TETTONICA STRUTTURE PLICATIVE

TETTONICA
La tettonica è la disciplina che riguarda la deformazione dei corpi geologici in rapporto ai processi geodinamici interni, associati ai movimenti delle placche litosferiche. Tale deformazione può essere plicativa (pieghe) oppure disgiuntiva (fratture e faglie). Le strutture tettoniche sono raggruppate nello spazio
in funzione del loro stile deformativo (compressivo, distensivo, trascorrente), e separate nel tempo in
funzione della loro cronologia deformativa. Quest’ultima si desume dalle seguenti relazioni
d’intersezione: - tra strutture tettoniche e unità stratigrafiche; - tra strutture tettoniche e altre strutture
tettoniche.
STRUTTURE PLICATIVE
Derivano dalla deformazione duttile delle unità stratigrafiche. Secondo la loro forma, possono essere
classificate come anticlinali, sinclinali e monoclinali.
Un’ANTICLINALE è una piega con la convessità rivolta verso l’alto.
Una SINCLINALE è una piega con la convessità rivolta verso il basso.
Una MONOCLINALE è una struttura nella quale gli strati hanno pendenza uniforme.
Nelle carte geologiche, le pieghe più importanti sono spesso contrassegnate da linee doppie e simboli,
che normalmente si riferiscono alle linee d’intersezione tra le superfici assiali delle pieghe e la superficie topografica. Per comprendere questa simbologia e per esprimere correttamente le proprie osservazioni è però necessario conoscere la nomenclatura degli elementi costitutivi di una piega (Fig. 7).
Fig. 7. Nomenclatura degli elementi costitutivi di una piega (v. definizioni nel testo)
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La parte centrale di una piega si dice nucleo, mentre le sue parti laterali sono i fianchi. Il luogo geometrico dei punti di massima curvatura di un singolo livello stratigrafico piegato si dice cerniera della piega: se è una retta, si dice asse della piega. Il luogo geometrico di tutte le cerniere di una piega si dice
superficie assiale della piega: se è un piano, si dice piano assiale della piega. L’orientamento nello spazio del piano assiale di una piega si ricava graficamente dalle carte geologiche. La superficie assiale di
una piega può essere interpolata in carta e in sezione, con gli stessi metodi grafici che si usano per i confini stratigrafici e le faglie. Gli assi delle pieghe maggiori di un’area sufficientemente estesa e strutturalmente omogenea (una grande unità tettonica o un ancor più grande dominio strutturale) si dicono assi
strutturali di tale area. Per individuare le pieghe sulle carte geologiche esistono due metodi indipendenti: quello dell’età e quello delle giaciture di strato.
METODO DELL’ETÀ
Forma e orientamento delle pieghe si deducono dall’età relativa delle unità stratigrafiche intercettate
dalla superficie topografica. La regola generale è che il sollevamento di una successione causa erosione
delle unità superiori ed esposizione di quelle inferiori. Nel nucleo delle anticlinali affiorano quindi unità
antiche, mentre nel nucleo delle sinclinali affiorano unità recenti (Fig. 8).
Fig. 8. Il “metodo dell’età” applicato a due pieghe cilindriche
Se le pieghe sono cilindriche, in carta i loro nuclei sono rappresentati da fasce allungate, il cui orientamento indica la direzione assiale della piega. Se invece le pieghe hanno la forma di una cupola o di una
conca (brachianticlinali e brachisinclinali), in carta i loro nuclei appaiono grosso modo ellittici (Fig. 9).
Quando una piega non è cilindrica è possibile individuare culminazioni assiali, ossia punti nei quali il
nucleo è stato più sollevato, e depressioni assiali, ossia punti nei quali il nucleo è stato meno sollevato.
Per la regola generale precedentemente enunciata, nelle culminazioni affiorano unità antiche, mentre
nelle depressioni affiorano unità recenti.
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Fig. 9. Il “metodo dell’età” applicato a pieghe non cilindriche: le frecce indicano l’immersione assiale
METODO DELLE GIACITURE DI STRATO
La giacitura è l’orientamento nello spazio di una superficie geologica (di strato, di frattura, di scistosità), rilevato sul terreno mediante bussola e clinometro. I parametri che descrivono la giacitura sono i
seguenti (Fig. 10, a sinistra): direzione (linea d’intersezione tra la superficie geologica e il piano orizzontale); immersione (linea e verso di massima pendenza della superficie geologica); inclinazione (angolo tra la superficie geologica e il piano orizzontale).
Fig. 10. Parametri della giacitura e rappresentazione in carta delle giaciture di strato
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Fig. 11. Trovare una grande sinclinale con una culminazione assiale e due depressioni assiali.
119
Fig. 12. Trovare un’anticlinale con due culminazioni assiali e una depressione assiale.
