,3 ore,
senza mantenimento, anche tenendo conto della recessione, porta a disuniformità insopportabili. Del
resto la teoria di Crevat porterebbe a dimensioni assurde. Infatti:
α = η i = 10 0,0025 = 10 ⋅ 0,05 = 0,5
L=
α D2
4 Ki
=
0,05 ⋅ 0,152
= 562 m;
4 ⋅ 5 ⋅10 −6
B = 2,8
Con f = 5 (una sorta di regola del quarto, prescindendo dalla recessione) si avrebbe, più
regolarmente:
L = 22,5m; B = 71 m
Si vede quindi che il rispetto della relazione m = ki A è sostanzialmente possibile in scorrimenti
prolungati che comportano parcelle col lato corto nel senso del movimento dell’acqua (ali,
spina,fossatelli orizzontali).
c) IRRIGAZIONE DA SOLCHI
Per un’irrigazione da solchi siano noti:
- la superficie irrigata : 100 @ 200 m = ha
- la velocità di infiltrazione: Vi = 18 mm/ora (supposta costante)
- la dose D = 400 m3/ha = 40 mm
- interasse I =2 m; lunghezza L= 100 m, larghezza in bocca b = 40 cm
L’osservazione diretta abbia mostrato che:
213
-
la portata di lancio massima QM che non provoca erosioni è di 0,4 l/s
il tempo di avanzamento di QM è di un’ora.
Si determini la successione delle varie operazioni nell’ipotesi di consegna a domanda con modulo
24 l/s (per l’intero appezzamento).
La dose per un solco
D I L= 0,04 · 2 · 100= 8 m3
Poiché QM · 1 ora = 144 m3 è necessario introdurre un tempo di mantenimento riducendo la portata
al valore
Vi b L = 0,18 · 4 · 1.000 = 720 l/ora = 0,2 l/s
che deve essere immessa per un tempo
tm =
8.000 − 1.440 6.560
=
= 9 ore
720
720
Ne risulta una gestione come in Tab. 51.
Tabella 51
Ore
1°
2°
2°
4° – 10°
11°
12°
Lancio
Portata
Manten.
Portata
1 – 60
61 – 90
91 – 100
-
24
12
4
-
1 – 60
1 – 90
1 – 100
61 – 100
91 - 100
12
18
20
8
2
Portata
TOTALE
24
24
22
20
8
2
Il volume d’acqua perso per colatura su ciascun solco ammonta a:
1 ora · 0,2 l/s = 720 l = 0,72 m3
214
d) VALUTAZIONE DELL’INDICE DI RAWITZ
In un solco per infiltrazione laterale lungo 105 m si sono effettuate a varie distanze misure di IOT.
Si deve valutare l’indice di Rawitz.
Tabella 52
x
(m)
0
IOT
(l’)
IOT
MEDIO
(l’)
110
(IOT)2
(l’)2
12.100
117,5
15
125
30
150
45
165
60
170
75
185
90
195
105
240
(IOT)2
MEDIO
(l’)2
13.863
15.625
137,5
19.062
22.500
157,5
24.863
27.225
167,5
28.062
28.900
177,5
31.563
34.225
190,0
36.125
38.025
217,5
47.812
57.600
L’indice di Rawitz è dato da

l − m2
CR = 1001 −

m





m è la media dei valori della 3° colonna della Tab. 52
m=
117,5 + 137,5 + ..... + 217,5
= 166,43
7
l è la media dei valori della 5° colonna
l=
13.863 + ..... + 47.812
= 28.764
7

28.764 − 27.698 
 = 80,4%
CR = 1 −

166,43


e) VALUTAZIONE DELL’INDICE DI CHRISTIANSEN
Un irrigatore, funzionando a cerchio completo in condizioni nominali, presenta un diagramma
pluviometrico perfettamente triangolare. Si determini, relativamente alla disposizione a quadrato
con R = L, l’indice di uniformità di Christiansen (Fig. 188).
La valutazione dell’indice è del tutto indipendente dalla gittata e dalla portata dell’irrigatore.
Comunque, per evitare espressioni letterali, si supponga che Q = 1,05 m3/ora e R = 10 m.
215
Risulta:
A = π R 2 = 3,14 ⋅102 = 314 m2
imax = 3 ⋅
Q
1,05
= 3⋅
= 0,01 m/ora = 10 mm/ora
A
314
Con riferimento all’ora, l’altezza di pioggia cala di 1 mm per ogni metro di distanza dall’irrigatore.
Delle 32 vaschette pluviometriche previste da Christiansen possiamo distinguere con riferimento ad
esempio a 5 ore
16
4
8
4
vaschette del tipo
“
“
“
(a)
(b)
(e)
(f)
con altezza
“
“
“
50 mm
53,5 mm
51,3 mm
57,5 mm
Risulta:
16 ⋅ 50 + 4 ⋅ 53,5 + .... 1.654,4
m=
=
= 51,7 mm
32
32
ΣYi = 16 · 1,7 + 4 · 1,8 + 8 · 0,4+ 4 · 5,8 = 60,8 mm

Y 
60,8 

C = 100 ⋅ 1 − ∑ i  = 100 ⋅ 1 −
 ≅ 96%
 ∑h 
 1.654,4 
i 

216
Figura 188
f) CONDOTTA FISSA CON UN’ALA MOBILE
Si consideri (pianta in Fig. 189) la condotta metallica fissa orizzontale AB lunga 400 m che
alimenta un’ala mobile AC che deve assumere le successive posizioni EF,...,BD, BD’,...., fino a
AC’. La portata da immettere nell’ala sia Q = 15 l/s, la pressione all’imbocco dell’ala debba essere
(5 ± 0,5) kg/cm2. Si dimensioni la condotta AB in maniera che la perdita i carico non superi appunto
il valore di 1 kg/cm2.
La perdita di carico massima si ha evidentemente con l’ala in posizione BD (o BD’). Dalla Tab. 24
si vede, per Q = 15 l/s:
D1 = 125 mm
y1 = 29,92 m/Km
D2 = 150 mm
y2 = 11,41 m/Km
su 400 m; Y = 12 m = 1,2 Kg/cm2
su 400 m; Y = 4,6 m = 0,46 Kg/cm2
217
In questo modo alimentando in A a 5,5 Kg/cm2 si avranno in B 4,5 Kg/cm2
 y1 L1 + y2 L2 = 10