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Fig. 13. Trovare una grande monoclinale.
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L’orientamento della direzione si determina misurando in senso orario l’angolo che la direzione forma
con il Nord geografico. L’orientamento dell’immersione si ricava sottraendo 90° a quello della direzione. Solitamente, nelle carte geologiche i simboli delle giaciture di strato evidenziano sia la direzione sia
l’immersione. Tuttavia, se le giaciture sono così numerose da creare problemi di leggibilità, la direzione
può anche non essere rappresentata. Nelle carte a scala grande (es. 1/10000) l’inclinazione di strato è
indicata da un numero. Nelle carte a scala piccola (es. 1/100000) le giaciture di strato sono classificate
in base alla loro inclinazione, e ogni classe ha un suo simbolo (Fig. 10, a destra).
Fig. 14. Il “metodo delle giaciture” applicato a pieghe non cilindriche.
Il metodo delle giaciture permette di individuare le pieghe in base ai seguenti caratteri. In un’anticlinale
l’immersione degli strati è rivolta dal nucleo verso i fianchi, mentre in una sinclinale è rivolta dai fianchi verso il nucleo (Fig. 14). Fanno eccezione le pieghe rovesce, nelle quali l’immersione del fianco rovescio è uguale a quella del fianco diritto. Se l’asse di una piega è orizzontale, in entrambi i fianchi la
direzione degli strati è parallela all’asse (Fig. 14, in mezzo). Se l’asse non è orizzontale, presso la cerniera della piega la direzione degli strati è perpendicolare all’asse, mentre l’immersione e l’inclinazione
coincidono con quelle dell’asse (Fig. 14, in alto a sinistra e in basso a destra).
Per individuare con sicurezza le pieghe nelle carte geologiche è consigliabile applicare sempre entrambi
i metodi sopra descritti, dato che: (a) quando le pieghe coinvolgono successioni rovesciate o unità in sovrapposizione tettonica (es. coltri di ricoprimento) il metodo dell’età deve essere opportunamente modificato (pag. 130), altrimenti porta a conclusioni errate; (b) in carte a piccola scala, il metodo delle giaciture può risentire di uno scarso numero e/o una scarsa rappresentatività delle giaciture riportate.
STRUTTURE DISGIUNTIVE
Le strutture disgiuntive derivano dalla deformazione fragile delle unità stratigrafiche, che produce fratture e faglie. In particolare, una faglia è una frattura con scorrimento relativo dei lembi. Analizzando la
direzione e il verso di tale scorrimento (detto anche dislocazione o rigetto), si distinguono faglie trascorrenti, distensive e compressive (Fig. 15). Questi tre tipi base possono combinarsi tra loro producen122
do faglie oblique (Fig. 16). Analizzando i rapporti tra l’immersione della faglia e quelle degli strati, si
distinguono inoltre faglie conformi, faglie contrarie e pieghe fagliate (Fig. 16). Sovrapposizioni tettoniche di grande entità prendono infine il nome di pieghe-faglie, sovrascorrimenti e coltri di ricoprimento
(Figg. 13, 16, 19, 22). Le linee di faglia, ossia le linee d’intersezione tra le superfici di faglia e la superficie topografica, sono riportate nelle carte geologiche con tratto spesso e colore rosso, blu o marrone.
FAGLIE TRASCORRENTI, DISTENSIVE E COMPRESSIVE
Le faglie trascorrenti dislocano orizzontalmente la successione stratigrafica, e in pianta si vede se il
verso dello scorrimento è sinistro o destro. Le faglie distensive allungano la successione stratigrafica, e
in sezione si vede che il piano di faglia s’immerge verso il lembo (relativamente) abbassato. Le faglie
compressive accorciano la successione stratigrafica, e in sezione si vede che il piano di faglia s’immerge
verso il lembo (relativamente) sollevato.
Fig. 15. Faglie trascorrenti, distensive e compressive
In una carta a piccola scala è difficile determinare le componenti orizzontali delle dislocazioni tettoniche, mentre è relativamente facile determinare quelle verticali. Durante le esercitazioni conviene quindi
trascurare le faglie trascorrenti, per concentrarsi sull’identificazione delle faglie distensive e compressive. Per fare questo, è necessario trovare un piano di faglia non verticale, determinare la sua immersione
e determinare il verso del suo scorrimento.
L’immersione e l’inclinazione di un piano di faglia determinano la forma in pianta della corrispondente
linea di faglia. In carte a scala piccola (es. 1/100000), l’immersione si ricava dalle sinuosità che la linea
di faglia manifesta in corrispondenza di fondovalle e spartiacque. In particolare: (a) se la linea di faglia
è retta, la faglia è verticale; (b) se la linea di faglia forma una “v” in corrispondenza di un fondovalle, la
punta della “v” indica l’immersione; (c) se la linea di faglia forma una “v” in corrispondenza di uno
spartiacque, la punta della “v” indica il verso opposto all’immersione. In entrambi i casi, una “v” molto
accentuata suggerisce un’inclinazione minore di 45°, mentre una “v” poco accentuata suggerisce
un’inclinazione maggiore di 45°.