 L1 + L2 = 0,4
y1 L1 + y2 (0,4 − L1 ) = 10
L1 ( y1 − y2 ) = 10 − 0,4 y2
L1 =
10 − 0,4 y 2 10 − 0,4 ⋅11,41 5,4
=
=
≡ 0,29 Km = 290 m
y1 − y2
29,92 − 11,41 18,5
Si farà un tratto L1 con diametro D1 e un tratto L2 con diametro D2:
Figura 189
g) CONDOTTA FISSA CON 2 ALI MOBILI
Si consideri (pianta di fig. 190) la condotta metallica fissa orizzontale AB, lunga 600m, che
alimenta due ali mobili, AC che si muove da sinistra verso destra (AC.GM,...., NO, ,BD) e BD’
che si muove da destra verso sinistra (BD’,EF,....,NO’,...AC’). Ciascuna ala debba essere alimentata
con una portata Q/2 = 10 l/s; la pressione all’imbocco, con una pressione in A di 6 kg/cm2 non
debba discendere al di sotto di 5 kg/cm2. Si dimensioni la condotta AB.
Semplici considerazioni consentono di affermare che la situazione più gravosa si ha quando le due
ali si trovano nelle posizioni NO e NO’, con imbocco comune nel punto di mezzo N (portata Q nel
tratto AN, portata zero nel tratto NB).
Per determinare il tratto AN si impone una perdita di carico di 10 m con portata 20 1/s:
D1 = 125 mm; y1 = 53,2 m/km; su 300 m: Y = 16 m
D2 = 150 mm; y2 = 20,28 m/km; su 300 m: Y = 6,1 m
218
 y1L1 + y2 L2 = 10

 L1 + L2 = 0,3
y1L1 + y2 (0,3 − L1 ) = 10
y1L1 − y2 L1 = 10 − 0,3 y2
L1 =
10 − 0,3 y 2 10 − 0,3 ⋅ 20,28
=
= 0,115 Km = 115 m
y1 − y2
53,2 − 20,28
L2 = 300 -115 = 185 m
Figura 190
Il tratto AN sarà costituito da un tratto di 185 m con diametro 150 mm seguito da un tratto di 115 m
con diametro 125 mm.
Per dimensionare il tratto NB ci si riferisce alla condizione con le ali agli estremi (posizioni AC
BD’) e si impone che con portata Q/2 = 10 l/s la perdita di carico sull’intera condotta sia di 10 m.
In queste condizioni sul tratto AN si ha la seguente perdita di carico
D = 150 mm ; y = 5,07 m/Km ; su y = 0,94
185 m
D = 125 mm ; y= 13,3 m/Km ; su
y = 1,53
y = 2,47 ≡ 2,5
115 m
restano, per il tratto NB, 7,5 m
D1 = 100 mm; y1 = 41,27 m/Km; su 300 m:Y = 12,4 m
D2 = 125 mm; y2= 13,3 m/Km; su 300 m:Y = 4,0 m
 y1 L1 + y2 L2 = 7,5

 L1 + L2 = 0,3
219
L1 =
7,5 − 0,3 y 2 7,5 − 0,3 ⋅ 20,28
=
= 0,115 Km = 125 m
y1 − y2
41,27 − 13,3
L2 = 300 -125 = 175 m
La condotta AB è allora constituita, partendo da A verso B:185 m con diametro 150 mm;
115 +175 = 290 m con diametro 125 mm; 125 m con diametro 100 mm.
h) DIMENSIONAMENTO DI UN’ALA PORTA-IRRIGATORI
Si consideri un’ala che alimenta 4 irrigatori a pioggia lenta ciascuno con portata di 1 l/s . La
condotta è lunga 150 m (la mutua distanza fra gli irrigatori è 50 m) e ha un diametro di 50 mm. Il
dislivello fra l’inizio e la fine della condotta è di 5 m. Trovare la differenza di pressione fra il primo
e l’ultimo irrigatore (Fig. 191).
Figura 191
Si ottiene (D = 50 mm):
Portata
“
“
3 l/s; y = 143 m/Km; su 50 m:
2 l/s; y = 63,58 m/Km; su 50 m:
1 l/s; y = 15,89 m/Km; su 50 m:
Y = 7,15
Y = 3,16
Y = 0,80
11,1
5
16,1 m
La differenza di pressione fra il primo e l’ultimo irrigatore è di 16,1 m d’acqua pari a 1,61 Kg/cm2.
Per risolvere il problema ora visto e anche quello inverso (fissata una perdita di carico max
ammissibile trovare il diametro da assegnare all’ala) può essere comodo l’uso dell’abaco di
Mc Culloch (Fig. 192 - tubi metallici).
220
Le scale da sinistra verso destra sono:
-
portata di un irrigatore, in l/s,
diametro dell’ala, in mm,
retta ausiliaria,
n° degli irrigatori, a sinistra per un’interdistanza di 6 m, a destra per un’interdistanza
di 12 m,
perdita di carico ammessa in Kg/cm2.
Figura 192
Si abbia il problema precedente. Assegnati: portata di un irrigatore 1 l/s, n° irrigatori 4, D = 50 mm:
si unisce il valore della scala 1 (1 l/s) con quello della scala 2 (50 mm) fino a incontrare la retta
ausiliaria e si unisce quest’ultimo punto con il n° degli irrigatori (4) letto sulla scala 4°. La lettura
della perdita di carico sulla scala % va moltiplicata per 6/interdistanza. Nel nostro caso:
221
0,13
50
= 1,08 Kg/cm2
6
(l’abaco di Me Culloch da per le perdite di carico valori sempre leggermente inferiori a quelli
ricavati dalla formula di Darcy con K raddoppiato).
Si veda il problema inverso. Si abbia: portata di ciascun irrigatore Q = 2 l/s, interdistanza 30 m,
perdita di carico ammissibile 1 kg/cm2, n° irrigatori 6.
Si riporta sulla scala 5 la perdita di carico ammissibile moltipllcata per:
6/interdistanza
Nella fattispecie:
1
6
= 0,2 Kg/cm2
30
e si unisce col n° degli irrigatori sulla scala 4A. Il punto sulla retta ausiliaria si unisce con la portata
della scala 1 (2 l/s) e si trova D ≡ 70 mm
i) IMPIANTO A PIOGGIA CON TUBI ASPERSORI
Per il progetto di un impianto di irrigazione a pioggia si hanno a disposizione i seguenti dati
(Fig. 193)
-
parcella rettangolare lunga 360 m e larga 100 m (A = 3,6 ha);
terreno sensibilmente piatto, velocità di infiltrazione stabilizzata ≡ 15 mm/ora;
colture orticole;
provvista da un pozzo situato a 100 m di distanza dal confine della parcella,
profondità massima del pelo libero 5 m, portata sovrabbondante;
campagna irrigatoria da maggio a settembre compresi. Turno di 15 giorni in maggio
e settembre, di 7 giorni in giugno, luglio e agosto,
dose di 200 m3/ha. Periodo di irrigazione giornaliero: 12 ore (r = 1/2).
Figura 193
Per il tipo di coltura e per la forma e le dimensioni della parcella, si supponga di voler adottare tubi
pioventi del tipo rotante, montato su cavalletti, con le seguenti caratteristiche:
-
lunghezza del tubo: 50 m
pressione dell’imbocco: 1,5 Kg/cm2
222
-
portata: 6 m3/h
superficie irrigata: larghezza 15 m
L’intensità di apersione risulta:
i=
6
= 0,008 m/h
750
Che si infiltrano senza difficoltà.
L’orario di una postazione è dato da:
D 200 m3 / ha
m3 h
m3
h
=
= 25
= 25
⋅
= 2,5 ore= 2 ore 30’
2
i
8 mm / h
ha mm
10.000 m 0,001 m
È opportuno arrotondare a tre ore per tener conto delle manovre per lo sposatamento dell’ala.
Durante un turno (7 giorni), si hanno a disposizione per l’irrigazione
12 · 7 = 84 ore
Con un’ala piovana si possono fare
84
= 28 postazioni.
3
Il numero delle postazioni necessarie è invece (per i due lati)
36.000
= 48 postazioni
750
Bisogna impiegare contemporaneamente due ali con le quali sarà necessario un numero di ore per
settimana (2postazioni funzionano contemporaneamente)
24 · 3 = 72 h
È consentito quindi 1 giorno di riposo, se si mantiene r = ½.
Per il progetto dell’impianto si osservi che si tratta del calcolo di un acquedotto con sollevamento
con carico residuo R = 1,5 Kg/cm2 = 15 m d’acqua e con portata
Q = 2 · 6 = 12 m3/ora =3,33 l/s
Se si decide di predisporre un idrante ogni 4 postazioni (6 idranti con distanza reciproca 60 m) la
lunghezza totale dell’acquedotto, poiché l’ultimo idrante dista 30 m dal fondo dell’apprezzamento,
risulta di 100 + 330 = 430 m.
Utilizzando condotte metalliche la formula di Bresse fornisce (Q in m3/s)
D = 1,15 Q = 1,15
12
= 0,066 m = 66 mm
3.600
223
Dalla Tab. 24 si ricava:
Tabella 53
Diametro
(mm)
60
70
80
90
Perdita di carico con portata 3,5 l/s
(m/Km)
73,8
32,7
16,2
8,76
Su 300 m
(m)
22,2
9,8
4,8
2,6
Variazioni di pressione fra il primo e l’ultimo idrante
(Kg/cm2)
2,4
1,1
0,54
0,29
Poiché non si devono avere forti variazioni di pressione fra il primo e l’ultimo idrante , fra questi è
opportuno usare una condotta da 90 mm; per il tratto in derivazione sarà sufficiente il 60 mm.
Le perdite di carico sono le seguenti (Y1 nella condotta in derivazione lunga 130 m; Y2 nella
condotta porta idranti lunga 300 m):
0,000042  0,00332
10,9
Q2