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Fig. 16. Faglie oblique e semplici relazioni tra pieghe e faglie.
In carte a scala grande (es. 1/10000), immersione e inclinazione del piano di faglia si ricavano con un
metodo grafico che si basa sui punti d’intersezione tra la linea di faglia e le isoipse. Nella Fig. 17 tale
metodo è stato usato per interpolare una linea di confine stratigrafico e mostrarne la forma in varie condizioni di giacitura. Una linea di faglia sarebbe stata uguale, poiché il metodo è lo stesso per qualunque
superficie geologica assimilabile a un piano (confini stratigrafici, superfici assiali di pieghe e faglie).
Il verso di scorrimento di una faglia si ricava dall’età delle unità stratigrafiche affioranti nei due lembi
della faglia (metodo dell’età). La regola generale è che il sollevamento di una successione causa erosione delle unità superiori ed esposizione di quelle inferiori. Nel lembo (relativamente) sollevato affiorano
quindi unità antiche, mentre nel lembo (relativamente) abbassato affiorano unità recenti. Come nel caso
delle pieghe, è bene ricordare che quando le faglie coinvolgono successioni rovesce o unità in sovrapposizione tettonica (es. coltri di ricoprimento) il metodo dell’età deve essere opportunamente modificato
(pag. 130), altrimenti porta a conclusioni errate.
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Fig. 17. Forma di una linea di confine in varie condizioni di giacitura (scala della carta > 1/25000).
Fig. 18. Carte e sezioni schematiche che illustrano i rapporti tra pieghe e faglie.
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Fig. 19. Determinare se
questa faglia è distensiva
o compressiva, poi dire se
è conforme, contraria o
piega fagliata. Nel terzo
caso, dire se la piega è anticlinale o sinclinale. Per
controllare il risultato,
provare a eseguire una
sezione geologica schematica.
Fig. 20. Determinare se questa
faglia è distensiva o compressiva, poi dire se è conforme, contraria o piega fagliata. Nel terzo caso, dire se la piega è anticlinale o sinclinale. Per controllare il risultato, provare a eseguire una sezione geologica
schematica.
Fig. 21. Determinare se questa faglia
è distensiva o compressiva, poi dire
se è conforme, contraria o piega fagliata. Nel terzo caso, dire se la piega
è anticlinale o sinclinale. Per controllare il risultato, provare a eseguire
una sezione geologica schematica.
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Oltre a determinare se le faglie sono distensive o compressive, è opportuno eseminare i loro rapporti
con le pieghe. La faglia si dice conforme se la sua immersione è uguale a quella della stratificazione in
entrambi i lembi, e contraria se la sua immersione è opposta a quella della stratificazione in entrambi i
lembi. Se la faglia è conforme in un lembo e contraria nell’altro si parla di piega fagliata, e si specifica
se è un’anticlinale o una sinclinale (Figg. 16, 18).
SOVRASCORRIMENTI
I sovrascorrimenti sono faglie compressive poco inclinate, che provocano l’accavallamento di unità antiche su unità recenti. Le sezioni dei sovrascorrimenti mostrano spesso traiettorie a scalinata: alcuni
tratti dei sovrascorrimenti sono paralleli alla stratificazione e seguono i livelli stratigrafici più deboli
(superfici di scollamento), mentre altri formano rampe nei pacchi di strati più resistenti (Fig. 22).
Fig. 22. Due scaglie tettoniche, distaccate dalla superficie di scollamento 1 e accavallate l’una sull’altra. Le anticlinali
di rampa si sono formate al passaggio tra le rampe e la superficie di scollamento 2.
Accavallandosi su queste faglie a scalinata la successione si piega, dando origine alle anticlinali di rampa. Quando molte rampe partono dallo stesso livello di scollamento si parla di struttura a scaglie tettoniche (Fig. 22). Un sovrascorrimento diventa cieco dove la dislocazione per faglia si trasforma in deformazione per piega. Spesso i sovrascorrimenti ciechi generano tipiche anticlinali rovesce, note come
pieghe per propagazione di faglia (Fig. 23).
Fig. 23. Un’anticlinale per propagazione di faglia è destinata a
essere sradicata e trasportata, se la faglia che l’ha generata
continua a propagarsi. Normalmente, l’ulteriore propagazione
della faglia va a interessare il fianco rovescio dell’anticlinale.