⋅130 = 2 ⋅ 0,00234 ⋅
⋅130 = 8,5 m
Y1 = K1 5 L1 = 2 0,00164 +

5
0,06  0,06
0,78
D1

Y2 = K 2
0,000042  0,00332
10,9
Q2

2
0
,
00164
⋅ 300 = 2 ⋅ 0,00211⋅
⋅ 300 = 2,4 m = 0,24 Kg/cm2
L
=
+


5 2
5
0
,
09
0
,
09
5
,
9
D2


Le variazioni di pressione agli idranti sono contenute fra 1,5 e 1,74 Kg/cm2 (Fig. 194).
Figura 194
La prevalenza della pompa risulta:
5 + 15 + 8,5 + 2,4 = 30,9 m
Dai cataloghi risulta disponibile una elettropompa con prevalenza 32 m e portata 12 m3/h.
La potenza del motore (rendimento del gruppo motore pompa assegnato dal costruttore, nelle
condizioni di funzionamento, 0,65):
N=
Q ⋅ H 3,33 ⋅ 32
=
≡ 2,2 CV in KW
75 η 75 ⋅ 0,65
Le spese di esercizio per il sollevamento saranno; per i mesi di giugno-luglio-agosto:
224
Energia consumata mensilmente:
N · 72 · 4 = 2,2 · 72 · 4 = 630 CVh in KW
e per i mesi di maggio e settembre: 315 CVh.
L’energia consumata in tutta la campagna sarà di 2.520 CVh pari a:
0,736 · 2520 = 1.860 kWh
l) IMPIANTO A PIOGGIA SEMIFISSO
Si debba irrigare con un impianto semifisso rappezzamento di Fig. 195 .(16 ha) con provvista su un
fiume a portata sicuramente sovrabbondante. Il terreno piatto e di buona permeabilità sia coltivato a
barbabietola da zucchero. Nel periodo di maggior fabbisogno sia necessario un adacquamento di 30
mm ogni dieci giorni. Si supponga che r
non possa superare il valore 8/24 =1/3
Figura 195
Il tipo di coltura e di terreno consentono di impiegare irrigatori ad alta pressione. Supposto di
adottare la disposizione in quadrato, sarà opportuno (per non esaltare gli effetti ai bordi) scegliere
un lato di maglia sottomultiplo di 400 (40 o 50). Se si sceglie L = 50 m occorre un irrigatore con
gittata di circa 36 m .
Si sia reperito un irrigatore con le seguenti caratteristiche:
R =36 m; pressione all’ugello 4 kg/cm2; portata Q = 10 l/s.
che dia buona garanzia di mantenimento delle prestazioni indicate con variazioni massime di
pressione di ± 0,4 kg/cm2.
Poiché ogni maglia ha una superficie di 0,5 x 0,5 = 0,25 ha, il numero delle postazioni sarà
16/0,25 = 64, disposte come in figura.
Poiché non è da ritenersi opportuno adottare ali mobili di lunghezza superiore ai cento metri,
adotteremo due condotte fisse (375 m) all’interno dell’appezzamento (v. figura) con ali mobili
portanti 2 postazioni ciascuna per una lunghezza di 75 m .
225
Per ogni postazione, poiché l’intensità è:
i=
Q 10 l / sec
=
= 14,4 mm/h
A 0,25 ha
È necessario un tempo
30 mm
= 2,08 h
14,4 mm h
che si arrotonda a 2,25 ore per tener conto di spostamenti e manovre. Poiché si hanno 64 postazioni
occorre un tempo totale di 22,5 · 64 = 144 h. Si è evidentemente costretti ad adottare due irrigatori
per un funzionamento di 72 h che ripartite in 10 giorni danno un orario giornaliero di 7,2 h (con un
giorno festivo esattamente 72/9 = 8 h giornaliere, con due giorni festivi 9 ore).
Se i due irrigatori funzionano su condotte diverse , per garantire che la perdita di carico fra G e F
non superi 0,8 kg/cm2 occorre calcolare le condotte come segue:
tratto CD :
tratto LG :
lunghezza 200m,
lunghezza 350m,
portata 10 l/s
portata 10 l/s
Il diametro delle condotte, a valle di C, deve essere di 125 mm, il che comporta una perdita di
carico di 13,3 m/Km e quindi, su 550m, circa di 7,3 m < 8 m.
m) DETERMINAZIONE DI PARAMETRI IRRIGUI IN UN IMPIANTO A GOCCIA.
Si determini, il numero dei gocciolatori (per pianta) e la portata, nonché l’orario e il turno di un
impianto a goccia sulla base dei seguenti dati:
-
coltura: susini adulti, spaziati 4m · 4m, con copertura del terreno da parte delle
chiome del 60%. Profondità radicale utile 1 m;
volume giornaliero massimo da distribuire per ogni pianta: 65 l;
suolo sabbioso: Uvr = 16; Uva = 7 ; Uvs minima = 11 (media sul profilo);
gocciolatori disponibili da 2,4,8 l/ora che formano superfici bagnate rispettivamente
di 20, 36, 65 dm2;
si richiede di bagnare almeno il 20 del volume di suolo interessato dall’apparato
radicale, nelle zone di maggior assorbimento.
La proiezione della chioma sul terreno ammonta a 16 · 0,6 = 9,6 m2.
Con 3 gocciolatori da 8 l/ora si bagna una superficie di 0,65 · 3 = 1,95 m2 pari a poco più del 20%.
Se si ammette di intervenire quando l’umidità di tutto il profilo sia Uvs= 11 per ripristinare la Uvr =
16, ogni gocciolatore deve funzionare finchè non abbia distribuito un volume
0,05 · 65 dm2 · 10 dm ≡ 32 l ossia per un orario di 4 ore.
32 ⋅ 3
Il turno minimo sarà allora
≡ 1,5 giorni.
65
Se si ripete lo stesso esercizio ipotizzando soltanto un terreno diverso (argilloso) con Uvr= 40 ;
Uva = 18; Uvs = 33 e superfici bagnate dagli stessi gocciolatori rispettivamente di 90,140, 195 dm2 si
possono usare un gocciolatore da 8 l/h (che tuttavia bagnerebbe insoddisfacentemente la zona di
226
maggior assorbimento radicale), 2 gocciolatori da 4 l/ora o 3 gocciolatori da 2 l/ora. Con
quest’ultima soluzione verrebbe bagnato il 0,9 · 3/9,6 = 28 della proiezione della chioma.
Ogni gocciolatore potrà essere fatto funzionare finchè non abbia distrubito un volume di