Perfetti esempi di scaglie tettoniche e pieghe per propagazione di faglia si trovano nell’Appennino umbro-romagnolo, dove la Formazione Marnoso-arenacea si è scollata dai sottostanti carbonati mesozoici
e si è accavallata più volte su se stessa, accorciandosi fino al 50% (Fig. 26). Questo significa che ogni
singolo sovrascorrimento dell’Appennino umbro-romagnolo ha dislocato la Formazione MarnosoArenacea per diversi chilometri.
STRUTTURE ESTENSIONALI COMPOSITE
Le faglie distensive danno spesso origine a fosse tettoniche, separate da pilastri tettonici (Fig. 24). Se la
traiettoria di una faglia distensiva è a gradinata come quella dei sovrascorrimenti (Fig. 22), la dislocazione implica rotazione e piegamento della successione sopra la faglia (Fig. 25). In questo modo sono
nate le anticlinali di “roll-over” di alcuni dei grandi “semi-Graben” situati tra il Mar Tirreno e il dorso
della catena appenninica. Le relazioni d’intersezione tra le strutture tettoniche dell’Appennino umbroromagnolo (Fig. 26) mostrano con chiarezza che le faglie distensive sono più recenti di quelle compressive. La formazione di bacini sedimentari quaternari nei Graben della Val Tiberina, del Casentino e del
Mugello attestano che le relative faglie distensive sono attive e potenzialmente sismogenetiche.
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Fig. 24. Strutture prodotte da faglie distensive coniugate. I
nomi tedeschi Graben e Horst sono più usati degli italiani fossa e pilastro.
Fig. 25. Un’anticlinale di “roll-over” si forma a tetto di una
faglia distensiva “listrica”, nella quale una rampa superficiale
si raccorda con una superficie di scollamento profonda.
Fig. 26. Carta tettonica dell’Appennino settentrionale esterno: 1 = coltre
ligure; 3 = Formazione del “macigno”;
4 = carbonati mesozoici; 5 = Formazione Marnoso – arenacea; 8 = sedimenti alluvionali recenti; 9 = sovrascorrimenti; 10 = faglie distensive.
Fig. 27. Nella descrizione di
sovrascorrimenti particolarmente estesi o di coltri di ricoprimento, le unità in posto
sono definite autoctone, mentre quelle trasportate sono definite alloctone. Se l’erosione
crea un affioramento di autoctono circondato da alloctono,
si parla di finestra tettonica. Se
un affioramento di alloctono
resta
isolato
in
mezzo
all’autoctono, si parla di Klippe (termine tedesco che significa scogliera).
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COLTRI DI RICOPRIMENTO
Una coltre di ricoprimento è un insieme complesso di unità stratigrafiche intensamente deformate (alloctone), che sono sovrascorse per centinaia di chilometri su una successione meno deformata (autoctono).
Come in qualunque sovrascorrimento, le unità alloctone sono più antiche delle unità autoctone con cui
sono a contatto (Figg. 27, 31). Le unità alloctone sono inoltre geneticamente differenti dalle unità autoctone, poiché le prime provengono da domini paleogeografici distinti e distanti da quelli delle seconde.
La coltre ligure e l’orogenesi appenninica
Le unità alloctone che affiorano nell’Appennino settentrionale dell’Emilia, della Romagna sud-orientale
e delle Marche nord-occidentali derivano da un antico dominio paleogeografico noto come Oceano ligure-piemontese. Quest’oceano si è aperto nel Giurassico superiore, ha cessato di espandersi nel Creataceo superiore e si è chiuso nell’Eocene medio, a causa della collisione continentale (Figg. 28, 29) tra
il blocco adriatico (placca africana) e il blocco sardo-corso (placca europea). Dal Cretaceo superiore
all’Eocene medio, mentre la litosfera oceanica stava andando in subduzione, le sue coperture sedimentarie e alcune scaglie del suo basamento cristallino (rocce ignee basiche e ultrabasiche dette ofioliti1)
sono state raschiate e impilate in un enorme “prisma d’accrezione” accostato al margine occidentale del
blocco adriatico. Durante la collisione dell’Eocene medio, il prisma d’accrezione è stato compresso tra i
due blocchi continentali e ha cominciato ad accavallarsi prima sul blocco sardo-corso, poi su quello adriatico (Figg. 29, 31). Così è nata la coltre ligure. Dopo la collisione dell’Eocene medio, il persistere
della convergenza tra Africa ed Europa ha innescato un processo di subduzione continentale, che ha avuto come esito l’orogenesi del Sudalpino e dell’Appennino. Per quel che riguarda l’Appennino settentrionale, l’orogenesi si è articolata in quattro fasi deformative consecutive, che hanno interessato il
blocco adriatico in graduale progressione da SW a NE. La prima fase è stata lo sviluppo di un bacino
subsidente allungato (“avanfossa”), dove si sono sedimentate le arenarie turbiditiche e le marne della
successione autoctona. La seconda fase è stata l’avanzata da SW della coltre ligure, concomitante con
una progressiva migrazione verso NE della sedimentazione autoctona (Fig. 31). La terza fase, che continua ancora nel sottosuolo della Pianura padana e del Mare Adriatico, è stata lo sviluppo di pieghe e
sovrascorrimenti, che hanno ispessito la crosta continentale fino a far emergere la catena appenninica.
La quarta fase, che continua ancora nel dorso della catena, è un sollevamento isostatico accompagnato
dallo sviluppo di faglie distensive, in parte affini a quelle che hanno generato il Mar Tirreno (Fig. 26).
Fig. 28. Sequenza di sezioni schematiche che illustra una collisione
continentale (modificato da Dewey and Bird, 1970)
Fig. 29. Collisione continentale dell’Eocene medio e susseguente subduzione continentale.
1
Le ofioliti sono: serpentinite (mantello litosferico), gabbro idratato (crosta inferiore) e basalto idratato (crosta superiore).
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Criteri per riconoscere la coltre ligure nella Carta Geologica d’Italia in scala 1/100000
La coltre ligure dell’Appennino settentrionale è nata da una pila tettonica di unità stratigrafiche oceaniche, che durante la collisione tra Africa ed Europa ha cominciato a sovrascorrere il blocco continentale
adriatico (un “promontorio” della crosta africana), diventando alloctona. Dopo la collisione, mentre le
unità oceaniche continuavano ad avanzare sulle unità autoctone del blocco adriatico, su di esse si sono
sedimentate le unità semi-alloctone. Infine, dopo che le unità alloctone e semi-alloctone si sono fermate
nella loro posizione attuale, su di esse si sono sedimentate le unità neo-autoctone (Fig. 31). Riconoscere
la coltre ligure nelle carte geologiche appenniniche è essenziale per evitare errori nell’interpretazione
delle pieghe e delle faglie. Il riconoscimento si basa sui criteri elencati di seguito, che permettono di identificare le unità autoctone, alloctone, semi-alloctone e neo-autoctone nelle legende e/o negli schemi
tettono-stratigrafici e/o nelle sezioni geologiche che corredano le carte.
(1) Presenza di ofioliti: le rocce ignee ultrabasiche e basiche che provengono rispettivamente dal mantello superiore e dalla crosta dell’Oceano ligure-piemontese sono sicuramente alloctone.
(2) Sovrapposizione tettonica di unità antiche su unità recenti negli schemi tettono-stratigrafici e/o nelle
sezioni geologiche: le unità antiche sono alloctone e le unità recenti sono autoctone. Negli schemi tettono-stratigrafici è possibile individuare anche il contatto stratigrafico verticale, discontinuo e discordante tra le unità alloctone e le unità semi-alloctone (es. Fig. 32).
(3) Suddivisione della legenda in serie, alias successioni stratigrafiche. Alloctono e autoctono non possono appartenere alla stessa serie, poiché il confine che li separa è tettonico. Le unità formate prima del
Giurassico superiore (apertura dell’Oceano ligure-piemontese) sono necessariamente autoctone, e le serie che le comprendono sono interamente autoctone. Le serie che contengono unità ofiolitiche appartengono alla coltre ligure: in queste serie le unità dal Giurassico superiore all’Eocene medio sono oceaniche e quindi alloctone, mentre le unità più recenti dell’Eocene medio sono semi-alloctone (Fig. 30).
(4) Presenza di unità argillose "caotiche", derivate da successioni sedimentarie abissali quasi completamente scompaginate da deformazioni tettoniche (tettoniti) e/o da frane sottomarine (olistostromi). Le
tettoniti ricche di blocchi ofiolitici sono vere unità alloctone, mentre gli olistostromi sono lembi di coltre risedimentati nelle successioni autoctone e semi-alloctone (es. Fig. 32).
(5) Le unità che coprono sia l’autoctono sia l’alloctono con un confine stratigrafico verticale, discontinuo e discordante sono per forza neo-autoctone, poiché si sono sedimentate non solo dopo l’arresto, ma
anche dopo il sollevamento e l’erosione della coltre ligure: questo tipo di contatto, che è scontato per le
unità continentali recenti (es. Fig. 32), permette di definire neo-autoctone anche alcune unità marine.