0,07 · 90 · 10 ≡ 63 l ossia per un orario di 31,5 ore.
63 ⋅ 3
Il turno minimo sarà
≡ 3 giorni.
65
n) CALCOLO DELLE ALI PORTAGOCCIOLATORI
I) Per un impianto di irrigazione a goccia su coltura orticole, si abbiano i seguenti dati:
-
interdistanza fra i gocciolatori: 1,5 m;
portata di un gocciolatore: 4 l/h;
carico nominale: 5 m.
Supposto che ciascuna ala, di diametro interno 12 mm, porti 20 gocciolatori si verifichi che le
perdite di carico non superino il 10%.
La velocità all’imbocco del tubo portagocciolatori è
80 l / h
80
0,001 m3
80 1.000
Q
=
=
=
= 0,197 m/s
2
2
−6
2
Ω 3,14 ⋅ 6 mm
3,14 ⋅ 36 ⋅ 3,6 3.600 s 10 m
3,14 ⋅ 36 3.600
V =
Poiché la velocità critica è
Vc =
0,32 0,32
=
≡ 0,27 m/s
D
1,2
Il moto nel tubicino è certamente ovunque laminare.
La perdita di carico può essere valutata per tutta la lunghezza di 30 m con la portata media
(dipendenza lineare di y da Q). Si ponga t = 20° C.
Qm = 40 l / h = 40
1.000 cm3
= 11,1 cm3/s
3.600 s
D = 1,2 cm
y=
11,1
Q
;
=
2
1.356 D 1 + 0,034 t + 0,0002 t
1.356 ⋅ 2,07 (1 + 0,034 ⋅ 20 + 0,0002 ⋅ 400)
Y=
11,1 ⋅ 30
= 0,068 m = 6,8 cm
1.356 ⋅ 2,07 ⋅1,76
4
(
)
la perdita di carico ammessa è di 50 cm.
227
II) Per un’ala portagocciolatori su colture arboree si abbiano i seguenti dati:
-
lunghezza : 200 m , con un dislivello “ a favore” di 1,5 m.
n° gocciolatori 40
portata di un gocciolatore 8 l/h
pressione 1 kg/ cm2 ± 2,5%
Si calcoli il diametro dell’ala
La portata all’imbocco dell’ala è:
Q = 40 · 8 = 320 l/h = 0,089 l/s
La perdita di carico ammissibile è:
Y = 1,5 + 0,05 · 10 = 2 m
Dalla formula di Hazen e Williams (F = 0,365):
D −4,87 =
12 ⋅19 ⋅130
9
−1,85
2
;
⋅ 0,0891,85 ⋅ 200 ⋅ 0,365
D = 15,4 mm
Il tubo commerciale idoneo è il PEBD (PN6) con diametro esterno 20 mm e diametro interno 16,6
mm.
228
LESSICO MULTILINGUE DEI PRINCIPALI TERMINI TECNICI
ITALIANO
A
Acqua di irrigazione
Acqua dolce
Acqua potabile
Acqua stagnante
Acque di fogna
Acque di scarico
industriale
Acquedotto
Acque sotterranee
Acque superficiali
Acquitrino
Adacquatura
Adsorbimento
Aggottamento
Agricoltura irrigua
Agricoltura seccagna
Ala porta-irrigatori
Alluvione
Altezza piezometrica
A monte
Annata siccitosa
Approfondimento del
letto
Aratro talpa
Arenaria
Argilla
Argine
A valle
B
Bacino idrografico
Bilancio idrico
Bilancio salino
Bitume
Bocca a battente
Boccaglio
Bonifica dei suoli salini
Bonifica delle zone
paludose
C
Calcare
Campagna irrigatoria
Canale derivatore
Canale di fuga
Canale di irrigazione
Canale di scolo
INGLESE
SPAGNOLO
FRANCESE
Irrigation water
Fresch water
Potable water
Stagnant water
Domestic water
Industrial water
Agua de riego
Agua dulce
Agua potable
Agua muerta
Aguas cloacales
Aguas residuales
Eau d’irrigation
Eau douce
Eau potable
Eau stagnante
Eau d’égout
Eaux résiduaires
Aqueduct
Subsurface water
Surface water
Marsh
Watering
Adsorption
Dewatering
Irrigated agricolture
Dry farming
Sprinkler pipeline
Flooding
Piezometric head
Upper reach
Dry year
Channel deepening
Mole plow
Sandstone
Clay
Embankment
Lower reach
Acueducto
Agues subterràneas
Aguas superficiales
Pantano
Puesta en riego
Adsorción
Agotamiento
Agricultura irrigada
Agricultura en secano
Tuberia de aspersión
Aluvión
Altura piezométrica
Agua arriba
Año seco
Profundización del
lecho
Arado de topo
Arenisca
Arcilla
Fuente
Rio abajo
Aqueduc
Eaux souterraines
Eaux de surface
Marais
Mise en eau
Adsorption
Exhaure d’eau
Agriculture irriguée
Agriculture sèche
Rampe d’arrosage
Alluvion
Hauteur piézométrique
Amont
Année de sécheresse
Approfondissement du
lit
Charrue-taupe
Grès
Argile
Cavalier
Aval
Catchment
Water budget
Salt balance
Bitumen
Orifice
Nozzle
Reclamation of saline
soils
Soils reclamation of
marshlands
Cuenca hidrológica
Balance hidrológico
Balance de salinidad
Asfalto bituminoso
Toma en carga
Surtidor
Mejoramiento de
suelos salinos
Mejoramento de
terrenos empantanados
Bassin versant
Bilan d’eau
Bilan de salinité
Bitume
Orifice en charge
Ajutage
Amélioration des sols
salés
Amelioratino des terres
marécageuses
Limestone
Irrigation season
Idle canale
Escape canal
Irrigation canal
Tail escape
Caliza
Campaña de riego
Canal en vacíon
Canal de desague
Canal de riego
Canal de cola
Calcaire
Campagne d’arrosage
Tête morte
Canal d’évacuation
Canal d’irrigation
Canal de d’écherge
229
Canale di terra
Canale primario
Canale rivestito
Canale secondario
Canaletta
Capacità di campo
Earth canal
Main canal
Lined canal
Minor canal
Flume
Field capacity
Capacità di drenaggio
Capillarità
Carico
Ciclo dell’acqua
Ciglio del canale
Coefficiente di deflusso
Drainage capacity
Capillarity
Head
Water cycle
Edge of canal
Runoff coefficient
Colmata
Colpo d’ariete
Competenza annua
Filling
Water hammer
Annual irrigation
requirement
Mean seasonal
discharge
Trickling pipe
Tubo con goteras
Water meter
Wetted perimeter
Ideal contraction
Adverse slope
Crest of dam
Hidrómetro
Perìmetro mojado
Coprensión perfecta
Pendiente reverso
Corona de presa
Compteur d’eau
Perimètre mouillè
Contraction complète
Contre-pente
Crête du barrage
Farm module
Módulo de riego
Module de ditribution
Plot module
Caudal por finca
Module parcellaire
Stream
Glacier-fed river
Courant
Fleuve glaciaire
Operanting cost
Corriente
Río de régimen
glaciario
Rìo de régimen nivar
Fixed costs
Deficiency
Gastos de explotación
Coste de implatación
Competenza continua
Condotta porta
gocciolatori
Condotta principale
Conducibilità elettrica
Conducibilità idrica
Consegna a domanda
Consegna periodica
Conservazione del
suolo
Contatatore dell’acqua
Contorno bagnato
Contrazione completa
Contropendenza
Coronamento della
diga
Corpo d’acqua
distributivo
Corpo d’acqua
parcellare
Corrente
Corso d’acqua a regime
glaciale
Corso d’acqua a regime
nivale
Costo d’esercizio
Costo d’impianto
D
Canal en la tierra
Canal matriz
Canal revestido
Canal de secundo orden
Canaletta
Higroscopicidad de
campo
Capacidad de drenaje
Capilaridad
Carga
Ciclo del agua
Borde de canal
Coeficiete de
escorrentía
Colmataje
Golpe de ariete
Necesidades anuales de
agua de riego
Caudal continuo
Canal en terre
Canal primaire
Canl à revêtement
Canal secondaire
Canal sur appui
Capacité au champ
Capacité drainante
Capillarité
Charge
Cycle de l’eau
Bord du canal
Coeficient
d’écoulement
Colmatage
Coup de bélier
Besoin annual en eau
d’irrigation
Déit fictif continu
Conduite portegoutteurs
Main line
Tuberìa maestra
Conduite principale
Electric conductivity
Electroconductibilidad Conductivité éléctrique
Hydraulic conductivity Conductibilidad
Conductivité
hidraulica
hydraulique
Demand water delivery Suministro de agua a la Distribution a la
demanda
domande
Shedule water delivery Suministro de agua de Irration au tour d’eau
acuerdo al diagramma
Soil conservation
Conservación de suelos Conservation du sol
Cours d’eau au régime
neigeux
Frais d’explotation
Frais d’investissement
230
Deficit
Deflusso
Deflusso sotterraneo
Runoff
Subsurface water
Flow
Deflusso superficiale
Surface runoff
Diga in terra
Diserbo dei canali
Earthfill dam
Weed growth control
Dissabbiatore
Settling basin
compartment
Desalting
Sprinkler spacing
Dissalamento
Distanza fra gli
irrigatori
Distanza fra i dreni
Dose
Drenaggio
Drenaggio talpa
Dreno collettore
Dreno di cintura
Dreno di laterizio
Dreno di superficie
Dreno interrato
Dreno tubolare
Durezza dell’acqua
Drain spacing
Apllication rate
Drainage
Mole drainage
Main drain
Catch drain
Tile drain
Surface drain
Subsurface drain
Drain tube
Hardness of water
E
Efficienza alla parcella Water apllication
efficiency
Equazione di continuità Continuity equation
Déficit
Escurrimiento
Escurrimiento
subterráneo
Escurrimiento
superficial
Presa de tierra
Desyerbaje de los
canales
Cámara de decantcion
Dessableur
Rendement de l’eau
d’irrigation
Équation de continuité
Evaporimeter
Potential
evapotranspiration
Irrigation requirement
Dotación de agua
Falda artesiana
Falda freatica
Falda sospesa
Fattibilità
Fenditura
Artesian aquifer
Ground water
Perched water
Feasibility
Slot
Acuífero artesiano
Aguas freáticas
Aguas suspendidas
Posibilidad de realizar
Henditura
Evaporazione dal suolo Land evaporation
Barrage en terre
Désherbage des canaux
Dessalement
Écartment des
arroseurs
Écartement des drains
Dose d’arrosage
Drainage
Drainage taupe
Collecteur de drainage
Drain de ceinture
Drain en poterie
Fossé ouvert
Drain enterré
Drain tubolaire
Dureté de l’eau
d’irrigation
Evaporimetro
Evapotraspirazione
potenziale
F
Fabbisogno idrico
River bed scour
Water erosion
Local scour
Free-water surface
evaporation
Ècoulement de surface
Desalación
Distancia entre
aspersores
Distancia entre drenas
Norma de riego
Drenaje
Drenaje topo
Colector
Zanja de desagüe
Dren de arcilla cocida
Dren abierto
Drn cerrado
Dren tubular
Durezza del agua
Coeficiente del uso
eficaz del agua
Ecuación de
continuidad
Derrubio de cauce
Erosión hidraulica
Erosión local
Evaporación de la
superficie libre del
agua
Evaporación desde el
suelo
Evaporador
Evapotraspiración
potencial
Erosione di fondo
Erosione idrica
Erosione localizzata
Evaporazione da
specchio liquido
Déficit
Écoulement
Écoulement souterrain
Érosion du lit
Érosion par l’eau
Affouillement local
Surface d’eau libre
Évaporation à partir du
sol
Evaporimètre
Evapotraspiration
potentielle
Besoin en eau
d’irrigation
Nappe artésienne
Nappe phréatique
Eaux suspendues
Faisibilité
Fente
231
Fertirrigazione
Filtrazione
Filtro da dreno
Fossa
Frana
Frangia capillare
Frangigetto
G
Ghiaia
Giunto a bicchiere
Fertigation
Filtration
Drain filter
Trench
Landslide
Capillarity fringe
Breaker
Irrigacion con abonos
Filtración
Filtro del dren
Zanja
Deslizamiento
Franja capillar
Espígón
Gravel
Bell-and-spigot joint
Grava
Junta enchufada
Giunto a flangia
Gocciolatore
Granulometria
Griglia
I
Idrante
Idrogramma di piena
Idrograma unitario
Idrometro
Igroscopicità
Impianto a pioggia
fisso
Impianto a pioggia
mobile
Infiltrazione
Inquinamento
Intasamento dei dreni
Intensità di pioggia
Interramento di un
canale irrigatore
Irrigatore
Irrigatore a cerchio
completo
Irrigatore a settore
Flange joint
Dripper
Size distrbution
Trash rack
Hydrant
Flood hydrograph
Unit hydrograph
Flow meter
Hygroscopicity
Permanent sprinkler
system
Travelling sprinkler
system
Infiltration