Come modificare il “metodo dell’età” nelle carte che rappresentano la coltre ligure
Il “metodo dell’età” si basa sul fatto che il sollevamento di una successione stratigrafica causa
l’erosione delle unità superiori e l’esposizione di quelle inferiori. In quel caso, le aree sollevate sono indicate dall’affioramento di unità relativamente antiche. Se si sostituisse la successione stratigrafica con
una pila tettonica di autoctono e alloctono, le aree sollevate sarebbero indicate da affioramenti di unità
autoctone, che nella pila sono quelle inferiori. Poiché molte delle pieghe nella catena appenninica si sono formate dopo la messa in posto della coltre ligure, nelle zone d’affioramento del confine tra autoctono e alloctono si può affermare che l’autoctono è stato più sollevato dell’alloctono. Per questa ragione
le finestre tettoniche corrispondono ai nuclei delle anticlinali o agli Horst, mentre i Klippe corrispondono ai nuclei delle sinclinali o ai Graben.
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Fig. 30. Scala del tempo geologico, con indicazione dell’età e della durata dell’Oceano ligure-piemontese.
131
Fig. 31. Schema tettono-stratigrafico semplificato della coltre ligure nell'Appennino settentrionale esterno.
Fig. 32. Trovare autoctono, alloctono e semi-alloctono nello schema tettono-stratigrafico, poi interpretare la carta. La
zona grigia è una finestra tettonica o un Klippe? La stessa zona è più o meno sollevata del contorno giallo?
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Fig. 33. Dimostrare che la coltre veniva da SW e andava verso NE, anziché il contrario.
133
Fig. 34. La sagoma ellittica nel centro della carta è un Klippe o una finestra tettonica? La stessa sagoma corrisponde
a un’anticlinale o a una sinclinale? La piega è stata riconosciuta col metodo dell’età o con quello delle giaciture?
Fig. 35. La sagoma ellittica nel centro della carta è un Klippe o una finestra tettonica? La stessa sagoma corrisponde
a un’anticlinale o a una sinclinale? La piega è stata riconosciuta col metodo dell’età o con quello delle giaciture?
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GEOMORFOLOGIA
Le geomorfologia è lo studio delle forme assunte dalla superficie terrestre in seguito all'azione dei processi geodinamici esterni sulle strutture create dai processi geodinamici interni. Sebbene due terzi della
superficie terrestre siano ricoperti dalle acque, questa breve trattazione riguarda solo le forme delle terre
emerse. Tra queste ultime, si parlerà soprattutto delle forme identificabili su carte a piccola scala, ossia
quelle riportate nella seguente legenda schematica e nella tabella successiva.
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agenti di trasporto
forme d'erosione
forme d'accumulo
gravità
gravità
ghiacciai
venti
corsi d'acqua
conoidi e falde di detrito
nicchie di distacco
corpi di frana
valli glaciali, circhi glaciali
depositi morenici
dune
valli fluviali, scarpate e spianate depositi alluvionali di terrazzo e
di terrazzi orografici, scarpate
di fondovalle, conoidi alluviodi terrazzi misti e alluvionali
nali, pianure alluvionali
Per l’analisi a fini applicativi delle carte geologiche è necessario conoscere definizione e origine di tutte
le forme sopra elencate. Si consiglia pertanto di approfondire l’argomento sul glossario di questa dispensa, sui libri e in Internet. Come si evince dalla legenda e dalla corrispondente tabella esistono forme
d’erosione e forme d’accumulo, che in certi casi possono coesistere dando origine a forme composite.
FORME D’EROSIONE
Nel nostro territorio, le più comuni forme d’erosione sono le valli fluviali, il cui sviluppo è in molti casi
visibilmente condizionato dalla presenza di strutture tettoniche. Un esempio di quest’influenza si ha nei
rapporti geometrici tra valli e pieghe (Fig. 36).
Fig. 36. Sezione schematica di una catena montuosa solcata da tre valli parallele alle pieghe principali (valli longitudinali). Le valli, incise in corrispondenza di unità poco resistenti all’erosione, sono situate nel nucleo di un’anticlinale
(valle anticlinale), in una monoclinale (valle monoclinale) e nel nucleo di una sinclinale (valle sinclinale). In entrambi i
versanti della valle anticlinale gli strati pendono verso monte, ossia a reggipoggio (rp). In entrambi i versanti della
valle sinclinale gli strati pendono verso valle, ossia a franapoggio (fp). Nella valle monoclinale il versante meno ripido
ha gli strati a franapoggio (fp), mentre quello più ripido ha gli strati a reggipoggio (rp).
Fig. 37. Relazioni tra pieghe e valli in una
carta geologica schematica. Le pieghe si riconoscono dall’età relativa delle unità affioranti
(schema a sinistra), mentre le valli sono indicate dalle tracce dei corsi d’acqua (linee
bianche). Nei versanti delle valli longitudinali
gli strati pendono a reggipoggio (rp) o a franapoggio (fp). Nei versanti delle valli trasversali si presentano invece due alternative: (1)
se la valle è incisa nei fianchi di una piega con
cerniera orizzontale l’immersione degli strati
è a traverpoggio (tp), ossia parallela al fondovalle; (2) se la valle è incisa nel nucleo di una
piega con immersione assiale, gli strati pendono a reggipoggio (rp) o a franapoggio (fp).
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Conoscere la geometria tridimensionale delle pieghe è utile per stimare la predisposizione a franare delle rocce stratificate. Per qualsiasi versante rappresentato in una carta geologica si può infatti decidere se
la stratificazione pende a reggipoggio, a franapoggio o a traverpoggio (Fig. 37). Quando la scala della
carta lo permette (1/25000 o superiore), si può anche confrontare l’inclinazione di strato con l’acclività
del pendio (Fig. 38).
Fig. 38. Tre versanti con
stratificazione immergente a
franapoggio. Il versante rappresentato nella sezione C è
potenzialmente
instabile,
poiché nessun vincolo impedisce alle rocce che lo compongono di scivolare sulle
superfici di strato. Se in corrispondenza di tali superfici
la componente tangenziale
della forza peso supera la resistenza al taglio delle rocce,
il versante frana. Nelle sezioni A e B lo scivolamento sulle
superfici di strato non può
invece avvenire, perché ogni
strato affiorante è vincolato
al proprio prolungamento
nel sottosuolo. Le situazioni
A e B si prestano tuttavia a
un’evoluzione
sfavorevole,
perché l’erosione fluviale o
l’esecuzione di scavi da parte
dell’uomo potrebbero “togliere il sostegno” a parte del
versante, fino a creare una
situazione analoga a quella
della sezione C.
FORME D’ACCUMULO
Nelle carte geologiche le forme d’accumulo coincidono con unità litostratigrafiche d’origine continentale. E’ quindi facile trovare nella legenda delle unità quaternarie i detriti di falda, i corpi di frana, i depositi morenici, i depositi alluvionali, i travertini e i depositi piroclastici. Occorre tuttavia ricordare che
la piccola scala delle nostre carte non permette di distinguere le forme di dimensioni ridotte. Per esempio, raramente si riesce a identificare un singolo conoide di detrito, mentre è più facile trovare una falda
di detrito costituita da molti conoidi affiancati. Per lo stesso motivo, capita spesso che sotto la voce generica “detrito” siano rappresentate anche piccole frane non cartografabili separatamente (Fig. 39).
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Fig. 39. Due esempi di accumuli detritici di versante (dt),
così come appaiono nella Carta Geologica d’Italia in scala
1/100000. Nell’esempio di sinistra (ingrandito 2x) sono
raffigurate falde di detrito alimentate da rocce calcaree:
localmente si riescono a distinguere persino gli apici dei
singoli conoidi. Nell’esempio di destra (non ingrandito),
gli accumuli raffigurati sono troppo estesi per essere falde
di detrito: si tratta in realtà di frane superficiali che, non
essendo distinguibili a questa scala cartografica, sono state
rappresentate come una coltre detritica indifferenziata
FORME COMPOSITE
Nelle nostre carte, questa categoria è rappresentata da forme glaciali, terrazzi fluviali e frane. Per le frane, si rimanda alla dispensa del modulo 2 di questo corso (Prof. Lisa Borgatti).
FORME GLACIALI
Fig. 40
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Gli esempi migliori di queste forme si hanno nelle zone alpine, dove i processi glaciali sono ancora attivi. Nelle zone appenniniche d’alta quota si trovano invece forme fossili, ereditate dall’ultima glaciazione (Wuerm). L’unico ghiacciaio appenninico è infatti il Calderone (Gran Sasso d’Italia, Abruzzo),
ormai pressoché scomparso a causa delle alte temperature registrate negli ultimi decenni. Nonostante la
loro inattività, le forme glaciali appenniniche sono ben rappresentate nelle nostre carte geologiche, con
simboli per le forme d’erosione (circhi glaciali) e campiture per le forme d’accumulo (depositi morenici). Le relazioni genetiche e geometriche tra queste forme, facili a vedersi dove i ghiacciai esistono ancora, sono schematizzate nella Fig. 40.
TERRAZZI FLUVIALI
Rimandando alle pagg. 85-86, al glossario, ai libri e a Internet per la definizione del termine e l’origine
di queste forme, si riportano nella Fig. 41 tre esempi elementari utili per l’identificazione dei terrazzi
fluviali nella Carta Geologica d’Italia in scala 1/100000.