Pollution
Drain clogging
Rain intensity
Canal silting
Irrigatore rotante
Irrigatore statico
Irrigazione a goccia
Rotating sprinkler
Static sprinkler
Drip irrigation
Irrigazione antigelo
Sprinkler
Circle sprinkler
Part-circl sprikler
Frost protection
sprinkling
Irrigazione a pioggia
Sprinkler irrigation
Irrigazione a scomparti Basin method
Irrigazione a scomparti Contour method
delimitati da linee di
livello
Irrigazione a spianata
Border irrigation
Irrigazione di soccorso Complementary
irrigation
Arrosage fertilisant
Filtration
Filtre de drain
Tranchée
Glissement de terre
Frange capillaire
Brise-lame
Gravier
Raccordement en
emboîtement
Acoplamiento de bridas Raccord à brides
Gotera
Goutteur
Granulosidad
Granulométrie
Raja coladora
Grille
Hidrante
Hidrógrafo de crecidas
El único hidrografo
Fluidómetro
Higroscopicidad
Regadera de aspersión
fija
Regadera de asperción
móvil
Infiltración
Polución
Hinca de drenes
Intensidad de iluvia
Enfangamiento de
canales
Aspersor
Aspersor de acción
circular
Aspersor de acción
sectoral
Aspersor rotatorio
Aspersor de cabeza fija
Irrigación gota a gota
Riego contra la helada
Riego por aspersión
Riego de tableras
Riego de tableras en
curvas de nivel
Irrigación por parcelas
Riego de soccorso
Hydrant
Hygrogramme de crue
Hygrogramme unitaire
Débitmètre
Hydroscopicité
Installation par
aspersion fixe
Installation d’irrigation
par aspersion mobile
Infiltration
Pollution
Obturation de drain
Intensité de pluie
Envasement de canal
arroseur
Arroseur
Arroseur circulaire
Arroseur à secteur
Arroseur à rotation
Arroseur à tête fixe
Irrigation goutte à
goutte
Arrosage anti-gel
Irrigation par aspersion
Arrosage par bassins
Arrosage par bassins
suivant les courbes de
riveau
Arrosage à la planche
Irrigation d’appoint
232
Irrigazione dissalante
Irrigazione di
superficie
Irrigazione invernale
Irrigazione per
corrugazione
Irrigazione per
espansione di acque di
piena
Irrigazione da solchi
Irrigazione per
scorrimento
Irrigazione per
sommersione
Irrigazione
soprachioma
Irrigazione sottochioma
Isoieta
L
Laghetto collinare
Lancia per irrigazione
Leaching irrigation
Surface irrigation
Riego de desalinizacion Irrigation contre le sal
Irrigación superficial
Irrigation de surface
Winter irrigation
Corrugation method
Riego en el invierno
Riego por corrugación
Irrigation d’hiver
Arrosage à la raie
Spate irrigation
Irrigación por charcos
Irrigation par épandage
de crues
Furrow irrigation
Flooding on sloping
land
Flood irrigation
Irrigación por surcos
Riego por
desbordamiento
Riego por aniego
Oversprinkling
Riego sobre la copa
Undertree sprinling
Irrigación de subcopa
Isohyet
Isohieta
Arrosage par rigoles
Irrigation par
ruissellement
Irrigation par
submersion
Arrosage sur
frondaison
Arrosage sous
frondaison
Isohyète
Small reservoir
Irrigation gun
Balsa
Aspersor de gran
alcance
Ancho del fondo
Ancho de la cresta
Cauce
Fango
Lixiviación
Lisímetro
Lac collinaire
Arroseur canon
Machine à drainer
Étiage
Module
Module à masque
Mouvement laminaire
Mouvement parmanet
Larghezza al fondo
Larghezza in bocca
Letto
Limo
Lisciviazione
Lisimetro
M
Macchina posa-dreni
Bottom width
Crest width
Channel
Silt
Leaching
Lysimeter
Magra
Modulo
Modulo a maschera
Moto laminare
Moto permanente
Low water
Distributor
Neyrpic distributor
Laminar flow
Steady flow
Mulinello
Current meter
Máquina-colocadora de
drenes
Estiaje
Módulo
Módulo de máscara
Movimiento laminar
Movimiento
permanente
Molinete hidrométrico
Dam core
Núcleo de la presa
Noyau de barrage
Hydraulic structure
Ouvrage hydraulique
Length of run
Construcción
hidrotécnica
Turnos de riego
Upstream face
Downstream face
Gate
Paramento mojado
Cara inferior
Compuerta
Parement amont
Parement aval
Vanne
N
Nucleo della diga
O
Opera idrauilca
Orario
P
Paramento a monte
Paramento a valle
Paratoia
Drainer
Largeur au plafond
Largeur à la crête
Lit
Limon
Lessivage
Lysimètre
Moulinet
hydrométrique
Durée d’arrosage
233
Paratoia a livello di
monte costante
Paratoia a livello di
valle costante
Paratoia a mannaia
Constant upstream
level gate
Constant downstream
level gate
Slide gate
Wilting point
Polyvinil chloride
Compuerta a nivel
costante aguas arriba
Compuerta a nivel
costante aguas abajo
Compuerta de
guillotina
Compuerta radial
Parteaguas
Superficie libre
Infiltración profunda
Pérdidas del agua por
infiltración
Pérdita de altura
Permeabilidad
Planificación de los
recursos hidráulicos
Crecida
Plástico
Pluviómetro
Polietileno
Bomba
Bomba de émbolo
Bomba centrifuga
Puente canal
Porosidad
Caudal
Pozo
Pozo artesiano
Toma de agua
Toma de agua frontal
Toma lateral de agua
Toma de agua para el
riego
Punto de marchitez
Policloruro de vinilo
Paratoia a settore
Partitore
Pelo libero
Percolazione profonda
Perdite d’acqua per
filtrazione
Perdite di carico
Permeabilità
Pianificazione delle
risorse idriche
Piena
Plastica
Pluviometro
Polietilene
Pompa
Pompa a pistoni
Pompa centrifuga
Ponte canale
Porosità
Portata
Pozzo
Pozzo artesiano
Presa d’acqua
Presa frontale
Presa laterale
Provvista dell’acqua
irrigua
Punto di appassimento