Figura 41. Esempi elementari dei tipi di terrazzi fluviali riconoscibili in carte a piccola scala. In tutti e tre i casi, le
spianate dei terrazzi sono ricoperte da depositi alluvionali. Nei terrazzi alluvionali la scarpata è bassa e intagliata nei
depositi alluvionali antichi, mentre nei terrazzi misti la scarpata è molto più alta e intagliata prevalentemente nel substrato. Nel terrazzo misto 1 il corso d’acqua non ha ancora raggiunto l’equilibrio morfodinamico ed erode verticalmente. Nel terrazzo misto 2 il corso d’acqua ha raggiunto l’equilibrio, divaga nel fondovalle ed erode lateralmente.
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Appendice 1 – Schemi per le esercitazioni
SEZIONI SCHEMATICHE DI FAGLIE
I passi per costruire la sezione geologica schematica di una faglia sono i seguenti: (1) scelta del
tracciato, perpendicolare alla faglia; (2) costruzione del profilo altimetrico lungo il tracciato (basta
inventarne uno a caso); (3) scelta dello schema stratigrafico di riferimento: il tipo A-B (Fig. 1) vale
per normali successioni stratigrafiche, mentre il tipo F-A (Fig. 2) si usa quando si ha a che fare col
contatto tra autoctono ed alloctono; (4) tracciamento della faglia con immersione e inclinazione
(scegliere tra poco inclinata, molto inclinata e verticale); (5) riporto delle unità affioranti nei due
lembi (si scrivono poco sotto la superficie topografica); (6) completamento dello schema stratigrafico nei due lembi (unità erose e unità sepolte); (7a) tracciamento del confine stratigrafico tra A e B
(v. figura sotto), in accordo con le giaciture di strato dei due lembi (evitare gli strati rovesci e tenere
il confine meno inclinato della faglia); (7b) tracciamento del confine tettonico tra F e A (v. altra figura), in accordo con le giaciture di strato del solo autoctono (la superficie di scorrimento della coltre è circa parallela alla stratificazione dell’autoctono); (8) identificazione della faglia analizzata.
Figura 1. Sezione geologica schematica di una faglia nel Foglio Assisi della Carta Geologica d’Italia, senza coltre.
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Appendice 1 – Schemi per le esercitazioni
Figura 2. Sezione geologica schematica di una faglia nel Foglio Mercato Saraceno della Carta Geologica d’Italia,
con coltre. La faglia mette a contatto l’autoctono (a NE) con l’alloctono (a SW).
AVVERTENZA: queste sezioni geologiche estremamente schematiche non dicono niente di più di
quanto si possa dire descrivendo a voce la faglia. Per questa ragione, all’esame lo studente è libero
di scegliere tra descrizione orale e sezione schematica. Durante il ripasso, può essere conveniente
fare pri-ma la descrizione orale e poi la sezione. In questo modo, è più facile rendersi conto di eventuali errori.
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Appendice 1 – Schemi per le esercitazioni
Figura 3. Relazioni tra stratificazione e pendio ricostruite interpretando una piega col metodo dell’età e ricavando dalla stessa piega le giaciture nei pendii d’interesse: notare il buon accordo con le giaciture già presenti in
carta.
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Appendice 1 – Schemi per le esercitazioni
Figura 4: Determinare le relazioni tra stratificazione e pendio nei sei punti indicati (esercizio proposto in aula).
SCALETTA DEGLI OGGETTI DA TROVARE NELLE CARTE GEOLOGICHE
1. Trovare contatti stratigrafici verticali, discontinui e discordanti di tipo "regressivo".
2. Se c'è la coltre ligure, individuare le successioni (paleo-)autoctona, alloctona, semialloctona
e neoautoctona.
3. Trovare contatti stratigrafici verticali, discontinui e discordanti di tipo "trasgressivo".
4. Trovare le zone più sollevate (massima erosione), le zone meno sollevate (minima erosione)
e le eventuali zone subsidenti (sedimentazione quaternaria).
5. Affinare l’analisi dei movimenti recenti dando un’interpretazione tettonica a conoidi alluvionali, terrazzi alluvionali e terrazzi misti.
6. Trovare le pieghe principali e determinarne le eventuali culminazioni, depressioni e/o immersioni assiali.
7. Trovare versanti con stratificazione a reggipoggio, a franapoggio e a traverpoggio.
8. Trovare una faglia per descriverla e/o rappresentarla mediante una sezione geologica schematica.
9. Trovare falde di detrito, frane, circhi glaciali, depositi morenici, doline, travertini e/o altre
forme del rilievo indicate in legenda.
10. Fare ipotesi sulla permeabilità delle principali unità litostratigrafiche.
Carte senza coltre ligure: Assisi, Sora, Foligno, Jesi, Dorgali
Carte con coltre ligure: Parma, Modena, Bologna, Vergato, Faenza, San Marcello Pistoiese, Mercato Saraceno, Montepulciano, Lucca
AVVERTENZA: lo studente deve essere in grado di provare sia la presenza, sia l’assenza della
coltre.
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