P.V.C.
Q
Quadro comando
Quadro orario
R
Raccordo a croce
Raccordo a T
Raggio idraulico
Rapporto di
assorbimeto del Sodio
Sector gate
Division structure
Free surface
Deep percolation
Seepage losses
Vanneà secteur
Partiteur
Surface libre
Percolation profonde
Pertes d’eau par
filtration
Pertes de scharge
Permeabilité
Planification des
resources en eau
Crue
Matière plastique
Pluviomètre
Polyéthylène
Pompe
Pompe à piston
Pompe cetrifuge
Pont-canal
Porosité
Débit d’eau
Puits
Puits artésian
Prise d’eau
Prise d’eau frontale
Prise d’eau latérale
Prélèvement d’eau pour
l’irrigation
Point de flétrissement
Polyvinylchlorure
Control panel
Irrigation schedule
Tablero de mando
Gráfico de irrigación
Tableau de commande
Calendrier de arrosages
Four-way piece
Tee-joint
Hydraulic mean depth
Sodium adsorption
ratio
Tubo cruz
Tubo en T
Tradio hidràulico
Coeficiente de
absorción del Sodio
Regolatore
Regolazione da monte
Regulator
Upstream control
Croisillon
Raccord en T
Rayon hydraulique
Coefficient
d’adsorption du
Sodium
Régulateur de débit
Régulation par l’amont
Regolazione da valle
Repellente
Downstream control
Spur
Regulator
Control por aguas
arriba
Control por aguas abajo Régulation par l’aval
Espuela
Épi
Head losses
Permeability
Water resources
planning
Flood
Plastics
Rain gauge
Polyethylene
Pump
Piston pump
Centrifugal pump
Trugh aqueduct
Porosity
Discharge
Well
Artesian well
Water intake
Front-entrance intake
Side intake
Irrigation withdrawal
Vanne à niveau amont
constant
Vanne à niveau aval
costant
Vanne à glissement
234
Resistenza alla salinità
Salt tolerance
Resistenza alla siccità
Drought resistance
Resistencia a la
salinidad
Resistencia a la sequía
Restringimento
Shrinkage
Rete di prosciugamento Drainage network
Asiento
Red de drenaje
Rete irrigua
Rigurgito
Risalita capillare
Risalto idraulico
Riva concava
Rivenstimento
S
Sabbia
Scabrezza
Scaricatore di piena
Scogliera
Serbatoio a usi multipli
Irrigation network
Backwater
Capillarity rise
Hydraulic jump
Concave bank
Lining
Red de irrigación
Remanso
Ascención capilar
Resalto hidráulico
Orilla concava
Revestimiento
Sand
Roughness
Flood spillway
Ripop
Multipurpose
Sezione bagnata
Rervoir
Sezione contratta
Sezione minima
Resistenza
Sezione trasversale
Sifone inverso
Soglia
Sorgente
Stabilità delle sponde
Stazione di pompaggio
Stramazzo Cipolletti
Stramazzo di misura
Stramazzo in fregio
Stramazzo in parete
grossa
Stramazzo in parete
sottile
Stramazzo libero
Effective cross section
Best hidraulic
Section
Cross-section
Inverted siphon
Sill
Spring
Slope stability
Pumping station
Cipolletti weir
Measuring weir
Side weir
Broad-crested weir
Arena
Rugosidad
Aliviadero de crecidas
Enrocamiento
Embalse de uso
múltiplo
Sección trasversal
mojada
Sección comprimida
Sección hydraulica
Optima
Sección trasversal
Sifón invertido
Umbral
Fruente
Estabilidad de taludes
Estación de bombeo
Vertedor trapezoidal
Vertedero hidrometrico
Aliviadero lateral
Vertedor de umbral
ancho
Vertedor de pared fina
Stramazzo triangolare
Subirrigazione
Succhieruola
T
Tappo
Tensione dell’acqua
Terre basse
Torbidità dell’acqua
Traversa di derivazione
Traversa mobile
Sharp-crested weir
Free weir
Tolérance au sel
Résistance à la
sécheresse
Etrécissement
Réseau
d’assainissement
Réseau d’irrigation
Remous
Ascension capillaire
Ressaut hydraulique
Berge concave
Revêtement
Sable
Rugosité
Evacuateur de crue
Enrochement
Retenue à usages
multiple
Section mouillée
Section contractè
Section de périmètre
Moullié minimum
Section trasversal
Siphon iversé
Seuil
Source
Stabilitè des talus
Station de pompage
Déversoir trapézoidal
Déversoir de jaugeage
Déversoir latéral
Déversoir à seuil épais
Déversoir en mince
paroi
Déversoir libre
V-notch weir
Subsurface irrigation
Well screen
Aliviadero no
sumergido
Vertedor triangular
Irrigación de subsuelo
Filtro de pozo
Déversoir en V
Irrigation souterraine
Crèpine
Plug
Moisture tension
Lowland
Water turbidity
Diversion dam
Movable dam
Tapa
Tensión de agua
Tierra baja
Torbiedad del agua
Presa derivadora
Presa móvil
Bouchon
Tension de l’eau
Basse-plai
Turbidité de l’eau
Barrage de dérivation
Barrage mobile
235
Tubo da drenaggio
Tubo di Pitot
Tubo di Venturi
Tubo piovente
Turno
U
Umidità dell’aria
Umidità disponibile
V
Valvola
Valvola di ritegno
Valvola di scarico
Viscosità
Drainage pipe
Pitot tube
Venturi tube
Nozzle line
Irrigation interval
Cana de avenamiento
Tubo de Pitot
Tubo Venturi
Ramal de riego
Intervallo entre
irrigaciones
Tuyau de drainage
Tube de Pitot
Tube de Venturi
Tuyau perforé
Intervalle entre les
arrosages
Air humidity
Available moisture
Humedad del aire
Humedad accesible
Humidité d’air
Humidité accessible
Valve
Retur valve
Release valve
Válvula
Válvula de retención
Válvula de escape
Viscosity
Viscosidad
Clapet
Soupage de retour
Soupage
d’échappement
Viscosité
ALFABETO GRECO
α
alfa
β
beta
γ gamma
δ
delta
ε
epsilon
ζ
zeta
η
eta
θ
theta
ι
jota
κ
cappa
λ lambda
µ
mi
ν
ni
ξ
csi (xi)
ο omicron
π
pi
ρ
rho
σ/ς sigma
τ
tau
υ upsilon
φ
fi
χ
chi
ψ
psi
ω
omega
Α
Β
Γ
∆
Ε
Ζ
Η
Θ
Ι
Κ
Λ
Μ
Ν
Ξ
Ο
Π
Ρ
Σ
Τ
Υ
Φ
Χ
Ψ
Ω
236